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Autore: Frytty    14/04/2009    4 recensioni
Novembre.
Una giornata come tante.
Una notte come tante.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti e tanti auguri di Buona Pasqua anche se un po' in ritardo! Come sono andate le feste? Spero bene anche se mi dispiace ricominciare il tram-tram della scuola domani... ç_ç ma passiamo a cose serie, come le risposte alle bellissime recensioni *_*:

hermionex95: Beh, non vorrei anticiparti nulla, ma questo a mio avviso, è uno dei capitoli più importanti della storia e spero davvero di non deludere nessuno. Grazie per i complimenti e sono contenta tu non sia sparita ^^! In fondo ti capisco, anche io a volte ci metto secoli per recensire a causa della mia scarsa memoria XD! Baci!

myki: Credi davvero che Lily si salvera? Uhmm... non voglio anticipare nulla prima del tempo ma già questo capitolo svela qualcosa... grazie come sempre per le tue bellissime recensioni che (e dico davvero) mi riempiono il cuore e mi rendono davvero soddisfatta di quello che sto scrivendo *_* Baci!

eulalia_17: Grazie per i complimenti e spero che questo capitolo ti piaccia! Baci! ^^

Ed ora, ENJOY!

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27. Leave Out All The Rest

Si sentiva così sollevata mentre si dirigeva nella sua stanza, che non aveva voglia di nient'altro se non di una doccia e di una bella dormita.
Sapeva tuttavia che non era ancora la fine, quella.
D'altronde, non aver visto quello che l'attendeva la innervosiva e se solo ci pensava le veniva voglia di piangere.
Non era colpa di nessuno in fondo.
Forse James era stato più coraggioso di lei. Magari lui aveva chiesto, mentre lei si era limitata ad osservare.
Forse aveva sbagliato fin dall'inizio.

Il tuo destino è già scritto.

Quella frase le metteva paura.
E negli occhi di James aveva visto una sofferenza così grande, indescrivibile, che aveva ancora più terrore di quello che li attendeva.
Ormai le veniva quasi naturale parlare al plurale. Era quasi ovvio.
Come se lei e James fossero un'unica entità, inscindibile.
Lo amava, eppure era come se non glie lo dimostrasse abbastanza.
James non aveva mai voluto niente in cambio, non pretendeva nulla da lei, gli bastava solo averla vicino, poterla osservare mentre studiava, accarezzarle i capelli, guardarla negli occhi, assaporare il suo profumo, assaggiare le sue labbra.
Se solo ci pensava, le sorgeva spontaneo un sorriso.
La porta del dormitorio femminile si aprì con un cigolio: era mattina presto e sperava di poter dormire ancora qualche ora prima dell'inizio delle lezioni.
Camminò velocemente, sfilandosi la divisa e indossando il pigiama: la doccia poteva aspettare dopotutto.
Non aveva neanche fatto in tempo ad assaporare il confortevole calore delle lenzuola, che Alice si era fatta posto prepotentemente nel suo letto.
< Si può sapere dove sei stata? > Lily era così abituata a quelle intrusioni, che non tentò nemmeno di ribattere.
< Alice, sono stanca. Posso dormire? >
< Ti fingi malata e poi vai in giro chissà dove, insomma, è una cosa illegale? > Alice la guardò severa, come se non l'avesse sentita.
< Illegale?! Ma cosa vai blaterando! Certo che no! > Protestò Lily, cercando di non alzare troppo la voce, per non svegliare il resto delle occupanti della stanza.
< E allora? Cosa c'è che non va? >
Alice aveva qualcosa di innato, un talento forse.
Capiva fin troppo bene quando qualcosa non quadrava, ti guardava negli occhi e sapeva tutto, in particolare e soprattutto, ciò che volevi nascondere.
E capiva se era qualcosa di cui preoccuparsi o meno.
Lily sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
< Mi devi promettere che terrai la bocca chiusa. Prometti? >
< Prometto. > Alice si premette una mano sul cuore, sincera.
Alice sembrò pensierosa e rimase in silenzio qualche minuto prima di rispondere.
< La storia degli incubi collegati, no? >
Lily le raccontò tutti gli avvenimenti, dal prosieguo degli incubi fino alla chiacchierata con Silente e alla successiva messa in atto del piano.
< Insomma, tu non hai visto niente in quel dormitorio, dico bene? >
< Si. Insomma, è stato strano, come essere estranea all'intera vicenda, osservare il tutto da un punto di vista che non era il tuo. Guardavo James e pensavo che era ingiusto che lui stesse soffrendo al posto mio. Che potevo essere nella sua stessa situazione in quel momento. >
< Non avresti avuto paura? >
< Forse si. Ma saremmo stati in due a sopportarne il peso. Grava solo sulle spalle di James adesso, e non posso sopportarlo. Soffre e non posso aiutarlo perché si rifiuta di dirmi cosa ha visto. > Rispose, sull'orlo delle lacrime.
< Sta solo cercando di proteggerti, Lily. Non vuole che tu soffra. Avresti fatto lo stesso. >
Lily sospirò.
Alice forse aveva ragione, avrebbe fatto lo stesso se fosse stata lei a vedere il futuro.
< Sei arrabbiata di non aver visto, dico bene? > Alice le sorrise, comprensiva.
< Si, è anche questo. > Rispose lei.
< Forse col tempo sarà lui a parlartene. Per ora puoi solo stargli vicino e cercare di alleviare la sofferenza. Sei sicura dei tuoi sentimenti? >
< Si. >
< E allora capirai. > Alice la abbracciò, aspettando poi che si addormentasse prima di sgattaiolare di nuovo nel suo letto.

Sirius non ebbe il coraggio di scrollare James come sempre ogni mattina, per andare a lezione. L'amico aveva chiuso semplicemente gli occhi, disteso sul suo letto, completamente vestito, sembrava dormisse, ma persino Peter si era reso ben presto conto che non dormiva affatto.
Ad ogni modo, sgattaiolarono fuori del dormitorio silenziosamente, chiudendosi la porta alle spalle.
Non avevano davvero l'intenzione di andare a lezione; in fondo, un solo giorno non basta per riprendersi da una brutta influenza, ma d'altra parte, volevano che James restasse solo, per quanto potesse essere doloroso doverlo abbandonare a se stesso. Aveva bisogno di riflettere, come tutti in fondo, e sapevano che con le loro continue domande, non lo avrebbero condotto a nulla.
Occuparono ciascuno una poltrona in Sala Comune, già deserta e mentre Sirius fingeva di dormire sul divano, accoccolato in una coperta, Remus e Peter avevano cominciato a giocare a Scacchi Magici. Unico rumore, il fuoco che scoppiettava nel caminetto.

James, non appena aveva avvertito lo scatto della porta del dormitorio che veniva chiusa, aveva aperto gli occhi di scatto, prendendo ad osservare il soffitto. Non aveva dormito un solo istante, seppure avesse la certezza che una volta in piedi, le gambe non gli avrebbero retto. Si sentiva stanco, spossato, senza forze, come dopo le scampagnate estive a cui i suoi genitori lo costringevano a partecipare da piccolo, oppure come dopo un'estenuante partita di Quidditch che forse, era il paragone che più gli si addiceva in quel momento.
Sbuffò rendendosi conto che aveva freddo.
Scostò le coperte e vi si intrufolò dentro, raggomitolandosi nella speranza di ricavarne un po' di calore.
Non voleva pensare a ciò che aveva visto nello Specchio perché era come fare il punto su una situazione piuttosto spinosa e controversa. Non aveva scelto di vedere. Le immagini si erano riversate nella sua mente indipendentemente dalla sua volontà e la sua reazione era stata così violenta che se ancora faceva mente locale alla stretta che aveva avvertito allo stomaco e al cuore alla vista di Lily e dell'innocente fagottino tra le sue braccia, gli veniva da vomitare.
Era pessimista, e ben cosciente di esserlo. Tuttavia non riusciva a dare una spiegazione che prescindesse il destino.
Silente era stato chiaro, il destino non poteva essere modificato ma forse il futuro si. La differenza tra i due, comunque era così sottile che James la perdeva facilmente tra i meandri confusi della sua mente e della sua coscienza.
D'altra parte, si sentiva un vigliacco per non essere riuscito a raccontare la verità a Lily. Aveva diritto quanto lui di capire cosa probabilmente, l'aspettava e se il fatto che non avesse avvertito niente quando James aveva scoperto lo Specchio era solo uno scherzo del caso o del destino, che ritornava a comparire nuovamente, lui aveva il preciso compito di informarla. O forse no.
Avrebbe sofferto e sarebbe scappata, una cosa che non poteva sopportare. Se davvero era morto in quell'incubo orrendo, perché era questa la sensazione poco piacevole che avvertiva attraversargli la spina dorsale, e l'avesse raccontato a Lily, lei avrebbe sicuramente riso di lui e poi magari avrebbe pianto per non averla difesa come avrebbe dovuto.
Sarebbe riuscito a sopravvivere senza che lei lo degnasse di uno sguardo, o peggio, che lo considerasse un vigliacco e un buono a nulla? Forse no, non ce l'avrebbe fatta.
Era così confuso e la testa gli pulsava così dolorosamente che avrebbe solo voluto mettersi ad urlare, poco importava che lo avrebbe sicuramente sentito tutta Hogwartz.
Si girò dal lato del comodino e lo sguardo gli cadde, accidentalmente, sul regalo di Natale di Lily, l'ampolla di vetro magica dove i bambini costruivano un pupazzo di nove, giocavano per poi rientrare al caldo dentro casa, dove le luci si accendevano e si spegnevano, per poi ricominciare tutto da capo e James si ritrovò nuovamente a pensare che dovesse essere bellissimo vivere lì dentro, dove ci si poteva divertire senza le preoccupazioni del mondo terreno.
Gli venne quasi da piangere, o forse pianse per davvero, quando si ricordò di quel pomeriggio d'inverno quando per la prima volta, fecero arrabbiare Lily Evans.

Non avevano nemmeno tredici anni, non ancora perlomeno, e avevano deciso di prendersi una pausa dallo studio per poter andare a giocare a palle di neve nel giardino. La neve era scesa abbondante durante la notte e appena svegli, i Malandrini non avevano potuto non fare a meno di elargire gridolini eccitati alla vista del manto nevoso che aveva ricoperto il suolo erboso del parco. Persino Remus aveva deciso di accantonare i libri per correre a giocare.
Si erano imbottiti ben bene ed avevano varcato il pesante portone di legno dell'entrata, guardandosi intorno estasiati, per poi cominciare a tirarsi vicendevolmente a palle di neve.
Quando Felpato aveva deciso di colpire, sempre accidentalmente, James in un occhio con una palla di neve sorprendentemente grande, era scoppiata la vera e propria guerra. Ognuno di loro cercava, a modo suo, di mettere insieme quanta più neve possibile per colpire l'altro.
James, nascosto dietro un albero, nel tentativo di non farsi colpire, era fiero di lui: aveva appena creato la palla di neve più grande di tutte quelle che aveva visto tirare dai suoi amici fino a quel momento e si sentiva pronto a lanciarla, con la dichiarata intenzione di restituire il favore al suo migliore amico. Aveva portato indietro il braccio, come un giocatore di baseball pronto a tirare, e aveva scagliato la palla con tutta la sua forza, nell'apparente perfetta traiettoria dove si trovava Sirius.
Caso volle che proprio nel momento esatto in cui la palla sarebbe dovuta andare a finire contro la testa di Sirius, che quest'ultimo si abbassò per recuperare un guanto finitogli a terra e la palla di neve continuò lungo il suo percorso. James capì che doveva essersi fermata, quando un grido che definì disumano, inondò con la sua potenza l'intero parco. Pochi minuti dopo, una ragazzina di circa tredici anni, dai capelli rossi completamente bagnati, gli occhi smeraldini accesi di uno strano fuoco e l'espressione a dir poco infuriata aveva preso ad avanzare presso James Potter a passo di marcia mentre James, dal canto suo parecchio intimidito, continuava ad indietreggiare, guardandosi ogni tanto le spalle, solo per non inciampare e rovinare a terra.
< Tu! >
< Ehm... dai Evans, mi dispiace... voglio dire, la palla non era diretta a te... cioè, era diretta a Sirius, solo che poi lui si è abbassato e io... quello che voglio dire, è che non potevo prevedere un suo spostamento... >
< Non me ne faccio niente delle tue patetiche scuse, Potter! Hai idea del fatto che avrei potuto rompermi la testa?! > Lily continuava ad avanzare verso di lui, il dito indice contro il petto del ragazzo.
< Non esagerare... in fondo era solo un'innocente pallina di neve... > James Potter forse era cosciente di aver decretato in quel modo la sua morte. Una morte lenta e dolorosa per giunta.
< Un'innocente pallina di neve?? Sei proprio sicuro di ciò che hai appena detto, Potter? > Il sopracciglio destro di Lily minacciava di staccarsi, tanto tremava incontrollabilmente.
< Ehm... si? > Si azzardò a rispondere lui, quando si accorse che non poteva più indietreggiare. Dietro di lui, il Lago Nero completamente ghiacciato. E un Malandrino esperto come James, sapeva che non bisognava mai fidarsi del ghiaccio che si formava sul Lago Nero: poteva reggere come poteva benissimo spezzarsi sotto un tuo passo falso e James preferiva non rischiare affatto.
< Allora? > Lily più minacciosa che mai, sembrava avesse la bene amata intenzione di ucciderlo con lo sguardo.
< Allora... sai che sei molto carina quando ti arrabbi, Evans? > Se Lily poco prima aveva deciso di calmarsi, solo perché il povero Potter le faceva pena, con quella frase, il ragazzo non aveva ormai più speranze di redenzione.
< COSA?!? > E James inevitabilmente, fu costretto ad indietreggiare all'urlo di Lily, rovinando sul ghiaccio del Lago Nero, che si ruppe nell'attutire la sua caduta e che presentò un James bagnato da capo a piedi e scosso da brividi incontrollabili di freddo.

Se l'era cercata quel giorno, forse è vero, eppure il ricordo sembrava essere così vivido, così reale come se in realtà non fossero passati che pochi giorni, che per un momento, James si sentì disorientato con l'immagine di Lily che si allontanava soddisfatta e quella della piccola sfera di vetro che si sovrapponevano nella sua testa, che si mise a piangere, non riuscendo a fare altro se non affondare la testa nel cuscino e tentare di calmare le lacrime e i singhiozzi.
Avrebbe preferito morire in quell'istante piuttosto che aspettare.
Non fece neanche caso alla porta che si apriva e poi si richiudeva dolcemente.

Lily riconobbe il corpo di James scosso dai singhiozzi e raggomitolato sotto le coperte, anche a distanza.
Gli si avvicinò cauta, in quanto aveva come l'impressione che non l'avesse sentita entrare e gli accarezzò appena i capelli, quelli più corti della nuca.
James, come scosso, sollevò appena la testa a quel tocco e appena l'immagine di Lily gli si presentò dinanzi agli occhi, limpida e chiara, cercò di ridarsi un contegno, asciugandosi le lacrime con le mani e cercando di coprirsi di più per nascondere il tremore. I singhiozzi tuttavia, lo tradivano. Ma non c'era bisogno di fingere con Lily e lui lo sapeva bene.
< Qualcosa non va? > Gli chiese, cercando di farsi posto nel suo letto. James la lasciò fare, accogliendo con piacere l'ondata di calore che il corpo di Lily portava con sé, nonostante fosse vestita del solo pigiama.
Lily d'altro canto, sapeva benissimo che le cose che non andavano erano molte, come sapeva che la domanda che gli aveva appena posto fosse stupida.
Gli sorrise appena, sistemandogli i capelli, cercando di pettinarli.
James non rispose. Non ne aveva intenzione a dir la verità.
La osservò, come la sera prima, come se fosse la cosa più bella del mondo, e probabilmente per lui lo era davvero, incapace di riuscire anche a sussurrare una qualsiasi frase.
< Ho incontrato gli altri in Sala Comune, mi hanno detto che eri qui, ma che non dovevo preoccuparmi perché non stavi dormendo. > E sorrise di nuovo.
Anche a James scappò un accenno di sorriso. Ancora troppo poco per non far preoccupare Lily.
< Cos'è, non hai intenzione di rispondermi? >
< E' che... sei bellissima... > Riuscì a rispondere con un filo di voce.
< Non mi sembra il caso di ironizzare, James... davvero se c'è... > Ma venne interrotta da James.
< Non sto ironizzando, Lily. Sei davvero bellissima. > E Lily si accorse che era serio, più serio che mai, forse. Arrossì e abbassò lo sguardo.
< Grazie... ma tu stavi piangendo... > Rispose poco dopo, asciugandogli gli ultimi residui di lacrime.
< Non stavo piangendo... >
< Uhm... assomiglia moltissimo ad una bugia... > Lily sorrise, accarezzandogli una guancia, sentendo la pelle fredda scorrerle sotto le dita.
Stavano sussurrando senza sapere nemmeno bene il perché.
Probabilmente, con la voce di mezzo tono superiore, l'incanto si sarebbe irrimediabilmente spezzato.
< Ho solo un po' di raffreddore, sai com'è... > Anche James sorrise, reggendo il gioco.
Lily si mostrò alquanto scettica ma alla fine, contagiata dalla risata silenziosa di James, prese a ridere anche lei.
< Come mai qui? > Le chiese lui quando si fu calmato.
< Non lo so, il dormitorio era così vuoto... e poi avevo voglia di vederti. > Rispose, facendo spallucce.
< Cos'è Evans, non riesci proprio a fare a meno di me? > Strano come James sembrasse aver riacquistato il suo solito vigore e la sua solita spontaneità.
< Ebbene si, devo proprio ammetterlo. > Lily sembrò contrita e imbarazzata, perché abbassò lo sguardo sulle lenzuola candide, per poi, l'attimo dopo, ricominciare a ridere.
< Ma tu mi prendi in giro! E spudoratamente per giunta! > James finse di offendersi.
< Sono seria. Avevo davvero voglia di vederti e di sapere come stavi. >
< Sto bene. >
< Altra bugia. E' inutile James, prima di poter raccontare una balla alla sottoscritta dovrai allenarti parecchio. Dovresti saperlo, in un modo o nell'altro, mi accorgo di tutto. > Era ritornata la Lily di sempre.
< D'accordo, non sto affatto bene, ok? > James sbuffò, solo perché doveva ammettere che ciò che aveva detto Lily era innegabilmente vero.
< E' per quello che hai visto nello Specchio, no? >
James annuì impercettibilmente.
< Odio vederti così, lo sai. Mi piacerebbe aiutarti. > Lily prese ad accarezzargli i capelli e James si beò di quel tocco delicato, chiudendo gli occhi e cercando di sgombrare la mente da tutti i pensieri nefasti di quella giornata e delle precedenti.
Rimasero in silenzio per parecchi minuti, indifferenti al fatto che il tempo scorresse.
Quando James riaprì gli occhi, Lily si era avvicinata per baciarlo e lui non ebbe la forza di non ricambiare.
Le labbra di Lily erano così sincere e così cariche di affetto mentre si impossessavano delle sue, che per un attimo dimenticò il suo nome.
D'altra parte, Lily si sentiva così impotente che l'unico modo che trovò per dimostrare a James che c'era e ci sarebbe sempre stata finché lui avesse voluto, fu quello di baciarlo. Come si soleva dire, a volte i gesti valevano più di mille parole.
Quando adagiò la fronte contro quella di James e lo guardò negli occhi, si sentì mancare. Non si era nemmeno resa conto di aver ribaltato le posizioni e di trovarsi ora su James che non sembrava affatto infastidito dalla cosa.
Le sorrise appena, mentre lei arrossiva e cercava di spostarsi.
< Dove scappi? > James l'aveva trattenuta per la vita su di lui, permettendole di adagiare la testa sul suo petto.
Lily se possibile, arrossì ancora di più, eppure si trovava così bene tra le braccia di James che pensandoci, non aveva la benché minima intenzione di spostarsi.
Seguire il movimento rilassante del petto di James che si alzava e si abbassava, a ritmo con il suo respiro, la facevano sentire protetta e sicura.
James prese ad accarezzarle i capelli, lentamente, assorto, con lo sguardo nuovamente al soffitto.
< A cosa pensi? > Gli chiese lei dopo qualche minuto, alzando appena la testa ad incrociare i suoi occhi.
< A niente. A noi. > Era ritornato con lo sguardo su di lei, una mano tra i suoi capelli e l'altra sotto la testa.
< E in quali termini pensavi a noi? >
James fece spallucce.
< Non lo so. Pensavo che sono il ragazzo più fortunato del mondo. >
< Ah si? E perché mai? >
< Beh, mi sembra ovvio. Perché la ragazza che amo corrisponde finalmente il mio interesse per lei. > E le sorrise.
Anche Lily sorrise, sollevandosi appena per baciarlo di nuovo.
James le accarezzò un fianco, sentendola rabbrividire al suo tocco.
< Ma non vuoi dirmi cosa sogni, cosa vedi, cosa hai visto. > James si irrigidì a quella frase. Il sorriso gli scomparve veloce dalle labbra.
< Non ho voglia di parlarne, Lily. Te l'ho spiegato, non voglio che tu sappia. E' già fin troppo doloroso per me, non sopporterei che anche tu ne fossi coinvolta. >
< Ma io sono coinvolta, James! Che ti piaccia o no è così. Perché non vuoi dirmi chi sono quei volti sconosciuti? Perché vuoi negarmi la verità? Sono io, non è così? Sono io quella donna! > E per un attimo James credette che Lily volesse mettersi ad urlare. Si scostò da lui bruscamente, cominciando a piangere e James non riuscì a capire se era per quello che aveva detto o se la verità aveva travolto anche lei, senza che lui potesse farci nulla.
Tremava, con il viso rivolto verso il letto di Sirius ancora in disordine e James non sapeva cosa fare.
La guardò con la voglia di prendere a calci quel mondo che non gli permetteva di essere felice, che non voleva che realizzasse i suoi sogni.
Le accarezzò i capelli, liberando la pelle del collo e baciandola.
< Lily... Lily, ascoltami. La verità fa male, è doloroso conoscere, forse più di non conoscere. Non ho deciso io di escluderti dalle visioni e per quanto mi rattristi il fatto di non poter condividere questa cosa con te, so che è la cosa giusta. Se è davvero il destino che governa le nostre vite, allora era destino che tu fossi esclusa da quell'incubo. I volti si sono rivelati, i contorni sono diventati improvvisamente chiari ai miei occhi e ora so. Ma credimi quando ti dico che avrei preferito essere cieco. Credimi. >
Lily si voltò lentamente verso di lui, gli occhi ancora gonfi di lacrime.
< Ero io, vero? > La voce tremante, gli sembrava estremamente fragile in quel momento, come una bambina.
< Si. > Gli occhi gli si riempirono di lacrime mentre accoglieva nuovamente quelle terribili immagini nella sua mente. Avrebbe voluto nascondersi, avrebbe voluto che la terra si aprisse sotto di lui a suo comando, avrebbe preferito non vedere l'espressione rassegnata e affranta di Lily. Avrebbe preferito avere più coraggio per non essere costretto a dirle la verità. Una verità parziale certo, ma pur sempre una verità.
Lily trattenne le lacrime, ricacciandole indietro, obbligandosi ad essere forte.
< Mi dispiace... > La voce di James la spaventò, così rauca e tremolante che quasi non la riconobbe.
Anche lui stava cercando di essere più forte di quello che in realtà era in quel momento.
< E' per il bene, no? Lo facciamo perché qualcun altro possa vivere. > Lily annuì, gli occhi ancora pieni di lacrime.
< Vorrei... vorrei che non avessi capito... avrei voluto proteggerti da questo... > James la attirò verso di sé, stringendosela al petto. Il suo corpicino caldo era così confortante che chiuse gli occhi nella penombra della stanza, aspettando che i singhiozzi di Lily si calmassero.
Quando si staccò da lui, si asciugò le lacrime con il dorso della mano, sospirando appena.
In fondo, aveva sempre pensato che fosse un buon modo per morire quello di difendere qualcuno che amava. Era la cosa più nobile. E forse era giusto così.
Sorrise appena.
James la osservò per un po'. Forse sapevano entrambi che esisteva una soluzione più semplice, che avrebbe risolto tutti i problemi. Ma faceva male.
< Ci sarebbe una soluzione, lo sai. > Sussurrò James.
Lily ci mise qualche attimo a realizzare le parole di James. Era impossibile. Il destino non prevedeva scappatoie. Non c'era modo di fuggire. Eppure... appena la sua mente ebbe la possibilità di concentrarsi sulle parole del ragazzo di fronte a lei, rielaborandole, capì.
< Mi stai... tu vuoi che... mi stai lasciando, James? > Una lacrima nuova le solcò la guancia.
James abbassò il capo, torturando un lembo del lenzuolo.
< I-io... I-io odio vederti soffrire, Lily. Le tue lacrime non mi aiutano. Il destino non può essere cambiato-me lo sarò ripetuto centinaia di volte in questi giorni- ma forse, può essere in qualche modo preso in giro. Io... non lo farei, lo sai. > Si fermò, incapace di continuare.
< Ti rendi... conto di quello che stai dicendo, vero? Pretendi che non soffra, ti dispiace vedermi piangere, eppure è quello che mi stai facendo. Sofferenza. Ma tu non la conosci questa parola, no? > Lily come una furia balzò fuori dal letto e James la seguì a ruota.
< Lily, aspetta! > James la trattenne per un polso prima che riuscisse ad aprire la porta del dormitorio.
< Lo sai, lo sai che ti amo, sai che se lo sto facendo è solo per il tuo bene. > Ma non ne era realmente convinto.
Era come fare violenza al suo cuore: stava sanguinando e stava implorando pietà, come un semplice soldato schiacciato dalla potenza del cavaliere suo avversario, eppure, James lo aveva recluso in un piccolo angolino della sua mente, quello non occupato dalla sua coscienza sotto sembianze di Remus, anch'essa messa a tacere in malo modo. Lo sentiva scalpitare, gemere, tremare ma era impotente. Non riusciva a non agire diversamente.
< Mi ami? Mi ami! Come puoi amarmi! > Lily si divincolò dalla sua stretta, il volto imporporato dalla rabbia.
< E' così, Lily... > Protestò James debolmente.
La ragazza si prese la testa tra le mani, portando l'attimo dopo i capelli indietro, compiendo un giro su se stessa, come se stesse cercando la forza di fare qualcosa. Quando si fermò, guardandosi intorno, non seppe cosa dire.
Forse stava per svenire perché non sentiva più le gambe, la testa le pulsava dolorosamente e le ossa le dolevano come se avesse combattuto contro un muro. Gli occhi le bruciavano per le troppe lacrime trattenute.
Era troppo per lei. Non ce l'avrebbe fatta. La consapevolezza della morte si era stesa su di lei come un velo, un velo leggero, non così difficile da sopportare in fondo. Se James era con lei, avrebbe potuto superare qualsiasi difficoltà. Era difficile, certo ma era sicura che era per qualcosa che amava, per qualcosa in cui credeva, per cui voleva lottare.
Ma James non sarebbe stato più accanto a lei. James aveva deciso di lasciarla, di abbandonarla a se stessa, senza difese. Se era vero che esisteva l'altra metà per ognuno di noi, James era esattamente la sua metà e non riusciva ad immaginarsene senza.
L'aveva odiato per così tanto tempo che stentava a credere adesso che la loro storia neanche iniziata stesse già volgendo al termine.
Si sentiva spezzata e così insicura che non riusciva neanche a muovere un passo verso la porta. Aveva solo la forza per guardare James, la sua figura atletica a pochi passi da dove si trovava lei, i capelli spettinati, lo sguardo basso, le braccia molli lasciate cadere lungo i fianchi. Avrebbe voluto incrociare i suoi occhi castani, dolci e così rassicuranti ma lui continuava a mantenere lo sguardo basso e distante.
< E' davvero quello che vuoi? > Lily sussurrò appena, la voce roca.
James alzò gli occhi, piano, lentamente, come se si fosse dimenticato della sua presenza nei pochi minuti precedenti e adesso stesse lentamente riorganizzando la sofferenza dentro di lui, cercandone una spiegazione. Aveva paura di incrociare la figura di Lily. Gli sembrava di vederla a metà ora, divisa in due come il suo cuore, finalmente arresosi all'evidenza di quello che sapeva sarebbe dovuto succedere.
Aveva paura ed era arrabbiato. Aveva stretto improvvisamente i pugni lungo i fianchi. Avrebbe voluto lottare, ferirsi per preoccuparsi finalmente di un dolore che sarebbe stato reale e tangibile, eppure non aveva nessuno con cui lottare.
Nemmeno se stesso, perché l'altra parte di lui si era arresa da tempo o forse non esisteva nemmeno più.
< Non vorrei, lo sai. > Le ripeté stringendo i denti e ringhiando quasi, cercando di trattenere la sua furia, fattasi improvvisamente incandescente in quel momento.
< E allora perché lo stai facendo? >
< Perché non so cos'altro fare, ma non capisci? Sapere che potresti morire con quel... quell'innocente tra le braccia... i-io, i-io non ce la faccio, Lily, davvero. Vorrei ma non ce la faccio. Tenerti lontana, per quanto possa essere doloroso, per entrambi, forse aiuterà a cambiare il nostro destino. > Perse un po' della sua sicurezza e della sua ira nel pronunciare le ultime frasi.
Si sarebbe ripetuto quel concetto all'infinito affinché penetrasse nella sua mente il più dolorosamente possibile, per accettarlo e cercare di comprenderlo.
< Pensavo che fossi cambiato, che ti fossi reso conto di quello che eri stato fino ad ora. Forse mi sono sbagliata, ma succede, no? In fondo, hai avuto quello che volevi: la Evans finalmente caduta ai tuoi piedi come una delle tanti spasimanti che ti trascini dietro. Fa un bell'effetto, no? Avrei dovuto immaginarlo. > E l'ultima frase sembrò essere rivolta più a se stessa, mentre cercava di riordinare i pensieri ed uscire definitivamente da quella stanza.
< Non è così, Lily... > E James sembrava davvero depresso adesso, gli occhi rossi e pieni di lacrime che faticava a trattenere.
< Ma non importa, sai? In fondo di delusioni d'amore se ne ricevono tante... > Lily sospirò, incapace di continuare a fingere. Non era vero: importava eccome, invece, perché se non importava non si sarebbe sentita così sfinita e così debole, come se le fossero state assorbite tutte le energie.
Si mosse verso la porta, afferrando la maniglia fredda e girandola. Sperava quasi che James la fermasse, che l'obbligasse a rimanere ma sapeva che non l'avrebbe fatto. E in fondo, non si sentiva di rimproverarlo. Avrebbe fatto lo stesso. Le decisioni vanno rispettate, di qualunque genere esse siano.
< Non... andare... ti prego. > Ma James l'aveva fermata per davvero, tirandole appena un lembo della camiciola del pigiama.
Lily si era voltata come in preda ad un'allucinazione, come se il James di fronte a lei non fosse veramente reale.
James non le diede molto tempo di riflettere, la schiacciò tra sé e la porta, richiudendola. Incontro di occhi che sapevano di pianto e di tormento e di qualcos'altro che sembrava nascosto troppo nel profondo per essere riconosciuto in quel momento.

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