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Autore: Growl    15/07/2016    3 recensioni
In una classe di venti studenti, le divergenze tra questi portano la preside a fare una scelta rivoluzionaria; dividere gli alunni in quattro Fazioni: La Teocrazia del Sol'Rosa, l'Unione dei Moderati, la Repubblica delle Banane e l'Anarchia della Fattanza. Divisi in gruppi, gli studenti non danno problemi e rimangono tranquilli, e tutti pare andare per il meglio.
Il terzo anno, però, si unisce un nuovo studente al gruppo, Filippo. Con una vita sociale pari a quella di una lucertola nel deserto, una madre estremamente vendicativa e la capacità di tollerare il genere umano ormai persa da tempo, come farà a sopportare i suoi nuovi stravaganti compagni di classe senza contemplare il suicidio? Inoltre, c'è in palio la vincita di una gita in America, e gli studenti sono così ansiosi di "fare esperienze" all'estero da ricorrere ad atti estremi... Non stupitevi se la storia finirà con una tragedia.
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Mi raccomando, ci tengo tanto alla storia, quindi se vi capitasse di leggerla, magari lasciateci anche una piccola recensione? ;P
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vita di fazioni
in una classe disastrata



 Quello che succede se sei sfigato come me

 
Mi sveglio nella camera di casa mia assordato dalla migliore sveglia che possa mai esistere, una sveglia che non fallisce mai nemmeno se ti imbottisci le orecchie di cerume accumulato nel corso di tutta la tua vita, e questa sveglia è mia madre.
“SVEGLIA SVEGLIA SVEGLIA FILIPPO OGGI E’ IL TUO GRANDE GIORNO”
Il problema tra le sveglie tradizionali e lei era che le prime potevano essere disattivate, mentre mia madre no. Non c’era modo per fermarla. Ora che ci penso, più che sveglia potrei definirla come una bomba, dato che inizia a dare l’allarme con un flebile bip bip da ospedale, ma poi accelera velocemente, fino a che il timer nella sua testa non termina. Una volta che il mio tempo a disposizione è finito, afferra le coperte del mio letto e le butta dall’altra parte della stanza, prima gridando: “Quando torni da scuola sistemerai tu questo casino!” e poi non solo alzando le persiane, ma premendo su e giù l’interruttore in modo da creare un rumore assordante, che evidentemente lei riesce a sopportare date le continue torture a cui mi sottopone ogni mattina. Una volta le ho chiesto come fa, e mi ha risposto che si è abituata durante i miei primi anni di vita, dicendo che sono stato un pessimo bebè che la svegliava ripetutamente durante la notte. Dato che mia madre è molto vendicativa, non posso fare a meno di pensare che ciò che subisco sia colpa dei miei pianti notturni durante la mia fanciullezza.
Questa volta, però, cerco di evitare il concerto delle persiane e mi sveglio immediatamente, salutandola con il miglior sorriso che ho. Mia madre non è il tipo che si lascia fregare, e, infatti, subito mi dice di provare con un’espressione facciale più realistica se non voglio sembrare ridicolo ai miei nuovi compagni di classe.
Sì, perché il sette gennaio dovrei avere nuovi compagni di classe? Mia madre, –sempre lei- donna in carriera, si è trasferita in questa città del sud Italia, per un “nuovo importante redditizio lavoro che ci permetterà di vivere come persone molto più benestanti”, che per me significa “nuova pessima terribile scuola che mi costringerà a fare nuovi amici molto più difficilmente” ma i miei genitori credevano in me, e dicevano che potevo farcela.
Io no.
Ho fatto colazione velocemente e mi sono vestito con le prime cose sotto mano, devo almeno arrivare in tempo il primo giorno per fare una buona impressione sui professori. I compagni sarebbero stati difficili da convincere, ma gli insegnanti erano una facile preda: ognuno di loro voleva qualcosa di preciso dagli alunni, e sarei riuscito a capire cosa fosse, e dovevo farlo per permettermi una media superiore al nove.
Salgo sull’autobus sperando che sia quello giusto e che non abbia confuso i numeri sul sito del trasporto pubblico, e vedo mia madre che mi saluta con un fazzoletto in mano. All’inizio penso che le serva per asciugarsi gli occhi, ma poi vedo che sta solo pulendo una macchia vicino alla finestra. Faccio per mettermi le cuffie ed ascoltare qualche canzone dalla playlist del mio IPhone, ma vedo che una ragazza mi sta osservando intensamente. Aveva i capelli scurissimi, neri come la pece, ma una pelle estremamente chiara, come quelle donne che vivevano in Svezia o Norvegia, viste in quella vacanza tre anni fa. Occhi di media grandezza e color cioccolato. Spero di non aver fatto colpo, non sono assolutamente in cerca di una relazione al momento. Vorrei evitare il suo sguardo, ma è così insistente che non posso fare a meno di chiederle qualcosa.
«Scusa… ci… ci… conosciamo?»
L’autobus chiude le porte e si avvia verso la prossima fermata.
«No, ma so che saremo in classe insieme. Ho visto il tuo profilo su Facebook. Sono Elisa Bea, Liceo Pavese, 3°H, Teocrazia del Sol’Rosa.»
All’inizio penso sia come quelle telefonate che ricevi a pranzo, di Cristina della Fastweb, alle quali i tuoi genitori ti raccomandano fin da piccolo “non rispondere”, quindi mi venne automatico dire.
«Non siamo interessati, grazie.»
Mi rendo velocemente conto che nella vita reale non c’è un modo per chiudere le conversazioni così facile come il tasto di un telefono se non uscire dal campo visivo del tuo interlocutore, e sfortunatamente per me, non potevo buttarmi fuori dal bus in corsa.
«Sei simpatico, saresti utile nella nostra Fazione.»
Ho incontrato una stalker, che palle. E adesso come faccio ad arrivare in tempo a scuola, penso.
«Non ho intenzione di intrattenere rapporti con gli sconosciuti al momento.»
«Non saremo sconosciuti!» fa lei con un sorriso. «Andremo in classe insieme! Te l’ho detto, ho visto il tuo profilo su Facebook.»
«Va bene, magari hai visto il mio profilo su Facebook, che tra l’altro non apro da due anni, ma non fa niente. Se fossi nella mia classe, ci sono due possibilità, o sei una pazza psicopatica o ti sei fatta di qualcosa. Non ti preoccupare, non ti giudico, trovo il libero arbitrio una delle cose migliori di questo mondo. Ognuno fa quello che gli pare.»
«Sarcasmo e ironia! Gabriele ti amerebbe! Ti consiglio di entrare nella nostra Fazione.»
«Marijuana? Cocaina? O preferisci quelle sintetiche, tipo LSD?»
Lei ride di nuovo, ma vedendo la mia faccia seria cambia anche lei espressione.
«Se fai uso di sostanze stupefacenti, tra noi, ti consiglio l’Anarchia della Fattanza.»
«Senza dubbio LSD! Fai attenzione, non vorrei che tu morissi di overdose.»
Stavo facendo di tutto per levarmela di dosso, ma era come quella macchia di ketchup che per sbaglio fai cadere sul pantalone e che rimarrà lì anche dopo venti lavaggi con Dash.
«Seriamente, Filippo! Devi scegliere una Fazione! Ti vedo confuso adesso, ma capirai presto. Ti piacerà molto la nostra classe, e scegli con il cuore, la mente e con l’assistenza del Sol’Rosa.»
Dopo aver detto questo, mi passa un volantino, dove è scritto al centro in rosa fluo:
 
Unisciti alla Teocrazia del Sol’Rosa per essere illuminato dalla sua luce eterna!
Scopri la vera via della vita, lasciati guidare dall’intelletto!
 
Va bene, penso, o sono finito nel nuovo Ku Klux Klan oppure questa è una strana Testimone di Geova.
   
 
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