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Autore: Yavanna97    18/07/2016    2 recensioni
"Ma,ma tu sei di fuoco!?"
"Ti sbagli,Mastro Hobbit,io SONO il Fuoco!"
Alhara dei Cinerei, metà Haradrim e metà Demone di fuoco, è il decimo membro della Compagnia dell'Anello. Acuta,testarda e particolarmente incline all'insubordinazione,custodisce in sé un potere immenso e terribile capace tanto di creare quanto di distruggere. La sua storia si intreccerà irrimediabilmente con le vicende dei Nove Compagni e porterà Alhara a crescere e a combattere per le persone che ama, a sconfiggere i suoi demoni, a dimostrare che le donne sanno essere forti e combattive quanto gli uomini e perché no anche a trovare l'amore.
Questa è la storia della Stirpe di Fuoco, i cui membri influenzeranno e cambieranno per sempre la storia di Arda...
STORIA ATTUALMENTE IN REVISIONE
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

Fuoco. Oscurità. Grida di dolore. La bambina continuava a scappare ma non avanzava di un metro, l’incendio era sempre dietro di lei, era disperata. Urlava, chiedeva aiuto ma nessuno le rispondeva. Intorno solo un fumo asfissiante che le bruciava la gola e le irritava gli occhi. Cadde e si ritrovò in mezzo ad un bosco in fiamme, attorno a lei solo corpi bruciati e fuoco nero come la notte.”Mostro!” sussurravano quei corpi. “Alhara, questa sei tu: tu sei il Mostro!” gracchiò una voce e la bambina venne avvolta dalle fiamme nere e urlava, urlava, urlava…

Alhara si svegliò ansimante e tremante. Di nuovo lo stesso sogno, era una settimana che la notte non riusciva ad avere tregua; qualcosa stava per accadere, ne era certa. Si districò dalle leggere coperte di seta, si alzò dal letto e camminando incerta a causa del buio raggiunse il balcone dall’altro lato della stanza. Con un sospiro scostò le tende e respirò a pieni polmoni la fresca aria mattutina.Il sole stava sorgendo e Imladris, o Gran Burrone, era avvolto dalla foschia tipica dei giorni invernali, i prati erano ricoperti di rugiada e gli uccellini cinguettavano dando inizio ad una nuova giornata.

Quello spettacolo ebbe un effetto calmante sull’Haradrim che sorrise e, raggiunta l’elaborata balaustra in legno, si mise ad osservare il paesaggio. Aveva smesso di tremare e quella vista mozzafiato le aveva anche infuso una particolare allegria sebbene quella strana sensazione stentava ad abbandonarla. Diede un colpetto al legno e rientrò nella camera da letto, scostò del tutto le tende per far entrare le prime luci e si posizionò davanti al grande specchio che troneggiava su una parete della stanza. Il riflesso le rimandò l’immagine di una giovane donna di ventotto anni dalla carnagione color caramello e dai lunghi capelli corvini raccolti in un’ormai sfatta treccia. La lunga camicia da notte bianca era impregnata di sudore e il viso aveva guadagnato delle perenni occhiaie. Si strofinò il volto e decise di fare un bagno quando qualcuno bussò alla porta. Senza dubbio doveva essere una faccenda urgente, nessuno si presenterebbe all’alba senza un motivo specifico, pensava la giovane mentre apriva il pesante portone ligneo. Davanti a lei si stagliava minacciosa una delle guardie reali di Sire Elrond Mezzelfo che la squadrò dall’altro al basso e facendo cozzare la lunga lancia contro l’armatura argentea proclamò:”Alhara dei Cinerei, il sovrano di Imladris vuole vedervi urgentemente nel suo studio. Avete quindici minuti per rendervi presentabile, non sono ammessi ritardi” Si inchinò e se ne andò con passo spedito attraverso uno dei corridoi. La giovane donna richiuse il portone perplessa e lievemente preoccupata. “Che cosa vorrà mai Elrond da convocarmi all’alba e con così poco preavviso? Che abbia scoperto il piccolo incidente di due giorni fa, se è così sono morta! Mi caccerà o peggio” rifletteva Alhara mentre raggiungeva una seconda stanza dove era stata collocata una piccola vasca in marmo, la donna sorrise di gratitudine vedendola piena fino all’orlo e notando ben ripiegati su un comodino un soffice telo e dei vestiti puliti. Sicuramente era stata Annael1 l’ancella elfica che da un anno si prendeva cura di lei. L’Haradrim si sfilò la camicia da notte e si immerse con piacere nell’acqua tiepida restando a mollo per qualche minuto. Dopo essersi lavata si avvolse nel soffice telo e chiamato a raccolta il suo potere asciugò anche i capelli bagnati. Era migliorata, non doveva più chiudere gli occhi e focalizzarsi sul calore e sulla luce del fuoco come quando era bambina, bastava solo un pensiero e riusciva a far scaturire vive fiamme dalle sue mani. Compiaciuta infilò la tunica e i calzoni che Annael le aveva preparato, erano blu notte, il suo colore preferito e indossati dei corti stivali scuri lasciò i suoi alloggi di fretta per raggiungere lo studio.

L’alba era passata da poco e Alhara stava scendendo gli antichi gradoni di pietra che dall’ala ovest, i Giardini reali, portavano allo studio. Finita la rampa di scale si trovò davanti ad un imponente arco in pietra intagliato a motivi geometrici. L’ansia che fino a poco prima era riuscita a dominare, ricomparve, deglutì rumorosamente e si annunciò. “Alhara,entra!” tuonò una voce forte e imperiosa, l’Haradrim sospirò e oltrepassò incerta l’arcata mormorando tra sé per darsi coraggio.

Lo studio era stato intagliato nella nuda roccia il che gli dava un’aria antica e solenne, era circolare e poco arredato fatta eccezione per un tavolo irregolare di cristallo al centro, una libreria stracolma di volumi e una scrivania in legno scuro a sinistra. Tuttavia la cosa che la lasciò senza fiato fu ciò che vide di fronte a lei: la parete nord era stata abbattuta per lasciare entrare la luce come se fosse una finestra naturale, da lì si poteva ammirare Gran Burrone nella sua interezza, incorniciato dalle rapide della cascata. “Varda mkali!2 esclamò a mezza voce Alhara rapita da quella vista straordinaria, raggiunse Sire Elrond vicino alla scrivania scura e aspettò che l’elfo prendesse la parola. Il re indossava una lunga casacca argentata, dei calzoni della stessa tonalità e dei corti stivali neri. Il viso antico ma giovane era incorniciato da lunghi capelli scuri su cui era poggiata un’elaborata corona argentea. Al silenzio del sovrano l’Haradrim si preoccupò ancora di più e sgranati gli occhi vermigli affermò tutto d’un fiato:”Mio signore perché mi avete convocato questa mattina? Se è per l’incidente di due giorni fa giuro che non volevo! Ero in uno degli studi, stavo leggendo. La guardia mi ha spaventata, mi ha provocata, io ho perso le staffe e…” “Calmati ragazza, non è per aver bruciato uno dei miei studi che ti ho convocato, per quello ho già stabilito una punizione.” Rispose gentilmente Sire Elrond trattenendo a stento una risatina ,divertito dalla melodrammatica difesa della giovane. Alhara alle sue parole borbottò un “Spero che il mio signore sia clemente.” Ad un cenno dell’elfo lo seguì vicino all’apertura e insieme rimasero a contemplare Imladris che si risvegliava per qualche minuto. Fu l’Haradrim a riprendere la parola:”Se non è per punirmi, senza offesa, perché sono qui?” Il sovrano elfico si girò verso di lei, assunse un cipiglio solenne ed esclamò:”Alhara, è per due motivi che ti ho convocata questa mattina: il primo riguarda il Consiglio di domani: ho deciso che vi parteciperai in qualità di ambasciatrice dell’Harad e di D’hira3 . Ti sei integrata bene, a parte qualche piccolo incidente, e sei da quasi un anno mia gradita ospite, posso affidarti questo incarico con sicurezza.” La donna sorrise entusiasta e, cercando di apparire dignitosa, esclamò:”Grazie mio signore! Non la deluderò!-subito dopo il suo sguardo si adombrò- E il secondo motivo qual è?” Il re le appoggiò una mano sulla spalla con fare protettivo e parlò con una nota di apprensione: “Ieri notte uno dei soldati di Lothlorien è venuto qui poiché Dama Galadriel ha visto qualcosa nello Specchio… Lui è tornato e ti darà la caccia. Non sappiamo se si sia alleato col Nemico ma non escluderei questa possibilità.” L’Haradrim sbiancò incredula di fronte a quella terribile notizia, l’elfo le sorrise dolcemente come se volesse consolarla e la congedò dicendo di prepararsi un bell’abito per il giorno seguente.

Alhara si inchinò e sorrise di rimando, si stava incamminando verso l’arcata in pietra quando udì un vociare concitato provenire dalla scalinata, subito dopo due guardie reali, di solito così imperturbabili, entrarono di corsa col viso contratto dall’ansia. La giovane donna si scostò per farli passare, i due interloquirono brevemente in elfico col sovrano che assunse un’aria inquieta e si diresse di gran carriera verso l’uscita seguito dalle guardie. La giovane non capiva quasi niente di quella lingua ma il tono non presagiva niente di buono, accantonò per un attimo le sue riflessioni e si accodò al gruppo. Risalita la scalinata si ritrovò nell’ala ovest, adibita ai Giardini reali e lì vide il sovrano elfico dirigersi velocemente verso i suoi alloggi con in braccio quello che a prima vista sembrava un bambino. Alhara cercò di ottenere spiegazioni ma Elrond la ignorò, così decise di cercare Arwen figlia del sovrano e sua ottima amica, di sicuro lei l’avrebbe aiutata a capire.

La trovò poco lontano, vicino al Guado del Bruinen3a che in ginocchio piangeva sconsolata,sentendo i passi dell’amica si voltò mostrando un viso ovale su cui spiccavano due occhi grigio perla resi lucidi dalle lacrime. Indossava una semplice uniforme da caccia grigio-verde e i suoi lunghi capelli castani erano stati raccolti per facilitarle i movimenti. Accanto a lei pascolava mansueto un bellissimo cavallo bianco: Asfaloth che vedendo la giovane Haradrim nitrì contento. Alhara si sedette vicino alla principessa e le poggiò affettuosamente una mano sulla spalla, non aveva mai avuto molti amici ed Arwen Undómiel era una delle poche, l’aveva accolta e fatta sentire a casa senza chiedere nulla in cambio, le voleva un gran bene. “Arwen, perché piangi? Sei ferita! Cos’è successo? E aspetta… Quello non è il cavallo di Glorfindel4?” chiese d’un fiato la giovane donna. La dama si alzò in piedi,si avvicinò al cavallo e cominciò ad accarezzarlo, Alhara si alzò e la raggiunse. “Tranquilla amica mia, sto bene è solo un graffio. Per quanto riguarda Asfaloth l’ho preso in prestito, siamo molto legati anche se è la cavalcatura di Glorfindel. Sicuramente avrai incontrato mio padre con in braccio una strana creatura, ecco lui è Frodo Baggins e ha bisogno di cure. Ti spiegherò tutto nei miei alloggi, questo non è il posto adatto.”

L’Haradrim annuì e seguì la principessa fino alla parte est della reggia dove si trovavano le camere reali: tre stanze circolari di marmo di cui la prima era adibita a camera da letto. Arwen le fece segno di accomodarsi su un elegante triclinio chiaro, chiamò una delle sue ancelle per farsi aiutare con l’ uniforme rimanendo con una lunga tunica bianca e dei calzoni scuri della stessa tonalità degli stivali, si sedette vicino alla donna e sospirando parlò: “Ieri notte non riuscivo a prendere sonno, avevo una strana sensazione, Aragorn era in pericolo, ne ero certa, così presi Alfaloth e partii. Cavalcai a lungo nell’Eriador finché non arrivai nei pressi di Amon Sûl5, lì intravidi dei fuochi accesi e udii il fragore della battaglia, così mi avvicinai di più e trovai Aragorn in compagnia di quattro Mezzuomini di cui uno, Frodo, era stato ferito. Una lama Morgul! Sapendo quanto potesse essere letale tale arma presi lo Hobbit con me e partii verso Imladris. Purtroppo quattro Spettri mi avevano vista e mi inseguirono fino al Guado del Bruinen dove chiamata a raccolta la magia della mia Gente riuscii a fermarli, il resto lo sai.” “Non preoccuparti, tuo padre è un guaritore molto potente e sicuramente riuscirà a salvarlo.” esclamò Alhara cercando di tirare su il morale della principessa. Arwen sorrise lievemente e alzatasi in piedi si diresse verso una grande finestra. “So che mio padre ti ha convocata oggi… Ha saputo dello Studio vero?!” chiese divertita, l’Haradrim si alzò a sua volta e assunta un’aria solenne le raccontò della convocazione al Consiglio, subito dopo il suo viso si offuscò mentre riferiva della visione di Dama Galadriel. Arwen la rassicurò, era una Cinerea davvero potente, era il Kayla6 e sicuramente Lo avrebbe sconfitto una volta per tutte. Alhara l’abbracciò riconoscente e lasciò i suoi alloggi con il cuore più leggero.

Il sole era arrivato allo zenith quando una nota voce riscosse la giovane donna dai suoi pensieri, sportasi da una delle finestre della biblioteca vide la punta di un cappello grigio e sorridendo corse fino all’Infermeria dove ciò che vide le riempì il cuore di gioia. “Mithrandir,che bello rivederti!” esclamò prima di saltare al collo e abbracciare lo Stregone, sbilanciandolo all’indietro. Il mago ricambiò il gesto mentre sussurrava:”Alhara,bambina mia! Anche io sono felice di rivederti!” Sciolsero l’abbraccio ed insieme si avvicinarono ad uno dei letti dove il Mezzuomo, Frodo Baggins, era stato portato da alcune guardie. Lo Hobbit sorrise debolmente alla vista dei due, anche se era fuori pericolo il suo viso era pallido e sotto gli occhi azzurri si erano formate due occhiaie scure. “Come state mastro Hobbit?” chiese la donna accomodandosi vicino a lui, il Mezzuomo si sistemò meglio e rispose:” Ora meglio mia signora,ma per favore chiamatemi Frodo.” Gandalf sorrise e presentò l’Haradrim che scoccandogli un’occhiata di rimprovero esclamò:” Mithrandir ama i convenevoli, chiamatemi Alhara, solo Alhara.” Lo Hobbit annuì e in quel mentre entrarono Sire Elrond visibilmente sollevato e un altro Hobbit, era in carne e con un viso rotondo e gioviale dove brillavano due occhi smeraldini. “Frodo,Frodo! Meno male che siete sveglio!” esclamò tra l’allegro e l’ansioso. Il Mezzuomo felice chiamò il nome del nuovo arrivato, Sam, e lo Stregone esclamò ammirato:” E’ stato quasi sempre al tuo fianco.” “Eravamo in pensiero per voi, vero Vossignoria?” replicò Sam Gamgee e accortosi di Alhara fece un buffo inchino esclamando:“ Mia signora,è un onore!” L’Haradrim rise e tendendogli la mano si presentò, lo Hobbit la strinse gioviale dicendo:” Samvise Gamgee della Contea, al vostro servizio!” La giovane sorrise e Elrond, che aveva osservato la scena divertito dai modi rustici di Sam si avvicinò a Frodo e, posandogli una mano sulla spalla, esclamò solenne:” Benvenuto a Gran Burrone Frodo Baggins!”

1) Annael nome Sindarin che significa “stella di dono”

2) In Swahili vuol dire “Varda luminosa”, è un’esclamazione molto comune nel Raj.

3) D’hira è la capitale del regno dei Cinerei, è una specie di città-stato.

3a) Il Guado del Bruinen è una delle entrate per Gran Burrone.

4) Nel film è Arwen a salvare Frodo, ma nel libro è Glorfindel. Io,però ho voluto unire entrambi. ;)

5) O Colle Vento è un’antica fortezza.

6) I Kayla sono… sorpresa!Leggete e lo scoprirete! ;)

________Angolino dell’Autrice_______

Per prima cosa mi scuso per l’estenuante attesa, ma ho avuto una serie di sfortunati eventi e mi scuso anche per la lunghezza del capitolo, purtroppo sono moooooolto prolissa.

Tuttavia vorrei ringraziare elanorstella, m0nica e fay90 per aver messo la storia tra le seguite. Grazie di aver letto e vi prego recensite!

Anche per questo capitolo vale lo stesso discorso del Prologo: ho ingrandito il formato così da facilitarne la lettura ed ho modificato un paio di cosette che non funzionavano senza tuttavia stravolgere la trama, mi scuso per il disagio ma sono disagiata io, perciò:')

Grazie della pazienza e alla prossima, si spera presto

Yavanna97

   
 
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