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Autore: _crucio_swag_    12/07/2016    0 recensioni
Sesto anno ad Hogwarts. Draco si ritrova a dover ingannare Harry oltre ad uccidere Silente. Sembra facile ma un sentimento mai provato prima a cui neanche il re delle serpi sa dare un nome gli impedirà di portare a termine ciò che il Signore Oscuro gli ha ordinato. Riuscirà a cambiare la sua anima? Riuscirà a distinguere ciò che è giusto da cio che non lo è? Riuscirà a sciogliere il ghiaccio che avvolge i suoi occhi e il suo cuore?
Questa storia non sarà delle più felici ma vi posso assicurare che avrà un bel lietofine.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Note dell'autrice: Attenzione, in questo capitolo sono presenti scene di pucciosità estrema.
Se non vi piacciono i capitoli troppo sdolcinati vi consiglio vivamente di non leggerla.
No, ok. Avevo bisogno di sclerare! Non sono normale... lol
Lasciate una recensione se la storia vi sta piacendo. Per favoreeeeeeee <3










Capitolo 9

gli opposti si attraggono



Harry si sedette accanto ad una quercia, con la schiena poggiata sulla corteccia ruvida, e si prese la testa fra le mani pensieroso mentre osservava il cielo stellato che si estendeva sopra di lui.
Era da quasi una settimana ormai che non vedeva Malfoy da nessuna parte.
Stava ogni colazione, pranzo e cena con la testa girata verso il tavolo di Serpeverde ma niente, lui non c’era. Mai. Guardava ogni sera la mappa del malandrino ma lui non c’era. Non era nella sua sala comune, non era nell’ufficio di Piton, non era al settimo piano se da nessun altra parte. Il moro si ritrovò quasi a pensare che si fosse trasferito a vivere nella Stanza delle Necessità. Oppure stava talmente male da non riuscire nemmeno ad alzarsi dal letto e questo preoccupava Harry più di ogni altra cosa, il perché non sapeva spiegarlo nemmeno lui.
Un’altra cosa che lo preoccupava parecchio era la crisi isterica che aveva avuto quella mattina.
Erano a lezione di pozioni sia lui, sia Ron, sia Hermione, come sempre del resto. Draco ovviamente non c’era. Stavano facendo l’amortentia, il filtro d’amore più potente al mondo, e lui, come tutte le volte, era stato l’unico che l’aveva preparata correttamente grazie al libro del principe mezzosangue. Solamente che si era avvicinato troppo al calderone, anche se il professore aveva raccomandato di non farlo, e gli erano giunti gli odori della sua Firebolt, della sua camera da letto a Grimmauld Pace e dello stesso profumo che aveva sentito sul Serpeverde quella sera. Beh… si ricordava ancora come l’avevano guardato malissimo quando era uscito dall’aula correndo per andare a prendere una boccata d’aria. Probabilmente l’avrebbero preso in giro a vita.
Si alzò in piedi e camminò piano seguendo il perimetro della foresta e accarezzando le foglie degli alberi quando passava. Si fermò di colpo quando sentì una voce di ragazzo, la voce che desiderava sentire, pronunciare un leggero “Expecto Patronum”. Si inoltrò nella boscaglia fino a raggiungere un masso coperto di muschio sul quale era seduta un’esile figura. Aveva il cappuccio che gli copriva la faccia quindi non riuscì a riconoscerla ma era sicuro di sapere a chi appartenesse la voce che aveva sentito.
Agitava la bacchetta di qua e di là ma l’unica cosa che riusciva ad evocare al massimo era una nebbiolina azzurro-grigia, non di più.
Harry sorrise fra sé e sé, pensò all’unico ricordo dei suoi genitori che aveva e dopo aver pronunciato le stesse parole del ragazzo un paio di metri davanti a lui un cervo dalla luce argentea uscì dalla sua bacchetta e galoppò nella sua direzione.
Il ragazzo seduto salto in piedi terrorizzato quando si accorse del Patronus che sicuramente non era il suo. Il cappuccio nero che gli copriva il viso cadde rivelando capelli biondo platino e occhi grigio-azzurri. Agitò la bacchetta impaurito “Chi è là?” chiese.
“Sono solo io” rispose Harry.
Il biondo saltò all’indietro inciampando sul masso dove era seduto poco prima ma il moro lo afferrò in tempo per impedirgli di schiantarsi al suolo. ”Sono Harry, solo Harry” disse il Grifondoro.
“Ah, sei tu Potter! Non potevi usare un modo meno brusco? Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò il Serpeverde.
Harry ridacchiò “A mi sono divertito un sacco B dovevi vedere la tua faccia e C cosa facevo? Venivo da te mentre eri con la Parkinson e Zabini e ti chiedevo: Hey furetto vieni che facciamo una chiacchierata da buoni amici?”
Draco roteò gli occhi ridacchiando “Si certo, molto divertente!”. Poi però si fece subito serio e lanciò al moro un’occhiata penetrante. “Potter, hai detto a qualcuno che sono un mangiamorte?”
Harry sorrise. “No, stai tranquillo. Non l’ho detto a nessuno”
Il Serpeverde sembrò rilassarsi. “Grazie a Dio!”
“Beh, dimmi. Non riesci proprio ad evocare un Patronus?” gli chiese il moro.
Il biondo guardò la sua bacchetta. “Una volta ci sono riuscito, l’anno scorso per l’esattezza. Ma è stata l’unica volta, ora non ci riesco più”
“Beh, devi pensare ad un ricordo intenso. Uno particolarmente felice. Altrimenti non accade nulla. A che cosa hai pensato?”
“A mio padre”
Harry scosse la testa. “Forse devi pensare a qualcos’altro o a qualcun’altro. Comunque, visto che hai detto che una volta ci sei riuscito, che forma ha assunto esattamente?”
“Un'aquila” rispose il biondo.
Il moro gli lanciò un occhiata interrogativa.
“Oh beh, non chiedermi il motivo. Probabilmente sarà perché sono abituato a guardare le persone dall’alto in basso” si prese in giro da solo.
Harry rise di nuovo ma si fermò quando si accorse che il Serpeverde si era fatto serio ed era indietreggiato di alcuni passi. Il suo viso aveva lineamenti ancora più spigolosi del solito, come se fosse un’eternità che non mangiava. Le occhiaie erano più profonde dell’ultima volta. Ed era impallidito. Cosa che sembrava impossibile vista la carnagione già chiarissima che aveva. “Stai bene?” gli chiese.

No, la realtà è che non stava affatto bene.
Era tutta la settimana che non dormiva e passava gli interi giorni a cercare di aggiustare l’armadio svanitore, ma non aveva ancora ottenuto alcun risultato. Neanche un cambiamento piccolo piccolo. E aveva paura, paura di perdere la sua famiglia. Perché sapeva che se il Signore Oscuro l’aveva minacciato di uccidere sua madre l’avrebbe fatto veramente in caso di fallimento. E già non gli andava giù il fatto che suo padre fosse stato fatto arrestare da un ragazzino come Potter, lo considerava un fallito.
Valutò le varie risposte che poteva dargli.
Dirgli di no e mostrarsi debole.
Dirgli di sì e mostrarsi forte.
Però era stufo di fare il duro. Era stufo di credersi sempre il migliore in tutto. Era stufo di lui stesso.
La verità era che lui era debole e si comportava in quel modo per paura.
Paura di non essere accettato, di essere rifiutato da tutto e da tutti.
Era questo il motivo per cui, fin dal primo anno, aveva utilizzato Tiger e Goyle come scagnozzi o guardie del corpo oppure per cui, come amici, sceglieva quelli con più autorità, quelli che intimorivano la gente.
E faceva così perché così gli era stato insegnato a fare. Fin da piccolo aveva creduto di meritarsi solo il meglio, di essere tre volte più speciale degli altri. Perché era un mago, un purosangue e soprattutto perché apparteneva alla famiglia Malfoy. E aveva preso sempre come modello suo padre imitando le sue maniere fredde e altezzose verso chi non faceva a suo comodo.
E ora la pagava. Perché se ora era in quelle condizioni era tutta colpa di suo padre, che aveva seguito gli ideali di Voldemort fin da giovane, e sua che aveva deciso di imitarlo, considerandolo un punto di riferimento. Fino ad allora aveva condotto una vita protetta e ritirata. Era sempre stato un ragazzino privilegiato, senza troppi problemi e preoccupazioni, sicuro della propria posizione nel mondo. Ma ora il suo punto di riferimento era svanito e sua madre invece era sconvolta e spaventata e lui si ritrovava in mano tutta la responsabilità. E anche se non voleva ammetterlo sapeva che da solo non ce l’avrebbe mai fatta.
Aveva bisogno di aiuto.

Il suo corpo si mosse da solo, senza che lui potesse far niente per controllarlo.
E prima che potesse anche solo pensare a ciò che stava facendo si ritrovò a circondare Harry con le braccia mentre nascondeva la testa nel incavo del suo collo e semplicemente scoppiava. Scoppiava perché non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, l’ansia, la paura, la disperazione, la tristezza. Scoppiava perché, anche se non voleva ammetterlo nemmeno a lui stesso, era fragile. Scoppiava perché, se anche il vetro e spesso, ma tu continui a darci una martellata dopo l’altra beh… prima o poi si rompe. Ed era così che si sentiva lui in quel momento. Semplicemente, in mille pezzi. E aveva bisogno d’aiuto per ricomporli.
Da solo non ce l’avrebbe mai fatta.
Mostrarsi forti non significa esserlo.
Harry rimase pietrificato, occhi sgranati, bocca spalancata quando si ritrovò stretto in un abbraccio dal biondo. Però si riscosse quando lo sentì scoppiare in lacrime sulla sua spalla e lo strinse a se forte, per rassicurarlo. Perché sapeva come si sentiva Draco in quel momento, si era trovato fin troppe volte nelle sue stesse condizioni e sapeva quanto faceva male. Gli mise una mano dietro la schiena attirandolo ancor più vicino e l’altra la infilò nei suoi capelli color platino accarezzandoli piano per calmarlo. Si lasciò invadere dal suo profumo ma sta volta non scappò per prendere una boccata d’aria perché sta volta era vero, perché la persona a cui apparteneva era lì, al suo fianco.
E il biondo lo lasciò fare, perché aveva bisogno di essere consolato, di essere aiutato in qualche modo. Di lasciare andare tutte le emozioni che da mesi teneva dentro e che pian piano l’avrebbero distrutto dall’interno.
“No, non sto bene” sussurrò Draco all’orecchio di Harry mentre singhiozzava.
“Shhh, stai zitto” rispose piano e gentilmente il Grifondoro mentre gli spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lo stringeva ancor di più a se.
E il Serpeverde lo ringraziò mentalmente. Perché non lo stava abbandonando. Perché era lì insieme a lui e se ne stava zitto semplicemente rassicurandolo con la sua stretta calda e confortevole. Perché aveva capito che fargli domande non sarebbe servito a niente, tanto rispondere non poteva. Lo ringraziò perché rimase lì tutto il tempo con lui senza preoccuparsi delle lacrime di Draco che gli ormai gli avevano inzuppato il maglione e la camicia sotto. E in quel momento si rese conto che non avrebbe voluto essere in altro posto che tra le braccia del Grifondoro. Di colui che fin dal primo anno, dopo che non aveva voluto accettare la sua mano, aveva odiato profondamente e a cui ogni giorno aveva cercato di complicare la vita. Perché in quel momento, con quel gesto, Harry gli stava dimostrando che era capace di mettere una pietra sopra al passato e di andare avanti con lui, ma sta volta non come nemico.
E i singhiozzi, pian piano, divennero solo lacrime che scorrevano lente e poi sospiri man mano che lasciava andare tutto ciò che era rimasto intrappolato dentro di lui e si calmava. E si godeva quel momento di pace. Quel momento in cui il male incontrava il bene.
In cui l’ombra incontrava la luce.
In cui il verde incontrava il rosso.
Quel momento che, probabilmente, avrebbe cambiato tutto.
Avrebbe cambiato il modo di vedersi, ma non esternamente. No, avrebbe cambiato il modo di leggersi l’uno dentro l’altro.
Quando smise di piangere Harry poggiò le mani sulle spalle del biondo e guardandolo negli occhi chiese “Va meglio?”
Il Serpeverde annuì e si affrettò ad asciugare le ultime lacrime.
“Non puoi dirmi il motivo per cui piangi vero?”
Draco scosse la testa “No, mi dispiace” rispose con la voce roca.
Harry abbassò lo sguardo e sospirò poi lo rialzò nuovamente sul Serpeverde. Allungò una mano verso la sua fronte e poggiò il palmo su di essa. “Hai la febbre – disse – è meglio che ti porti in infermeria” poi sorrise malignamente e alzò un sopracciglio facendo uno sguardo sexy. Di scatto si lanciò su Draco mettendogli un braccio sotto le ascelle e l’altro sotto le ginocchia e sollevandolo da terra.
Il biondo finalmente rise. “Dai Potty, mettimi giù! Ce la faccio benissimo a camminare da solo!”
Il moro alzò le spalle come per dire chi se ne frega? Poi parti a razzo verso l’entrata del castello correndo con Draco in braccio.
Il Serpeverde fece un urletto spaventato e si aggrappò al collo di Harry.
“Hey così mi fai male!” esclamò il moro mentre continuava a correre.
Il biondo mollo la presa e ridacchiò mentre sobbalzava ogni volta che Harry faceva un passo e il vento lo colpiva dritto in faccia asciugando gli ultimi residui di lacrime. Non si era mai sentito così “vivo” come in quel momento. “Più veloceeeee!” urlò.
E il moro raddoppiò la velocità della sua corsa ridendo come un matto. “Ti stai facendo prendere la mano eh?”
Draco gli diede un pugno amichevole sul petto poi allungò un braccio all’infuori e urlò “Che figataaaaaaaa!” mentre attraversavano il prato prima del portone d’ingresso. Probabilmente l’aveva sentito tutta la scuola ma poco gliene importava.
Il moro triplicò la velocità così da far divertire ancor di Più il Serpeverde.
Non ci mise molto ad arrivare in infermeria. Entrò con il fiatone e buttò Draco sul primo lettino che trovò cominciando a fargli il solletico, il biondo si contorse da una parte all’altra implorandolo di smetterla mentre si sbellicava dalle risate.
“Beh, non è stato facile sai? Non sei mica così tanto leggero!” esclamò Harry dando un po’ tregua al biondino. Si poggiò le mani sulle ginocchia con le guance rosse per la fatica.
Il Serpeverde alzò un sopracciglio divertito “Mi stai dando del grasso?”
“Oh sì, sei più grosso di Lumacorno e la Umbridge messi insieme!” fece un sorrisetto compiaciuto.
Draco si sedette comodo con la schiena sulla testiera del letto, incrociò le braccia e fece un finto broncio che Harry trovò adorabile.
Il moro scompigliò i capelli chiari del biondo che lo lasciò fare. “Dai stavo scherzando, tu sei bellissimo così come sei!” poi le sue guance divennero del colore dei capelli di Ron quando si rese conto di ciò che aveva detto.
Il Serpeverde sgranò gli occhi e anche lui arrossì imbarazzato. Si coprì la faccia con entrambe le mani per nascondere lo stupido sorrisino ebete che gli si era dipinto in faccia.
Madama Chips arrivò proprio in quel momento “C’è qualcosa che posso fare per voi?”
Harry la ringraziò mentalmente per aver interrotto quel momento imbarazzante e rispose al posto del biondo. “Nulla di così grave. Solo lui ha la febbre – indicò Draco – non è che ha qualche intruglio per farla passare?”
L’infermiera lo guardò male. “E me lo chiedi? Certamente che ho qualcosa! Aspettate, arrivo subito!”
Il Grifondoro sorrise al Serpeverde come per dire “Visto? Non era poi così difficile!”. L’altro ricambiò il sorriso.
Madama Chips tornò cinque minuti dopo con un bicchiere pieno di una sostanza verdastra, che a Harry ricordò molto la Pozione Polisucco, e la mise nelle mani di Draco. “Bevi caro. Vedrai che domani mattina la febbre sarà passata e ti sentirai anche meglio del solito. Sta notte è meglio se la passi qui però”.
Il biondo annuì guardando schifato la pozione fumante davanti a lui. Prese un respiro profondo, poi la bevve tutto d’un sorso per cercare di sentire per il minor tempo possibile il gusto di quella schifezza.
Il Grifondoro ridacchiò quando il viso del Serpeverde assunse uno strano colorito verde.
Con un ultimo sforzo, cercando di ignorare i conati che gli stavano salendo, il biondo ingoiò anche l’ultima goccia di quell’intruglio disgustoso.
L’infermiera riprese il bicchiere ora vuoto e lo guardò soddisfatta. “Molto bene, ora Signor Potter la prego di andarsene. Il Signor Malfoy ha bisogno di riposare per rimettersi in forze”
“Si, solo un momento” rispose Harry.
Madama Chips annuì e si ritirò nella sua stanza.
Appena chiuse la porta Draco fece la faccia più schifata che poté. “Potter, ti rendi conto di quanto cagare faceva quella cosa? E’ meglio la cacca degli Schipodi Sparacoda!”
Il moro si avvicinò al letto e ridacchiò “Eccome se mi rendo conto. Non ti dico quante volte ho dovuto bere quella roba! E che è una delle pozione migliori! Dovresti assaggiare quella per ricostruire le ossa!”. Si ricordava perfettamente quando al secondo anno, dopo la partita di Quidditch dove un bolide stregato l’aveva inseguito per tutto il tempo, Gilderoy aveva tentato di aggiustarli il braccio rotto ma aveva pronunciato scorrettamente l’incantesimo con il risultato di averli completamente fatto sparire le ossa.
Draco alzò gli occhi al celo “Oh sì, mi ricordo. Quando c’era il bolide impazzito che ti inseguiva e io beh… io stavo rincorrendo il boccino con te e per evitare il bolide ho sbattuto il naso sulle tribune più in basso! Brutti ricordi!”. Il Serpeverde si distese sul letto a pancia in su e incrociò le mani dietro la nuca come se dovesse prendere il sole.
“Già”. Harry prese le coperte in fondo al letto su cui era disteso l’altro ragazzo e le tirò su fino a coprirgli la faccia “Riposa in pace!” esclamò. Poi fece finta di piagnucolare come se fosse ad un funerale.
Il biondo si tirò via le coperte dalla faccia con uno strattone. “Che imbecille!” commentò, ma senza un tono cattivo.
Il moro ridacchiò poi incatenò i suoi occhi smeraldo a quelli di ghiaccio del biondo “Beh, allora… Buonanotte!” disse sorridendo.
“Notte!” rispose il Serpeverde ricambiando il sorriso.
Harry si voltò dall’altra parte e si diresse verso l’uscita.
“Aspetta…”. Disse all’improvviso Draco.
“Si?” chiese il moro girandosi dalla sua parte.
“Io volevo… volevo dirti solamente… - prese un respiro profondo – Grazie… grazie di tutto”. E questa volta non lo disse in tono schifato o freddo, lo disse gentilmente. Perché gli era veramente riconoscente di avergli donato un po’ del suo tempo, di non averlo lasciato solo e di essere riuscito a capirlo.  
“Figurati” rispose Harry, poi sparì dietro l’angolo con un sorriso a 32 denti.
Forse loro due non erano poi così diversi.
Si, uno era il male in persona e l’altro era il bene in persona.
Ma entrambi avevano troppe responsabilità sulle spalle per la loro giovane età.
Entrambi non potevano permettersi di comportarsi come ragazzi normali.
Entrambi dovevano vivere ogni giorno con la paura di poter perdere le persone più care o con la paura di poter perdere loro stessi.
Entrambi non venivano capiti e ascoltati pienamene dal resto delle persone perché i sentimenti che loro provavano ogni giorno gli altri non potevano nemmeno immaginarseli.
E prima o poi entrambi sarebbero stati distrutti dal dolore e dalla tristezza.
E forse era proprio per questo che quella notte Draco si era sentito per la prima volta compreso. Perché Harry era stata l’unica persona che gli era stata accanto nel momento del bisogno dopo che i suoi amici non potevano o non avevano voluto aiutarlo e dopo che suo padre, che lui aveva considerato pe tutti quegli anni il suo punto di riferimento, non gli aveva mai mostrato il suo affetto.
Lui andava avanti giorno dopo giorno obbedendo al Signore Oscuro per proteggere l’unica persona che gli era sempre stata vicino, sua madre.
Ma forse, e solo adesso se ne rese conto, c’era qualcun altro per cui valeva la pena vivere.






   
 
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