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Autore: Dea Elisa    14/05/2016    1 recensioni
Eccoci di nuovo qua, ad applicare la stessa tecnica ad un'altra coppia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristiana Gandini, Riccardo Malosti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Diluvio Universale – Annalisa

 

Ogni volta che tra noi due sembra comparire un gradino su cui alzarsi per andare avanti, ecco che scompare qualcos’altro. Un pezzo di ringhiera – e dove mai potrò aggrapparmi allora, a te? – o il pianerottolo precedente. Eccomi allora intrappolata tra un futuro a cui non posso correre incontro, e un passato a cui la mia testa non vuole far ritorno. Chi dice che è il presente ciò che conta, non credo abbia sempre ragione. Conta se del presente siamo soddisfatti, se non vorremmo mai cambiasse, se siamo così felici da essere terrorizzati che qualcosa possa minarlo. Io su questo presente galleggio, spesso indifferente, aspettando che un’onda più forte di un’altra mi trasporti più in là. O mi faccia affogare, giusto in attesa che tu possa salvarmi. Ma non mi abbandono a questa fiducia nei tuoi confronti, non adesso che ancora non capisco quale considerazione tu abbia di me.

Mi costringi così a sognare un futuro che tu adesso non sai offrirmi.

Ridi dei miei sbagli, prendi in giro il mio rapporto con gli uomini e addirittura consideri insufficiente il mio ruolo di madre. Ti permetti di criticare ogni cosa, giudichi come se i parametri dell’essere umano perfetto appartenessero a te; ciascuno che si allontana da questi termini di paragone non ha facoltà di concorrere per la tua approvazione.

E mentre ti guardo, seduto al tavolino della zona ristoro, in pausa pranzo – e ancora mi infastidisce che non mi abbia proposto di passarla con te –, mi chiedo cosa ci faccio, ancora qua, a studiare ogni tuo gesto, a calcolare quando potresti sorridere, a sperare che ti accorga di me, gettandomi magari un’occhiataccia.

Una delle cose che sai fare meglio.

 

«Hai mangiato?»

Riapro gli occhi. Avevo spento il cervello per qualche minuto, giusto il tempo perché ti accorgessi di una dottoressa appisolata ad un tavolino tristemente ingombrato da un'unica bottiglietta d’acqua. Mi preparo a una delle tue migliori battute, anzi, mi stupisco che la tua domanda non fosse andata dritta a chiedermi se ero pagata per dormire. E tu per vincere ogni giorno il premio empatia.

«No.»

«Ah, giusto: prova costume tra qualche mese.»

Odio questa realtà, odio te, che non mi lasci niente di concreto su cui gettare le mie speranze, odio volerti così bene, e odio stare così male.

«Ti offro un caffè, accelera il metabolismo.»

«Ne ho già preso uno. Mi verrà la tachicardia.» Ci viene così naturale, estraniarci dalla realtà anche solo rientrando nella disciplina che pratichiamo ogni giorno. Basta un riferimento qualsiasi e torniamo ad essere medici, se mai è possibile smetterlo di esserlo. Possibile e conveniente, dati gli esiti spesso disastrosi dei nostri dialoghi ‘senza camice’.

«La tachicardia? Quella ti viene perché ci sono io.»

«Ti definisci anche causa dei miei mali, adesso?»

«E se fossi il tuo medico ti prescriverei di starmi lontano.» Faccio per aprire bocca, per dire che ci starei volentieri se non fossimo obbligati da contratto, che quando riesco a farlo sei tu a cercarmi. Ma mi anticipi, dopo esserti avvicinato a me. «Però non saresti una paziente modello.»

Strano, che tu abbia ragione. Continuiamo a guardarci in silenzio per decine di secondi, l’offerta di un caffè ancora in sospeso, il turno ancora lungo che mi avrebbe portata molte altre volte a scontrarmi con te, il desiderio di sentirmi completamente apatica quando siamo a meno di un paio di metri di distanza.

Mi alzo, scansandoti con una mano all’altezza del tuo petto, senza mai sfiorarti.

«Dove vai?»

«A farmi prescrivere da Sergio un beta-bloccante.» Voleva essere un modo per ribattere provocatoriamente alle tue battutine da quindicenne, ma uscì come un’ammissione in piena regola dei tuoi sospetti.

 

Se non fossi voltata di spalle ti vedrei ora sorridere.

Se non fossi già lontana ti sentirei sussurrare «Prendine una confezione anche per me.»

   
 
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