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Autore: ChiaraBJ    22/06/2016    3 recensioni
Livyana testimone di un brutale omicidio, Ben e Semir faranno di tutto per proteggerla anche a costo della loro stessa vita. Fughe, complotti, fiducia mal riposta, sono alcuni ‘ingredienti’ che troverete in questa nuova F.F.
Questa storia fa parte della serie ‘Legami speciali ed indissolubili’.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Legami speciali ed indissolubili'
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Il fuoco della vendetta

Ben si stava dirigendo un po’ zoppicando verso l’entrata secondaria della villa. I suoi recettori del dolore erano stati azzerati da una collera quasi incontrollabile.
Rabbioso e furioso come non mai quando fu sulla soglia della porta sferrò un improvviso pugno allo stipite, accompagnando il gesto con un grido di dolore, come fosse un animale ferito a morte.
Il suo eco risuonò per tutto il parco, silenzioso a quell’ora di notte, giungendo anche alle orecchie di una disperata Helga, che nella sua stanza continuava a piangere e che, udito quel disperato urlo, cominciò a pregare Elisabeth, la madre defunta di Ben, affinché potesse in qualche modo farlo ragionare o perlomeno calmare un po’.
In quello stesso istante, come se le sue preghiere fossero state in qualche modo ascoltate, prima di entrare nella casa, quando aveva già un dito sopra la combinazione della porta, Ben si impose un minimo di calma facendo alcuni respiri profondi.
Con gli occhi chiusi, la fronte poggiata allo stipite si ritrovò a pensare al volto sorridente di Semir che non avrebbe mai più rivisto, ai volti tristi di Andrea e delle bambine e dei colleghi che avevano perso ‘un membro della famiglia’.
“Ti vendicherò Semir, gliela farò pagare a quei bastardi…te lo giuro, fosse l’ultima cosa che faccio al mondo…” e un altro pensiero cominciò a torturagli la mente.
Il suo socio aveva perso tanti amici, colleghi; anche a distanza di anni Semir soffriva ancora nel ricordarli.
Lui invece aveva detto addio solo a Herzberger , sentendone ancora la mancanza anche se erano passati già alcuni anni.
Il giovane ispettore sapeva che ricordare Otto, Chris, André e soprattutto Tom per Semir era come buttare sale su una ferita aperta, mai avrebbe immaginato di provare la stessa sensazione sulla propria pelle.
Aveva ancora nelle orecchie la voce di Semir che una volta ricordando Tom gli disse che fino a quando non succede a te non puoi sapere come ci si sente veramente, lo puoi solo immaginare, e non è la stessa cosa.
Oltretutto il suo migliore amico se ne era andato senza sapere se era ancora vivo o no.
Riaprì gli occhi, fece un altro profondo respiro dopo di che digitò la combinazione  staccando di fatto tutti i sistemi d’allarme, quindi entrò nella villa avviandosi verso lo studio del padre.
Appena aprì la porta della stanza, ricordi della sua infanzia gli affiorarono alla mente come fossero accaduti ieri.

“Papà” esordì un piccolo Ben “Zia Helga ha preparato la cena, io e Julia stiamo andando a mangiare, vieni dai, stiamo insieme un po’, ti raccontiamo della scuola, lo sai che Julia ha fatto il saggio di danza? E io suonavo il piano,  la maestra era entusiasta, ha detto che la mamma sarebbe stata…”ma il piccolo fu bruscamente interrotto.
“Non ora Ben, non ho tempo per queste sciocchezze, ho da fare, dì a Helga di tenere la mia cena in caldo, arriverò tra un po’”
“Ma papà…”insistette innocente il bambino.
“Ben per favore” tuonò il padre “Ti ho detto che ho da fare”


La stessa storia si ripeté per parecchie sere fino a che Ben decise di non chiamare più il padre e sia lui che Julia piuttosto che mangiare nel grande salone da soli preferirono di gran lunga la compagnia del personale di servizio ormai divenuti per loro una nuova e accogliente famiglia.
“Almeno prima c’era la mamma” pensò Ben a distanza di anni entrando nell’enorme studio del padre, arredato in stile antico, ma dotato di tutte le tecnologie più avanzate.
Infatti sopra l’enorme scrivania faceva bella mostra un computer che sembrava appena uscito da un laboratorio della NASA.
Tuttavia rimase piacevolmente stupito nel vedere sopra un grande schedario una foto che ritraeva lui e Julia da piccoli in compagnia dei genitori.
Accanto un telefono e fu proprio con quello che Ben dopo aver trovato il numero di casa di Karl Weissman chiamò.
Diede una veloce occhiata al grande orologio a pendolo appeso dietro di lui, erano quasi le due di notte, ma buttare giù dal letto Charly era l’ultimo dei suoi problemi.
“Pronto…” rispose Weissman con una voce che sembrava provenire dall’oltretomba.
A quel ‘pronto’ il cuore di Ben cominciò a battere all’impazzata.
Stringeva tra le mani la cornetta così forte che se non si fosse imposto un minimo d’autocontrollo l’avrebbe disintegrata nel giro di pochi minuti.
“Ti ho svegliato lurido bastardo? Posso però assicurarti che la cosa non mi dispiace, anzi…” la voce di Ben era dura.
Sfortunatamente Weissman non stava dormendo e nemmeno era solo. Con lui in casa c’era Hans Gruber.
“Ben sapessi che piacere sentirti…” rispose ironico schioccando le dita richiamando l’attenzione di Gruber.
“E’ Jager” disse coprendo con una mano il microfono della cornetta “Fai intercettare immediatamente la telefonata, Ritter è ancora al comando”
“A me no, il solo sentire la tua voce mi fa venire il voltastomaco” rispose di rimando Ben “Avrei volentieri fatto a meno di sentirti Charly, ma volevo che sapessi una cosa…” ma fu interrotto da Weissman.
“Vedo che sei astuto, mi chiami a casa così non posso intercettare la telefonata? Ho notato che hai  fatto in modo che non vedessi il numero…vediamo…stai usando un satellitare? Stai facendo rimbalzare la telefonata per tutti e quattro i continenti?”
“Fortuna che eri un insegnante, te ne sei scordato qualcuno” lo sfottè Ben.
“E chi se ne frega” rimbeccò Weissman “ Ma tornando a noi…dove ti stai nascondendo a Honolulu?” ribatté ironico.
“Charly risparmiami le battute del cavolo” replicò sprezzante Ben” E comunque  dove sono non ti interessa, ma sappi che appena le forze me lo permetteranno, sarò io che ti verrò a cercare e ti ammazzerò come si ammazza un verme schifoso come te, ti giuro che la prossima autopsia che farà la Brenner  sarà la tua” continuò secco
“Hai sulla coscienza la Renner, i poliziotti morti cinque anni fa e sono certo che dietro la morte di Semir ci sei tu e i tuoi tirapiedi”
“Il ‘nanerottolo’ è uscito di strada, moccioso, non sapeva guidare, sicuramente dagli esami autoptici risulterà  che era ubriaco o drogato, ma per l’autostradale avere tra le fila uno simile, insabbierete tutto”
“Non mi provocare Charly” ringhiò il ragazzo “Sai che non ti conviene”
“Perché non è mica vero? Sai ho visto come eravate affiatati. Me lo immagino distrutto dal dolore per averti perso. E’ finito giù per la scarpata. Punto e basta” Weissman voleva tenere al telefono il più possibile Ben, per consentire a Ritter di rintracciare la telefonata.
“Non ti azzardare a parlare così di Semir, era un ottimo pilota, il migliore che abbia mai visto e conosciuto” sbottò Ben.
La rabbia si stava impadronendo di lui e inconsapevolmente stava facendo il gioco di Weissman “Non avrebbe mai affrontato quella curva a quella velocità, sotto un nubifragio. Cosa gli avete fatto? Avete bloccato il pedale dell’acceleratore? Tagliato il tubo dell’olio dei freni, sparato alle gomme…dai dimmi lurido bastardo…”
“Io non ho fatto niente” disse con calma serafica Weissman “Tu piuttosto, scommetto che hai ucciso la Renner, magari pure i poliziotti di quella famosa sparizione…”
“La bambina ha visto il tuo tirapiedi e io le credo, avete le ore contate, questo te lo posso assicurare” e detto questo chiuse la comunicazione sbattendo il telefono, poi si sedette sulla poltrona incrociò le braccia sulla scrivania poggiandovi la testa sopra.
“Mi manchi Semir, mi manchi da morire…questa situazione…per me è…è come se fosse la fine del mondo, niente sarà più come prima. Io per primo non sarò più l’uomo che hai conosciuto, ma ti posso giurare che quel bastardo la pagherà…”
Respirava affannosamente e sudava come non mai per la tensione nervosa e aveva il cuore che gli batteva furioso nel petto, poi finalmente si lasciò andare ad un liberatorio, quanto disperato pianto.
Passarono diversi minuti in cui il ragazzo diede sfogo a tutto il suo dolore , infine asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani uscì dall’ufficio del padre.
Ma il Ben che vi uscì non era quello che vi era entrato .
Ora i suoi occhi erano diventati di ghiaccio, mentre si avviava verso la rimessa della villa pensò che adesso non era più tempo per piangere e pensare a Semir.
La sua mente ora era tutta impegnata a trovare un modo per eliminare una volta per tutte Weissman e i suoi scagnozzi.

“Allora? Lo avete rintracciato?” chiese Weissman a Gruber una volta riagganciato l’apparecchio telefonico.
“Purtroppo telefonava con un satellitare…Ritter forse potrà  ristringere il campo con l’aiuto dei nostri tecnici, ma ci vorrà qualche ora..”
“Richiamalo e digli che appena sa qualcosa di chiamarci immediatamente, se scopriamo dove sta, lo ammazzeremo oggi stesso. Lui e anche la piccola mocciosa, così non avremo più testimoni e questa volta il caso sarà archiviato una volta per tutte e a nostro favore. Poi ce ne andremo via dalla Germania, ci goderemo i nostri soldi in qualche posto e nessuno saprà  più niente di noi. Abbiamo denaro a sufficienza per vivere duecento anni tra campagne, caviale e belle donne” sogghignò mellifluo.
“E Ritter?” chiese perplesso Gruber.
“Ritter sarà l’ennesima vittima della follia omicida del ‘moccioso’”
“Non mi è mai stato un granché simpatico” replicò diabolico Gruber.

Erano le otto di mattina quando il telefono di casa Weissman suonò di nuovo.
“Pronto” rispose brusco Weissman.
“Sono Ritter,  abbiamo circoscritto una zona nei dintorni di Düsseldorf, purtroppo non possiamo essere più precisi…”
“Non ti preoccupare Ritter, so dove potrebbe essere. A Düsseldorf c’è la villa del padre. Andremo a dare un’occhiata e se è lì ha le ore contate. Adesso raggiungici immediatamente, porta l’artiglieria, quella pesante, ci siamo capiti vero?” parlò Weissman esibendo un sogghigno quasi malefico.
Poi rivolgendosi a Gruber “Lo abbiamo beccato Hans, Jager sarà morto prima di mezzogiorno, lui e anche la mocciosa e se ci saranno altri che vorranno intralciare i nostri piani”
“Faremo fuori anche loro” concluse Gruber.
“Esatto. Regola numero uno: testimoni zero” ribatté Weissman.

Ben non aveva più chiuso occhio quella notte, aveva gironzolato per la proprietà fino all’alba e quando la luce glielo aveva permesso, era andato nell’autorimessa dove Jorge aveva parcheggiato l’auto che aveva usato per arrivare fino alla villa.
Tutto nel cassetto del cruscotto era rimasto come lo aveva lasciato.
La sua pistola d’ordinanza e due caricatori da otto colpi ciascuno. Con i restanti proiettili presenti ancora nella pistola aveva un totale di 21 colpi.
“Figo” pensò sarcastico Ben “Come la canzone dei Green Day”
Decise quindi di darle una pulita. La sua SIG SAUER era inutilizzata da qualche giorno, non voleva rischiare che si inceppasse sul più bello.
Si sedette su una sedia vicino ad un piccolo ripiano e con cura cominciò a smontare e a pulire l’arma.

Dietro di lui, poco dopo, apparve Helga, in mano una tazza di caffè fumante che appoggiò vicino al ragazzo.
Ben non la salutò nemmeno, non la degnò neanche di uno sguardo, tantomeno la ringraziò per avergli portato il caffè.
“Che stai facendo Ben?” chiese la donna cercando di instaurare un minimo di conversazione, un contatto.
“Pulisco la mia pistola, mi pare che la cosa sia evidente” rispose acido.
“Lo vedo, forse dovevo essere più precisa e chiederti cosa hai in mente” replicò la governante.
“Ti ho già detto che non sono affari tuoi”  sibilò Ben sempre senza alzare lo sguardo dalla pistola.
“E da quando non sono affari miei?” sbottò Helga mettendosi le mani sui fianchi.
Helga non ricevette risposta, ma le bastò guardare i segnali che gli mandavano i gesti bruschi del ragazzo nel pulire l’arma d’ordinanza.
“Ben” riprovò a chiamare la donna infondendo dolcezza al timbro della voce “Stai cercando vendetta? Tu non credi all’incidente, pensi di saper chi è stato a…” la donna trasse un profondo respiro per riuscire a finire la frase, l’emozione stava rendendo tutto così difficile e la sua voce era quasi roca “Semir non vorrebbe vendetta…lo sai come la pensava specie dopo gli avvenimenti di Berlino che vi ha visto coinvolti…”
“So chi è stato! Semir è morto per colpa mia, dannazione!” sbottò quasi inferocito Ben “Lui mi aveva avvertito, mi aveva detto di non fidarmi di Charly e io non l’ho ascoltato, dovevo fidarmi del mio migliore amico e invece…quei maledetti lo hanno ucciso! Gli hanno sabotato la macchina…Semir non avrebbe mai affrontato quella curva…” ora la guardava dritta negl’occhi,  i suoi erano pieni di lacrime, lacrime di rabbia e frustrazione per non essere riuscito ad evitare che Weissman e i suoi complici assassinassero il suo migliore amico.
“Ben andare da loro, farsi giustizia da solo, cercare vendetta…” Helga respirò profondamente, poi lo incalzò di nuovo “Senti  non sono fatti miei, hai ragione, ma ti prego ascoltami…se tua madre…”
Ben la bloccò e le parole che uscirono dalla sua bocca furono stilettate al cuore per Helga.
“Mia madre è morta trent’anni fa …e tu non sei lei, nessuna sarà mai come lei, quindi smettila di farmi la predica! Vattene e lasciami solo!”
Helga ancora una volta non riuscì a replicare.
Aveva paura, solo tanta paura che il ragazzo si mettesse nei guai.
Sapeva che quello che le aveva appena detto Ben erano parole dettate dagli eventi accaduti e in quel momento niente e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea.
E purtroppo l’unico che avrebbe potuto farlo ragionare e proteggerlo soprattutto da se stesso era morto sull’A57.
 
Angolino musicale:direi che Ben in questo capitolo è piuttosto antipatico, certo è inc…arrabbiato, ma insomma povera ‘mamma’ Helga…Capitolo senza Semir (povero come ti tratto male, ma prometto che mi farò perdonare…).
Simple Plan ‘Untitled’ (senza titolo).
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=ZQ7oqmikZDQ
Apro i miei occhi Cerco di vedere ma sono accecato dalla luce bianca Non riesco a ricordare come Non riesco a ricordare perché Sono steso qui questa notte E non riesco a sopportare il dolore E non riesco a farlo andare via Come è potuto accadere a me Ho fatto i miei sbagli Non so dove scappare La notte va avanti nello stesso modo in cui io svanisco Sono stanco di questa vita Voglio solo urlare Come è potuto accadere a me E non riesco a cancellare le cose che ho fatto No, non posso…




 
  
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