Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club
Segui la storia  |       
Autore: Milla Chan    30/06/2016    2 recensioni
Rei era sempre stato affascinato dalla coordinazione che si nascondeva dietro l’efficienza di un albergo di lusso. Era un meccanismo: ogni cosa doveva funzionare in modo perfetto e armonico, ogni persona contribuiva all’andamento ben scandito di quel grande orologio vivente.
Ma un granello di polvere basta a inceppare tutto quanto.
[Reigisa] [Hotel AU]
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Day 11: Defeat
 
Era mattina inoltrata quando Rei aprì gli occhi lentamente, dopo averli strizzati. Gli sembrava di dormire da giorni e ci mise un attimo a ricordare dove fosse e, soprattutto, perché fosse lì. Oh, il cuore iniziò a battergli forte al ricordo. Era successo davvero quello che pensava?
Stava dormendo così placidamente, eppure qualcosa lo aveva disturbato nel sonno. Non era solamente la luce che già rischiarava la stanza a causa del lucernario che si erano dimenticati di chiudere. Si voltò dall’altra parte e sgranò gli occhi quando vide la schiena nuda di Nagisa che sussultava in modo irregolare.
Era seduto sul bordo del letto, in parte rivestito. Stava leggermente chinato in avanti, con pugni premuti sopra gli occhi.
-Nagisa?- chiese con voce impastata e confusa. Una sensazione di profonda inquietudine gli afferrò il cuore, rendendolo improvvisamente attivo e sveglio. Si tirò a sedere e si tese verso di lui.
Nagisa singhiozzò ad alta voce. Cercò di farsi più piccolo, ma non poteva. Piangeva e stringeva i denti per non lasciar uscire altri lamenti.
Rei aveva l’impressione di essersi svegliato nell’universo sbagliato. Non era quella l’atmosfera con cui si erano addormentati, cosa era successo? Forse stava ancora sognando?
-Non volevo svegliarti.- mormorò Nagisa, cercando di asciugare le lacrime che continuavano a rigargli le guance.
-Cosa succede?-
-Non voglio andare via.- gemette, tornando a piangere, il respiro interrotto da piccoli singhiozzi.
Rei sentì un buco nello stomaco, ma si fece coraggio e si sedette accanto a lui, coprendosi col lenzuolo, e gli passò un braccio attorno alle spalle, seppur con un po’ di insicurezza.
-Stai tranquillo. Abbiamo ancora tutto un giorno e mezzo da passare insieme! Oggi andiamo nel centro benessere, possiamo provare un sacco di cose, poi possiamo andare in spiaggia, o dove preferisci, e…-
-No.- lo interruppe con un pigolìo, voltando la testa dall’altra parte con lentezza. -Scusami Rei, avrei dovuto dirtelo subito, ieri pomeriggio, dopo che mi ha chiamato mia mamma.- continuò scrollando le spalle.
Rei gli appoggiò una mano sulla guancia per girarlo verso di sé e guardarlo in faccia. Gli spezzava il cuore vedere quegli occhi così arrossati e gonfi.
-Devo andare via oggi.- riuscì a dire prima di scoppiare a piangere di nuovo, accartocciandosi in una smorfia che lo fece morire definitivamente. -Non volevo che tu fossi triste!- continuò annaspando.
Rei lo zittì con un abbraccio strettissimo e si morse le labbra, perché era sicuro che anche lui avrebbe iniziato a piangere da un momento all’altro.
Si sentiva così stupido. Lasciò che Nagisa piangesse a pieni polmoni, pensando che magari sfogarsi l’avrebbe fatto stare meglio, ma più sentiva i suoi singhiozzi e le sue lacrime che gli bagnavano la spalla, più si sentiva sprofondare. Era come se un macigno gli fosse crollato sul cuore e pensava che tutto quello che stava succedendo fosse incredibilmente sbagliato.
-Perché un giorno prima?- chiese con voce instabile. In realtà sapeva che, razionalmente parlando, un giorno non faceva una grande differenza: stavano solo anticipando ciò che avrebbero dovuto vivere solo ventiquattr’ore dopo. Il problema era che Rei non si era mentalmente preparato. Non sarebbe mai stato pronto, in verità.
-I miei genitori devono tornare prima per dei problemi a lavoro. Sembra stupido, vero? Mi dispiace.- disse con fatica. Rei poteva sentire chiaramente il dolore nella sua voce e non sapeva cosa dire, né come comportarsi.
-Non scusarti. Lo sapevamo che prima o poi saresti andato via.- rispose con un tono più triste di quanto volesse.
-Non voglio tornare a casa, né a scuola, e mi dà fastidio quando…- si interruppe per cercare di regolarizzare il respiro, che ormai si era fatto troppo veloce. -… Quando non fanno altro che parlare di cosa devo fare e come devo diventare, perché io non so come fare e non voglio e non riesco a fare quello che vogliono loro.-
Rei lo guardò con un’espressione persa e sconsolata. Aveva fatto fatica a capire qualche parola lasciata a metà per deglutire o trattenere l’ennesimo singhiozzo. Mai avrebbe pensato che un giorno lo avrebbe visto così a pezzi.
-Nagisa.- sussurrò, appoggiandogli le mani sulle guance fradice, accarezzandolo piano coi pollici e facendogli sollevare la testa china. Non poteva davvero sopportarli, quei suoi occhi grandi ridotti a due fessure lucide. Avrebbe tanto voluto trovare un modo per tranquillizzarlo all’istante.
-Stai vedendo tutto molto più grande di come sia in realtà. A poco a poco si fa tutto, davvero. Non devi pensare a tutto adesso, fai una cosa per volta, prendi un bel respiro e…- Rei si fermò a pensare, incerto. -Non pensavo che la tua famiglia pesasse così tanto su di te, mi dispiace. Credimi, riuscirai a trovare la tua strada e fare quello che ti piace e sarai bravissimo e solare come lo sei sempre.- si bloccò di nuovo per deglutire e tenere la voce sotto controllo. -… Neanche io voglio che tu vada via. Ma pensa che… Continueremo a sentirci, e potrai tornare, se vorrai. Non è per sempre.-
Gli dava una sensazione strana fare quel discorso. Era come se non stesse parlando solo a Nagisa, ma anche a se stesso, per calmarsi, per sciogliere il nodo strettissimo in fondo alla gola ed essere sicuro di non essersi riempito la testa di bugie, momenti vani e inutili e sensazioni effimere. Non era così, lo sapeva, ma a quel punto sembrava essere stato tutto così sconsiderato e senza scopo.
Sempre tenendo il suo viso tra le mani, si chinò per appoggiare le labbra sulle sue, leggerissimo.
-…Possiamo andare a fare colazione insieme?- chiese Nagisa a voce bassa, asciugandosi definitivamente gli occhi con il dorso della mano.
Rei gli sorrise. -Certo che possiamo.-

Il buffet per la colazione era ancora straripante di cosine invitanti, ma l’entusiasmo che Rei era sicuro che Nagisa avrebbe mostrato davanti a tanto bel cibo era notevolmente smorzato. Presero due piatti e si sedettero ad un tavolino in ferro battuto sulla terrazza. Qualche gabbiano volava pigramente nel cielo limpidissimo e i loro versi lontani avevano un che di malinconico.
-Mi piace moltissimo la colazione all’occidentale.- commentò Nagisa, addentando una brioche.
-Io credo di preferire quella tradizionale, ma non mi dispiace neanche questa.-
Nagisa bevve un sorso di succo d’arancia e guardò verso il mare. -Dopo andiamo da qualche parte? Giusto due orette. Per tornare per pranzo. Cioè, per la partenza.-
-Sì.- rispose Rei cercando di restare tranquillo. Si sentiva un po’ ingessato. E triste. Una tristezza molto particolare, a dir la verità. -Non vuoi avvisare i tuoi?-
Nagisa scrollò le spalle. -Le mie sorelle staranno ancora dormendo.- disse ridacchiando, e Rei lo guardò con un velo di apprensione.
Si alzarono insieme e stavano per scendere i gradini della terrazza quando un cameriere con un carrellino si affrettò a fermare Rei.
-Dov’eri finito!?- gli mormorò a denti stretti, guardandosi attorno. -Tua madre ti cerca da quando ha aperto la reception, ha detto che a casa non c’eri e credeva che tu fossi già tornato qui ad aprire!-
Rei sentì che avrebbe iniziato a sudare molto presto. Non era mai successa una cosa del genere, non aveva neanche controllato il cellulare appena sveglio, non aveva avuto il tempo di pensarci. Guardò Nagisa e poi di nuovo il cameriere, e rispose balbettando.
-Le spiegherò dopo, ora… Ditele che sto bene e… Ci vediamo dopo!-
Scese velocemente quei pochi gradini di marmo insieme a Nagisa e si affrettò lungo la stradina.
Andarono nella direzione opposta rispetto al solito. Camminarono per una decina di minuti lungo la strada leggermente in salita, in silenzio, tenendosi per mano. Svoltarono un paio di volte, lungo stradine secondarie che si inerpicavano sulla montagna, fino ad arrivare ad un bel prato.
Era surreale. Rei si sentiva sconfitto dal tempo, ma in qualche modo sentiva che era una sconfitta giusta, come se se lo fosse meritato. Avrebbe voluto ancora parlare di tante cose, fare tante cose, ma non gli veniva in mente niente, e niente sarebbe stato abbastanza importante. Cos’altro rimaneva, se non rassegnarsi?
Non gli aveva dato abbastanza baci.
L’erba era fresca e guardare il cielo da quella posizione era rilassante, si sentiva leggero, e Nagisa che gli stringeva la mano lo aiutava a non sentirsi in colpa.
Anche Nagisa non aveva più l’aria di voler piangere. Sembrava tranquillo, sorrideva, anche, mentre si girava a pancia in giù e si sollevava coi gomiti per allungare il collo e dargli un bacio e lasciare che gli accarezzasse la faccia. Strinse gli occhi incorniciati dai ciuffetti biondi e arricciò il naso, perché la punta delle sue dita erano leggermente fredde, e Rei pensò che gli sarebbe mancata tanto quella faccia.

Rei pensava di essere anestetizzato quando lasciò la sua mano davanti all’hotel. Non l’aveva lasciata per un attimo e non si era neanche reso conto del tempo che era passato.
Lo accompagnò all’ascensore sperando invano che Nagisa non avesse di nuovo gli occhi lucidi.
-Non voglio andare via.- ripeté ancora. Sembrava spaventato.
Rei annuì triste e si trovò con le sue braccia avvolte attorno al collo. Tremava? No, forse era lui stesso a tremare. Si sentiva patetico.
Lo strinse forte e inspirò il suo profumo. Gli aveva già detto che non sarebbe salito in reception con lui, non avrebbe preso l’ascensore, ma avrebbe salito le scale, nella speranza che sua madre fosse più impegnata nel fare il check out che a prestare attenzione e suo figlio che sgattaiolava ai piani superiori per mettere in ordine.
E così era un addio, eh? Per davvero? -no, niente addii, solo arrivederci, se l’erano promesso, ma faceva male uguale.
Nagisa indietreggiò dentro l’ascensore, schiacciò un pulsante e le porte si chiusero tra lui e Rei. Il suo sguardo spezzò definitivamente il cuore di Rei.
Aspettò qualche secondo. Il suo cervello faceva fatica a ragionare, e si obbligò ad andare verso il primo scalino di quelle lunghe scale, alzare un piede, ripetere il gesto per altre trenta volte.
Arrivò al terzo piano e indugiò sulla figura bionda che gli dava le spalle. Guardava per terra con un trolley tra le mani, le cui dita non facevano altro che tormentarsi e staccarsi la pelle attorno alle unghie. La madre di Rei parlava con i genitori di Nagisa e, fortunatamente, fu davvero troppo impegnata per vederlo.
Rei avrebbe voluto chiamarlo, ma strinse le labbra e continuò a salire le scale molto più velocemente di prima.
Arrivò fino al pianerottolo del quinto piano e, col fiato corto, aprì la porta della 501. Doveva tenere la mente impegnata, e per prima cosa avrebbe dovuto mettere a posto quella stanza e pulirla, doveva tornare come se nessuno fosse mai entrato. Fece mente locale, afferrò le lenzuola per tirarle via, con l’idea di andarne a prendere di nuove, più tardi. Aveva intravisto una delle signore delle pulizie al quarto piano, vero?
Sentiva il cuore battergli sempre più forte e lasciò andare le lenzuola per terra. Gli scivolarono letteralmente tra le dita, e le braccia caddero lungo i fianchi.
Camminò svogliatamente fino alla finestra che dava verso la montagna, verso la strada, appoggiò una spalla contro il muro. Guardò la macchina che stava andando via e sentì un caldo insopportabile. Chiuse gli occhi per un attimo, e vagò per la stanza, senza meta, con passo un po’ vagabondo, per una manciata di secondi. Si ritrovò ad appoggiare i gomiti sul parapetto della terrazza e chinò il collo in avanti mentre scoppiava a piangere.
Eccole lì, tutte le lacrime che non aveva ancora versato. Non ce l’aveva proprio fatta, ma ora facevano così male, e sperò che tutto quel dolore sparisse in fretta, ma che il profumo di Nagisa non si cancellasse mai dalla sua testa, e non sapeva come fare a conciliare quei due desideri.
Inspirò, inspirò a lungo, e lasciò che le lacrime picchiettassero sulle piastrelle in pietra, lasciò che quei cerchiolini bagnati assorbissero il suo sguardo, e che la mente volasse via, mentre sentiva i piedi ancora ben ancorati a terra. Che volasse ancora più lontano, il suo pensiero, in alto assieme ai gabbiani, nel cielo vuoto, perché nella sua testa non riusciva proprio più a starci.

________________________

Angolo autrice
Non linciatemi vi prego.
Scusate se non ho scritto nessun angolo autrice negli ultimi capitoli, ma sono sempre stata parecchio impegnata con gli esami di maturità, in più settimana prossima ho l'orale e sono tutta presa!
Colpo di scena? Sì? No? Non odiatemi, perché se osservate bene, la fanfiction non è ancora finita: il prossimo sarà l'ultimo capitolo, l'epilogo di tutto quanto, e spero davvero che possa dare una degna conclusione a questa storia.
Alla prossima settimana!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Free! - Iwatobi Swim Club / Vai alla pagina dell'autore: Milla Chan