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Autore: Pandora86    11/07/2016    5 recensioni
Spoiler quinta stagione.
Artù e Merlino. Il re e il mago. Due facce della stessa medaglia.
Due anime legate da un filo indissolubile che finisce, inevitabilmente, per spezzarsi in ogni tempo e in ogni luogo.
Ma forse, era finalmente giunto il tempo in cui le due facce della medaglia avrebbero potuto riunirsi, portando a termine il proprio destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio, Nel futuro
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Ecco il nuovo capitolo.
Come sempre, grazie per le bellissime recensioni.
Grazie anche a chi continua a inserire la storia tra le preferite le seguite e le ricordate.
E, ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Per adesso, buona lettura.
 
 
 
Capitolo 74. Uguaglianza
 
 
“Sali?” chiese Elian speranzoso, guardando Phoenix mentre si accingeva ad aprire la portiera della sua auto.

Non voleva che se ne andasse!

Quella sera, lui e tutti gli altri, avevano rivisto Merlino in vesti moderne e non sapeva se la cosa gli facesse piacere oppure no.
La devastazione e il dolore di quegli occhi, antichi quasi quanto il mondo, sembravano avergli lacerato il cuore, dividendolo in due metà esatte.

Il vuoto, la solitudine, il dolore… tutti sentimenti riconducibili a un unico sguardo: uno sguardo senza tempo.

Sapeva che non sarebbe stato facile; tutti loro lo avevano sempre saputo. D’altro canto, ci doveva essere stato un ottimo motivo se, in tutti quegli anni, Merlino non li aveva mai contattati.

O almeno, questo era quello che si era sempre detto, relegando così la questione senza porsi domande inutili.

In fondo, vedere Artù che si struggeva in mille perché, anno dopo anno, bastava e avanzava senza che anche lui si mettesse in testa quesiti inutili e quasi sicuramente sbagliati perché dettati dallo sconforto, come succedeva ad Artù.

Sì, il motivo doveva essere valido e lui si era limitato ad aspettare riservandosi le sorprese e le risposte a quando sarebbero avvenute.

Beh, quella sera, il motivo si era palesato a tutti loro ed Elian, nonostante la sua mente pratica, non aveva nessuna voglia di rimanere da solo.

Quando lui e Phoenix si erano separati da Leon e Louis non avevano scambiato nessuna parola nel tragitto verso casa.

Elian aveva guidato silenzioso, troppo preso dalle sensazioni vissute, troppo occupato a dare un senso a quel dolore che aveva visto e che non riusciva ad accettare. Perché era questo il problema per una persona del suo carattere: a lui non importava della pietra, delle guerre, degli elementi e di altri fatti inspiegabili. Lui aveva fiducia in coloro che governavano queste cose e, anche se il suo ritorno stava a significare che – presto o tardi – quelle cose avrebbero riguardato anche lui, per il momento aveva semplicemente deciso che non se ne poneva il problema.

Quando l’ostacolo si sarebbe presentato, lui lo avrebbe affrontato, punto!

Questo non stava a significare che si buttava a capofitto nei pericoli – come Gwaine – o che se ne disinteressava perché menefreghista.

Lui, a differenza di Gwaine, non cercava il pericolo o l’avventura per provare il brivido delle situazioni senza speranza o per sentire l’adrenalina scorrere nelle sue vene e sentirsi vivo.

Lui si limitava ad assecondare quello che sentiva, per cercare l’appagamento che le sensazioni di una determinata situazione sapevano dargli.

Lui assecondava il suo cuore e, se la situazione era pericolosa, non si tirava indietro.

Per questo non gli interessava nulla della pietra e di quello che poteva essere avvenuto. La situazione sembrava rientrata e, presto o tardi, lui avrebbe avuto le sue spiegazioni.

Quello che lo faceva stare male era il dolore che aveva visto. Perché, anche se si era preparato a una situazione non piacevole, non era in nessun modo preparato alla devastazione.

Quella era l’unica parola che sembrava descrivere appieno lo sguardo del più grande Mago di tutti i tempi e le dimensioni.

Quindi, non voleva rimanere da solo ad affrontare i demoni che gli si erano presentati davanti quella sera.

Fu per questo che la domanda fu accompagnata da uno sguardo implorante e profondo.

Sguardo che Phoenix interpretò nel modo giusto dato che annuì con il capo allontanandosi dall’automobile e seguendo l’altro nella palazzina che avrebbe condotto al suo appartamento.

Anche lui, d’altronde, provava sollievo nel sapere di non dover rimanere da solo. Anche lui sentiva il bisogno di avere una spalla a cui appoggiarsi.

I motivi erano diversi da quelli di Elian. Oppure, semplicemente, erano complementari.

Sì, perché Phoenix non aveva faticato a cogliere la rabbia con cui il cavaliere aveva stretto il volante mentre guidava per tornare nel suo appartamento.

Rabbia che nasceva dal non poter fare nulla. Rabbia che nasceva dall’impotenza.

E anche Phoenix si sentiva così. Impotente, di fronte a uno spettacolo non nuovo ma a cui, nonostante tutti i secoli passati, non si era ancora abituato.

Il dolore del Sommo Emrys che, quella sera, si era manifestato di fronte agli occhi di tutti. Un dolore ancora più grande, di cui gli altri avevano avuto solo un accenno, e che lui conosceva bene. Il dolore del Male.

Il motivo, quindi, era lo stesso del cavaliere.

Nemmeno lui voleva rimanere da solo, pregando che il Sommo Emrys uscisse indenne dalla nuova ondata di male che presto avrebbe attraversato il suo corpo. Male che, sotto forma di energia negativa, implacabile e fiero nel suo immenso potere devastante, avrebbe attraversato ogni piccola parte del corpo, lasciando poi solo le ceneri di una mente che, presto o tardi, avrebbe ceduto e si sarebbe definitivamente spezzata.

I Guardiani avevano ritenuto opportuno lasciare andare via il Sommo Emrys da solo, accompagnato unicamente dal Re, e lui non aveva obiettato. D’altro canto, sapeva fin troppo bene che il Sommo Emrys fosse perfettamente in grado di controllare la pietra senza perdere la vita. Sapeva fin troppo bene che il Sommo Emrys non avrebbe perso il controllo, controllando la pietra senza lasciare che il suo corpo si sgretolasse in pezzi che non si sarebbero più ricomposti. In realtà, probabilmente, era in grado di farlo da parecchi anni. Però, questo non voleva dire che gli facesse piacere lasciarlo da solo. Da solo con il Re. Un Re che si sarebbe trovato impreparato di fronte a uno spettacolo del genere. D’altro canto, come si può prevedere l’inimmaginabile?

Sarebbe stato in grado di affrontare tutto? Probabilmente, sì!

Però, era angosciante pensare a quello cui il Re andava incontro senza preparazione e totalmente ignaro di tutto.

Poteva solo sperare che la situazione, in qualsiasi modo evolvesse, avrebbe dato risvolti positivi.

Sì, doveva aggrapparsi a questa speranza, confidando nel Re. Fidandosi ciecamente dell’uomo che il Re era ed era stato, proprio come il Sommo Emrys aveva fatto innumerevoli ere prima.

Eppure, era dura stare ad aspettare.

Era dura contare i minuti che passavano, sperando che la notte calasse presto su di loro e che portasse con sé l’alba di un nuovo giorno.

Sentì la mano del cavaliere intrecciarsi alla sua e, quello che vide in quello sguardo, fu un dolore simile al suo. Un dolore forse peggiore perché, se almeno lui poteva spiegarsi la devastazione di uno sguardo che un tempo, all’uomo di fronte a lui, doveva essere apparso limpido e sereno, l’altro invece non poteva fare altro che ipotizzare senza avere uno straccio di certezza.

In ogni caso, quello era un dolore comune e Phoenix fu riconoscente di questo.

Elian lo condusse al divano, senza sentire il bisogno di parlare, e Phoenix lo seguì, senza lasciare quella mano confortante ed amica.

Il cavaliere sembrava aver intuito il suo dolore perché, in un gesto materno, cominciò ad accarezzargli la testa, senza altro fine che non quello di consolarlo e Phoenix andò a poggiare il capo sulla sua spalla.

Fu allora che Elian senti le lacrime bagnargli il collo e lo strinse a sé più forte, continuando ad accarezzargli il capo e palesandogli, con i gesti, la sua presenza.

Anche Phoenix sembrava soffrire. D’altro canto, anche il suo sguardo recava le tracce di un dolore senza tempo. Non era solo una creatura ma La Creatura. Colei che era rimasta al fianco del Mago per chissà quanti secoli. Colei che recava un potere spaventoso e un passato oscuro.

Ed Elian era stanco di tutto quel dolore. Dolore negli occhi di Merlino. Dolore negli occhi di Phoenix.

Dolore, e solo dolore.

Ed Elian voleva dare un taglio a tutto quello.

Era ritornato per un motivo ben preciso. La pietra appena nata e le parole di Merlino su essa non potevano essere un caso.

Non era solo Artù a dover fare qualcosa in quell’era. Qualcosa di concreto. No!

E lui, uno dei cavalieri, non doveva solo accompagnare il Re e sostenerlo con la presenza. No, anche lui era tornato per uno scopo. Anche lui era tornato per compiere il suo destino.

La prima cosa che, in quel momento, sentiva di fare era cancellare il dolore. Cancellarlo e basta con un colpo di spugna. Cinse la vita di Phoenix con entrambe le braccia e poggiò a sua volta il capo sulla spalla dell’altro. Sentiva il respiro di Phoenix solleticargli la pelle e, al contempo, si beava del profumo della sua, sentendo il suo respiro sfiorare il collo dell’altro.

Basta dolore. Basta privazioni.

Phoenix gli apparteneva, proprio come Merlino apparteneva ad Artù e lui era stufo di temporeggiare. C’era troppo dolore per privarsi delle cose belle.

C’era troppo dolore per farsi bloccare da uno status o da un pregiudizio. Lui, dal canto suo, non aveva mai avuto dubbi, però, a questo punto, era intenzionato a farlo capire anche all’altro.

Phoenix temporeggiava, si manteneva sul vago e rimarcava le distanze. Beh, lui, queste distanze le avrebbe scavalcate, andando dritto al punto.

Perché, fra tutto questo temporeggiare, una cosa l’aveva capita: anche Phoenix provava qualcosa per lui.

Non aveva accettato di vederlo solo per istruirlo o per formalità. Phoenix si era divertito, con lui. Aveva scherzato e fatto battute. Gli aveva mostrato la sua forza – umiliandolo miseramente – e non era riuscito a mantenere le distanze in maniera netta, come probabilmente si era prefissato di fare all’inizio del loro incontro.

E questo, perché neanche lui, in fondo, voleva privarsi della sua compagnia.

Sì, loro due erano destinati ed Elian, quella sera, decise che aveva aspettato fin troppo. Entrambi avevano aspettato fin troppo.

Chi per privazione o per nobiltà – nel caso di Phoenix – chi per non apparire troppo sfacciato – nel suo caso, stavolta – fatto stava che, in qualsiasi modo la si mettesse, entrambi rinunciavano a qualcosa che, evidentemente, volevano. E, quello che ora Elian non capiva più, era il perché di tutto questo.

“Rimani qui, stanotte” sussurrò all’orecchio dell’altro.

“Dormire un po’ ci farà bene” aggiunse e sentì l’altro annuire impercettibilmente sulla sua spalla.

Poco importava che stesse sfruttando un momento di debolezza dell’altro. Perché Elian lo sapeva che, fino a poche ore prima, Phoenix sarebbe stato fermo nel rifiutare. Avrebbe acconsentito a rivederlo, di questo era sicuro, ma comunque non sarebbe stato così facile accorciare le distanze fra loro come stava avvenendo in quel momento.

Tuttavia, non si pentì quando, alzandosi entrambi dal divano, Elian scorse il volto dell’altro.

Un volto rigato da lacrime silenziose. Un volto che era stato bagnato da poche lacrime che tuttavia, per il dolore silenzioso che sembravano portare con sé, davano l’idea di aver scavato una voragine negli occhi dell’altro.

Phoenix, caratterialmente, doveva essere una persona sensibile. Proprio come chi è gentile ed affabile con tutti ed ha sempre una parola buona e di conforto ma che, allo stesso modo, porta dentro di sé l’inferno.

Un inferno che non viene lasciato mai scorgere dall’interlocutore di turno. Un inferno che prende vita quando colui che vi è dentro è solo.

Perché Phoenix avrebbe versato in solitudine quelle lacrime, di questo Elian era certo. Phoenix non avrebbe cercato consolazione negli altri membri del gruppo. Era una creatura e un guerriero. Non poteva farsi consolare da chi provava il suo stesso dolore.

Di certo, sarebbe stato questo il suo ragionamento. Di certo, Phoenix avrebbe scelto di non appoggiarsi a nessuno.

Beh, questo non sarebbe più avvenuto, fu questo che Elian promise a sé stesso quella sera.

Lo condusse silenziosamente in camera dal letto e, spogliandosi con gesti lenti e meccanici, si accomodò sul letto, invitando l’altro a seguirlo.

Elian ammirò il corpo di Phoenix che, illuminato solo dalla luna, appariva bianchissimo e senza imperfezioni. Accolse il capo dell’altro nel suo abbraccio, sentendo sulla pelle le sue guance bagnate e ammirando gli intrecci casuali dei capelli ramati che si spargevano sul suo gomito e sul cuscino.

Continuò ad accarezzarlo in gesti lenti e amorevoli. In gesti reverenziali e devoti, provando a trasmettergli, con il solo linguaggio del corpo, tutta la sua forza. Provando a trasmettergli la sua presenza.

Perché c’era troppo dolore per privarsi delle cose belle. C’era troppo dolore per poterlo reggere in solitudine.

Era questo il pensiero di Elian mentre sentiva il respiro dell’altro farsi pesante e la guancia asciugarsi pian piano dalle lacrime sul suo stesso petto.

“Grazie” sussurrò piano Phoenix ed Elian sentì le labbra muoversi sul suo petto.

“Anche tu stai soffrendo” disse ancora Phoenix ed Elian continuò ad accarezzarlo.

“Credo che la mia sofferenza non sia paragonabile alla tua” rispose poi dicendo ciò che realmente pensava.

Perché, in fondo, lui aveva visto soffrire un amico. L’amico più caro che aveva, colui che stimava in assoluto. Aveva scorto una sofferenza all’inizio e solo per poco tempo.

Cosa provava invece Phoenix che, quella sofferenza la conosceva bene? Considerando poi che non si trattava solo di un suo amico ma del Sommo Emrys, la persona cui sicuramente teneva più in assoluto e rispettava sopra le altre.

Quindi sì, Elian sapeva con precisione che la sua sofferenza era nulla rispetto a quella di Phoenix.

Sentì le labbra dell’altro distendersi in un sorriso e fu felice di ciò. Phoenix, Creatura e guerriero, si stava aprendo con lui, mostrando il suo lato fragile e umano.

Durante la serata, non aveva fatto altro che mostrargli la sua forza fisica e la sua superiorità intellettuale. Oltre che la sua innata eleganza e bellezza ma questo, suppose Elian, non l’aveva fatto apposta. Era lui che, troppo occupato ad ammirare l’altro, non aveva fatto altro che staccargli gli occhi di dosso per tutta la sera.

Ora invece, Phoenix gli stava mostrando una parte più privata e intima, una parte che, per il ruolo che occupava in un gruppo cardine per l’esistenza del mondo stesso, non poteva mostrare a nessuno.

Ed Elian, se possibile, lo amò ancora di più per questo.

Continuò a lasciare che le dita percorressero i lunghi capelli del altro, trovandoli morbidi e setosi al tatto, mentre con l’altra mano andò ad accarezzare il braccio di Phoenix poggiato sulla sua pancia percorrendolo con l’indice, e con una lentezza quasi ipnotica.

Cielo, non avrebbe mai immaginato che la pelle dell’altro sarebbe stata per lui una simile droga. Non credeva che ne sarebbe più riuscito a fare a meno.

Le loro pelli si toccavano ed Elian sentiva la pancia dell’altro sulla sua. Sentiva la sua mano percorrere i capelli di Phoenix mentre, tra una carezza e l’altra, si soffermava sulla sua schiena.

Provò a descrivere tutto quello che provava senza però riuscirci. Sapeva solo che l’unica cosa che contava era il contatto con la pelle dell’altro.

Una pelle fredda e morbida, talmente liscia da sembrare di una porcellana finemente lavorata.

Una pelle bianchissima che, a contatto con la sua – scura e ruvida – sembrava creare un incastro perfetto.

“Lo sai quello che provo per te, vero?” disse sottovoce, sapendo che l’altro, seppur in silenzio, non si era affatto addormentato.

“Non hai fatto nulla per nasconderlo, in realtà” ridacchiò Phoenix.

“Eppure, mi hai lasciato fare, continuando ad assecondarmi” parlò ancora Elian. “E non tirare fuori la cazzata del ‘Grande Scopo’ o delle ‘Grandi Spiegazioni’”.

“E cosa ne deduci da questo?” domandò allora Phoenix.

“Lo sai che cosa ci deduco da questo” gli fece il verso Elian. “Non mi interessa che tu lo ammetta apertamente, non ho problemi a far parlare i gesti più che la voce”.

“E allora cosa vuoi?” sussurrò la creatura sempre più a bassa voce.

“Penso che tu sappia anche questo ma lo dirò comunque” e fece un istante di pausa, “non voglio che tu continui a tirarti indietro”.

Phoenix sospirò in risposta senza dire nulla.

Non sapeva cosa fare. Non voleva assolutamente affrettare i tempi. Quando il cavaliere era ritornato in forma umana, lui aveva
provato un moto di gioia indescrivibile. Per anni, aveva seguito come un’ombra silenziosa la sua crescita e tutte le fasi della sua vita aspettando pazientemente il momento in cui avrebbe potuto palesarsi.

Poi, quel momento era arrivato e il cavaliere, avvertendo inconsciamente in lui una figura familiare, lo aveva cercato senza sosta palesandogli la sua presenza senza curarsi di apparire invadente e sfacciato.

Lui aveva continuato a tentennare… non sapeva ancora come il cavaliere fosse ritornato e con quali intenti.

Perché l’immortalità, nel loro caso, non era un processo ovvio. Il cavaliere avrebbe potuto scegliere di condurre la sua vita normale decidendo di non farsi coinvolgere in cose che, in fondo, non lo riguardavano più.

Lui, dal canto suo, non voleva assolutamente forzare questo processo, lasciando all’uomo che ora lo abbracciava libera scelta.

Non poteva legarlo a sé contro la sua volontà. Inoltre, non poteva neanche legarlo a sé tenendolo all’oscuro dei fatti. Il cavaliere doveva scegliere in libertà solo alla piena conoscenza dei fatti.

Eppure, quella sera, tutte quelle nobili motivazioni sembravano cadere.

E se Elian, in fondo, avesse già scelto? Alla fine, non aveva deciso, circa trent’anni prima, di varcare la sponda di Avalon che lo aveva ricondotto alla vita umana?

Perché Phoenix che aveva chiari ricordi di quel tempo e di quel luogo sapeva benissimo che Elian, nella forma che gli apparteneva in quella dimensione, era stato pienamente cosciente delle sue decisioni.

Che poi, nella sua forma umana, avesse dimenticato beh, questo era ovvio.

Non aveva dimenticato gli insegnamenti della Dama, questo era normale. Tuttavia, anche se avesse voluto, sarebbe stato difficile che riuscisse a ricordare Avalon nei dettagli, proprio per la caratteristica immateriale del luogo.

Questi, tuttavia, erano discorsi accademici, su cui, tutti loro si sarebbero soffermati.

Quello che lo assillava, in quel momento, era la domanda: e se Elian avesse ragione?

Se i tempi fossero finalmente giunti?

Se fosse venuto, per tutti loro, il momento di essere felici?

“Hai ragione” sussurrò.

Elian sentì il suo cuore accelerare i battiti a quella risposta e andò a stringere con forza la mano dell’altro.

Si sentì in colpa, in fondo Phoenix era in uno stato emotivamente fragile. Eppure, fu veloce a scacciare quella colpa.

Andò a baciargli la fronte, stringendoselo con più forza addosso. Anche se Phoenix quella sera appariva più arrendevole del solito, questo non voleva dire che avrebbe dovuto approfittarsene.

Voleva gustare ogni attimo con lui e quello che contava era sapere che Phoenix, la mattina successiva, non sarebbe andato via.

Ci sarebbe stato tempo per approfondire il loro legame.

Quello che contava, in quel momento, erano i loro corpi intrecciati e le mani che si accarezzavano a vicenda.

Quello che contava erano loro due che, sfidando il tempo e le dimensioni, si erano finalmente ritrovati.

Fu allora che, senza che nessuno dei due avesse modo di accorgersene, uno strano simbolo iniziò a prendere forma sulla spalla di Elian, il Cavaliere dell’Uguaglianza.

Nello stesso momento, a chilometri di distanza, in un oggetto più antico del mondo, un’altra crepa si rinsaldò.
 

Continua…
 

Note:

 
Ecco che compare anche Phoenix.

Come avrete notato, tutti i personaggi cominciano ad avere una svolta definitiva. Chi in un modo, chi in un altro, tutti si avviano al processo che poi condurrà alla fine della storia.

Inizio ad affrontare l’introspezione di ognuno di loro facendoli crescere verso quello che poi sarà il risultato finale.

È la prima volta inoltre che compare un’introspezione così intima di Phoenix e di Elian e spero di aver fatto un buon lavoro.

Inoltre, dico chiaramente dove si sono incontrati e per quanto riguarda il perché non ricordino darò spiegazioni nei capitoli più avanti, quando parlerò di Avalon e delle sue caratteristiche.

Questo è uno degli ultimi capitoli che tratta la singola coppia. Da quello successivo, cominceranno ad alternarsi e le spiegazioni verranno da tutti loro.

Ovviamente, l’eccezione avverrà per Merlino e Artù.

Che dire, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. Attendo ansiosa le vostre opinioni.

Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui.

Un grazie speciale a chi mi sostiene, capitolo dopo capitolo, manifestando la sua presenza e a hikaru83 che mi ricorda, puntualmente, che c’è qualcuno che legge la storia e che, in un periodo particolarmente difficile, riesce a farmi trottare senza far passare ere geologiche tra un aggiornamento e un altro. Grazie, come amica e come beta!

Alla prossima.

Pandora86
 
  
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