Personaggi: Adrien Agreste, Marinette Dupain-Cheng, Altri
Genere: romantico, fluff, slice of life
Rating: PG
Avvertimenti: longfic, AU
Wordcount: 1.524 (Fidipù)
Note: Buon salve! Ed eccomi qua con Vuoi scommettere?: che posso dire? Mettere d'accordo le due personalità di Adrien è veramente faticoso (infatti Chat la fa da padrone come sempre) e beh, spero vi piaccia come sto delineando il biondo, mentre Marinette...mh, la ragazza mi sa che deve ancora scoprire la sua Ladybug interiore.
Detto questo, passo subito ai ringraziamenti: grazie, davvero di tutto cuore, a chi legge, a chi commenta sia qui che sul gruppo di FB (appena mi libero dalla sessione estiva, prometto di rispondere a tutti!), a chi inserisce questa storia in una delle sue liste e a chi...beh, semplicemente mi sopporta!
Grazie grazie grazie grazie grazie!
Adrien osservò il suo riflesso,
sistemandosi meglio le due maglie sovrapposte e la giacca verde acqua,
dando poi un’occhiata generale al suo aspetto: voleva apparire al meglio,
nel suo primo giorno di scuola, per questo aveva passato parecchio tempo a
sistemare i ciuffi biondi e aveva scelto con cura i vestiti che stava
indossando in quel momento.
Un lieve bussare alla porta, interruppe la constatazione della sua
immagine, facendolo voltare verso l’ingresso della stanza, sormontato
dalle due rampe per lo skate: «Avanti.» ordinò, osservando l’uscio aprirsi
e Nathalie, l’assistente di suo padre, che rimaneva ferma nel vano della
porta, con la mano sulla maniglia: «Sono in ritardo, per caso?» domandò,
sistemandosi leggermente il colletto della giacca e recuperando la borsa
con i libri e i quaderni.
«No, è in perfetto orario sulla tabella di marcia.» commentò la donna,
dando una breve occhiata al tablet e sistemandosi la montatura degli
occhiali: «Ma ancora un minuto di ritardo e…»
Adrien sospirò, annuendo con la testa e superando l’assistente, avviandosi
verso l’enorme scalone che dominava l’entrata della villa: da quando era
rimasto solo con suo padre, tanti anni fa, la sua vita era diventata una
tabella di marcia infinita, scandita da orari e cose da fare.
Se era potuto tornare a Parigi, lo doveva solo al fatto che Nathalie era
con lui, altrimenti suo padre non l’avrebbe mai fatto tornare nella
capitale francese da solo…
Beh, lo doveva a Nathalie e al fatto che aveva promesso di comportarsi a
modo.
I guai che aveva combinato a Los Angeles – soprattutto dopo l’ultima volta
che era stato riaccompagnato a casa da due agenti della polizia –
avevano fatto sì che, Gabriel Agreste, acconsentisse al suo trasferimento
in un altro continente: certo con Nathalie e il Gorilla, ma quelli erano
due dettagli irrilevanti.
«Cosa non si fa per tornare dalla donna che si ama.» bofonchiò fra sé,
mentre entrava nella sala da pranzo e sorrideva all’anziana governante
della casa, guardandola finire di sistemare la colazione sul tavolo: suo
padre non avrebbe avuto nulla da ridire sul suo comportamento a Parigi,
sarebbe stato perfetto e tranquillo.
Ovviamente con tutti, tranne che con Marinette.
Con la ragazza avrebbe sfoderato ogni sua arma per conquistarla: l’avrebbe
corteggiata sfruttando tutto il suo fascino e il suo savoir-faire, i
usando qualsiasi cosa a sua disposizione. Sorrise, annuendo fra sé e
dedicandosi alla colazione, mangiando con gusto le brioches calde e il
caffè: «Posso mangiare in tranquillità?» domandò il ragazzo, voltandosi
verso l’assistente che attendeva in piedi vicino alla porta: «Non arriverò
tardi a scuola.»
«Ovviamente, Adrien.»
«Giusto per curiosità…» mormorò Adrien, mangiando l’ultimo boccone della
brioche e voltandosi verso una donna: «Ma se per caso mi faccio degli
amici o trovo una ragazza…beh, mi programmerai anche gli incontri con
loro?»
«Adrien…»
«Sarebbero amici altamente selezionati, che persino mio padre
accetterebbe.» dichiarò il ragazzo, finendo di bere il suo caffè: gli
amici di Marinette sarebbero piaciuti al genitore, n’era certo:
«Tranquilla, Nathalie. Andrà tutto bene.»
«Le devo ricordare che l’ultima volta che ha detto così, poche ore dopo è
tornato a casa, accompagnato da due agenti della polizia, perché aveva
distrutto una delle Ferrari di suo padre? Una situazione aggravata anche
dal fatto che lei non ha la patente.»
«Giusto. Beh, non succederà nulla di simile: ho il mio autista adesso.»
«Spero che non le venga in mente di prendere le chiave della porsche.»
«Anche perché penso che il Gorilla mi ucciderebbe in quel caso.» commentò
sottovoce il ragazzo, alzandosi e dirigendosi verso la donna: «Allora, il
piano di oggi?»
«Una volta uscito da scuola, avrà un incontro con monsieur Armand
D'Argencourt, il suo nuovo insegnante di scherma; successivamente,
dovrebbe incontrarsi con Monsieur Nooroo…»
«Monsieur Nooroo? Ma che razza di nome…?»
«E’ un insegnante di piano, altamente raccomandato a suo padre.» dichiarò
Nathalie, seguendolo nell’androne della villa e poi fuori dall’abitazione:
«Infine…»
«Infine, vengo a casa e mi riposo: avrò una giornata impegnativa a scuola,
sinceramente gradirei non avere molti impegni dopo.»
«Depenno l’incontro con l’insegnante di cinese?»
«Depenna.»
Marinette sbadigliò, entrando in classe e fermandosi sulla porta, notando
il ragazzo seduto nel posto accanto a quello di Nino: non aveva mai visto
il biondo che stava, con espressione annoiata, ascoltando le chiacchiere
di Chloe; da come la bionda si protendeva verso il nuovo, sembra chiara
l’intenzione che aveva in mente.
Ti ho puntato. Sarai mio.
Scuotendo il capo, la mora raggiunse il suo posto, notando come il nuovo
si era voltato verso di lei, dando completamente le spalle a Chloe:
«Ciao.» le disse con il sorriso sulle labbra e tendendole una mano;
Marinette scoccò un’occhiata alla bionda, osservando come stava fumando di
rabbia.
Oh beh, di certo le avrebbe reso lo stesso la vita difficile per quel
giorno.
Perché non approfittare di conoscere il bel biondo?
«Ciao.» mormorò, allungando la mano e stringendo quella che gli era stata
offerta: il ragazzo sorrise maggiormente, catturandole le dita e
portandosi il dorso alle labbra e, tenendo lo sguardo verde incollato al
suo, sfiorò la sua pelle con la bocca: «Co-cosa…?»
Il biondo le sorrise, lasciandole andare una mano e rimanendo a fissarla,
mentre lei si sedeva e abbassava il volto, giocherellando con una delle
due treccine che si era fatta quel giorno: «Marinette Dupain-Cheng.»
dichiarò Chloe, sbattendo la mano contro il suo banco e facendola
sussultare.
«Ecco che comincia…»
«Ehm. Chloe?» s’intromise il nuovo, impedendo alla bionda di dire
qualcosa: «Mi sembra che stia arrivando la professoressa…»
«Il nostro discorso continua dopo.» dichiarò Chloe, fissando malevola
Marinette, che sospirò rumorosamente, spostando lo sguardo verso la porta
e sorrise ad Alya, la quale stava entrando in quel momento.
«Cosa mi sono persa? Ha già iniziato di prima mattinata?»
«Sai com’è…»
«Quando ti deciderai a tirar fuori un po’ di grinta?» sbottò la ragazza,
posando la borsa e fissandola da dietro le lenti quadrate, facendo
scivolare sul biondo seduto davanti l’amica, che ascoltava attentamente il
loro scambio di battute: «Tu chi sei?»
«Uno nuovo.»
«Mh. Io mi chiamo Alya.»
«Piacere.»
«Non hai intenzione di dirmi il tuo.»
«No. Tanto appena la professoressa farà l’appello, lo saprai.»
«Cos’è? Ti piace interpretare il ruolo del misterioso?»
«Mh. In verità no, però diciamo che ho i miei buoni motivi per tenere la
mia identità celata.» dichiarò il ragazzo, sorridendo e facendo scivolare
lo sguardo verde su Marinette, che stava cercando di ignorarlo con tutte
le sue forze: perché la stava guardando? Perché non dedicava le sue
attenzioni a Chloe?
La ragazza sospirò, voltandosi verso la sua amica e osservandola abbozzare
un sorriso, mentre iniziava a frugare nella sua borsa e tirava fuori
tablet e cellulare; Marinette la vide scrivere velocemente un messaggio su
quest’ultimo, forse avvisando immediatamente Nino della novità che sarebbe
stata seduta accanto a lui ma, invece, fu l’apparecchio della mora a
squillare.
Marinette afferrò immediatamente lo smartphone, mettendolo immediatamente
silenzioso e andando ad aprire la casella dei messaggi: è
carino. E sembra abbia una voglia incredibile di provarci con te. Per me
è approvato! Buttati, ragazza.
Non so neanche come si chiama.
Chiediglielo, magari a te lo dice.
Ne dubito.
Daiiiiii!!! E’ bello, non puoi dire che non è bello, altrimenti non ti
considero più mia amica e non ti toglie gli occhi di dosso. Se alzi la
testa ora, lo trovi a fissarti.
Mi sento a disagio. Perché non la smette?
Perché, tesoro, hai fatto colpo.
Piantala.
Tu chiedigli il nome e di uscire ed io la pianto.
Sembriamo due stupide così. Non ti rispondo più.
«Sei antipatica.» dichiarò Alya assottigliò lo sguardo e studiandola,
scuotendo poi il capo e notando la figura impacciata di Nathanael
avvicinarsi al banco di Marinette: «Hai visite, ragazza mia.» dichiarò,
facendo l’occhiolino all’amica e vedendola voltarsi verso il rosso che,
come al solito, stringeva a sé il suo blocco da disegno.
«Ciao, Nathanael!» esclamò la ragazza, balzando in piedi e allontanandosi
di qualche passo dal suo posto, sentendo addosso lo sguardo di Chloe e
anche quello del nuovo arrivato: perché, perché, perché continuava a
fissarla come se fosse un qualche esemplare di animale raro?
«Ciao.» dichiarò il ragazzo, abbozzando un sorriso: «Ti ricordi la mostra
di cui parlavamo ieri?»
«Quella sugli egizi?»
«Sì. Quella. Ecco, pensavo che potevamo andarci domenica…»
«Domenica, di solito, aiuto i miei in negozio.» mormorò la ragazza,
battendosi le dita sulle labbra: «Che ne dici di…» si fermò, notando che
Nathanael stava fissando un punto dietro di lei e, poco dopo, Marinette
avvertì la presenza di qualcuno alle sue spalle: rimase immobile, non
voleva voltarsi.
Non voleva sapere chi era dietro di lei.
Anche se un’idea ce l’aveva.
«Quindi adesso ti piacciono i nanetti, eh? I tuoi gusti sono veramente
cambiati. E in peggio, aggiungerei.» dichiarò la voce del nuovo, facendola
voltare: era vicino, troppo vicino a lei, con lo sguardo verde che la
fissava divertita; Marinette sentì il volto in fiamme e pregò di non
essere arrossita molto: «Se non ricordo male, avevamo detto che se
diventavo più alto di te…tipo così…» il ragazzo alzò una mano, facendola
gravitare a parecchi centimetri sopra la testa di lei, e si chinò in
avanti, quasi sfiorandole l’orecchio con le labbra: «…tu mi avresti
sposato. Te lo ricordi, Marinette?»