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Autore: Stella cadente    12/07/2016    12 recensioni
Hogwarts, 2048: dopo la Seconda Guerra Magica e una lunga ricostruzione, la Scuola di Magia e Stregoneria è di nuovo un luogo sicuro, dove gli studenti sono alle prese con incantesimi, duelli con compagni particolarmente odiosi, le loro amicizie e i loro amori – come qualunque giovane mago o strega.
Ma Hogwarts cova ancora dei segreti tra le sue mura; qualcosa di nascosto incombe di nuovo sul mondo magico e sulla scuola, per far tornare un conto in sospeso rimasto sepolto da anni...
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«Che cosa gli è successo?»
Il Preside sospirò.
«Anni fa, Black era Preside, ma... ben presto fu chiaro a tutti quale fosse la sua reale intenzione. Non voleva fortificare Hogwarts, bensì renderla più intollerante. Tutti noi insegnanti abbiamo temuto, finora, che tornasse. Io l’ho sconfitto ed esiliato, ed io l’ho privato di quello che era il suo posto. Un posto ambito, e soprattutto influente.»
[...]
«Ascoltami, Elsa» riprese, con tono cupo. «Fa’ attenzione, soprattutto al tuo potere. C’è bellezza in esso, ma anche un grande pericolo.»
Pausa.
«Ricorda», aggiunse, «la paura sarà tua nemica.»
Genere: Dark, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3.
 


 
«L’avrà fatto apposta, mi ci gioco tutti i capelli che ho in testa.»
«Dai, Merida, non pensarci.»
«Tu non capisci. È stato... umiliante.»
Merida adesso era in infermeria, con un braccio a cui mancavano completamente le ossa. Aveva sfidato Eris ad un duello sulla scopa, e lei l’aveva disarcionata, facendola cadere. Dopo che si era palesemente fratturata un braccio, la Serpeverde aveva improvvisato un atto di gentilezza e le aveva detto che l’avrebbe sistemata in un batter d’occhio. E lei stupida che si era fidata. Eris aveva pronunciato unBrachium Emendo ... e le sue ossa rotte erano proprio sparite, lasciando il suo braccio molle e viscido.
«Io mi sono anche fidata di quell’arpia! Pensavo che...»
Anna sospirò e assottigliò le labbra.
«Alcuni Serpeverde non sono come noi, purtroppo.»
«Io direi che tutti i Serpeverde non sono come noi.» fece l’amica, evidenziando con la voce la parola “tutti”. «Ora non potrò più giocare a Quidditch per chissà quanto tempo... come farò?» piagnucolò.
Merida era Cercatrice nella squadra di Grifondoro – ed era bravissima, tra l’altro. Con lei vincevano sempre; non che fosse una novità che i Grifondoro si distinguessero nel Quidditch, ma con Merida si andava sempre sul sicuro. Riuscivano a dare parecchio filo da torcere perfino ai Serpeverde.
Eh già, come faranno a trovare un altro Cercatore?si chiese Anna.
Ma questo era meglio non dirlo.
«Ti riprenderai presto» la rassicurò. «Avremmo potuto aiutarti, comunque... ma non ce l’hai permesso.»
«Lascia perdere» disse Merida, con tono dolente.
«Come vuoi» Anna alzò le spalle. «Senti, adesso devo andare. La professoressa Cecaelia vuole due rotoli di pergamena sull’Amortentia per domani, e devo assolutamente andare in biblioteca, scusami ma è veramente urgente e...»
Merida sorrise.
«Tranquilla» disse. «Ci sentiamo presto.»
Anna ricambiò il sorriso, poi corse via.
 
 
In biblioteca c’era un silenzio sepolcrale. Ad Anna mettevano sempre soggezione tutti quei libri. Li amava, ma in quella stanza era come se avessero una vita propria e la guardassero con occhi austeri.
Cercò fra i numerosi scaffali di Pozioni qualche volume sull’Amortentia, poi con enorme fatica li lasciò tutti su un tavolo lì vicino e si mise pazientemente a leggere, appuntandosi le informazioni più importanti su un taccuino.
Dopo poco sentì dei passi lievi, calmi, silenziosi, e qualcuno trafficare tra i volumi della biblioteca.
Anna si irrigidì. Aveva paura di vedere chi fosse, anche se lo sapeva già.
Ma sarebbe stato troppo doloroso.
D’un tratto, la ricerca sull’Amortentia non ebbe più alcuna importanza per lei. Non quando vide una chioma bionda e ordinata spuntare da dietro gli scaffali.
«Elsa» la chiamò.
Sua sorella sobbalzò leggermente, ma si ricompose in fretta. In troppa fretta, pensò Anna.
I suoi occhi sembravano freddi e vuoti, come ormai – da un po’ di tempo a quella parte – erano sempre stati.
Ci fu un attimo in cui sembrò che fosse sul punto di dirle qualcosa.
Poi se ne andò.
E Anna non riuscì a sopportarlo.
Le corse dietro, come una stupida, come del resto faceva ogni volta.
«Elsa!» la chiamò di nuovo, mentre la gemella – l’altra metà di lei – la lasciava di nuovo sola, fuggendo con i suoi passi veloci e ritmati, i passi di una che è abituata a scappare silenziosamente.
Si voltò, e Anna vide che aveva gli occhi blu – così simili ai suoi – ricolmi di lacrime.
La guardò con un’espressione sofferente, e sparì.
Anna sentì delle lacrime di rabbia e frustrazione pungerle gli occhi.

 
*
 

Elsa non aveva potuto fare niente per fermare le lacrime che continuavano a scorrerle sul viso.
Se le asciugava in fretta, ma quelle ricomparivano subito.
Non si sarebbe mai perdonata quello che stava facendo ad Anna.
Ignorare sua sorella era l’unico modo per tenerla al sicuro dal mostro che era, ma era anche una tortura troppo atroce, ed ogni volta si sentiva morire.
Lasciò andare un sospiro tremante: per quanto ancora ce l’avrebbe fatta? Per quanto ancora sarebbe andata avanti così?
Camminava velocemente, avvertendo dentro di sé un forte desiderio di fuggire. Non si rendeva conto nemmeno di quello che le accadeva intorno.
Fino a che non andò a sbattere contro qualcuno.
Lei fece un verso di sorpresa, lui si schiarì la voce.
«Ma ti sembra questa la maniera?» chiese il ragazzo, con un tono distaccato. Aveva una bella voce, che sicuramente se fosse stata modulata in maniera diversa sarebbe risultata calda e rassicurante.
Alzò lo sguardo per vederlo bene in faccia: Elsa non era bassa, ma in confronto a lui sembrava una nana.
Ah. Sì. Lui.
Era quello che piaceva ad Anna.
Quel pallone gonfiato.
Il ragazzo le tese una mano cordialmente. La scrutava con occhi freddi, ma curiosi e intelligenti.
«Sono Hans» disse. «Hans Westergård» aggiunse, trattenendola per non farla cadere – Elsa si era sbilanciata un po’, dopo l’impatto con il suo petto forte e solido.
La ragazza si sottrasse alla presa.
«Lo so chi sei» borbottò per tutta risposta.
Lui inarcò un sopracciglio.
«Oh, davvero? E potrei sapere il perché?»
Elsa lo guardò male, quando capì cosa volesse dire quel tono allusivo. Credeva di avere davanti un’altra delle sue tante ammiratrici, era chiaro.
«Perché mia sorella ha una cotta per te» fece, inespressiva. «E poi perché a scuola dicono tutti che sei un borioso arrogante.»
Hans rise di gusto.
«Un borioso arrogante» ripeté, senza smettere di ridere. «Davvero?»
«Sì, esatto» replicò lei, seria. «Ora, se non ti dispiace, devo andare nella Sala Comune della mia Casa» lo liquidò. Sentiva il ghiaccio formarsi sulla punta delle dita, e nonostante quel tipo non le andasse a genio non voleva fargli del male.
Il ragazzo la lasciò andare, senza dire niente.
Ma mentre si allontanava, Elsa poté giurare di sentire i suoi occhi su di lei.
 
 
*
 
 
Esmeralda non riusciva a seguire la lezione. Era da quando era entrata in aula che sentiva lo sguardo di Claude Frollo scivolarle addosso sprezzante.
Non riusciva a concentrarsi. E poi perché la guardava così?
Ma si può sapere cosa vuole quel tipo?
«Ehi, che hai?» le sussurrò Febo, avvicinandosi un po’ di più a lei.
Esmeralda scosse la testa; le sembrava una cosa troppo stupida da dire ad alta voce:“Sai, Febo, c’è Claude Frollo che è dall’inizio della lezione che mi fissa e la cosa mi inquieta abbastanza”.
Direi di no.
«Oh, niente» disse. «Non ti preoccupare.»
«Quella agitata mi sembri tu, però.»
La ragazza fece spallucce.
«No» lo rassicurò, cercando di mantenere un tono tranquillo. «Va tutto bene.»
Febo sembrò per un attimo interdetto, poi si riprese.
«Okay» disse solo.
Esmeralda accennò un sorriso, e si voltò verso la cattedra, dove la professoressa Hoolness continuava la sua lezione sulla Legilimanzia.
Dall’altra parte dell’aula, Claude Frollo continuava a guardarla.
 
 
 
 
«Vorrei tanto avere un Ippogrifo, sapete?»
«Da quando hai questa fissa sugli Ippogrifi?»
Esmeralda rise. Era da un po’ ormai che Quentin aveva ricevuto per posta un libro sugli Ippogrifi, e si era appassionato. Come ci si doveva aspettare, Febo non capiva il motivo di questa sua ossessione.
«Lascialo stare, Febo» disse, ridacchiando.
«Ma scusa, non capisco» si giustificò lui. «Non era così, prima.»
«Sono bellissimi» cominciò il ragazzo. «Dovresti vederli. E poi come sono maestosi, è una cosa che...»
«Ciao, Quentin.»
La voce che si intromise nel discorso fece accapponare la pelle ad Esmeralda, senza che ne sapesse il perché.
Frollo era arrivato di fronte a loro, affiancato dal suo amico Westergård – e come non conoscerlo? Aveva la fama di essere il ragazzo più arrogante di tutta la scuola  – e altri ragazzi di Serpeverde.
Brutto segno, pensò Esmeralda.
Quentin era sbiancato di colpo e le sue labbra avevano preso a tremare. Aveva un’aria terrorizzata.
«C..Ciao» balbettò a malapena.
Poi Claude spostò lo sguardo su di lei. Esmeralda si sentì di nuovo pervadere da quel senso di inquietudine che aveva provato prima, durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure.
«Tu devi essere Esmeralda Trouillefou, vero?»
Aveva una strana luce negli occhi; sembrava quasi... curioso.
Non capiva dove volesse andare a parare, ma una cosa era certa: quel ragazzo non le piaceva.
«Cosa vuoi?»
«Niente, a parte dare una lezione al tuo amico. Tranquilla: non ti importuneremo» disse, con tono sostenuto e glaciale.
«Non pensateci neanche.»
Frollo sogghignò.
«Non so se il qui presente Quentin Cloche ti ha mai detto che», iniziò, con il tono di chi sa già di avere la vittoria in tasca, «mi ha fatto uno scherzetto non molto divertente... probabilmente no.»
«È stato un incidente!» si difese Quentin. «Non l’ho fatto apposta. Io...»
«Inflatus» fece Frollo, impassibile, puntandogli la bacchetta contro.
Quentin cadde a terra sotto gli occhi stupiti di Febo ed Esmeralda.
Poi ogni parte del suo corpo iniziò a gonfiarsi, mentre un gruppo di studenti si era radunato lì vicino.
Esmeralda riuscì a scorgere anche Aurora – una compagna di Casa di Quentin – farsi largo con un’espressione inorridita e circondare l’amico. Kristoff, un altro ragazzo di Tassorosso, lo portò via.
I Serpeverde intanto ridevano, mentre Frollo aveva stampato in faccia un sorrisetto cattivo.
Esmeralda lo guardava furiosa.
«Come hai potuto?»
«Mi sa che il tuo amico aveva una lezione da imparare, Esmeralda» le disse, sempre con quel sorriso strano. «Come l’altra volta, del resto. E poi non si è mai comportato in maniera carina, sai? Pensa che non mi saluta neanche. Scortese, non ti pare?»
Come l’altra volta, del resto.
Come l’altra volta...
Ecco chi era stato a spedirlo in infermeria!
«Lui non ti saluta perché è terrorizzato da te!» gli urlò addosso lei. «Ed è facile, poi, prendersela con i più deboli, no?»
Claude le si avvicinò con aria di sfida.
«Non osare parlarmi così, Mezzosangue.»
Ed Esmeralda non ci vide più.
Fu un attimo.
La ragazza sentì la rabbia divamparle nelle vene come fuoco, e prima che se ne rendesse conto aveva assestato uno schiaffo sulla faccia di Frollo, che la guardò con un risentimento immenso.
Febo non riusciva a credere ai propri occhi.
«Che sta succedendo qui?»
La professoressa Cecaelia si fece largo coi suoi tentacoli tra gli studenti e raggiunse i ragazzi.
«Professoressa» cominciò Esmeralda. «Ha lanciato un incanto Inflatus a Quentin Cloche.»
«E lei» disse Claude, indicandola come fosse l’essere più disgustoso che avesse mai visto «mi ha dato uno schiaffo.»
«Basta così» li interruppe la professoressa «Non voglio sentire altro. Ho visto cos’è successo al signor Cloche, Trouillefou, non c’è bisogno che tu mi informi. Ah, e, lo schiaffo, sebbene fosse lecito, non è tollerabile».
«Lecito?» fece Claude, indignato.
«Verrete messi entrambi in castigo» decretò la Cecaelia con la sua voce lugubre. «Vi voglio nel mio ufficio, alle cinque di questo pomeriggio.»
E se ne andò, facendo ondeggiare i grassi fianchi di pelle violacea.
Claude Frollo fulminò Esmeralda con lo sguardo, poi disse solo, prima di sparire:
«Ci vediamo oggi.»
Esmeralda rimase scioccata. Come aveva potuto la Cecaelia metterla in punizione? Quello se lo era meritato, lo schiaffo. Anzi, si sarebbe meritato ancora di più una fattura Mangialumache.
Era stata anche fin troppo buona.
«Lo odio. È ufficiale» borbottò, rivolta a Febo. «Preferirei essere colpita da un Brachium Emendo come è successo a Merida, piuttosto che condividere i miei stessi spazi con lui» brontolò.
«Comprensibile» replicò l’amico, con il suo solito tono ironico. «Comunque, posso dirtela una cosa?» chiese, sorridendo.
«Certo.»
Gli occhi di Febo si illuminarono.
«Sei stata grande.»
Ed Esmeralda rise.

  


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HEY  
Eccoci qui, con un altro capitolo. La scena di Elsa e Anna è stata lancinante, il mio povero cuore è andato in pezzi (non so voi).
Poi, che ne pensate di Hans ed Elsa? Il loro incontro secondo me è stato molto … Hans ed Elsa. Lui arrogante e sicuro di sé, lei un po’ scostante e – da brava Corvonero – molto misteriosa. Una bella scena, secondo me. Spero che anche a voi sia piaciuta.
E vogliamo parlare di Claude ed Esmeralda? Come li vedete in punizione insieme? Io prevedo il linciaggio … E Merida, poverina. Ce la vedo, a lamentarsi perché non può più giocare a Quidditch.
Vi dirò la verità, scrivere questa FF mi sta piacendo sempre di più, e spero tanto che sia anche di vostro gradimento. Scrivetemi tutto quello che volete, ogni commento è una gioia per me :)
Vi mando un abbraccio e ci vediamo al prossimo capitolo.
Alla prossima,
Stella cadente


 
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"Anna si irrigidì. Aveva paura di vedere chi fosse, anche se lo sapeva già."
  
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