Capitolo ventidue – We found us
(again)
Camille
appoggiò i sacchetti della spesa a terra, accese la luce e si tolse la giacca:
finalmente a casa, dopo una lunga giornata di lavoro.
“Bill?”
chiamò per avvertire il ragazzo che era rientrata e lasciando che la porta
d’ingresso sbattesse delicatamente, richiudendosi.
“Siamo
qui” arrivò puntuale la risposta del biondo portando Camille
a svoltare verso il salotto, completamente in ordine.
Vide
la piccola Nicole intenta a colpire con una bacchetta lo xilofono colorato ed
il tamburello che Bill le aveva comprato qualche giorno prima, sostenendo che la
bambina avrebbe dovuto seguire le orme dello zio Tom e non le proprie, che non
era capace di suonare alcuno strumento, eccetto qualche nota stonata al
pianoforte.
“Bentornata”
le sorrise Bill alzando gli occhi verso di lei, l’ombra della barba sul viso
scavato “ho già preparato la cena, la piccola è lavata e cambiata, deve solo
mangiare la sua frutta, vero, amore di papà?” si rivolse dolcemente alla figlia
che in tutta risposta fece un sorrisetto furbo.
Camille
sorrise di rimando, lasciandosi cadere stancamente sulla poltroncina accanto al
divano; non poteva assolutamente lamentarsi di quei mesi di convivenza con
Bill, lui era un coinquilino –ed un padre- perfetto: rimanendo principalmente a
casa con la bambina (per comporre, diceva lui, ma soprattutto perché, Camille l’aveva capito, Bill stava soffrendo molto), Bill
cucinava, puliva, badava alla figlia, mentre lei lavorava (come cameriera, ma
era meglio di niente ed i soldi di Bill non li voleva) e faceva la spesa.
Nonostante
l’aria spensierata che Bill emanava, la sua luce si spegneva ogni giorno di più
rendendolo non più splendente, bensì cupo, malaticcio, stanco. Sapeva bene, Camille, quale fosse la causa di quei malesseri: vedeva
Bill mangiare poco, dormire poco, concentrarsi unicamente sulla bambina che,
nemmeno a dirlo, stava diventando una copia del padre e per questo, Camille lo sapeva, ricordava a Bill il suo gemello.
Quando
sei mesi prima, Bill si era presentato alla sua porta con solo un borsone ed un
sorriso tristissimo, Camille non si era permessa di
domandare cosa fosse successo ma l’assenza di Tom nelle settimane successive le
aveva dato una risposta, non chiara ma abbastanza esplicativa.
Era
indubbio che Bill soffrisse davvero molto per quella situazione, quando Nicole
dormiva e loro due avevano la possibilità di stare un po’ assieme e guardare un
film o comunque rilassarsi, Bill si infilava le cuffie, prendeva una penna, una
birra, il pacchetto di sigarette, il suo solito quaderno rosso e si rifugiava
nel piccolo giardinetto della casa, si sedeva sulla panchina di legno e passava
ore e ore a scrivere o a fissare il vuoto, isolandosi completamente da tutto e
da tutti.
Non
che Camille avesse delle mire espansionistiche verso
Bill, non aveva mai voluto conquistare il suo cuore, sapeva che lui
–sicuramente- era impegnato –ma non sapeva con chi- ed inoltre faceva già abbastanza
per lei.
Non
si sarebbe mai aspettata che Bill Kaulitz-la star diventasse Bill-il papà senza tanti problemi, o che le mantenesse, che lavasse
il pavimento e spolverasse la libreria, che cucinasse, che cambiasse il
pannolino della bambina.
“Camille, mi stai ascoltando?” domandò Bill ad un tratto,
una mano sul fianco, la bambina in braccio che gli tirava una collanina e il
capo leggermente piegato da un lato, la fronte aggrottata.
“Cosa?
Oh, no scusami. Cosa hai detto?” balbettò lei distraendosi dai suoi pensieri ed
appoggiando il viso alle mani.
“Ho
detto che domani bisogna comprare i pannolini e che i soldi sono sul-” si
interruppe perché il suo cellulare aveva vibrato nella tasca, annunciando un
sms inaspettato.
Con
la mano tatuata, lo prese e il nome sul display gli fece andare il cuore in
gola.
Tomi.
Con passo svelto si
diresse verso il bagno e lì si chiuse a chiave, lasciando Camille
in salotto, con mille interrogativi. Certo, era un coinquilino perfetto ma a
volte era proprio incomprensibile!
Bill, ancora con gli
occhi ambrati fissi sul nome di suo fratello, aprì il messaggio.
Lo lesse tutto d’un
fiato riempiendosi la testa con quelle parole.
“Amore mio, riesco solo a pensare a te, mi
dispiace per come ho mandato a puttane tutto, ho sbagliato e tu hai pagato per
tutte le mie cazzate. Ma ti amo e sei l’unica persona che voglio amare per il
resto della mia vita. Mi manchi, piccolo. Tuo, Tom.”
Emozionato, sentì le
gambe improvvisamente molli e con la mano dovette cercare il bordo della vasca
per sedersi per poi scoppiare a piangere a dirotto, una mano sugli occhi ed un
braccio attorno allo stomaco, quasi a voler fermare i singhiozzi.
Non gli era mai
successo, nei sei mesi precedenti, di emozionarsi per uno dei numerosi messaggi
di Tom, ma anzi si era arrabbiato tanto –perché lo aveva tradito?,
per quale motivo lui non gli era mai bastato?, perché adesso non era facile
tornare indietro?- da non essere mai stato capace di rispondergli.
Si era abbandonato
alla tristezza, alla frustrazione e, nonostante sapesse che Tom aveva chiuso
del tutto con Anis, perché Georg –complice nel posare
una rivista con l’articolo del matrimonio di Bushido
proprio sotto gli occhi dell’amico- gli aveva confermato che Tom aveva
picchiato l’uomo giurando che la loro stoia era finita, Bill non era riuscito
ancora a lasciarsi tutto alle spalle.
Ma adesso era arrivato
il momento, sentiva che in fondo al cuore aveva perdonato Tom e finalmente
avrebbe potuto ricominciare a vivere. Doveva –e poteva- ammettere di nuovo Tom
nella propria vita, lasciarsi amare ancora, ricostruire il loro rapporto.
Asciugandosi le
lacrime col dorso della mano, cercò nella galleria delle immagini del cellulare
una foto di qualche giorno prima dove lui, con la piccola Nicole in braccio,
aveva scattato un selfie: la bambina, con due buffi
codini, sorrideva felice e Bill le dava un bacino, i capelli biondi leggermente
più lunghi e la barba di qualche giorno sulle guance scavate.
Selezionò la foto ed
aggiunse sotto una didascalia, poi l’inviò, trattenendo ancora il respiro, gli
occhi ambrati appannati dalle lacrime di felicità.
Anche tu ci manchi.
*
Tom tamburellava
nervosamente le dita sul volante, incapace di stare fermo.
Il semaforo segnava
verde ma il traffico serale non gli permetteva di premere il piede
sull’acceleratore come avrebbe voluto.
Avrebbe incontrato
Bill dopo mesi, avrebbe potuto parlargli, abbracciarlo e magari, magari
baciarlo; non stava più nella pelle e non ci dormiva da due giorni, da quando
Bill gli aveva chiesto di vedersi a casa di Camille
(che poi, era la casa che Bill aveva comprato per Camille
e Nicole).
Quando il traffico si
diradò leggermente, Tom si ritrovò a correre –per quanto potesse- per le strade
ancora leggermente intasate: doveva vedere Bill, non poteva aspettare ancora.
Nella foto con la
bambina, doveva essere sincero, Bill lo aveva preoccupato, era smagrito e
sciupato ed era certo di esserne la causa e questo gli faceva stringere lo
stomaco in una morsa di dolore e rabbia, avrebbe voluto prendersi a pugni, più
forte di come aveva colpito –quel bastardo di- Anis.
Controllò sull’Iphone l’indirizzo esatto dell’appartamento e dopo mezzo
chilometro, parcheggiò nel cortile di una palazzina, scese dall’auto e prese
due sacchettini dal sedile del passeggero.
Dopo che il portone fu
aperto, salì le scale con il cuore che ad ogni rampa gli scoppiava sempre più
in petto, non ricordava di aver mai provato un’emozione così forte, eccetto la
prima volta che aveva fatto l’amore proprio con Bill.
La porta d’ingresso
era socchiusa e Tom la spinse con la mano, il palmo sudato e tremante, la bocca
secca: il suo esilio era finito e lui era lì, in piedi, con la piccola Nicole
per mano, gli occhi puntati sulla sua figura.
“Saluta lo zio,
piccola” fece Bill con voce roca, l’emozione che gli bloccava la gola. Era
possibile che non ricordasse che Tom fosse così bello? Che i suoi capelli
avessero una sfumatura ambrata, che le sue spalle fossero così larghe, che il
suo corpo fosse tanto slanciato quanto allenato?
Nicole fece un
sorrisetto e camminò con attenzione fino allo zio, non capendo come facesse ad
essere uguale al suo papà.
“Sao sio” trillò la bambina, un vestitino lilla e due codini
–proprio come nella foto- che le incorniciavano il viso paffutello, ai piedi
dei buffi calzini antiscivolo: come lei tese le braccia in avanti, Tom si
accucciò ed allargò le proprie, per accoglierla contro il proprio petto. Posò
le labbra sulla sua testa e la strinse con amore.
“Amore dello zio”
sussurrò cercando di trattenere l’emozione, mentre sentiva le manine della
nipote curiosa toccargli la collanina che aveva al collo, giocherellando con il
pendolo, una “B” che Bill gli aveva regalato al loro diciottesimo compleanno
inconsapevole che anche Tom, quella volta, aveva optato per lo stesso regalo,
la sua iniziale in argento.
“…’ome
papà” disse la piccolina osservando per bene il ciondolino e Tom alzò
gli occhi a guardare il fratello, sempre meraviglioso come un bel sogno, che si
toccava una collana che spuntava da sotto la vecchia t-shirt.
“Non l’hai mai tolta”
sussurrò incredulo Tom prendendo in braccio la bambina e tirandosi su, accennando
un passo verso il gemello.
“Beh, nemmeno tu”
rispose piano Bill scontrandosi con quegli occhi identici ai propri e
leccandosi brevemente le labbra, il cuore che batteva all’impazzata nel petto.
Anche Bill fece un
passo verso Tom, senza smettere di guardarlo, come se potesse solo in quel
momento leggergli in fondo all’anima e capire, finalmente, di potersi fidare di
lui, questa volta e per sempre.
“Perdonami” lo pregò
Tom, allungando una mano per sfiorargli le lunghe dita, la bambina ancora
stretta al suo collo che osservava lo zio e il padre con aria assorta.
“L’ho già fatto, Tom”
sorrise Bill lasciandosi avvolgere dal suo braccio libero del gemello,
lasciando che lo stringesse al petto, prendendo un lungo sospiro di sollievo,
tornando a vivere solo in quel magico momento.
Bill allacciò le
braccia alla vita del fratello ed inspirò il suo profumo, capendo che solamente
vicino a lui si sarebbe sentito davvero a casa per sempre.
Anche la piccola
Nicole si appoggiò ai due, un sorrisetto furbo ed ingenuo sul visino, mentre le
labbra di Tom si posavano sulla fronte di Bill, in un tocco delicato,
sussurrando un ti amo che fece fremere il biondo.
Rimasero a lungo
stretti uno all’altro, finché la bambina non decise di scendere dalle braccia
dello zio che si accucciò nuovamente per farle posare i piedini a terra.
“Sio”
gli disse Nicole guardandolo negli occhi “regalo” completò dall’alto dei
suoi diciotto mesi, indicando i due sacchetti che Tom aveva lasciato cadere
quando era entrato nell’appartamento.
“Oh, me ne stavo
proprio dimenticando” sorrise Tom prendendo la mano della bambina e tornando
verso la porta d’ingresso a prendere ciò che aveva lasciato lì.
“Sio
regalo, sio!” batté le mani Nicole mentre
prendeva il pacchetto fasciato di verde e giallo e correva in salotto. Un altro
sacchetto più piccolo rimase a Tom che osservando Bill che controllava a vista
la figlia, gli si avvicinò.
“Non dovevi” sorrise
Bill riferendosi al regalo per la figlia, guardando Nicole che scartava la
bambola di pezza e la sedeva sulla poltrona, accanto ad altri peluches.
“L’ho comprato con
piacere, le voglio bene, lo sai” mormorò cingendo con il braccio la vita
sottile di Bill che si cullò in quel gesto –uno dei tanti- che gli era mancato.
“Lo so, Tom” mormorò il
biondo accennando un altro sorriso, e poi abbracciandolo con delicatezza, quasi
avesse paura che fosse tutto un sogno.
“Sono qui, piccolo” lo
rassicurò Tom percependo i suoi pensieri così chiaramente da venir colto di
sorpresa.
“Sei tornato per restare?” gli chiese quindi Bill, stretto in quell’abbraccio,
le mani del gemello che gli accarezzavano la schiena.
“Sono tornato per restare” confermò il moro “questa volta per sempre.”
*
Angolino!
Scrivendo questo capitolo mi sono emozionata un po’. Sarà la storia sta
giungendo alla fine, sarà che non riesco a pensare che i gemelli non si vedano
per mesi o che Tom non veda crescere la nipotina (ho un nipote bellissimo che
amo in tutti i modi e non posso stare più di una settimana senza vederlo), ma
insomma, mi sono emozionata.
Cosa ci sarà in quel sacchettino per Bill? Camille
sarà contenta del ritorno di Tom? Bill e Tom torneranno insieme o avranno
bisogno di tempo? Bill rimarrà a vivere con Camille o
tornerà da Tom e dai suoi amati cani?
Voi cosa ne pensate?
Vi mando un abbraccio,
a presto,
M.