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Autore: MissyHarry    15/06/2016    2 recensioni
Una vecchia conoscenza di Revy, una nuova associazione che tenta di prendere il sopravvento sull'Hotel Moscow e i soliti fattorini che ogni tanto si scontrano con la legge.
Perché in fondo un traditore, anche se passa dalla tua parte, rimane pur sempre un traditore.
RevyxRock, accenni... O forse qualcosa di più di semplici accenni, hmmm...
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dutch, Nuovo personaggio, Revy, Rock, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15.

I kissed a girl

 

Eda non era certo il tipo di ragazza che solitamente rifiutava le avances di un uomo. Ancora meno se era biondo: lei adorava gli uomini biondi. Aveva da sempre avuto quella fissazione, forse perché essendo bionda anch’essa si sentiva parte di una élite ristretta che le garantiva una certa sicurezza... Non può farmi le corna, sono bionda! Per questo motivo, non riuscì proprio a sbolognare Mark senza nemmeno una spiegazione.

“Senti” gli rispose, sospirando. “non so dove sia la tua fidanzatina, né dove voglia andare, né con chi sia. Sai” si indicò la testa “qualcuno mi ha colta alle spalle, stasera, e non nel modo che vorrei”. Fece una smorfia, quando le ritornò alla mente la puzza del disinfettante là in pronto soccorso. “Quindi, quello che voglio fare ora è tornare a casa a fare rapporto, dato che qui non è rimasto più nessuno”. Si guardò intorno, alzando le spalle. “O sbaglio...?”

“Heiiii! Heilààààà!” 

Un gridolino femmineo li fece voltare di scatto, facendo guizzare un lampo di speranza negli occhi di Mark. “Oh, hai visto, Eda?” sorrise lui. “Forse qualcuno può darci una mano, qui!” Alzò un braccio in direzione della figura che stava correndo verso di loro. Era a piedi scalzi, indossava uno straccetto di plastica rosa e... Beh, aveva lo stesso makeup di qualcuno che si era appena fatto una doccia fredda dimenticandosi di struccarsi. L'inglese alzò un sopracciglio, interdetto. “Uh, signorina...?”

Era la terza volta nella stessa sera che Simonette si rimangiava la parola data. Per tre volte aveva giurato che non avrebbe più rivolto la parola a nessuno fino all'indomani, e che si sarebbe allontanata dal suo ex posto di lavoro; nonostante questo, per tre volte prima che arrivasse il mattino aveva tradito se stessa, un po' come san Pietro con Gesù, dimenticandosi totalmente delle raccomandazioni che si era fatta. “Ormai la mia dignità penso che se ne sia andata, insieme alla mia auto, al mio cellulare e al mio lavoro”, sussurrò, correndo a piedi nudi verso i due biondi là in fondo.

Il suo sguardo si focalizzò, per la prima volta nella sua vita, prima sulla donna. La riconobbe subito: era la ragazza stesa a terra, che quel ragazzo tanto gentile poche ore prima stava provando a rianimare. “Oh, ciao!” la salutò, come se fossero amiche di vecchia data. “Stai meglio ...?”
Lo sguardo basito di Eda la trapassò da parte a parte, facendola sentire, se possibile, ancora più a disagio. Fece un risolino isterico. “Oh, sì, probabilmente non ti ricordi di me, ihihihi, eri svenuta quando il tuo amico, quel ragazzo tanto gentile, ha cercato di darmi una mano a ritrovare la mia auto!” sfoderò un sorriso a trentadue denti, imbarazzata, incurante della reazione che l'ultima frase aveva appena suscitato sui suoi due interlocutori.


Mark la prese per una spalla, voltandola di scatto verso di lui. “Un ragazzo, hai detto...? Moro, sfigato, vestito con una giacca nera...?” “Uh, s-sì” balbettò lei, imbarazzata. Non che non le fosse mai capitato che un uomo la prendesse per le spalle, ma in quel momento si sentì improvvisamente vulnerabile... Come se ci fosse un filo invisibile che legava tutti i personaggi che aveva incontrato quella sera. Facendo appello a tutta la sua carriera scolastica (non pervenuta), ragionò e giunse alla conclusione che la cosa migliore da fare era spifferare tutto a tutti, per rimanere il più possibile al centro dell'attenzione e riuscire almeno ad andarsene da quell'inferno... Magari guadagnando anche qualche extra. Sbatté le ciglia finte, sperando con tutto il cuore che fossero ancora attaccate alle palpebre. “Ecco, veramente” sussurrò “veramente non c'era solo lui, ecco”. Lanciò un'occhiata altezzosa ad Eda, sperando di ingelosirla. “C'era anche un'altra ragazza, che l'ha trascinato via e mi ha minacciata di morte se...” “Quella puttana!” esclamò Eda, scoppiando a ridere. Simonette si sentì presa in causa, ma l'equivoco venne subito chiarito. “Hai capito?! Te l'ho detto, se ne sono andati insieme! E dì, carina, sai dove sono finiti...?”

 


Revy allungò le gambe sotto il cruscotto, continuando a fingere di dormire. 'Si può sapere che mi prende...?' pensò, cercando di dare un senso a quell'improvviso attacco di insonnia che la stava tormentando. Aveva incolpato praticamente tutto: la tensione della serata, la storia di Mark, la rabbia per la sfortuna che sembrava perseguitarla, il rumore dell'orologio di Rock... Tutto inutile, non riusciva proprio a capire cosa la spingesse a rimanere sveglia. Giunse infine alla conclusione che una sigaretta le avrebbe fatto solo bene, e apì gli occhi di scatto, rizzandosi a sedere e provocando un infarto al giapponese.

“Aaah!” esclamò lui, portandosi una mano al petto. Era quasi riuscito ad addormentarsi, o perlomeno a rilassarsi, dannazione! Ed ecco che questa stronza dispettosa lo svegliava di nuovo, levandosi a sedere come uno zombie che emerge dalla tomba. Revy lo ricambiò con un'occhiata in tralice. “Beh?” mugugnò, stizzita. “Ho dormito abbastanza. Pausa sigaretta”.
Rock non rispose. Ormai si era abituato ai repentini cambiamenti di umore della ragazza, e aveva capito che la soluzione migliore a tutti i mali era l’indifferenza. ‘Mai mostrarsi sorpreso’, pensò. Si voltò dall’altra parte, ignorandola. ‘Dai che adesso mi addormento’. Si passò una mano sul viso. Cosa non avrebbe dato per una bella doccia…



 

“Fammi capire”. Eda stava decisamente superando il limite massimo di stress consentito dall’OMS, quella sera. Si era arrotolata le maniche fino ai gomiti, ed era seduta a gambe larghe, gli avambracci poggiati sulle ginocchia. “Quei due deficienti se ne sono andati alla ricerca della tua auto, giusto? Con l’auto di Revy”. Ripercorse passo passo ciò che era successo poche ore prima. Mark l’aiutò a completare il puzzle. “Poi” continuò lui, fumando una sigaretta “Poi tu sei rimasta qui, senza chiamare aiuto, perché…?”

“Perché il mio cellulare l’hanno preso loro!” finì Simonette, gli occhi pieni di lacrime. Detta così, sembrava che quella serata si fosse evoluta nella Fiera della Sfiga. Certo, probabilmente anche per colpa sua… Avrebbe dovuto tutelarsi di più, forse. “Lo sapevo, non dovevo fidarmi!” singhiozzò, senza ritegno.

Ma ormai nessuno la stava più ascoltando. I due si guardarono negli occhi, come folgorati.

“Scusa” sussurrò la suora. “Loro hanno preso… Il tuo cellulare…?”

 


Revy imprecò. Non c’era vento, quella notte, ma una sottile brezza che le impediva giusto di mantenere fissa la fiamma dell’accendino. “Porca puttana” mugugnò, stizzita. Si avviò a passo strascicato verso la macchina. Aprì la portiera e si buttò di peso sul sedile del passeggero. “Hey, magico” biascicò, cercando di essere il più rumorosa possibile per catturare la sua attenzione. “Ti uso l’accendisigari”.
Un sonoro ‘esticazzi’ era sul punto di uscire dalle labbra di Rock, quando improvvisamente qualcosa cambiò drasticamente la loro nottata.

Le note di “I kissed a girl” di Katy Perry riempirono in un attimo il silenzio della notte.
Un cellulare, abbandonato e dimenticato nella tasca della giacca di Rock indossata ora da Revy, cominciò a trillare.


 

Dutch si alzò all’improvviso, lanciando indietro la sedia e facendo traballare il tavolo della cucina. Benny si destò di soprassalto: aveva da sempre avuto la particolare abilità di addormentarsi in qualsiasi situazione, anche quando lavorava - e soprattutto in situazioni di stress. Era una risposta fisiologica, la sua, anche se questo gli aveva causato non pochi problemi nella vita... Primo fra tutti quando, soffocato dall’ansia di prestazione, si concedeva dieci minuti per un pisolino prima di cominciare. Ecco perché si era abbandonato al mondo dei sogni, nonostante Revy e Rock potessero essere in pericolo. Alzò lo sguardo verso il capo. “Che succede…?”

“Vado all’Hotel Moscow”, sentenziò lui, afferrando la fondina con la pistola. “Mi sono rotto il cazzo di rimanere qua”. “E con cosa vai?” chiese l’altro, stropicciandosi gli occhi e sbadigliando. “L’auto l’ha presa Revy”. 

Un sorrisetto passò distrattamente sulle labbra di Dutch. “Vuoi che una delle mie amichette non mi presti la sua auto…? E tu? Vieni, o rimani qui?”

 

*****

Angolo Autrice

Ciao, ecco, che vergogna. Non aggiornavo da anni, ma ancora qualcuno che mi segue c'è! Sono commossa. Non me lo meritavo.
Penso che aggiornerò con cadenza settimanale!
Capitemi. Avevo preso i tempi di Rei Hiroe.

Che, parliamone...
MA IL VOLUME DIECI?! Io sto piangendo. Non so voi.
  
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