Da quella notte,
nulla fu più come prima.
Papyrus non avrebbe mai potuto
immaginare quanto sarebbe
cambiata la sua vita a partire dal giorno seguente, quando verso
mezzanotte
tornò a casa e trovò un grosso involtino di ossa
e materia umana arenato sul
divano, di fronte ad un film con un sacco di astronavi e quello che
sembrava un
grosso mostro ricoperto di pelo con un cinturone sulla spalla pieno di
munizioni. I due spettatori erano così intenti che nemmeno
si accorsero del
giovane scheletro di ritorno, il quale cercando di non disturbarli si
defilò in
punta di piedi fino in camera sua e si chiuse dentro, felice di
constatare che
i suoni degli spari non riuscivano a oltrepassare la sua porta. Si
addormentò
contento, pensando che era un sacco di tempo che suo fratello Sans non
si
lanciava anima e corpo in una attività che non fosse la
lettura solitaria e il
pisolino tattico della pausa pranzo.
Il mattino dopo, i due folli maratoneti erano ancora lì,
addormentati uno sull’altro in posizioni improbabili, con la
televisione dimenticata
accesa sulla schermata del menù dell’ultimo dvd.
Papyrus sospirò, sceso in
vestaglia da camera sua per prepararsi la colazione,
nell’osservare suo
fratello avvolto nella coperta come in un mantello con cappuccio, e
Frisk che
si gli si era in qualche modo addormentata addosso e che –
per qualche strana
legge della fisica – era riuscita a piazzargli un piede in
faccia. Avevano
entrambi le occhiaie viola di chi ha passato undici ore consecutive di
fronte a
uno schermo televisivo, e che non si è pentito di farlo.
Papyrus non si
aspettava che avrebbero seriamente tirato tutta la notte svegli, ma si
prese ogni
responsabilità del caso: preparò del the per
colazione, svegliò i due zombie e
la più piccola fu prontamente riaccompagnata a casa, mentre
il più grande si
trasferì a finire di recuperare le ore di sonno perdute nel
buio di camera sua.
Sembrava ancora tutto normale.
…per il momento.
“Fratello.”
La voce parve provenire dalle cavernose profondità degli
inferi. Un brivido freddo corse lungo la spina dorsale di Papyrus prima
che i
suoi occhi incontrassero la figura di Sans, apparso sotto la soglia
della
cucina, statuario e pesto come una presenza eruttata
dall’aldilà. Aveva ancora
la coperta drappeggiata sulla testa e sulle spalle come un mantello e
le sue
orbite, già abbastanza gonfie in circostanza normali, erano
cerchiate di ombre
violacee e sembravano due buchi neri: insomma, sembrava un tristo
mietitore
lugubre e molto rimbambito in cerca di anime da mietere e caffeina.
“Ah, buongiorno Sans!” rispose Papyrus vispo,
affettando i
pomodori.
Era ora di cena.
“Fratello… - continuò a biascicare Sans
- …devi
assolutamente vederlo anche tu, Star Wars. È una
figata.”
Il più giovane sospirò, e scosse la testa. Il suo
fratellone
aveva il metabolismo di una rana in ibernazione invernale, e quando
veniva
privato della sua linfa vitale – il sonno – tendeva
a dare un po’ i numeri.
Papyrus quindi mise subito giù coltello e pomodori e
cercò il bollitore per
fargli un caffè, perché anche se era parecchio
esilarante in quello stato semi
comatoso, temeva che sarebbe potuto venirgli il mal di testa e non
poteva
sopportare di vederlo star male.
“Sono sicuro che sia una figata Sans, ma sai che non mi fa
impazzire la fantascienza. Probabilmente mi addormenterei a
metà! Nyehehehehehe!”
Sans avanzò solennemente fino alla seggiola più
vicina e vi
si appollaiò, stringendosi la coperta sotto al mento e
scuotendo lentamente il
capo.
“Non capisci Paps. Non è solo spazio. È
tutto. Ci sono avventura, amore,
ideali, famiglia… i cavalieri
jedi. Ci sono persino le corse! E tu adori le corse.”
“…corse di macchine nello spazio? Ecco questo
sembra
interessante.”
“…di sgusci,
Paps.
Di sgusci.”
Papyrus alzò la testa e vide l’espressione
serissima di suo
fratello da sotto il cappuccio di coperta, e i suoi occhi sbarrati e
cerchiati
di occhiaie buie. Se gli scheletri avessero avuto i capillari,
probabilmente in
quel momento avrebbero pulsato nella cornea di Sans – ovvio
che si presuppone
che gli scheletri avessero avuto anche una cornea.
“Dì un po’ fratello –
insinuò Papyrus un po’ insospettito
–…
ma avete anche bevuto qualcosa tu e Frisk? Va bene la carenza di sonno,
ma mi
sembri leggermente strafatt…”
“È la FORZA
Papyrus, la FORZA che ora scorre
dentro di me!”
Papyrus strabuzzò gli occhi e Sans scoppiò a
ridere,
piegandosi in avanti sul tavolo e sbattendoci il pugno sopra, quasi
fino alle
lacrime, con quella sua voce cavernosa da signore degli inferi in pieno
jet-lag. Certo che quei film dovevano essergli piaciuti davvero un
sacco per
mandargli il cervello così tanto
in
pappa. Papyrus gli sbatté la tazza piena di caffè
di fronte al muso e si piantò
le mani sui fianchi, indispettito perché suo fratello si
stava divertendo un
sacco e lui non capiva il perché.
“Meglio che ti svegli un po’ Sans, sei
strano.”
“Strano non sono. Strano tu sei, giovane Papadawan.”
“Cos…”
“Ehehehehe guarda.”
Sans sollevò una mano dal tavolo, e contemporaneamente si
sollevò anche uno dei pomodori che stavano sul bancone della
cucina. L’ortaggio
fluttuò elegantemente nell’aria brillando
lievemente per la magia azzurra del
mostro, attraversò lo spazio tra il piano cottura e il tavolo
ondeggiando in
sospensione e si andò a posare sulla mano aperta dello
scheletro, che lo prese
con le dita e gli diede un bel morso. Sans era l’unico mostro
in grado di usare
quel tipo di potere telecinetico con tale precisione, ma di certo non
era una
gran notizia che lo possedesse dato che tutto il regno lo sapeva
benissimo;
piuttosto, era strano che lo usasse così a caso, essendo lui
l’incarnazione
della nullafacenza.
“Beh? – commentò Papyrus sempre
più confuso da quella
dimostrazione di abilità – …non avrai
mica intenzione di mangiarti quel
pomodoro col caffè!? Le tue scelte alimentari sono sempre
più a fondo nel
baratro del degrado fratello!”
Sans masticò compiaciuto: “Ma no Paps…
è la Forza. La forza
scorre potente nella nostra famiglia.” E dette un sorso alla
sua tazza di
caffè.
“Oh Dio se fai schifo.” Gemette il povero Papyrus,
arrendendosi definitivamente e lasciando suo fratello solo in cucina a
finire
il suo pomodoro alla caffeina.
Esiste una categoria di persone, e
parlo di umani e mostri
indistintamente, che sono talmente abituate a sparare fandonie sempre
più
grosse per divertirsi e a prendere in giro chi gli sta attorno, che non
si
capisce mai se scherzano o fanno sul serio. Ora, queste sono persone
del
peggior tipo: uno poi non sa mai come comportarsi con loro,
perché tutto quello
che esce dalla loro bocca può essere altamente inaffidabile,
anche se magari
hanno deciso di dire cose vere.
Sans non faceva parte di questa categoria di persone, anche
se spesso camminava in equilibrio sul confine tra esse e la gente
normale:
adorava scherzare in continuazione, ma era ben in grado di diventare
serio e di
distinguere le situazioni come si deve – rare volte, quando
si arrabbiava sul serio, era capace
di diventare
terrificante.
Papyrus però si convinse che quella cosa, Star Wars,
l’avesse fatto precipitare senza speranza nel baratro dei
mentecatti: da quella
mattina, tutto quello che suo fratello maggiore diceva era diventato un
mistero, e soprattutto non si capiva più se nelle cose che
diceva ci credesse
davvero oppure se stesse solo scherzando. Pareva che non capisse
più nemmeno
lui stesso il confine tra la realtà e l’Impero
Galattico.
…ed era tutta colpa di Frisk.
*Oh,
ehi, ahahah, ciao!
*Sono sempre io, Golia, che interrompo la storia e intervengo un
secondo.
*Sono ancora qui per una questione di giustificazioni, non
spaventatevi!
*Dunque, quello che volevo dirvi è questo: dato che a Sans
è
dato completamente di volta il cervello, e che non è che ci
sia una
vera e propria trama da raccontare, ma solo una serie delle cose
stupidissime
che hanno dovuto sorbirsi tutti quanti i suoi amici e parenti, non
aspettatevi
una storia lineare.
*Insomma, più che altro aspettatevi episodi sparsi.
*Tipo quello là sopra dove non sono riuscita a capire se
voleva imitare
Palpatine o il maestro Yoda.
*In ogni caso, era tutto qui: lettore avvisato mezzo salvato.
*Buon proseguimento di lettura!
“Cani.”
Come è stato accennato in precedenza, alcuni dei mostri che
in
precedenza vivevano nell’Underground avevano deciso di
trasferirsi a vivere
nelle città umane vicino al monte Ebbot, e la maggior parte
di questi – come
probabilmente poteva essere intuibile – erano cani in cerca
di amore e affetto.
Questo era stato ovviamente possibile perché il corpo delle
Guardie Reali era
stato sciolto da re Asgore il giorno seguente alla rottura della
barriera, dato
che il progetti di portare guerra al genere umano erano sfumati, e
quindi tutti
i suoi componenti avevano potuto scegliersi un diverso tipo di
carriera:
Undyne, per esempio, era diventata maestra di ginnastica nella nuova
scuola di Toriel,
Numero 1 e Numero 2 avevano aperto insieme una società di
incontri romantici –
che pareva andare alla grande –, mentre i cani si erano
appunto trasferiti
nelle città degli uomini e avevano trovato delle famiglie
amorevoli con cui
vivere. Il Cane più Piccolo era stato adottato da una
famiglia con quattro bei
bambini che giocavano sempre con lui, Dogi e Dogaressa condividevano
piacevolmente un appartamento con una coppia sposata in pensione che
amava le
gite al parco mentre Doggo, da vero duro quale era, viveva con una
numerosa
famiglia in una bella casa a limitare di un bosco popolato da
scoiattoli, che
lo tenevano impegnato tutto il giorno in corse e rincorse.
Alcuni cani, nonostante le scelte dei loro compagni, avevano
però deciso di restare a vivere a Woods, per vari motivi.
Tra essi c’erano il
Cane Grandissimo, il Cane Fastidioso e Endogeny, il quale era in
realtà formato
da parecchi cani fusi assieme e quindi non se la sentiva molto di
terrorizzare
il genere umano coi suoi bisogni canini moltiplicati per diciassette.
Il Cane
Grandissimo sembrava aver deciso di stabilirsi nel cortile della
scuola, mentre
il Cane Fastidioso era semplicemente troppo affezionato alle ossa di
Papyrus
anche solo per pensare di potersi allontanare un kilometro di troppo da
casa
sua. Insomma, questa era la situazione: ma perché perdere un
intero paragrafo
per parlarne?
Occorrerà dunque aggiungere che, nonostante la Guardia Reale
ormai non esistesse più, Undyne, Sans e Papyrus avevano
continuato a prendersi
un po’ cura di questi cagnoloni che erano rimasti a vivere
con loro, un po’ per
nostalgia e un po’ perché era davvero piacevole
passare a dargli una grattatina
dietro le orecchie, in memoria dei vecchi tempi in cui lavoravano nella
neve
tutti insieme.
Dunque, detto questo, potete capire benissimo qual’era la
situazione quando Undyne, uscita dalla scuola dopo la fine delle
lezioni,
passando a salutare il Cane Grandissimo si rese conto che qualcuno gli
aveva
fatto un collarino con sopra una targhetta, su cui stava scritto Chewbacca.
“Okay, qualcuno mi spieghi
che diavolo vuol dire.”
Sans si girò appena, sollevò le spalle e
ridacchiò, con fare
innocente.
Undyne era appena entrata da Grillby’z, immergendosi
nell’atmosfera calda e leggermente fumosa del pub, seguita
dal Cane Grandissimo
a poca distanza (…o dovrei forse chiamarlo Chewbacca?),
il quale allegramente fece il suo verso, che apparentemente non era
più un
abbaio ma una sorta di urlo scoordinato. Gli avventori del bar
scoppiarono a
ridere a quella strana dimostrazione di affetto canina, evidentemente
sorpresi,
mentre il piccolo scheletro lanciò in giro un paio di
occhiate divertite, con
apparente grassa soddisfazione, e poi si rigirò verso il suo
ketchup condito
con patatine. Undyne notò la cosa e gli puntò
contro un dito accusatorio: “Tu!
– urlò – Tu sei stato! Avrei dovuto
immaginarmelo!”
La donna pesce avanzò a grandi falcate verso al bancone,
dove Sans continuava a mangiare come se nulla fosse e un paio di mostri
si
spanciavano dal ridere fino alle lacrime.
“Solo una cosa Sans. – disse Undyne, turbata
– …perché?”
“…ho solo pensato che nessun cane avesse ancora un
nome vero
e proprio. Perché, ho fatto male?”
Grillbyz scosse lentamente la testa, asciugando un boccale
di vetro dietro al suo bancone.
“…non è che tu abbia fatto
male… è solo che… perché?”
“Beh, è un nome carino, no? Gli ho anche insegnato
a fare il
verso come si deve…”
In quel preciso momento una palla di pelo bianca sfrecciò
dentro il locale, saltando dentro da una finestra, inseguita da un
grido di
battaglia infuriato: pochi secondi dopo anche Papyrus rovinò
dentro al pub di
corsa – passando ovviamente anche lui dalla finestra
– all’inseguimento del
fuggitivo, il quale era ovviamente il Cane Fastidioso con una delle
tibie di
riserva del povero scheletro fra i denti. Undyne, lesta come sempre,
con uno
scatto atletico saltò su un tavolo e acciuffò al
volo la bestiola per la
collottola, la quale iniziò a scodinzolare furiosamente per
un paio di secondi,
poi si stancò, chiuse gli occhi e si addormentò,
lasciando andare l’osso
(lett.).
Papyrus era stanco morto per la corsa, e fu molto contento
di riavere indietro la sua tibia. Sembrava tutto di normale routine, se
non
fosse che Sans faceva di tutto per non scoppiare a ridere platealmente
e teneva
serrati i denti nello sforzo, cosicché Undyne si
insospettì e, guardando
meglio, si accorse che anche il Cane Fastidioso aveva una nuova
targhetta.
Ewok.
“…anche lui? – chiese Undyne, sempre
più esasperata dal non
capirci un tubo di quella situazione – …ma che
vuol dire?”
“Quel cagnetto è adorabile ma anche terribilmente
seccante,
mi sembrava calzasse a pennello.”
“SAAAAAANS! – a
urlare era stato, ovviamente, Papyrus – SMETTILA
DI ESSERE COSÌ STRANO! NON TI SOPPORTO PIÚ!”
“Ma poi Sans, mica ce l’aveva già un
nome, questo cane? Non
si chiamava Toby?”
“Eh, cosa?”
“Cosa? Oh, chissene frega.”
Gli altri clienti del bar si stavano divertendo un mondo, ma
la situazione migliorò ancora di più quando ad
entrare nel locale fu la piccola
Frisk, con la cartella sulle spalle e un gran sorriso sul volto pieno
di
finestre per la mancanza di dentini.
“Sans sei il migliore!” Gridò.
Evidentemente aveva sentito
Chewbacca lì fuori fare il suo AAAAARRRRRRNNNNNGGGGGGGHHHH.
“Non ho mai visto Endogeny così contento!
– continuò la
bimba, entusiasta – Quella di dargli un nome da Star Wars
è stata un’idea
fantastica, sembra avergli rallegrato la giornata…
è sempre lì a cercare di
grattarsi da solo sulla testa con tutte quelle zampine…
povero Endogeny, o
forse dovrei dire Jabba the Hut!”
Papyrus urlò di nuovo, Undyne posò Ewok
sul bancone e si massaggiò le tempie e Sans
finalmente scoppiò
a ridere platealmente, invitando Frisk accanto a lui per offrirle un
po' del
suo ketchup alle patatine.
Quel pomeriggio fu veramente memorabile per tutti.
“Bonus”
Anche Jerry stava passando una giornata fantastica. Andava a
pedinare tutti i mostri che incontrava per strada per descrivergli
quanto si
sentisse felice in quel momento, e anche se la maggior parte di loro
riusciva a
dribblarlo con discreta abilità alcuni rimanevano
invischiati nella sua
conversazione.
“Sans è davvero un amico fantastico! –
diceva a tutti, al
settimo cielo dalla gioia – È ovvio che io e lui
abbiamo un rapporto molto
esclusivo, guardate cosa mi ha regalato stamattina! E mi ha dato anche
un soprannome
dell’amicizia!”
Allora Jerry sollevava orgoglioso una targhetta in
cartoncino, esibendola come un trofeo, che teneva legata al collo.
Sulla targhetta c’era un nome.
Jar Jar.
*Fine del secondo capitolo!
Spero che vi sia piaciuto!
*Informazione importantissima: Star Wars VII è uscito
finalmente anche in dvd (l'ho visto al Mediaworld)! Che ne so, magari
qualcuno vorrà guardarsi pure quello...
*Detto questo, alla prossima! - entra nell'iperspazio per fare
un'uscita d'effetto -
*Kiki/Golia