Anime & Manga > Captain Tsubasa
Segui la storia  |       
Autore: Blue13    20/05/2016    3 recensioni
*SOSPESA*
"Ero a Monaco da due mesi e dal primo giorno mi ero ritrovato catapultato in un mondo completamente diverso, circondato da cose e persone che non avrei mai immaginato di vedere. Auto da corsa, appartamenti infiniti con ogni comodità possibile e immaginabile, ma soprattutto il tipo di persone: giornalisti che ti assaltavano alla fine di ogni partita, paparazzi che ti fotografavano in macchina anche quando andavi semplicemente a prendere qualcosa da mangiare (perché sì, puoi anche essere il portiere migliore del mondo, ma il frigo resta vuoto comunque), donne che cercavano in qualsiasi modo di mettere anche solo un piede nel tuo letto riducendosi a livelli di bassezza e civetteria disarmanti.
[...] mi resi conto che essere un calciatore a Monaco, o comunque in un grande club europeo, aveva lo stesso significato di “essere esagerato”. Tutto di te veniva portato all’esasperazione, all’idolatria. Privacy? Parola che dovevo dimenticare il più presto possibile. La mia vita da calciatore famoso avrebbe presto inglobato anche quella personale, tutto sarebbe diventato pubblico, un argomento come altri di cui si sarebbe letto sulle riviste più disparate."
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Nuovo personaggio, Shunko Sho, Stefan Levin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3

Redazione del Süddeutsche Zeitung, Monaco di Baviera

“Monaco - Il Bayern Monaco ormai è conosciuto a livelli internazionali con il fatidico soprannome di Diamante. In effetti sembra essere una squadra perfetta, senza difetti o limiti. Eppure anche il diamante più bello e pregiato ha i suoi difetti. Un esempio? Nella classifica dei giocatori europei più pagati del 2014 tre dei primi sei sono del Bayern Monaco. E quest’anno il nuovo acquisto, Genzo Wakabayashi, andrà sicuramente a inserirsi nella lista. Il “diamante” costa, e parecchio.
-6° posto: Shunko Sho – 7 milioni netti all’anno

Maximilianstraße*, Monaco di Baviera

“Pronto?” Non appena la sua voce calda e sensuale invase l’auto sentii mille brividi corrermi giù per la schiena.

“Hey bellezza, dove sei? Tokyo? Los Angeles?” Tra un set fotografico e una passerella quella era sempre in giro per il mondo e io speravo con tutto me stesso che non fosse eccessivamente lontana.

“Sono a casa tua, Sho” All’inizio non capii a che cosa si riferisse e per un attimo fui così idiota da credere che fosse davvero a casa mia lì in Germania. Ancora non riesco a spiegarmi come certe volte possa perdere la testa così, tra l’altro parlando semplicemente al telefono aspettando il semaforo verde.

“Come hai detto scusa?” Nel frattempo la gente si era iniziata ad ammassare sul marciapiede e scrutava curiosa attraverso il finestrino nero. Mi sistemai gli occhiali da sole, mentre il mio sguardo continuava a essere fisso sulla luce rossa del semaforo e le mie orecchie tese a sentire la sua risposta.

“Ho detto che sono a casa tua”, la sua voce calma si lasciò andare a una risata elegante e femminile, “Sono a Shanghai, tesoro.” Non appena sentii la parola Shanghai pronunciata con quel suo accento così maledettamente britannico un sorriso mi si stampò sulle labbra. Inarcai la schiena, poggiai la testa sul sedile di pelle nera e allungai le braccia stringendo forte il volante con gli inserti metallizzati per scaricare quel lampo di tensione improvviso, sentendomi totalmente appagato e rilassato. Mettere la mia stupenda e grandiosa città natale e lei in un unico pensiero era semplicemente paradisiaco. Ma bisognava anche fare i conti con la realtà.
Cazzo, è parecchio lontana…”  Lontana o no, avevo un compito da portare a termine.

“Tra dieci giorni esatti, al mio loft qui a Monaco. Festa del Bayern.” L’amo era stato buttato, a quel punto dovevo solo sperare che abboccasse senza fare troppe storie.
“Non mi chiedi nemmeno se posso venire o no?” Ecco, lo sapevo.

“Bellezza, non hai possibilità di scelta, mi sembrava chiaro.” Cercai di buttarla lì come meglio potevo. Il semaforo diventò finalmente verde e partii lasciandomi dietro la folla di fan accalcata sul marciapiede. Non avevo nemmeno fatto caso a loro, ero troppo intento a pregare che non avesse altre sfilate nelle settimane seguenti. In macchina calò il silenzio per qualche istante.

“Devo girare degli spot pubblicitari qui e a Hong Kong.”
Porca miseria, sta’ a vedere che mi dà buca per davvero!” Sarebbe stata la prima volta della mia vita, il mio primo fallimento con una donna.

“…Dovrei arrivare a Monaco giusto in tempo.”

Ah, adesso sì che si ragiona!” D’istinto sorrisi e premetti il pedale dell’acceleratore. Il rombo riecheggiò per l’intera via. Doveva ancora arrivare il giorno in cui Sho sarebbe rimasto a mani vuote! La voce mugugnò qualcosa, dopodiché chiese insicura.

“Ma… Hai cambiato di nuovo auto?” Strabuzzai gli occhi e fui talmente preso alla sprovvista che passai dritto col giallo senza rendermene conto. Mi aveva scoperto ascoltando unicamente il motore quando avevo scalato la marcia, incredibile! Del resto la sua passione per le quattro ruote era una delle svariate ragioni per cui lei era la mia prediletta. I capelli perfettamente lisci e quel bel tatuaggio a ideogrammi cinesi sul fondo schiena erano altre due.

“Sì, ho deciso di farmi un regalo col bonus delle pubblicità. Ho una figlioletta Maserati adesso.” Con tutti gli spot pubblicitari che io, Schneider e gli altri avevamo fatto durante l’anno passato ci eravamo guadagnati un bel gruzzolo a testa. Certo, dire addio a una Porsche non è mai facile, ma bisogna pur godere dei piaceri della vita! La sentii mugugnare qualcosa con fare pensieroso, immaginando già cosa mi avrebbe chiesto di lì a poco.

“Ora che ci penso avrò bisogno di un passaggio una volta arrivata in aeroporto…” La sua voce si era fatta così dolce che fu impossibile dire di no a quella ruffiana.

“Non ti preoccupare, basta che vieni.” Ci salutammo, il suo numero scomparve dallo schermo sul cruscotto e tornò la radio. Proprio in quell’istante iniziarono a mandare i titoli delle principali notizie del giorno. D’impulso feci per mettere dentro il cd, ma mi bloccai per qualche istante ascoltando la presentatrice.
“-Esplosa un’auto bomba a Damasco, circa una trentina le vittime. È già la seconda questa settimana-”
Inserii in maniera brusca il cd e alzai il volume, mentre mi immettevo nell’autostrada e acceleravo rapidamente.

Pazzoidi.”  Pensai senza preoccuparmene più di tanto e lasciando scorrere le dita lungo gli inserti metallizzati del volante della mia brillante Maserati.

 

“-3° posto: Stefan Levin – 9.4 milioni netti all’anno.”

Villa di Levin

Misi giù il telefono e cancellai con la penna anche il terzo nominativo. Ormai ne mancava solo una, dopodiché quello che sembrava un centralino telefonico sarebbe finalmente tornato il tranquillo e scarno tavolo del mio soggiorno. Detestavo chiamare quelle donne, così come detestavo sentire le loro voci emozionate e i loro innocenti “oh!” di stupore simili a quelli di un porno. Tutta questa tiritera si ripeteva ormai da un anno, ma io non ci avrei mai fatto l’abitudine. Era stata tutta opera del mister e di Karl. Metti insieme padre Schneider e figlio Schneider, chiedi loro di darti un’idea per svagarti un po’ assieme alla squadra e loro se ne verranno fuori con mega feste totalmente private, tutto libertà e zero pensieri. Se non ti basta chiedi pure al figlio Schneider come fare a invitare gli ospiti e lui ti trascinerà nei suoi piani di conquista dell’universo femminile, facendoti diventare il terzo membro di una giuria alquanto improbabile. Karl e Sho ormai si affidavano ai miei verdetti da freddo cinico per stilare la lista finale. Del resto io ero quello più oggettivo, schietto e stronzo. Di quelle giovani ragazze non me ne poteva fregare proprio un cazzo, diciamocelo. Qualcuno potrebbe pensare che ci stessi male, ma non è vero nemmeno questo. Non mi faceva né caldo né freddo, così come non mi faceva alcun effetto giocare con una squadra o con l’altra. Tutto quello che mi serviva per vivere era un campo e un pallone, il resto poteva anche andare all’inferno.
Cerchiai con la penna l’ultimo numero. Sarah Martini, così si chiamava la ragazza. Rimasi un secondo a fissare le lettere pensieroso. A giudicare dal cognome doveva avere origini italiane, ma una cosa era certa: non l’avevo mai sentita prima.
Buh..” Presi il cellulare e digitai il numero. Attesi qualche secondo, poi una voce piuttosto seccata rispose.

“Pronto?!”

“Parlo con Sarah Martini?” Chiesi in maniera schietta e atona. Niente buongiorno, niente buonasera, niente. Cercavo sempre di far durare quelle conversazioni il meno possibile e di mantenere le distanze da quelle arpie. Ma quella non era un’arpia, era peggio.

“SI' E LE HO GIA' DETTO CHE NON MI INTERESSA!!” Urlò così forte che dovetti allontanare il telefono dall’orecchio e quando lo riavvicinai e sentii che era caduta la linea rimasi incredulo. Quella lì mi aveva chiuso il telefono in faccia! Mi salì subito il nervoso, non avevo pazienza per certe cose. Beh, se devo dire la verità io non ho pazienza proprio per niente. Per un attimo non seppi bene cosa fare e per la prima volta mi sentii un po’ fuori luogo a chiamare di nuovo quella dolce Sarah, ma non avevo altra scelta. Schneider e Sho mi avrebbero fatto una testa così e io non avrei retto. Così mi feci forza e a fatica mi armai di pazienza, prevedendo già svariati insulti. Questa vota dovetti aspettare di più, ma poi rispose.

“Ma che problemi ha?” Schietta e brusca, senza neanche un buongiorno o una buonasera, come qualcuno di mia conoscenza. Ma io non mi facevo smuovere da così poco.

“Sono Stefan Levin.” Le dissi con tono glaciale, sperando che questa volta mi lasciasse finire.

“Certo, e io sono Karl Heinz Schneider.” Simpatica, molto. Per la prossima festa avrei chiesto a quei due di raccogliere informazioni anche sul carattere e non solo sulla taglia di reggiseno.

“Non credo proprio, Karl è a casa a fare la stessa cosa che sto facendo io. Se non mi credi metto giù e ti faccio chiamare da lui, perché io non ho tempo da perdere.” A volte riuscivo a essere proprio odioso, ma in fondo era proprio per questo che ero famoso. Ci furono degli attimi di silenzio, evidentemente stava decidendo se fidarsi o no.

“Non sei l’unico. Ok, Levin.” Pose l’accento sul mio cognome e la cosa mi diede fastidio.
“Cosa vuoi?”
Io non voglio proprio un bel niente, ragazzina.” Pensai tra me e me, ma fui abbastanza tollerante da non dirglielo. Andai dritto al punto.

“Sei ufficialmente invitata alla festa della mia squadra, il Bayern Monaco. Tra dieci giorni. Se accetti ti comunicherò l’indirizzo più avanti.”

“Ma dai!”, rispose con tono ironico, “Ti chiederei il motivo, ma come ho già detto nemmeno io ho tempo da perdere. Va bene.”

“Bene.” Dissi monotono. Non la salutai nemmeno, misi immediatamente giù il telefono sbattendolo sul tavolo sbuffando. Cancellai anche il suo nome con una sola linea, premendo così forte la penna che feci quasi il buco sul foglio. Grazie a Dio anche questa volta era finita.

 

“-1° posto: Karl Heinz Schneider – 11.5 milioni netti all’anno.”

Loft di Schneider

“Ok, ce l’hai fatta.” Mi dissi buttandomi sul divano dopo aver camminato su e giù per la casa per dieci minuti. D’altra parte avevo bisogno di muovermi per scaricare la tensione, stavo chiamando la mia prediletta! Mi aveva risposto con una vocina un po’ gracile che faceva trasparire la sua giovinezza. Da subito avevo sentito l’accento tipico delle lingue slave fare capolino tra una parola e l’altra e l’avevo trovato estremamente sensuale e allo stesso tempo misterioso. Sì, se c’era una cosa che mi tormentava era proprio il suo essere misteriosa. Spesso mi mettevo a chiacchierare con le ragazze che telefonavo per farmi un po’ un’idea o per conoscerle di più, specialmente se erano già state invitate alle feste precedenti. Il problema era che alcune si emozionavano così tanto del fatto che dessi loro corda che non la smettevano più di raccontarmi la loro vita e facevo davvero fatica a riattaccare. Lei invece non si era minimamente scomposta. Aveva risposto con estrema educazione, tanto che mi era sembrato di parlare con una donna in carriera dai modi professionali e non con una giovane modella. E io non avevo voluto essere da meno. Le avevo spiegato per bene lo scopo della serata (forse gliel’avevo presentata in una maniera fin troppo nobile rispetto a ciò che sarebbe stata in realtà) e come funzionava per l’indirizzo e per il tragitto da percorrere senza farsi vedere da possibili giornalisti. Lei mi aveva seguito per tutto il discorso, annuendo e senza interrompermi mai. Alla fine mi aveva salutato con un neutro “Grazie e a presto” che mi aveva fatto sentire un po’ un vecchio. D’altra parte non potevo pretendere che mi salutasse con baci e abbracci, per lei ero ancora un sconosciuto. Il punto è che tutta questa discretezza mi stuzzicava ancora di più. Sentivo che lei non sarebbe stata facile come le altre, l’avrei dovuta conquistare sul serio. Era da tempo che non mi sentivo messo alla prova da una donna, che non sentivo quella tensione e quell’ansia leggera e stimolante al pensiero del primo incontro e del possibile esito. Erano emozioni che mi facevano sentire vivo, come quelle che provavo quando scendevo in campo.
Sorrisi, presi il cellulare e feci il numero a memoria. Mi rispose una voce super affannata.

“Pronto?”

“Genzo, non sputarmi un polmone proprio adesso che abbiamo tutte le invitate!” Lo sentii ridere e respirare a fondo. Quello andava sempre a correre, in ogni momento della giornata e in ogni posto.

“Tranquillo, non ho nessuna intenzione di morire prima del mio debutto nella vita brava del Bayern!” Vero, quella sarebbe stata la sua prima festa e già al pensiero di trascorrerla assieme bevendo e divertendoci come dei pazzi mi venne da ridere.

“Così ti voglio, portiere! Te ne ho tenute un paio, solo per te!” Rimase un attimo interdetto, poi mi disse titubante:

“Un…paio?” In effetti per come l’avevo detta non suonava molto bene.

“Sì, beh… poi scegli tu, ovvio..” Cercai di chiarire un po’ in imbarazzo. Io e Genzo ci eravamo conosciuti ancora da adolescenti e quindi ci era capitato di parlare di ragazze assieme, ma mai troppo nello specifico. Con lui non avevo la sfacciataggine di parlare di certe cose che avevo invece con Shunko, perché lui in un certo senso era ancora innocente e non si era ancora rovinato fino al midollo come noi due. Ma il momento sarebbe arrivato anche per lui, ne ero certo. Rise di nuovo e ciò mi fece sentire più a mio agio.

“Va bene amico, lo apprezzo.” Disse con tono scherzoso. Ci salutammo dandoci appuntamento all’allenamento del giorno seguente. Mancavano due giorni alla semifinale di Champions League contro l’Ajax. Sì, quella volta avevamo avuto una bella faccia tosta a organizzare la festa ancora prima di disputare la partita, ma eravamo sicuri di vincere. Avremmo vinto, perché noi eravamo i migliori. Noi eravamo il Diamante.

Ciao a tutti! Ho deciso di rimandare il lusso frenato al prossimo capitolo, intanto sappiamo che Sho ha un debole per le auto di lusso e Levin vive beato in una villa.. E sappiamo anche che questi grandi campioni non sembrano interessarsi molto a ciò che accade nel mondo… per ora :)

*Maximilianstraße è una delle strade principali di Monaco di Baviera dove ci sono boutique e negozi di brand famosi.

Grazie a chi legge, se volete lasciate un commentino :)
Baci,
Blue

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Captain Tsubasa / Vai alla pagina dell'autore: Blue13