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Autore: Snow_Elk    28/05/2016    3 recensioni
Che cosa hanno in comune un mercenario di Reilly e una predatrice ribelle? Niente, probabilmente si sparerebbero a vicenda ancor prima di chiedere "Ehi, hai una sigaretta??". Ma non è il caso di Jeff e Dave che, catturati dall'Enclave, si ritroveranno ad affrontare un viaggio lungo che li costringerà ad attraversare tutta la zona contaminata di DC. Tra incontri fuori dal comune, scontri all'ultimo sangue e disavventure di ogni genere i due scopriranno che la zona contaminata non è semplicemente una distesa in rovina, un monumento ai peccati dell'uomo, bensì un luogo che ha una vita propria e secondo alcuni...anche una coscienza.
NOTA BENE: questa è una storia scritta a 4 mani in cui io sarò il mercenario"Jeff" mentre madame_red_, l'altra scrittrice, interpreterà la predatrice "Dave". Qui potrete trovare il suo profilo: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141224
Speriamo che questo nostro esperimento vi piaccia.
Enjoy and stay close!
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Odissey in the Wasteland



Capitolo III- Perché precipitare non era abbastanza, no.

Jeff Callaghan
 
Da qualche parte nella zona contaminata                                   3 Settembre 2275

 
 
L’uomo dagli occhi gialli continuava a tenerlo “a bada” puntandogli addosso quel dannato ferro arruginito che sembrava uscito da “Grognak il barbaro” e faceva altrettanto con una ragazzina dai capelli neri e dai grandi occhi verdi.
A giudicare dal suo abbigliamento doveva essere una predatrice, o qualcosa di vagamente simile, visto che quei pazzi amavano farsi riconoscere, giusto per esser sicuri di beccarsi una pallottola in mezzo alla fronte. Anche lei era una prigioniera? Una domanda stupida viste le circostanze, ma quella sottospecie di atterraggio l’aveva leggermente stordito. Chiamarlo atterraggio era altrettanto stupido.
 
- Almeno ce l’hai un nome? – chiese al misterioso individuo che ogni tanto lanciava un’occhiata veloce ai suoi uomini, per sincerarsi che non ci fossero sopravvissuti dell’Enclave. La sparatoria continuava, anche se il frastuono era diminuito, segno che stava volgendo lentamente al termine.
- Ne ho tanti, ma tutti mi chiamano L’Errante – rispose, fulminandolo con lo sguardo.
- Errante, eh? Ah, affascinante, davvero- ironizzò come solito suo ma l’uomo non gli diede peso – e tu invece? – questa volta si rivolse alla ragazzina.
Lei lo fissò con uno sguardo misto fra la confusione e la rabbia, ma non rispose, troppo presa dal capire in che razza di macello era finita. Era forse il caso di dirle “Benvenuta nella zona contaminata, figliola”??
 
Probabilmente era sempre stata abituata a spasserla col suo gruppo di aguzzini, tagliagole e banditi, cirondata a destra e manca da bocche da fuoco e sempre tenuta lontana dalle mera follia della Wasteland. Forse non sapeva che i predatori erano i meno folli in quella benedetta accozzaglia di pazzia che era la zona contaminata.
O aveva semplicemente paura? Qualcosa che lui si era imposto di non provare più, non dopo quello che era successo all’ospedale di Nostra Signora della Speranza.  “Speranza, speranza un cazzo...”
Gli spari cessarono e intornò a loro calò uno strano silenzio, un silenzio di morte, i soldati dell’Enclave sopravvissuti allo schianto erano finiti all’altro mondo con tutta l’armatura atomica, sopraffatti dagli uomini dell’Errante.
 

- Adesso potresti smettere di puntarmi quel coso addosso – esordì alludendo alla spada e l’Errante la ripose in un fodero di cuoio appeso alle sue spalle con un sorriso sadico stampato sulle labbra. Jeff sospirò, sì sentiva molto meglio senza quell’arma puntata al collo, nonostante i postumi dello schianto. Era comunque un inizio.
 
Rapito dall’Enclave per chissà quale folle progetto, abbattuto mentre era a bordo di un dannato vertibird e, se questo già non bastasse, sopravvissuto miracolosamente allo schianto e salvato da un sedicente psicopatico uscito da uno di quei giochi da tavolo fantasy. Al diavolo, l’autore di quella storia o era tutto scemo o era davvero sadico nei suoi confronti. Non lo pagavano abbastanza per questo.
Fece per alzarsi ma l’Errante gli si parò davanti:
- Niente scherzi, mercenario, hai lo sguardo di chi vuole scaricare un po di piombo e tornarsene a casa, dico bene? – Jeff deglutì, non voleva scatenare un’altra sparatoria ma di certo quel tipo non gli andava a genio, nonostante i suoi carcerieri fossero stati sconfitti non si sentiva affatto al sicuro – Lo stesso vale per te, signorina – aggiunse con un filo di ironia, vedendo che la predatrice era ancora legata come un salame. Poteva vedere l’odio bruciare negli occhi della ragazza in mezzo a ciò che restava della paura.
- Come pretendi che faccia qualcosa legato come sono? Perché non mi liberi e mi spieghi che diavolo sta succedendo? – chiedere favori non era il suo sport preferito, su questo non ci pioveva. L’Errante sorrise, mentre i suoi uomini depredevano i cadaveri dei nemici sconfitti per spartirsi il bottino della vittoria. Una scena macabra, ma totalmente normale da quando il mondo era finito.
- Vuoi la verità, mercenario? Bene, la avrai – si inginocchiò accanto a lui e con uno strano strumento spezzò in due le catene che lo bloccavano. Jeff annuì in segno di riconoscimento e iniziò a massaggiarsi le caviglie e i polsi doloranti.
 
- L’Enclave ha catturato te come molta altra gente, senza fare molte distinzioni: banditi, predatori, mercenari, scavenger e perfino paladini della confraternità... e lo sta facendo da più di un mese ormai, con un preciso scopo: il progetto Asgard – mentre parlava si avvicinò alla predatrice e liberò anche lei lanciandole uno sguardo che equivaleva ad un “Non muoverti o sarai sopravvisuta allo schianto per nulla”.
- E cosa sarebbe questo “Progetto Asgard”? L’Enclave ne tira fuori sempre una nuova, ma questo è davvero il colmo – rispose Jeff che aveva iniziato ad osservare la devastazione intorno a sé: rottami in fiamme, colonne di fumo nero e corpi senza vita abbandonati in posizioni innaturali.
- Si stanno preparando, perché hanno bisogno di carne fresca, perché hanno paura. Le loro forze non possono bastare, non dopo l’ultimo conflitto con la confraternita d’acciaio. Per questo vanno a caccia, di reclute se così le vogliamo chiamare, o forse sarebbe meglio dire cavie, perché una volta entrate a Raven Rock o ne escono cadaveri o soldati del Ragnarok come li hanno “battezzati”. E credimi, di umano hanno ben poco...- lasciò cadere il discorso con quell’ultima frase, quasi a voler lasciare spazio all’immaginazione su quello che potevano fare gli scienziati dell’Enclave a chi veniva catturato e condotto nei loro laboratori.
 
Jeff notò che anche la ragazzina si era messa ad ascoltare il discorso dell’Errante e il suo sguardo era perplesso, carico di dubbi, e come darle torto: progetto Asgard, soldati del Ragnarok, l’Enclave che ha paura, erano tutte cose che facevano pensare ad uno di quei giornaletti giapponesi piuttosto che ad una storia vera.
Servivano altri dettagli, più informazioni, ma prima che potesse aprir bocca uno dei soldati lo precedette:
- Signore ci sono altri sopravvissuti, sono i prigionieri dell’Enclave. Che cosa ne facciamo? – domandò.
- Uccideteli – sentenziò l’Errante e Jeff non riuscì a credere a ciò che aveva sentito.
- Ma sei impazzito?! – esclamò – quelle sono persone innocenti! – stava per rialzarsi, non poteva starsene con le mani in mano, ma l’Errante lo rispedì a terra di peso e lo trascinò a terra come un sacco di patate fino ad abbandonarlo qualche metro più in là, di colpo. Da dove aveva tirato fuori quella forza?
 
- Hai salvato me e questa ragazza, perché noi sì e loro no? Che cosa vuoi da noi? Chi diavolo sei? – aveva letteralmente urlato quelle domande e sentiva il sangue pulsargli nelle vene per la rabbia. Che razza di problemi poteva avere quell’uomo?
- Sei davvero un tipo curioso, Callaghan, e lo è anche la ragazzina qui presente, credimi, in caso contrario probabilmente avreste fatto la fine degli altri- disse facendo alcuni cenni ad uno dei suoi uomini che senza fiatare iniziò a raccattare oggetti e a buttarli in uno zaino logoro.
- Vorrei avere più tempo per chiacchierare, ci sarebbe molto da dire, ma il tempo scorre, ormai non manca molto e c’è ancora così tanto da fare - continuò afferrando la ragazza per un braccio e spingendola con forza verso il mercenario. Jeff si limitava a fissarlo, doveva cogliere il momento giusto per agire. Sentì la predatrice urlare qualcosa ma non gli diede troppo peso.
- Se pensavi che i supermutanti o i deathclaw fossero i pericoli e gli orrori maggiori di questo mondo, beh... ti sbagliavi– esordì mentre i sibili dei proiettili tornavano a fendere l’aria e le urla dei prigionieri a riempire i loro polmoni.
L’Errante si avvicinò al mercenario mentre il soldato gettò lo zaino accanto a loro con la stessa grazia di un rinoceronte in una cristalleria. Riuscì ad intravedere delle provviste e forse delle armi, ma non ne era sicuro.
 
I loro sguardi si incrociarono, grigio contro ambra, fermezza contro follia, e sentì l’aria farsi più pesante:
- L’Enclave ha paura, Callaghan, paura di qualcosa che va ben oltre la nostra immaginazione. Abbiamo distrutto il mondo e non siamo mai stati perdonati per  questo, lo capisci? – un pensiero si insinuò nella sua mente, di punto in bianco sembrava che quell’uomo non fosse più un ciarlatano psicopatico, bensì uno che sapeva esattamente cosa stava dicendo. Quella sensazione di vuoto e disprezzo tornò a farsi sentire.
- Abbiamo imparato a conviverci, ma non possiamo dimenticare- sussurò involontariamente con lo sguardo perso a fissare il vuoto. Un senso di inquietidine lo avvolse per una frazione di secondo.
- Esatto, abbiamo distrutto il mondo una volta e lo stiamo facendo di nuovo. La zona contaminata non è un semplice luogo in rovina, è qualcos’altro, e ha una coscienza propria. Ha visto cosa abbiamo fatto, cosa stiamo facendo, e presto ci punirà – quell’ultima frase suonava come una sentenza di morte e prima che potesse aprir bocca l’Errante aveva conficcato nel terreno lo strumento con cui l’aveva liberato e si stava allontanando:
- Quello che accadrà cambierà per sempre la zona contaminata per come la conosciamo e non tutti saranno pronti ad affrontare questo evento. Addio, se sopravviverete a ciò che vi attende forse ci rivedremo – non appena finì la frase il terreno sotto i loro piedi cedette trascinando entrambi in una voragine oscura.
 
                                                               [...]
 
Era caduto su qualcosa di morbido, o perlomeno qualcosa che aveva attutito la caduta. Un’enorme pila di scatoloni ammassatti uno sull’altro in quantità industriale e abbandonati lì da prima della guerra. Quindi era caduto in un magazzino? Era precipitato da uno dei condotti d’aerazione? No, era poco probabile, erano troppo piccoli per farci passare un essere umano in caduta libera. E allora da dove? Si massaggiò la testa e si guardò intorno anche se nella penombra di quella stanza riusciva a distinguire ben poco. Qualcosa gli aveva schiacciato un piede e allungò una mano: stoffa sfilacciata, superficie deforme, doveva essere lo zaino che gli aveva lanciato contro il soldato dell’Errante.
Sospirò: cos’altro poteva andare storto nell’arco di quella giornata? Ci mancava solo che la luna precipitasse sulla terra spazzando via quel poco di umanità che restava.
Qualcosa si mosse accanto a lui, si girò di scatto, accendando con uno scatto la torcia appessa alla divisa, per scoprire cosa fosse e si ritrovò davanti due enormi occhi verdi che lo fissavano da pochi centimetri di distanza.
- Ma tu sei... –
- Dave, io sono Dave – finì la frase prima di perdere i sensi.
Jeff lanciò  prima un’occhiata alla parte di soffito crollata da cui erano caduti, dalla quale filtrava un pò di luce, e poi alla ragazzina svenuta sulle sue gambe.
- Fantastico - 



Dave Campbell
 
Da qualche parte nella zona contaminata                                                    3 Settembre 2275


Da quando erano  finiti in quel buco non aveva  idea di come ne sarebbero  usciti:
Quel mercenario la  fissava in modo strano e le  chiese il nome.
“Dave, sono Dave” la testa le girava terribilmente, la stanza ai suoi occhi  iniziava a deformarsi, aveva caldo, un caldo terribile e poi inizió a sentire i suoni ovattati, sembrava tutto così distante, la luce che filtrava era distorta e il caldo continuava a salire, si accasció sulle gambe dell’uomo che era con lei.
Perse i sensi.
...
 
Rinvenne qualche tempo dopo e la prima cosa che vide furono gli occhi del mercenario che la fissavano.
“Ah ma allora ci sei” disse con una voce rude e sarcastica “pensavo fossi morta” ridacchiò.
“ I-io.. D-dove... Dove siamo?” Aveva difficoltà a parlare, la bocca impastata e si sentiva debole, provó a tirarsi in piedi sperando di riacquistare un po’ di dignità ma non appena si sollevò le gambe iniziarono a tremarle e ricadde in ginocchio davanti a lui, goffamente:”Tu.. Tu chi sei?” Era confusa, quell’uomo, il mercenario si era presentato già? Cosa faceva lì con lei?:”Aspetta me lo hai già detto? O no?”.
L’uomo la guardava fisso, senza alcuna espressione sul volto:”Jeff, mi chiamo Jeff e sono un mercenario di Reilly” Dave indietreggiò  un pochino, se avesse voluto avrebbe potuto ucciderla lì seduta stante, e siccome era giovane e voleva vivere ancora per un po' ,decise che il modo migliore per non essere uccisa o peggio, era convincerlo che aveva bisogno di lei per uscire di lì, una volta fuori avrebbe deciso sul da farsi, se scappare a gambe levate o se sfruttarlo per tornare a casa.
 
Tentò nuovamente di alzarsi e questa volta ce la fece, iniziò cosí a girargli attorno come uno squalo e  a parlargli con voce calma :”Siamo da soli in questo buco nel terreno, dobbiamo trovare un modo per uscire, non trovi? Ci aiutiamo a vicenda, non ti sembra fantastico?” Gli fece un sorrisone smagliante, quando si sedette di fianco a lui con la stessa fluidità di un gatto che sta aspettando una ricompensa.
“Ho trovato delle munizioni quando siamo caduti, mentre tu eri svenuta, iniziamo a rifornirci poi ne riparliamo” rispose freddamente.
 
Sgattaioló verso gli scatoloni e iniziò ad aprirli con una foga impressionante, mentre era lì chinata come una scimmia curiosa a rovistare, Jeff le si avvicinò, riuscì a sentire il fruscio dell’arma che veniva tirata fuori dalla fondina –ok mi ammazza- fu l’unica cosa che riuscì a pensare.
“Conosco gli abiti che indossi, sei un predatore” alzó l’arma puntandola alla sua nuca, Dave inizió a sudare freddo –lo sapevo- deglutí.
“Se hai intenzione di fare qualsiasi cosa che io possa reputare pericolosa per la mia vita, sappi che ti riduco come uno scolapasta, poco importa se sei una ragazzina”.
Dave rimase accucciata, terrorizzata, non bastava l’Enclave prima e l’Errante poi ora ci si metteva anche lui:”I-io giuro.. Non ho intenzione di fare niente di male.. V-voglio solo uscire di qui e tornarmene a casa.” Rispose con la voce incrinata, come se fosse sul punto di scoppiare in pianto.
Jeff rimise l’arma nella fondina e con completa noncuranza ritornò a sedersi dove era prima.
 
Dave rimase immobile per qualche secondo, ancora con i brividi addosso ma poi decise che era ora di agire, trovó delle munizioni per la sua 10 mm e vide anche un fucile da combattimento mezzo arruginito che la ispirava parecchio, così lo prese, bisognava essere pronti a tutto.
Una volta rifornita lasció il tempo a Jeff di fare lo stesso.
“Dobbiamo trovare un modo per uscire.” Disse Dave con la voce ancora un po’ spaventata:” Se filtra della luce vuol dire che c’é un’uscita e se c’é un’uscita noi possiamo andarcene.”
 
Parte del soffitto era crollata ma lo spazio non sembrava abbastanza largo da permettere di passare, ma Jeff sembrava essersene accorto prima di lei: “Non ci passiamo da lì, magari tu, ma io non ci passerò mai, dobbiamo trovare un’altra uscita.”
 
Dave sbuffò, per una buona volta aveva usato il cervello e invece.. Non era servito a nulla, allora si mise a girare per la stanza alla ricerca di un altra via di uscita, i muri erano ruvidi, spessi e di un grigio cupo, la stanza illuminata lievemente non sembrava presentare alcuna via di fuga, c’erano solo degli scatoloni, dei calcinacci e le scatole  per le munizioni, perfino il silenzio assordante lasciava intendere che la stanza non aveva grossi sbocchi comunicanti con l’esterno.
 Guardandosi meglio intorno notó una sorta di buco nel muro abbastanza largo da poter permettere a entrambi di passare.
 
“Andiamo di là, di sicuro tutto é meglio che stare in questo posto.”
Jeff questa volta sembrava essere d’accordo,  per prima cosa, appena avvicinatisi al buco guardarono dentro, sembrava illuminato fiocamente, di sicuro da qualche parte li avrebbe condotti.
Dave fu la prima a passare, era abbastanza stretto ma ci riuscì.
Erano finiti nelle metropolitane, -cazzo questi posti sono pieni di ghoul ferali-.
Prese il fucile da combattimento  e iniziò a camminare piano.
Jeff era di fianco a lei, anche lui con l’arma imbracciata.
 
Dei rumori come di gorgoglio lontani non facevano presumere niente di buono.
Quelle bestie putrescenti iniziarono a correre verso di loro.
“Tu prendi quelli che vengono da destra io da sinistra” sussurró Dave a Jeff.
Iniziarono così a sparare, non c’era cosa più bella che vedere le teste di quei ghoul saltare, schizzava sangue da ogni parte, erano così tanti che non riuscirono a fermarli da lontano.
 
Un ghoul si era avvicinato pericolosamente e si era lanciato addosso a Dave, quelle mani erano come artigliate e le sentiva graffiare la sua pelle, tentò di morderla, Dave si scansò per un pelo, poteva sentire il fortissimo odore di carne decomposta che le pungeva le narici, inizialmente le venne da vomitare, ma poi riprese subito la concentrazione.
Lo spazio tra il suo corpo è quello del ghoul era così stretto che non riuscì ad alzare l’arma, così lo colpì più forte che poté col calcio del fucile.
Il ghoul indietreggiò con un rantolo, giusto in tempo per permettere a Dave di piantagli un proiettile dritto nello stomaco, poi uno in testa e un altro ancora, si era spaventata così tanto che inveiva su quel cadavere in un modo osceno, incontrollato.
 
Jeff l’afferrò forte per un braccio allentandola, perse l’equilibrio e si appoggiò sul petto del mercenario e lo guardò, restarono in silenzio per qualche secondo e poi:” Hei, che cazzo fai, lasciami!”
“Smettila di inveire su quel cadavere, cazzo! É inutile”
“Lasciami fare quel cazzo che voglio” rispose lei.
“Senti ragazzina, é un inutile spreco di munizioni quindi falla finita.”
 
Il silenzio intanto era calato nella metropolitana, in quell’area non c’era più mezzo ghoul, li avevano sterminati tutti, e dall’odore si capiva che erano morti.
 
“Ora allontaniamoci, cerchiamo un’uscita e in fretta.” Intimó Jeff trascinandola per un braccio.
Nella metropolitana deserta si sentiva solo l’eco dei loro passi, camminarono a lungo per quel corridoio angusto, il pavimento era bagnato e l’eco dei passi nell’acqua faceva più rumore che sulla terra asciutta e Dave dopo lo scontro ravvicinato di qualche secondo  prima iniziava a preoccuparsi.
Si trovarono davanti ad un bivio, la zona era in penombra, e poco si distingueva dal fondo di ognuna delle due strade possibili.
 
“E ora?” Chiese timidamente Dave.
   
 
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