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Autore: Siamo_infiniti    11/05/2016    2 recensioni
Il moro posò la fronte contro la sua spalla nuda, con le grandi mani gli accarezzò la schiena e lo strinse a sé, annuendo brevemente, più volte.
Sapeva quanto suo fratello avesse ragione, quanto non si sbagliasse. Era sempre stato così, quando si erano allontanati, poi si erano riavvicinati, erano capaci di farsi del male, [...] ma era difficile condividere tutto, aria compresa, sebbene indispensabile per la loro sopravvivenza.
“Devi guardare le cose positivamente” fece Bill a voce bassa contro il suo orecchio “[...] Ma non posso nemmeno scappare da te, amore, anche tu sei una mia responsabilità ed io voglio che tu lo sia per tutta la vita, adesso ho capito cosa voglio, ho capito che voglio amarti senza riserva, senza esclusione di colpi, voglio solo te, e Dio, [...] Camille non conta niente, per me[...]”
“Lo giuri?” sussurrò Tom, insicuro.
“Oh, Tom” borbottò Bill fingendosi esausto, “ti sto giurando il mio amore eterno da mezzora, come fai ad essere così ottuso?
Dal Capitolo 14
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Sorpresa, Tom Kaulitz
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Capitolo ventidue – We found us (again)

 

 

Camille appoggiò i sacchetti della spesa a terra, accese la luce e si tolse la giacca: finalmente a casa, dopo una lunga giornata di lavoro.

“Bill?” chiamò per avvertire il ragazzo che era rientrata e lasciando che la porta d’ingresso sbattesse delicatamente, richiudendosi.

“Siamo qui” arrivò puntuale la risposta del biondo portando Camille a svoltare verso il salotto, completamente in ordine.

Vide la piccola Nicole intenta a colpire con una bacchetta lo xilofono colorato ed il tamburello che Bill le aveva comprato qualche giorno prima, sostenendo che la bambina avrebbe dovuto seguire le orme dello zio Tom e non le proprie, che non era capace di suonare alcuno strumento, eccetto qualche nota stonata al pianoforte.

“Bentornata” le sorrise Bill alzando gli occhi verso di lei, l’ombra della barba sul viso scavato “ho già preparato la cena, la piccola è lavata e cambiata, deve solo mangiare la sua frutta, vero, amore di papà?” si rivolse dolcemente alla figlia che in tutta risposta fece un sorrisetto furbo.

Camille sorrise di rimando, lasciandosi cadere stancamente sulla poltroncina accanto al divano; non poteva assolutamente lamentarsi di quei mesi di convivenza con Bill, lui era un coinquilino –ed un padre- perfetto: rimanendo principalmente a casa con la bambina (per comporre, diceva lui, ma soprattutto perché, Camille l’aveva capito, Bill stava soffrendo molto), Bill cucinava, puliva, badava alla figlia, mentre lei lavorava (come cameriera, ma era meglio di niente ed i soldi di Bill non li voleva) e faceva la spesa.

Nonostante l’aria spensierata che Bill emanava, la sua luce si spegneva ogni giorno di più rendendolo non più splendente, bensì cupo, malaticcio, stanco. Sapeva bene, Camille, quale fosse la causa di quei malesseri: vedeva Bill mangiare poco, dormire poco, concentrarsi unicamente sulla bambina che, nemmeno a dirlo, stava diventando una copia del padre e per questo, Camille lo sapeva, ricordava a Bill il suo gemello.

Quando sei mesi prima, Bill si era presentato alla sua porta con solo un borsone ed un sorriso tristissimo, Camille non si era permessa di domandare cosa fosse successo ma l’assenza di Tom nelle settimane successive le aveva dato una risposta, non chiara ma abbastanza esplicativa.

Era indubbio che Bill soffrisse davvero molto per quella situazione, quando Nicole dormiva e loro due avevano la possibilità di stare un po’ assieme e guardare un film o comunque rilassarsi, Bill si infilava le cuffie, prendeva una penna, una birra, il pacchetto di sigarette, il suo solito quaderno rosso e si rifugiava nel piccolo giardinetto della casa, si sedeva sulla panchina di legno e passava ore e ore a scrivere o a fissare il vuoto, isolandosi completamente da tutto e da tutti.

Non che Camille avesse delle mire espansionistiche verso Bill, non aveva mai voluto conquistare il suo cuore, sapeva che lui –sicuramente- era impegnato –ma non sapeva con chi- ed inoltre faceva già abbastanza per lei.

Non si sarebbe mai aspettata che Bill Kaulitz-la star diventasse Bill-il papà senza tanti problemi, o che le mantenesse, che lavasse il pavimento e spolverasse la libreria, che cucinasse, che cambiasse il pannolino della bambina.

Camille, mi stai ascoltando?” domandò Bill ad un tratto, una mano sul fianco, la bambina in braccio che gli tirava una collanina e il capo leggermente piegato da un lato, la fronte aggrottata.

“Cosa? Oh, no scusami. Cosa hai detto?” balbettò lei distraendosi dai suoi pensieri ed appoggiando il viso alle mani.

“Ho detto che domani bisogna comprare i pannolini e che i soldi sono sul-” si interruppe perché il suo cellulare aveva vibrato nella tasca, annunciando un sms inaspettato.

Con la mano tatuata, lo prese e il nome sul display gli fece andare il cuore in gola.

Tomi.

Con passo svelto si diresse verso il bagno e lì si chiuse a chiave, lasciando Camille in salotto, con mille interrogativi. Certo, era un coinquilino perfetto ma a volte era proprio incomprensibile!

Bill, ancora con gli occhi ambrati fissi sul nome di suo fratello, aprì il messaggio.

Lo lesse tutto d’un fiato riempiendosi la testa con quelle parole.

Amore mio, riesco solo a pensare a te, mi dispiace per come ho mandato a puttane tutto, ho sbagliato e tu hai pagato per tutte le mie cazzate. Ma ti amo e sei l’unica persona che voglio amare per il resto della mia vita. Mi manchi, piccolo. Tuo, Tom.”

Emozionato, sentì le gambe improvvisamente molli e con la mano dovette cercare il bordo della vasca per sedersi per poi scoppiare a piangere a dirotto, una mano sugli occhi ed un braccio attorno allo stomaco, quasi a voler fermare i singhiozzi.

Non gli era mai successo, nei sei mesi precedenti, di emozionarsi per uno dei numerosi messaggi di Tom, ma anzi si era arrabbiato tanto –perché lo aveva tradito?, per quale motivo lui non gli era mai bastato?, perché adesso non era facile tornare indietro?- da non essere mai stato capace di rispondergli.

Si era abbandonato alla tristezza, alla frustrazione e, nonostante sapesse che Tom aveva chiuso del tutto con Anis, perché Georg –complice nel posare una rivista con l’articolo del matrimonio di Bushido proprio sotto gli occhi dell’amico- gli aveva confermato che Tom aveva picchiato l’uomo giurando che la loro stoia era finita, Bill non era riuscito ancora a lasciarsi tutto alle spalle.

Ma adesso era arrivato il momento, sentiva che in fondo al cuore aveva perdonato Tom e finalmente avrebbe potuto ricominciare a vivere. Doveva –e poteva- ammettere di nuovo Tom nella propria vita, lasciarsi amare ancora, ricostruire il loro rapporto.

Asciugandosi le lacrime col dorso della mano, cercò nella galleria delle immagini del cellulare una foto di qualche giorno prima dove lui, con la piccola Nicole in braccio, aveva scattato un selfie: la bambina, con due buffi codini, sorrideva felice e Bill le dava un bacino, i capelli biondi leggermente più lunghi e la barba di qualche giorno sulle guance scavate.

Selezionò la foto ed aggiunse sotto una didascalia, poi l’inviò, trattenendo ancora il respiro, gli occhi ambrati appannati dalle lacrime di felicità.

Anche tu ci manchi.

 

 

*

 

 

Tom tamburellava nervosamente le dita sul volante, incapace di stare fermo.

Il semaforo segnava verde ma il traffico serale non gli permetteva di premere il piede sull’acceleratore come avrebbe voluto.

Avrebbe incontrato Bill dopo mesi, avrebbe potuto parlargli, abbracciarlo e magari, magari baciarlo; non stava più nella pelle e non ci dormiva da due giorni, da quando Bill gli aveva chiesto di vedersi a casa di Camille (che poi, era la casa che Bill aveva comprato per Camille e Nicole).

Quando il traffico si diradò leggermente, Tom si ritrovò a correre –per quanto potesse- per le strade ancora leggermente intasate: doveva vedere Bill, non poteva aspettare ancora.

Nella foto con la bambina, doveva essere sincero, Bill lo aveva preoccupato, era smagrito e sciupato ed era certo di esserne la causa e questo gli faceva stringere lo stomaco in una morsa di dolore e rabbia, avrebbe voluto prendersi a pugni, più forte di come aveva colpito –quel bastardo di- Anis.

Controllò sull’Iphone l’indirizzo esatto dell’appartamento e dopo mezzo chilometro, parcheggiò nel cortile di una palazzina, scese dall’auto e prese due sacchettini dal sedile del passeggero.

Dopo che il portone fu aperto, salì le scale con il cuore che ad ogni rampa gli scoppiava sempre più in petto, non ricordava di aver mai provato un’emozione così forte, eccetto la prima volta che aveva fatto l’amore proprio con Bill.

La porta d’ingresso era socchiusa e Tom la spinse con la mano, il palmo sudato e tremante, la bocca secca: il suo esilio era finito e lui era lì, in piedi, con la piccola Nicole per mano, gli occhi puntati sulla sua figura.

“Saluta lo zio, piccola” fece Bill con voce roca, l’emozione che gli bloccava la gola. Era possibile che non ricordasse che Tom fosse così bello? Che i suoi capelli avessero una sfumatura ambrata, che le sue spalle fossero così larghe, che il suo corpo fosse tanto slanciato quanto allenato?

Nicole fece un sorrisetto e camminò con attenzione fino allo zio, non capendo come facesse ad essere uguale al suo papà.

Sao sio” trillò la bambina, un vestitino lilla e due codini –proprio come nella foto- che le incorniciavano il viso paffutello, ai piedi dei buffi calzini antiscivolo: come lei tese le braccia in avanti, Tom si accucciò ed allargò le proprie, per accoglierla contro il proprio petto. Posò le labbra sulla sua testa e la strinse con amore.

“Amore dello zio” sussurrò cercando di trattenere l’emozione, mentre sentiva le manine della nipote curiosa toccargli la collanina che aveva al collo, giocherellando con il pendolo, una “B” che Bill gli aveva regalato al loro diciottesimo compleanno inconsapevole che anche Tom, quella volta, aveva optato per lo stesso regalo, la sua iniziale in argento.

“…’ome papà” disse la piccolina osservando per bene il ciondolino e Tom alzò gli occhi a guardare il fratello, sempre meraviglioso come un bel sogno, che si toccava una collana che spuntava da sotto la vecchia t-shirt.

“Non l’hai mai tolta” sussurrò incredulo Tom prendendo in braccio la bambina e tirandosi su, accennando un passo verso il gemello.

“Beh, nemmeno tu” rispose piano Bill scontrandosi con quegli occhi identici ai propri e leccandosi brevemente le labbra, il cuore che batteva all’impazzata nel petto.

Anche Bill fece un passo verso Tom, senza smettere di guardarlo, come se potesse solo in quel momento leggergli in fondo all’anima e capire, finalmente, di potersi fidare di lui, questa volta e per sempre.

“Perdonami” lo pregò Tom, allungando una mano per sfiorargli le lunghe dita, la bambina ancora stretta al suo collo che osservava lo zio e il padre con aria assorta.

“L’ho già fatto, Tom” sorrise Bill lasciandosi avvolgere dal suo braccio libero del gemello, lasciando che lo stringesse al petto, prendendo un lungo sospiro di sollievo, tornando a vivere solo in quel magico momento.

Bill allacciò le braccia alla vita del fratello ed inspirò il suo profumo, capendo che solamente vicino a lui si sarebbe sentito davvero a casa per sempre.

Anche la piccola Nicole si appoggiò ai due, un sorrisetto furbo ed ingenuo sul visino, mentre le labbra di Tom si posavano sulla fronte di Bill, in un tocco delicato, sussurrando un ti amo che fece fremere il biondo.

Rimasero a lungo stretti uno all’altro, finché la bambina non decise di scendere dalle braccia dello zio che si accucciò nuovamente per farle posare i piedini a terra.

Sio” gli disse Nicole guardandolo negli occhi “regalo” completò dall’alto dei suoi diciotto mesi, indicando i due sacchetti che Tom aveva lasciato cadere quando era entrato nell’appartamento.

“Oh, me ne stavo proprio dimenticando” sorrise Tom prendendo la mano della bambina e tornando verso la porta d’ingresso a prendere ciò che aveva lasciato lì.

Sio regalo, sio!” batté le mani Nicole mentre prendeva il pacchetto fasciato di verde e giallo e correva in salotto. Un altro sacchetto più piccolo rimase a Tom che osservando Bill che controllava a vista la figlia, gli si avvicinò.

“Non dovevi” sorrise Bill riferendosi al regalo per la figlia, guardando Nicole che scartava la bambola di pezza e la sedeva sulla poltrona, accanto ad altri peluches.

“L’ho comprato con piacere, le voglio bene, lo sai” mormorò cingendo con il braccio la vita sottile di Bill che si cullò in quel gesto –uno dei tanti- che gli era mancato.

“Lo so, Tom” mormorò il biondo accennando un altro sorriso, e poi abbracciandolo con delicatezza, quasi avesse paura che fosse tutto un sogno.

“Sono qui, piccolo” lo rassicurò Tom percependo i suoi pensieri così chiaramente da venir colto di sorpresa.

“Sei tornato per restare?” gli chiese quindi Bill, stretto in quell’abbraccio, le mani del gemello che gli accarezzavano la schiena.

“Sono tornato per restare” confermò il moro “questa volta per sempre.”          

 

 

*

 

 

Angolino!

Scrivendo questo capitolo mi sono emozionata un po’. Sarà la storia sta giungendo alla fine, sarà che non riesco a pensare che i gemelli non si vedano per mesi o che Tom non veda crescere la nipotina (ho un nipote bellissimo che amo in tutti i modi e non posso stare più di una settimana senza vederlo), ma insomma, mi sono emozionata.

Cosa ci sarà in quel sacchettino per Bill? Camille sarà contenta del ritorno di Tom? Bill e Tom torneranno insieme o avranno bisogno di tempo? Bill rimarrà a vivere con Camille o tornerà da Tom e dai suoi amati cani?

Voi cosa ne pensate?

Vi mando un abbraccio,

a presto,

M.

 

 

 

 

 

 

  
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