L'ultima delle fantasie
Autore: Eve
-PARTE
SECONDA-
CAPITOLO 1:
NUOVI ARRIVI. CHE
L’ORGOGLIO LA IGNORI.
Midi:
Poemoflove
Garden.
SeeD. La mia ottica di vedere le cose era
cambiata, due settimane dopo la mia investitura a SeeD. Niente lezioni. Sia IO,
che Seifer, che Yuffie, che Ryu eravamo ora SeeD. Insieme a noi atri cinque
ragazzi. Eravamo in più di trenta, ma quell’esame era stato una selezione
naturale. Che aveva fatto scoprire a molti il ribrezzo per il sangue. Già. Il
sangue. Il proprio o quello altrui. C’era stata anche una perdita. Una certa
Ivonne. Poveraccia. Mi faceva pena. Molti si erano ritirati. Molti erano stati
bocciati. Che dire, ci avevano provato. Ma c’erano comunque dieci SeeD in più.
No male. Per un’annata dieci SeeD erano parecchi. Essere SeeD aveva i suoi
vantaggi. Clonne e Ryu erano più liberi nel loro rapporto. Non erano insieme,
ufficialmente. Ma passeggiavano tranquillamente per la Hall, ridendo scherzando
e dandosi del tu. Le chiacchiere non li infastidivano. Nemmeno il preside aveva
nulla da dire. Seifer e io non stavamo insieme. Eravamo amici. Certo, due amici
che si baciavano, ma sostanzialmente non eravamo nulla di più. Non ci eravamo
mai chiesti il perché. Era una situazione strana, effettivamente. Dei giorni mi
capitava di chiedergli se c’era qualcuno che gli piaceva. Lui mi rispondeva con
calma. Ero io. Ero io la ragazza che gli piaceva. Me lo diceva in faccia. Poi
mi faceva la stessa domanda. E io gli giravo la stessa risposta. Era lui. Era
lui il ragazzo che mi piaceva. Ma non stavamo insieme. Non ne sentivamo il
bisogno. Un giorno mi raccontò che Clonne gli aveva chiesto (perché lui e la
mia prof. nel frattempo erano diventati amici) se lui non si sentiva
imbarazzato per la sua posizione. SI sentiva imbarazzato quando si sentiva gli
occhi addosso, perché stava con un'altra SeeD. E lui le aveva risposto che io e
lui non ci eravamo mai messi insieme. Lei lo aveva guardato stranita. E gli
aveva chiesto spiegazioni. Non era come me, Clonne. Io non volevo spiegazioni,
le mie certezze me le conquistavo da sola.
Come era cambiata la nostra sfera
privata, anche il mondo era cambiato. Galbadia. In pratica era un cumulo di
macerie. Il presidente era deceduto. Attacco cardiaco. Versione ufficiale. Non
che ci credessi molto. Non ci riuscivano, quelli stupidi Galbadiani a ridare
stabilità al loro sistema politico. Così erano attentati e terrorismo di
continuo. Deling City era diventata la più decadente città dell’intero Mondo
della Strega. Decadente. Cadeva a pezzi. L’antico splendore non esisteva più.
Quei pochi che erano rimasti nella capitale si dividevano tra i praticanti la
malavita di strada e le vittime della malavita stessa. Le gang di teppisti
dominavano la città. Furti, rapine, omicidi, molestie e violenze erano
all’ordine del giorno. E il mondo rimaneva fuori. Nessuno interveniva. Come se
Deling City fosse un mondo a se stante. Nulla lì dentro si poteva salvare.
Nessuno voleva salvare la capitale di Galbadia. La capitale dello sfacelo. In
fondo, Galbadia non aveva fatto nulla per meritarselo. Era stata l’oppressore
del mondo per tanto tempo, la nazione dominante che godeva dei benefici causati
con l’alleanza con la strega. Per il resto del mondo Galbadia poteva
sprofondarci, in quella merda che aveva creato con le sue mani.
In quanto a me, Galbadia era
l’ultimo dei miei problemi. Si può dire che di problemi non ne avessi. Certo,
il Garden era sempre sotto tensione, perché la strega, a quanto pare, dopo la
morte di Deling, se ne era andata. Sparita. In compenso Galbadia non era in
condizione di espandere le sue mire, dopo la morte del presidente e dopo la
penosa sconfitta che avevano subito a Trabia. Così le missioni erano
relativamente poche. Per lo più azioni di ricognizione. Che il più delle volte
erano falsi allarmi, partenze a vuoto. Com’era strana la vita al Garden, in tempo
di relativa pace.
Così io me ne passeggiavo
tranquillamente per il Garden, così come solevo fare la mattina, se non dormivo
fino alle undici. Ed erano circa le nove e mezza. Ero nel corridoio d’entrata,
e camminavo svogliatamente strisciando i piedi per terra. Sotto la calura di
luglio, anche il tessuto leggero della divisa estiva era un mattone, per la mia
pelle. Così indossavo un vestito impalpabile blu con.. gli stivali. Già. Gli
stivali. Quelli che facevano tanto ridere Seifer. Nemmeno lui indossava mai la
divisa. Diceva che sembrava un manichino. In compenso non indossava neppure
l’impermeabile. Troppo caldo. Non si reggeva. Stava bene senza, la maglia senza
maniche blu.. era terribilmente sexy. E io? Come stavo? Ultimamente ero
ingrassata. Non di molto, al massimo un chilettO. Tutta colpa della mancanza di
allenamento. Era da una settimana piena che non prendevo in mano la GunBlade.
Mi guardai riflessa nella superficie di una vetrata. Passai delicatamente un
dito sullo sfregio che avevo sulla spalla. Ora mai si era formata una crosta,
ma ci aveva messo più di un’ora a smettere di sanguinare. Era stato Seifer.
Sorrisi allo specchio e accarezzai la mia immagine. Seifer si sentiva in colpa,
per quel giorno. Nel centro d’addestramento. Sorrisi nuovamente. Stavo
rievocando i ricordi risalenti a quel giorno. Una settimana fa. Eravamo nel
centro d’addestramento, ma i mostri non si volevano far vedere. Era la prima
volta che mi allenavo con qualcuno. Di solito mi da fastidio. La puzza. Si,
odio la puzza di cadavere. Soprattutto se non l’ho ucciso io. Potevo anche
giustificare tutto quel tanfo insopportabile, se era per guadagnare exp. Anzi,
quasi mi piaceva. Ma sentire le narici impregnate di qualcosa che non avevo ucciso io… no, non mi piaceva. Era qualcosa di sporco.
Ma quel giorno non c’era pericolo. Non avremo ucciso dei mostri. Un duello.
Spada contro spada. All’inizio fu solo un’incontrarsi confuso di lame. Nessuno
di noi due era troppo convinto, e io non sapevo ancora maneggiare bene la Twin
Lance. Il peso era massacrante. Comunque, dopo un’ora spesa in nulla, ci
lasciammo prendere dalla foga del combattimento. Specialmente lui. Era un
duellante. Lui cercava il corpo a corpo, nella sua vita, si vedeva da come
maneggiava la spada, cercando disperatamente di aver ragione dell’avversario. E
lui non ti guarda negli occhi. No, lui ti guarda solo all’inizio. Per sfidarti.
Per farti capire che hai già perso. E poi si butta. Senza distinzioni. Come in
mano ad una forza maggiore. Senza regole. Perché lui è fatto così. Se ne
infischia delle regole. E così mi ha ferito. Un taglio non esageratamente
profondo, ma capace di lasciare una bella cicatrice. La sua lama aveva
accarezzato la mia pelle, correndo dalla fine del collo fino all’inizio della
spalla. Almeno dieci centimetri. Il sangue era schizzato via violentissimo,
come un proiettile. E la mia pelle lacerata
era il fucile. Lo schizzo di sangue
si depositò in un baleno per terra, macchiando la polvere. Il proiettile colpì l’innocente carne della terra. Scusami
terra, se ti ho fatto piangere. Seifer si era svegliato dal suo coma di
battaglia solo alla vista del mio sangue. O all’odore. Mi piace l’odore del
sangue fresco. E’ diverso da quello di un cadavere. Quello di un morto ha un
odore di fogna, stagnante. Quello da ferita.. è qualcosa di vivo. Ne avevo
piene le narici, di quell’odore. Comunque non fu nulla di sconvolgente. Porto
in giro la mia ferita come se fosse un trofeo di guerra. Un’onorificenza.
Buffo. Sorrisi nuovamente alla vetrata. Era bello rievocare ricordi, non avevo
più avuto crisi, da quel giorno a Trabia. Decisi che sarei andata a cercare
Seifer, quel giorno avevo voglia di combattere un po’, ero in astinenza,
decisamente. Non puoi battere la fiacca tutto il giorno, o rischi di
ammuffirti. Come il sangue di un morto. Mi sistemai i capelli con le mani,
passandocele in mezzo. Morbidi. “Non c’è bisogno che ti sistemi i capelli,
vanno bene così!” Una voce mi colse in
fragrante. Femmina. Intorno ai vent’anni. Nessun accento particolare. Avevo
imparato a fare un attento esame di tutto ciò che mi coglieva di sorpresa, dopo
l’esperienza del drago. Mi voltai. Chi aveva parlato era una bellissima ragazza
mora.
Midi: Sacrifice
Quegli occhi. Indossava
un abito lungo azzurro sopra un top e dei pantaloncini neri. Ti scrutano dentro. Una figura
longilinea e slanciata. Non ti lasciano
scampo. Un viso dolce-amaro. Perché
lei sa già di te. Un cane la seguiva trotterellante. La ringraziai del
complimento. “Sai dov’è il capitano?” Mi chiese. Io annui con la testa. “Portamici.” Come si permetteva?
Sentivo che avrebbe fatto qualcosa che non andava. Mi aveva dato un ordine. E
io non ce la faccio. Non gli sopporto, gli ordini. Le imposizioni. Tutto ciò
che non decido io. Non mi appartengono. Ero incazzata nera con quella stronzetta.
“Chi sei tu per darmi ordini?!” L’avevo aggredita. Nonostante fosse più grande
di me. Deve ancora esistere la persona capace di mettermi paura. E’ più forte
di me. Sono perfettamente irrispettosa. “Sono una persona molto importante per
il comandante. E per il Garden stesso.” Mi aveva risposto con uno sguardo
strano. Aveva sorriso. Con sarcasmo. Con fare saccente. Ero stata schiacciata.
Non ci potevo fare nulla. Non la controllavo. Con lei incazzarsi non serviva a
nulla. Perché lei non ha paura di te. Ma di qualcosa ha paura. Forse di quel
bagliore. Un poco la capivo. C’era qualcosa dentro di lei, che si ribellava.
Qualcosa che ti implorava. Libertà. Che parlava con gli occhi. Forse fu per
quello che non ebbi l’impulso di rompergli quel bel faccino. Dolce-amaro. Così
mi voltai. E cominciai a camminare, con lei che mi seguiva come un cagnolino.
Certe persone si voltavano a guardarla. Lei sorrideva con fare saccente, e
muovendo leggermente la mano in segno di saluto. Allora era vero. La si
conosceva nel Garden. Lungo la strada vidi Seifer. Fece per venirmi incontro,
ma all’improvviso si fermò. I suoi occhi. Non gli avevo mai visti così stupiti
di qualcosa. La ragazza in azzurro mi
sorpassò. Sorrise, come faceva sempre. Si fermò a pochi centimetri da Seifer.
Di fronte a lui. Mise le mani dietro la schiena. Inclinò leggermente il
busto. E gli parlò. “Almasy.
S-e-i-f-e-r. Ciao.” Lui era attonito. Sconvolto. Non ebbi il coraggio di
reagire, quando abbracciò quella ragazza. Sull’orlo delle lacrime. Non l’avevo
mai visto così. Felice. La abbracciava, cingendola con tutta la sua forza, e
lei teneva le mani sopra il busto di lui. Finalmente Seifer parlò, con la voce
rotta. Evidentemente dentro di lui stava piangendo di gioia. Ma non l’avrebbe
mai dato a vedere. Ma io capivo che calde lacrime scorrevano lungo le sue
guance ispide, perché aveva saltato la barba, quella mattina. Scorrevano lungo
le guance dell’altro Seifer. Quello dentro di lui. Quello che io comprendevo e
amavo. Mi sorpresi di questo mio
pensiero. Ma mai quanto mi sorpresi delle sue parole. “Brutta stronza! Ci
hai fatto morire dalla paura! Perché te
ne sei andata, Rinoa!” E così era
lei. La ragazza del comandante. Non avevo parole. Capì cosa voleva il
comandante, allora. Voleva lei. La desiderava con tutto il suo cuore, di nuovo
sua, dopo tutto quel tempo. Perché lei era incredibile. Per fare l’amore con
Squall. C’era solo lei. Solo lei. Dolce-amara creatura. Lei non rispose. Ma io
lo capivo dal suo modo di respirare. Stava di nuovo facendo quel musetto
saccente. Ma smise. Perché era arrivato lui…
e quella scintilla… quella scintilla che supplicava di essere liberata esplose.
Come se prendesse tutto il suo corpo. Come se tornasse dolce. Perché ero sicura. Una volta doveva esserlo stata.
Lei si buttò tra le braccia di Squall. Nessuno dei due disse una parola.
Stavano abbracciati. Come se non si volessero più lasciare. “Mio cavaliere Mio cavaliere Mio cavaliere..
Mio Mio Mio.. “
Erano le uniche cose che lei
bisbigliava. Poi, quando Seifer parlò, la scintilla tornò prigioniera. Mille
volte rinchiusa dentro un’anima di bestia. E non mi piaceva. “Eve..” mi disse
Seifer “Questa… questa ragazza è Rinoa Heartilly..” Sorrisi. Come se non ci
conoscessimo già. Avevo già scrutato a fondo nella sua anima. E come se lei non
avesse già scrutato dentro di me. Pregai di rivedere quella scintilla, mentre
mi dava la mano. Ma evidentemente quell’attimo di gioia era stata solo una
concessione per la vera Rinoa. Perché la Rinoa che io non conoscevo si era già
rimpadronita di lei.
Midi: Truth
Quel
pomeriggio stesso mi diressi verso la stanza di Seifer, per proporgli di
allenarsi. Probabilmente avrebbe rifiutato, a suo avviso ero ancora
convalescente per la ferita, ma io volevo provare lo stesso. Improvvisamente,
vidi qualcosa che mi fece cambiare idea. Lei. Rinoa, intendo la Rinoa saccente,
era entrata nella camera di Seifer. Non è nella mia indole spiare. Ma qualcosa
mi disse che dovevo appoggiare l’orecchio alla porta e l’occhio alla serratura. Lei era in piedi davanti a lui. Mannaggia a
quella serratura. Era troppo stretta, mi copriva la visuale. “Che ci fai qui,
Rinoa….?” Chiese Seifer. “Mah… così per parlare….non vuoi parlare con la tua
ex?” Questo non lo sapevo. Seifer sembrava un po’… strano.. preoccupato. Lo capivo
dal suo timbro di voce. “E bene appunto! Senti… è da oggi… sei strana…”
Evidentemente ci avevo azzeccato, quando avevo pensato che Rinoa fosse stata
diversa, una volta. “Andiamo Seifer…. Comunque non farti starne idee.. riguardo
al fatto che sono da te.. adesso…” il tono era di sfida. A quel punto avrei
voluto seriamente ucciderla. Che stronza! Come si permetteva di parlare in quel
modo a Seifer?! Ma era gelosia, quella che mi inclinava la voce? Era gelosia?
Proprio mia, che non stavo neppure con Seifer? Strano.. Seifer ora era
irritato, oltre che stranito. “Ma che cavolo dici! Ti sei bevuta il cervello,
in questi quattro mesi? Se ti sentisse Squall… anzi.. fammi un favore.. muoviti
a dirmi cosa vuoi e vattene! Magari ti calmi un po’, ok?” Ringraziai Seifer, dentro di me. Ma Rinoa ha
sempre la risposta adatta. E te la sbatte in faccia. Devi avercelo, di fegato,
per combatterla. Devi essere pronto a fare i conti con ciò che lei ti dirà.
Perché lei sa tutto di te. E ti dirà cose che vorresti nascondere. “Seifer….
Non fare il furbo con me… sarò cambiata io.. ma tu non sei cambiato per
niente!” Disse la ragazza con un risolino. Purtroppo la scarsa visuale non
poteva impedirmi di vederla.. veramente troppo vicina a lui. Misi una mano
sulla GunBlade. Che voglia
che avrei avuto di rovinarle per sempre quel faccino da bambola. Che voglia che
avrei avuto di ucciderla e di tapparle per sempre quella bocca
diffamatoria. Ma purtroppo dovetti sentire quello che aveva da dire. Sentivo
che non mi sarebbe piaciuto. “
Seifer… Seifer.. Seifer.. Vediamo… perché sei così.. chi è quella ragazzina?” Parlava di me.
Il sangue mi ribolliva nelle vene. “Non sono cose che ti riguardano!” Seifer.
Ma perché.. perché non gli diceva che eravamo amici… perché non le diceva che
tra noi non c’era nulla… eppure lo pensava!! O io gli piacevo… sul serio?
“Seifer Almasy… sei un porco! Già
vi vedo..” Si avvicinava sempre di più a Seifer… e non scherzava, quando gli
aveva detto che era un porco. Diceva
sul serio. Niente battutine, niente doppi sensi. Era semplicemente un porco,
per lei. Sarei voluta irrompere in quella camera, dirle che lui non era un
porco, che era lei la stronza puttanella, che avrei voluto ammazzarla. E
l’avrei fatto. Eccome se l’avrei fatto, l’avrei uccisa. “Già ti vedo… mentre la
abbracci.. è così sottile.. non ha un’ombra di seno… è così magra che vorresti
proteggerla.. magari ti chiedi come fa a maneggiare così bene la GunBlade.. con
quella costituzione.. e tu sei così forte.. e puoi rinchiuderla… come in un
guscio.. tra le tue braccia… e la sfiori leggermente.. le sfiori il collo.. i
fianchi.. ti piace sentire la sua pelle di pesca… sotto le tue mani forti…e poi
i vostri baci.. sono così.. passionali.. e innocenti al tempo stesso. Ne umidi
ne asciutti… semplicemente perfetti.. e mentre la baci.. la scaldi.. la
proteggi dal freddo della zona segreta di sera… magari le metti anche l’impermeabile bianco sulle spalle….” Era
incredibile come Rinoa descrivesse così bene i nostri incontri… con le sue parole..
mi spaventava.. sapeva tutto di noi. E cominciò ad azzardare.. qualcosa di
veramente azzardato.. incredibilmente
ruvido.. qualcosa che Seifer non si
sarebbe mai meritato… “E poi.. un giorno.. ti stuferai dei baci… vero? Hai
ventidue anni… anche se te la fai con una ragazzina qualcosa pretendi vero?
Mah… un giorno… eh eh.. che cosa le farai Seifer Almasy? Te la farai? Scommetto che ti divertirai parecchio.. hai sempre avuto un
debole per quelle come lei.. un po’ troppo.. candide… e dire che ammazza così
bene.. come un boia.. e sotto le coperte è così.. eh eh.. forse ti piacevo
proprio per questo? Sei un po’ animale… vero Seifer? Un vero porco…” Gli
accarezzò il viso. Di nuovo quella parola.. di nuovo quel porco. Avanti
Seifer.. perché non gli rispondi? Perché non glielo dici, a quella stronza, che
tu non mi toccheresti mai? Perché
Seifer, perché? Sei come dice lei? No.. non lo sei.. perché io ti piaccio.. ti
piaccio perché andiamo d’accordo, perché sono simpatica, perché ci troviamo
bene.. perché sono carina.. perché sono piccola e candida.. ma come? Adesso
pensavo anche come lei? Le sue idee mi rodevano il cervello.. come un tarlo..
non riuscivo a crederci… mi accasciai per
terra, appoggiata contro lo stipite. Non mi alzai neppure quando sentì i
passi di Rinoa che si avvicinavano alla porta. Nemmeno quando aprì quella
stramaledetta porta. E lui non aveva aperto bocca. Non aveva detto nulla. Lo
speravo fino all’ultimo. Ma nulla. O Seifer, che cosa mi hai fatto? Questa
ferita mi brucia molto di più di quella che ho sulla spalla. Questa ferita mi
consuma dentro. Presto morirò. Puzzerò. Come i mostri. Come i soldati che ho
ucciso a Trabia. O Seifer, salvami. Rinoa non poté evitare di commentare,
vedendomi sulla porta. “Ma guarda.. parli del diavolo.. c’è una piccola spiona
fuori.. magari ha anche sentito tutto… poverina.. la realtà è dura..” La
ragazza vestita d’azzurro sparì dalla mia vista muovendosi sui suoi tacchi.
Tenevo le orecchie tappate e gli occhi chiusi. “Eve!” Seifer.. solo ora
parlavi? “Eve.. andiamo dentro..” Lo seguì d’istinto dentro la sua camera. Non
ci ero mai stata. La prima cosa che notai fu il letto ancora disfatto. Poi la sua GunBlade nella custodia aperta. E una
fotografia. Sul comò. Tante fotografie, tantissime. Ne avevamo scattate tante,
insieme. Ma non ce ne fosse stata una che mi ritraeva. Poteva comodamente
averle buttate. Forse non voleva ricordarmi?
Forse una volta che fossi andata con lui, mi avrebbe dimenticato, come
facevo io con praticamente tutto quello che era il mio passato? Solo che a lui non sarebbero serviti i Guardiani. Ero così
piccola. Non dovevo occupare così tanto spazio nella sua memoria, sarei stata
facile da cancellare.
Midi: Dissipating Sorrow
“Non.. non devi credere a quello che ha detto Rinoa..” mi
disse. “Perché non l’hai detto a lei…perché non l’hai smentita.. e poi perché
ti preoccupi.. siamo solo amici.. vero? Siamo solo amici? Ma.. si.. io ti
voglio solo come amico.. io non voglio stare con te.. non voglio.. tu non mi
piaci! Non mi piaci! Io non sono gelosa di te!” Scoppiai in lacrime. Avevo
urlato quelle parole talmente forte.. devi urlare
se vuoi parlare al tuo cuore. Altrimenti non ti sente. Le parole si fermano
nella mente. E ciò che ho solo nella mente prima o poi l’avrei dimenticato per
colpa dei Guardiani. O avrebbero corroso anche ciò che c’era nel mio cuore? Io
non volevo. Seifer mi abbracciò. Doveva aver capito. Finalmente sapeva. Io lo
amavo.. già.. ma io lo sapevo? “Piccola…” e mi prese tra le sue braccia. Mi
accarezzò il collo, i fianchi.. mi baciò. Ero tremendamente scossa. Non ci
potevo credere. Tutto. Tutto era successo.. come l’aveva predetto Rinoa. Come
l’aveva descritto lei. Con quella sua impressionante precisione chirurgica per
i dettagli. Che ti lasciava nudo di ogni tuo segreto.
In quel momento.. desideravo che
mi abbracciasse.. che mi accarezzasse.. che mi baciasse.. lo desideravo.
Desideravo le sue coccole più di qualsiasi altra cosa.. ma non potevo averle.
Non che lui non me le desse. Ma non potevo accettarle. Per quel piccolo particolare.
Seifer mi voleva solo per.. per.. non ci volevo neppure pensare. Ed ormai ero
convinta. Mi staccai dalle sue labbra, passandomici una mano sopra, quasi
volessi cancellare i baci. “Seifer.. “ gli dissi. Il ragazzo mi guardò in
faccia. Sapeva che avrei detto qualcosa
di spiacevole. Perché ogni volta che dico qualcosa di spiacevole faccio quella
faccia. Il musetto serio, imbronciato. Con quel mio strano modo di inarcare le
sopracciglia. “Seifer… io.. voglio sapere che cosa… che cosa c’è tra noi.. altrimenti..
non penso.. che lo vorrò mai sapere. No… non.. mi.. non mi
interesserebbe….” Ero stata crudele. Ma
dovevo farlo. Ora dipendeva tutto da lui. Basta giocare. Ora ne sentivo il
bisogno. Purtroppo Rinoa è dura. Ma quel che dice è verità. Perché la verità
stessa è dura. E si deve accettare. La falsità non ti porta da nessuna a parte.
Perché, spesse volte, in ballo ci sono i sentimenti. “Eve… piccola… io.. non so
come spiegarti ma…” Si fece scuro in volto, non voleva troppe complicazioni,
evidentemente. Forse non lo sapeva neppure lui, che cosa voleva. “Io.. Eve..
quando Yuffie ci ha presentati… e va bene.. volevo portarti a letto.” Non ci
potevo credere. Una sola parola poteva descrivere quella sensazione. Mi sentivo
raggelare. Nonostante fossi ancora
nel suo abbraccio, sotto la calura di luglio, avevo i brividi. Mi divincolai da lui, mi abbracciai da sola
dall’altro lato del muro per non congelare. Ma il freddo ce l’avevo dentro. Ora
eravamo faccia a faccia. Avrei dovuto andarmene. Che cosa mi costringeva lì,
dove non potevo altro che ricevere dolore
? “Eve… io.. adesso però… voglio….” Ok. Non avrei più retto la situazione.
Avrei dovuto fare qualcosa. Mi tolsi uno stivale, e andai in piedi di fronte a
lui. Ero avvampata in viso. Ma dovevo fare una prova… capire. Di fronte a lui.
Vicinissima. A pochi centimetri. Mi tolsi anche l’altra calzatura. Mi sciolsi i
capelli. Presi fiato. “Va bene Seifer. So che cosa vuoi adesso. Per me possiamo
anche farlo qui, non disturbarti ad aspettare la notte.” L’avevo detto con un
distacco e una freddezza che raggelavano il sangue persino a me stessa. Ma
dentro.. no.. dentro.. il fuoco. Dentro è tutta un’altra cosa. La vera io, quella che non deve mostrarsi,
piangeva in quel momento, aveva paura. Era avvampata, sudava freddo. Il sangue
mi cambiava di temperatura ad ogni secondo. Non mi guardava in faccia. Era
questa, la cosa che mi tormentava. Non sapevo se prenderlo come un buon segno..
o come una tragedia totale. Lo sfacelo delle cose. Quanto ero stata stupida. Ma
se lui.. non avesse fatto.. quel che poi ha fatto.. Dio, la situazione si
sarebbe potuta recuperare.. ma andava sempre peggio. Avevo nuovamente perso il
controllo della situazione. In battaglia… Sarò anche stata una bestia dal
sangue freddo, sul campo… ma lì.. con Seifer seduto sotto di me… e dire che mi
pareva lo stesso così grande… non ce la feci. Ok.. era tutto finito. Lo
sconsolo più totale. Per alcuni secondi non fece nulla. Dio, che cosa potevo
fare? Che cosa? Signore.. perché mi hai lasciata sola? Se ci sei… tirami fuori
dalla mia merda. Perché ci sto affogando. Seifer prese l’orlo del mio vestito,
strattonandolo piano, per farmi andare giù.. da lui. Piano piano le mie
ginocchia cominciavano a piegarsi. Un calvario. Mi ritrovai inginocchiata di
fronte a lui. Ero sull’orlo delle lacrime.. dovevo essere forte.. se volevo..
tentarlo.. Seifer… Mi perdonavi, per quello che ti stavo facendo? Che cosa
provavi? Ma che cos’ero, se non un’insignificante puttanella plagiata dalle
parole di Rinoa.. timorosa di comprendere? E lo sapevo cos’ero. Che stronza.
Che cagna. Che vacca. Continuavo a ripetermi tutti gli epiteti immaginabili
nella mia testa. Lui non diceva nulla. Mi accarezzava solo il seno inesistente,
mentre mi abbracciava. Mise una mano sotto il vestito. Stava arrivando..
eccolo… sentivo la sua mano scivolare sempre più in su, sotto la gonna. Non
avevo il coraggio di dire nulla. Ma il mio respiro si era fatto pesante.
Eccolo.. le sue dita.. erano arrivate.. appena sotto l’orlo… non potevo più
lasciargli fare. Mi alzai di scatto. Lui mi prese un braccio. Non voleva che me
ne andassi. Si alzò in piedi, di fronte a me. Mi guardò in viso. Quegli occhi.
Non era in se.. era cominciato il duello. Mi sbatté violentemente sul
letto, poi mi bloccò le mani. Cominciò
a baciarmi, mentre mi accarezzava pesantemente le gambe. Io scalciavo in
continuazione. La gonna mi era scivolata sul bacino, lasciandomi in mutande.
Anche le maniche erano confuse. Con quanta foga mi stava baciando, Seifer.
Strattonai il braccio, cercando di divincolarmi dalla sua presa. Ma non voleva
lasciarmi andare. Sentì la bretella del mio reggiseno rompersi. Era un duello.
Un combattimento. Peccato che la mia GunBlade al momento giacesse in fondo al
letto. Gli morsi un labbro. I denti al momento erano l’unica cosa a mia
disposizione. Dolore. Sentì un dolore atroce colpirmi la guancia. Sputai del
sangue sul cuscino. Immediatamente si formò un livido. Picchiata. Mi aveva
picchiata. Nessuno aveva mai osato toccarmi. Ero stata offesa, mi sentì
malissimo. Improvvisamente avvertì un gran male alla mandibola. Pregai di non
aver perso qualche dente. Sentì lo spostamento dell’aria, quando ricominciò a
baciarmi. Non ne potevo più. Quei baci. Erano peggio di mille ceffoni. Sentivo
la violenza, nelle sue labbra. Stavo perdendo. Il mio HP era sceso a zero, come
si usa dire in battaglia. Ero stremata. In questi momenti, o ti fai una pozione
con delle code di fenice.. o ti arrendi. Mi arresi. Basta. Non avevo più voglia
di lottare. Smisi di muovere le gambe, le rilassai, poi feci lo stesso con tutto il resto del corpo. Lui si sollevò
un secondo. Giusto per vedermi. Per compatire
il suo avversario sconfitto. “Ok.. me la sono cercata.. adesso fai quello che
vuoi. Uccidimi, feriscimi, picchiami, fai quello che vuoi. Non mi interessa.
Hai vinto.” Allargai le braccia e chiusi gli occhi, piegando la testa
all’indietro oltre la testata del letto, per confermare col corpo ciò che avevo
appena detto. Oramai era tutto finito. Dovevo pagare pegno. E dire che qualcuno ad una qualche missione.. aveva detto che alla SeeD non era così.
Che nessuno ci avrebbe toccato. Stupidi porci maiali, tutti i maschi. E
stupide puttanelle ingenue, tutte le femmine. Ingenue. Come me. Piccola ed ingenua. Così.. indifesa. E DIRE CHE
IN BATTAGLIA SONO UN BOIA DAL SANGUE FREDDO. Una bastarda che attacca e non ti
lascia scampo. Addio. E sei morto. Perché io ti ho ucciso. E’ in battaglia che
cerco le mie sicurezze? Allora perché mi sento così? Ho bisogno di combattere.
Ho bisogno di stringere la GunBlade. Di uccidere. E chi se ne frega del resto.
“Allora! Sbrigati a fare quello che devi fare, voglio andare a combattere!”
Glielo dissi. Con una freddezza spaventosa. Lui di tutta risposta Si alzò. Si
appoggiò al muro. Si tolse la maglia. Era incredibilmente sexy a torso nudo.
“Ok. Credevi che l’avrei fatto sul serio? Che ti avrei fatto questo ? Hai così poca fiducia?” Mi
calmai, in un certo senso. Ma avevo ancora voglia di combattere. Perché non ce
la faccio senza. Sono dipendente. Dalle armi. Dalle crisi, addirittura. “Non lo
so che cosa ne penso di te. So che voglio combattere.” Mi misi seduta sul
letto. “Posso andarmene?” Non mi rispose. Si infilò nel bagno. Io ero ancora li
ferma. Non me ne sarei andata senza una sua risposta. Sentì l’acqua scorrere.
Dopo pochi minuti lui se ne uscì dal bagno, con un asciugamano legato alla
vita. I suoi capelli, bagnati e liberi dalla consueta pettinatura a spuntoni.
“Sei ancora qui?” mi chiese “Eve… ora vai.. allenati. Tanto so che non posso
più fermarti. Ma ricordatelo. Anche se non so cos’è.. io.. sento che.. c’è
qualcosa.. in me.. che ha voglia di te. E non so se sia il testosteroni o il
cuore. Allenati, non pensare a nulla. Quando avrai la mente sgombra torna alla
mia porta. Saprò dirti che cosa provo per te.” Presi i miei stivali e me ne
andai, chiudendo piano la porta. Verso il centro di addestramento. Da sola. Con
la GunBlade in mano. Quanti ne avrei ammazzati? Quante volte avrei usato i
Guardiani? Quante crisi avrei avuto? L’aria già sapeva di sangue. Ma non mi
importava. Dovevo combattere.
CAPITOLO 2:
LA FORZA DI
REGGERSI IN PIEDI DA SOLI.
Midi: Aerith’s Theme
Sola. Ora ero sola. Quattro
giorni. Erano quattro giorni che non mettevo piede fuori dal centro. Quanti
mostri avevo ammazzato? Non lo sapevo. Quattro giorni senza mangiare. Ormai ero
al limite. Mi si contavano le costole. Strana costituzione io. Ingrasso e
dimagrisco con una velocità impressionante. Sarò stata al massimo una
quarantina di chili. Il seno era sparito. Meglio così, non mi avrebbe
impicciato. Oramai ero così piena di lividi e ferite che il segno dello schiaffo di Seifer non si distingueva più dal resto della pelle. Le crisi
si susseguivano una dietro l’altra. Ma continuavo a combattere e ad invocare i
Guardiani, anche durante le stesse crisi. Il mio vestito era logoro, e mi
scivolava addosso. La bretella del reggiseno rotta. Avevo bevuto qualche goccia
d’acqua al massimo, nei quattro giorni, giusto per reggermi in piedi. Ero
andata al bagno solo un paio di volte, non avevo liquidi, in corpo. Nonostante
tutto continuavo a combattere con la stessa foga dei primi cinque minuti.
Probabilmente non mi si distingueva più dagli stessi mostri del centro. Si
faceva fatica a dire che fossi un essere umano. Trascinavo a fatica la Twin
Lance. Ero sconvolta, dentro e fuori. Quinto giorno. Ultimo mostro prima del
tramonto. Un Archeosaurs di livello 88. Ok. Ora basta. Mi accasciai al suolo,
stremata. Come se la fatica di quei cinque giorni l’avvertissi solo ora, tutta
in una volta. Ora ero sudata, stanca e pure impolverata. Livida e magrissima.
Vestita come una zingara. Feci di corsa il tragitto che mi separava dal
dormitorio. La gente mi guardava. Guardava come si può ridurre un essere umano.
E può ridursi veramente male. Davanti alla mensa incontrai Zell. All’inizio non
mi riconobbe. “Hey! Ma sei impazzita?! Quattro giorni al centro? Ma ce la fai a
reggerti in piedi? Volevi suicidarti?”
Per tutta risposta, gli dissi che avevo mal di testa. “E ti credo! Dove
stai andando adesso?” “Al dormitorio. Ho voglia di lavarmi. Puzzo di sangue di
bestia.” Zell mi guardò come se fossi una pazza. “Ok… ma promettimi che dopo
fai un salto in infermeria…” Doveva
essere veramente preoccupato, glielo si leggeva in volto. “Ci andiamo insieme.
E poi mi porti in mensa, che ho anche fame. Ci vediamo domani alle otto.” Detto
ciò lo salutai e me ne andai. Mentre correvo dandogli le spalle mi guardava con
premura. “Eve Talabis.. sei ancora un mistero..” disse.
Entrai nella mia stanza. Yuffie era di spalle. Ma la vedevo dallo
specchio. Stava prendendo alcune pillole. L’istinto mi disse che non era nulla
di buono. “Yuffie!” Le urlai addosso. Quella si girò di scatto, gettando le
pillole nel cassetto e mettendosi davanti, parandolo col proprio corpo. Ecco la
prova di tutto. La scansai, con una certa violenza. Aprì il cassetto. Uno
spettacolo infernale. Pillole. Sparse dappertutto. Scatole aperte, boccette,
pillole sfuse. Ne presi una bottiglietta e ne lessi l’etichetta scritta a mano.
“Ridammele, stronza! Sono mie! Fatti gli affaracci tuoi!” Mi diede uno schiaffo, e io finì sbattuta
violentemente contro il muro, proprio sopra la ferita. Un dolore allucinante.
Ma ciò che mi fece più male, era ciò che avevo letto. Epo. E dentro il
cassetto, tanta latra merda. Creatina. Acido. Morfina. Calmanti. Sonniferi.
Droghe pesanti, quelle non le voglio neppure nominare. La guardai in faccia.
Aveva pesanti occhiaie sul volto. Eppure, quattro giorni fa.. non era così!
“Sei pazza!? Da quando prendi quella merda?” Yuffie mi fulminò in viso. “Non
sarebbero cazzi tuoi. Comunque sono quattro giorni.” Doveva assumere tutto in
dosi massicce, per riportarne già i primi segni. Mi veniva da piangere. La mia
migliore amica.. in quello stato. Era magra quasi quanto me. “E quante.. quante
ne prendi..?” “Il necessario per
potenziare a dismisura le mie capacità
combattive, cara Eve. Diciamo..
sei o sette pillole al giorno di sostanze doPpanti.. qualche calmante la sera.. soprattutto
morfina. E un po’ di acido o droga.. per perdere quel che basta di lucidità..
così non mi faccio tanti scrupoli, durante il combattimento. Dovresti vedere
come sono migliorata. Sono salita di otto livelli. Ho una nuova G.F. !” Era allucinante. “Ma ti rendi conto di
quello che ti stai facendo?” “Si…
certo.. tu piuttosto.. ti sei vista? Sembri un morto vivente…” La sua frase fu
interrotta da un conato di vomito. Aveva vomitato anche il sangue. Insieme a
una spuma bianca. Non aveva mangiato nulla, quel giorno. Mi sorrise, con la
bocca ancora sporca di vomito. “Siamo due morti viventi, vero?” Questa frase mi
raggelò il sangue. Yuffie si gettò verso di me, abbracciandomi. Piangeva come
una fontana. Anche il mio viso era solcato da qualche lacrima calda. “Eve! Non
voglio più imbottirmi di quella roba! Ti prego Eve! Salvami da quella merda!
Non me ne importa se non combatterò mai bene come te! Non voglio morire così!”
Combattere bene come me? Che significava? “Chi ti ha messo in testa queste
stronzate?” Yuffie mi guardò. Poi si rimise a piangere. “e’ stata… quella
Rinoa… lei mi ha consigliato le pillole.. e la droga.. da usare…” Rinoa?
L’avrei uccisa. “Yuffie… prometto.. che la ucciderò con le mie mani!” Yuffie mi
guardò sconvolta. “No! Eve, la devi aiutare! Non ce la farà mai da sola! Lei..
non è in se… e poi.. se le farai del male.. non oso immaginarti cosa ti farebbe
Squall… l’altro giorno… un ragazzo ha importunato Rinoa… Squall.. gli ha rotto
una mandibola con un pugno..” Squall? No.. non avrebbe mai fatto una cosa del
genere… “Senti.. qui c’è qualcosa che non va… cercherò di scoprirlo.. ma prima…
rimettiamoci in sesto…” Mi diressi insieme a Yuffie verso il cassetto. Misi
tutta quella robaccia in una borsa. E
buttai tutto. Tutta la merda finì inesorabilmente nel bidone delle immondizie.
“Farò di meglio….” Le dissi. “No! Eve, poi avrai una crisi!” Era come se avesse
intuito ciò che volevo fare… invocai Ifrit, e diedi fuoco a tutta quella merda.
Poi ci fACEMMO una doccia, tutte e due. E andammo a letto. Mentre stavo per
addormentarmi Yuffie mi disse una cosa che mi lasciò con l’amaro in bocca.
“Senti… devo dirti due cose… una bella e una brutta.. la bella è che.. ho gli
oggetti necessari.. per costruirti una… Crime And Penality.. la brutta è che.. ho avuto una crisi, come le tue.. non mi
ricordo bene.. perché ero drogata…ma .. ho avuto una crisi. Dopo aver usato
Quetzal…” Ero amareggiata. Non volevo che ci finisse dentro anche lei. Bastavo
io. “Yuffie… mi .. mi dispiace.. ma non ci possiamo fare nulla, purtroppo.. i
Guardiani sono quelli che sono… senti.. pensi di.. cioè.. non sei dipendente
dalle droghe.. non hai mai avuto.. crisi di astinenza..?” Yuffie mi fece segno di no con il capo. Ci
addormentammo abbracciate, nel mio letto. In un certo senso eravamo felici.
Saremmo riuscite a vincere i nostri problemi.. con le nostre forze.. ne eravamo
sicure. Ma io.. ero segnata, in un certo senso… ad altre sofferenze. Il giorno
dopo andammo insieme a Zell dalla dottoressa Kadowaky, per alcuni accertamenti.
Yuffie non presentava segni di alcun avvelenamento, e aveva espulso quasi tutto
il veleno dal corpo. Io mi sarei ripresa presto, dovevo solo riposarmi un paio
di giorni. Presentavo solo alcune leggere tracce da disidratazione. Nulla di
preoccupante. Ci prendemmo un panino
alla mensa. Io dovevo stare attenta a non esagerare, perché il mio corpo si
sarebbe dovuto riabituare alla dieta consueta. Ora dovevo tener fede ad
un’altra promessa.
Chiesi a Zell di stare con
Yuffie, mentre io mi avviavo da … Seifer. Bussai alla sua porta. Me lo ritrovai
davanti. Lui fece una faccia arrabbiatissima.
“Avevo detto di allenarti, non di diventare come una mummia! Hai il viso più scarno che io abbia mai
visto! Coraggio, entra!” Era incazzato nero. Si mise le scarpe. “Perché vuoi
uscire?” gli chiesi. “Ti porto in infermeria!”
Sorrisi. “Non ti preoccupare, ci sono appena stata. Con tua sorella.”
Per la prima volta lo vidi preoccuparsi per Yuffie. “Mia sorella? Cosa le è
successo?” Parlai con l’amaro in bocca. “Rinoa.. le ha dato delle sostanze
dopPanti.. droghe.. calmanti e schifezze varie. Le ha prese per quattro giorni.
Non ti sei mai accorto di nulla?” Seifer mi guardò intensamente. Mi venne
vicino e mi abbracciò. “E come avrei potuto… sono stato cinque giorni in camera
ad aspettarti..” Ci baciammo. Cos’hai capito, allora?” gli chiesi. Attendevo la
sua risposta con impazienza. Da essa dipendeva tutto.
CAPITOLO 3:
CI ESCO QUANDO MI
PARE!
Midi: Hanabi
Come al solito. Come mi sembrava
forte. Nessuno in questa fantasia di vita
è forte. Tutti hanno le loro
debolezze. Nessuna risposta. Non avevo ottenuto nessuna risposta. Ed ero sola.
Era tutto come prima. Baci alla zona segreta, amicizia. Nulla di più. Come al
solito mi ritrovavo a camminare per la hall del Garden, strascicando i piedi.
Non c’è mai nulla da fare. Ultimi giorni d’estate. Diciassette di settembre.
Una leggera brezza mi faceva venire i brividi lungo la schiena. Come al solito,
non portavo la divisa. Il preside mi aveva spiegato varie volte che un buon
SeeD deve dare l’esempio agli alunni, vestendosi in maniera rigorosa. E io varie volte me ne ero altamente
fregata. Il preside scuoteva la testa, com’era solito fare, col suo sorriso
bonario. Non riusciva a spiegarsi, come, tra tanti SeeD, rigorosi, muscolosi e maschi, emergesse per capacità e
bravura, proprio una ragazzina appena quattordicenne, SeeD da sei mesi,
magrissima, che se ne andava vestita con un abito logoro in fondo e un paio di
stivali che non ci azzeccavano per nulla. Spettinata, smemorata, irrispettosa delle regole. Non ero una ragazza modello. Ma
maneggiavo la GunBlade come se fosse stata di paglia. Certi giorni,
addirittura, brandivo la Crime And Penality con una sola mano. Senza il minimo
sforzo. Notevole, non c’è che dire. Che noia il Garden, in pace. Fortuna che
c’era Rinoa a movimentare un po’ le cose. Sfortuna.
Ultimamente le era uscito di voler lasciare il Garden, per progetti più
ambiziosi. E portandosi dietro il Comandante, naturalmente. Mi misi a sedere su
una panca. Sorseggiavo pigramente una delle creazioni mie e di Yuffie. Una
bevanda energetica come
la chiamavamo noi. In realtà era solo acqua mista a birra. Beh.. era l’unico
modo per riuscire ad ottenere alcolici, al Garden. Fortuna che c’era Seifer,
che la sera riusciva sempre a trovare il modo di rifilarmi qualcosa. Non c’è
nulla da fare, la birra e il combattimento sono le mie droghe. Guardai
l’orizzonte. Una figura mi copriva la visuale. “Ciao.. sei del Garden? Ma sei
una matricola?” Un ragazzo mi aveva appena rivolto la parola. Carino.
Midi: Blue Fields
Più o meno un metro e ottanta,
fisico asciutto e muscoloso. Portava i capelli sul viso, biondi. Indossava una
camicia bianca con le maniche a tre quarti ed un paio di calzoni di pelle
borchiati. Sicuramente era un tiratore,
perché ultimamente quel modello era molto in voga, tra di loro. Ne avevano
comprati un paio anche Irvine e Ryu. Continuava a sorridermi, con fare
saccentino. Non avevo voglia di rispondergli. Mi alzai in piedi. Beh.. se
volevo imporgli rispetto avrei fatto meglio a rimanere seduta, quello mi
doppiava. Rimanemmo in silenzio. Che cos’avrebbe detto Seifer, vedendomi in
compagnia di un ragazzo? Mi allontanai di un metro, due al massimo. Gli
sorrisi, e gli puntai il dito contro. “Sono Eve. E tu chi sei, bel ragazzo?”
Quello mi sorrise a sua volta. Si appoggiò al muretto. Rimanevamo a debita
distanza. Mi superava di venti centimetri come minimo, ma io faccio un certo
effetto agli sconosciuti, se voglio. “Sono Leon. Vengo dal Garden di Trabia. Piacere Eve.” Scrutai a lungo i suoi
occhi di ghiaccio. Somigliavano a quelli del comandante, con un barlume di
allegria in più. E c’era anche qualcosa di arrogante. Una versione chiara degli
occhi di Seifer. “E cosa ci fa qui… un gelido uomo di Trabia?” Quello mi
guardò. Forse… lo stavo forse provocando?
Ci stavo forse provando? “Sono un SeeD cocca. Mi fai vedere il Garden? Così ci
conosciamo meglio…” Non so perché ma accettai. Non che gliene importasse molto
del Garden, a Leon. Chiacchieravamo del più e del meno. Aveva diciotto anni, ed era SeeD da due. La
sua terra di nascita era Galbadia, ma l’aveva lasciata dopo la morte dei suoi,
un anno prima dello sfacelo. Prima era di quel Garden. Questo sapevo di lui. E sapevo che doveva
essere un gran donnaiolo. “Hey… senti Eve..” Mi voltai verso di
lui, distaccando la mia attenzione da un bambinetto che giocava con un cane.
“Sei libera stasera?” Non mi
aspettavo che mi invitasse ad uscire proprio in quel momento. Beh..
effettivamente non ero libera.. c’era Seifer… Scegliere tra i baci di Seifer.. o una misteriosa uscita con un
semi-sconosciuto. Che fare? “Aspetta un secondo..” Gli dissi, mostrandogli la
lingua. Poi mi avvicinai ad una cabina telefonica. Inserii la mia scheda e
composi il numero di Seifer. Lasciai un messaggio sulla sua segreteria. “Hey
Seifer… stasera non vengo alla zona segreta.. ho da fare.. ok? Ci sentiamo! See you later! Smack!” Mi voltai.
Leon era di fronte a me, che mi bloccava l’uscita, con un braccio appoggiato
alla cabina. “E’ il tuo ragazzo?” Mi chiese con un sorrisino inquisitorio. “In un certo senso…” Gli risposi maliziosa.
“Non gli scoccia se esci con me?” La
domanda aveva un velo di malizia, più che di preoccupazione verso il mio povero
ipotetico fidanzato. “Nooooo… allora ci vediamo stasera… passami a prendere
alle sette.. camera 125… e non badarci se ti apre una biondina pazza
furiosa.” Lui mi salutò con un sorriso.
Io mi avviai trotterellando verso il dormitorio. Tra poco più di un’ora avrei dovuto essere pronta! Per quel
ragazzo sconosciuto mi volevo mettere in ghingheri. Mi lavai, mi profumai, mi
pettinai. Mi ci volle mezzora solo per pettinarmi i capelli rossi. Erano così
pieni di nodi. Mi feci prestare un bel vestito da Yuffie. Era un abito corto
e nero, strettissimo. Sempre dal
florido armadio di Yuffie requisì un reggiseno a balconcino che in qualche modo accresceva le mie quasi
inesistenti grazie femminili. Un velo di trucco. Mi stavo allacciando la
cerniera del vestito, mentre suonò il campanello. “Yuffie!!! Vai ad aprire!”
Urlai. Uffa. Ora avrei anche dovuto farlo attendere. “Non posso Eve! Sono in
bagno!” Così andai ad aprire con la cerniera slacciata. Per fortuna era solo
Seifer. “Ah.. sei tu…” gli dissi, con scarso entusiasmo. Vedendomi vestita da
donna a Seifer prese quasi un colpo. “Hey.. com’è che sei tutta agghindata,
stasera?” Impiccione.. “Esco con un’amica.” Mentì. “Fammi un favore, allacciami
la cerniera, che da sola è complicato.” Seifer allacciò il vestito con molta
violenza. “Hey! Ma sei cretino? Non pensi che potresti rompere la stoffa? E poi
chi la sente tua sorella?” Seifer mi guardò con sguardo inquisitore. Non aveva
neppure chiuso la porta. “Seeee… così ti sarà più facile fartela tirare giù
quella cerniera….” Lo guardai con una
faccia truce “Ma allora sei scemo? Vado in giro con una mia amica! Amica!
Amica! Amica!” Non l’avessi mai detto.
“Sei pronta, Eve?” Leon fece capolino dall’esterno. Seifer lo guardò con
freddezza, poi si rivolse a me bello incazzato. “Molto attraente questa tua
amica.. non c’è che dire..” Disse in
tono sarcastico. “Andiamo Seifer.. non mi vorrai dire che sei geloso.. non
esiste…” Gli schioccai un bacetto sulla guancia e feci per andarmene in
compagnia di Leon. Seifer però mi prese
prontamente per un braccio. “Hey! Allora esci con quello?” Mi tirò in disparte. “Spero che tu non abbia
intenzione di farti toccare da quel biondino con la faccia da schiaffi… perché
altrimenti….” Lo fulminai con lo sguardo, prima di mollargli un ceffone. “Se mi
va ci vado pure a letto.” Gli dissi con un sibilo, prima di lasciarlo lì, da
solo. Seifer… mi confondeva le
idee.
Midi: Tifa
Non fecimo altro che divertirci
per tutta la sera. Andammo a mangiare in un locale di Balamb, poi a ballare in
una discoteca. E alla fine a prendere un bicchiere di birra nel pub. “Che ore
sono?” gli chiesi mentre andavamo in macchina per le campagne che ci avrebbero
ricondotto al Garden. “Sono le tre e mezza…” Mi rispose lui. “Non è poi così
tardi! Abbiamo ancora due ore!” Leon
accostò la macchina in una piazzola sterrata.
“Penso proprio che adesso ti bacerò Eve.” Mi disse. In fondo era solo un
bacio.. perché no… nessuno, nemmeno Seifer avrebbe potuto dire nulla, per un bacio innocente. Non mi sentivo affatto
una troia. E’ solo un bacio.. Eve è solo un bacio.. continuavo a ripetermi
dentro di me. Leon mi prese il mento tra le dita. Mise una mano dietro lo
schienale del sedile. E mi baciò. Leon
bacia come un dio. Lui.. ti sfugge.. poi torna.. e sfugge nuovamente.. le sue
labbra.. le sentivo a contatto con le mie. Come una calamita e il ferro. Impossibile
staccarsi. Leon.. ti fa sentire bene, mentre bacia. Non so come.. ma finimmo
stesi lungo tutto il sedile. Lui sopra di me. Sentivo il freno a mano sfiorarmi
una coscia. Mi sfiorò il seno con una
mano.. poi scese sempre di più, lungo il ventre piatto.. e mi mise una mano
sotto la gonna. All’inizio lo feci fare.. mi sfiorava solo l’inguine.. poi.. il
tutto si fece pesante. E insopportabile. Capivo che mi stava lentamente
sfilando le mutande. Smisi di baciarlo, portandomi in posizione seduta, con la
schiena schiacciata contro il finestrino chiuso. Lui si mise in ginocchio, trattenendomi le mani contro il
finestrino. Lo sentivo schiacciato
contro il mio corpo. “Non ti preoccupare..” mi disse con un sibilo “qui non ci
può scoprire nessuno… e poi.. vedrai che ti piacerà…” Mi toccò nuovamente. Fu a
quel punto che reagì. “No! Non mi toccare! Che idee ti eri messo in testa? Che
ci stessi subito?” Mi aspettavo di tutto. Avrebbe potuto aver tranquillamente
ragione di me, in quel posto. Oppure, se non era il tipo, avrebbe potuto
lasciarmi a piedi. Ero in mano sua. Invece mi guardò con dolcezza. “Hey calma
Eve..” Mi disse “Non c’è bisogno di scaldarsi.. non mi approfitterei mai di
te..” Sorrisi a mia volta. “Scusa..” Gli dissi. “Non volevo mandarti in bianco…
è che..” Non sapevo come dirglielo. “Ti piace quel ragazzo biondo che c’era
oggi nella tua camera.. Seifer.. vero?” Come aveva fatto a capirlo? Mi leggeva
nel pensiero? “Beh.. effettivamente…” “Tu gli piaci Eve. A dire il vero non
capisco perché sei uscita con me stasera. A te piace lui, a lui piaci tu… perché mi hai baciato?” Mi
sentivo in colpa… “Non volevo approfittarmi di te.. io .. scusa Leon..” Lui mi
guardò con fare fraterno. “Hey… lascia stare.. io mi sono divertito stasera!
Sei molto simpatica.. che ne dici di diventare amici?” Gli sorrisi. Era un
ragazzo stupendo. “Come se già lo fossimo!” Gli dissi, con uno sprizzo di
felicità. Lui mi strizzò l’occhio.
“Anzi, farò di più! D’ora in poi ti aiuterò.. con quel Seifer, lo giuro! Vedrai
che grazie a me sarete insieme in meno di una settimana!” Magari fosse stato
così semplice. “Spiegami la situazione.” Disse lui. Al termine della storia,
eravamo arrivati al Garden. “Ti
consiglio di parlare con lui. Vedrai che ce la farai. Buonanotte Eve..” Prima
di salutarmi mi schioccò un bacio sulla guancia. Lo salutai con un sorriso.
Presi le chiavi ed entrai. La camera era completamente buia e vuota. Yuffie non c’era. Appoggiai le mie cose. Mi
stavo slacciando la cerniera del vestito, quando qualcosa mi prese alle spalle.
CAPITOLO 4:
FINALMENTE POSSO
Midi: Private Emotions
(kebbella questa scena! Nd YUNA)
Urlai. “ Hey.. calmati Eve.. sono
io…” Seifer. Mi voltai. “Che ci fai a quest’ora nella camera?!” Gli occhi si
abituarono al buio. Indossava una maglia a maniche lunghe stretta, insieme ad
un paio di jeans neri. “Nulla di particolare. Ti volevo fare una sorpresa.” Lo
guardai con un sorrisetto ironico. “E
tu sorprendi la gente alle quattro di notte mentre sta per andare a dormire…
dove hai cacciato Yuffie?” Lui mi sorrise. “Mah.. penso che stia dormendo come
un sasso in camera mia… sai com’è..” Entrambi soffocammo a stento una risata.
Mi strinse a se, appoggiandomi la testa tra i capelli. “Hey.. da quando in qua
usi dopobarba maschile?” Fece una risatina.
“L’ho baciato Seifer. Ci credo che adesso ho il suo odore.” Lui si fece
serio. “Se hai baciato il biondino…. Con un biondone come me ora devi venirci a
letto…”
Sorrise. “Umh… è una proposta
allettante…” Lui si fece serio. Non si sarebbe mai aspettato questa risposta.
“Tu sei brilla..” Mi disse. “Affatto. Voglio seriamente fare l’amore con te.”
Lo presi di sorpresa. Fece una strana
faccia, prima di slacciarmi la cerniera del vestito. Gli tolsi la maglietta. Ci
buttammo sul letto. Ci abbracciavamo e
ci baciavamo.. in maniera dolce e passionale allo stesso tempo. Era bellissimo
sentire la sua pelle sotto le mie dita.. lo accarezzavo dolcemente lungo tutta
la schiena, mentre lui mi spogliava. In un secondo mi ritrovavo con addosso
solo le mutandine. E lui aveva solo i jeans. “ Hey.. se non ce la fai.. fa lo stesso. Non mi devi nulla…” Lo guardai con malizia.
“Sei tu che devi qualcosa a me….” Dissi, mentre cominciavo a slacciargli il
primo bottone dei jeans. Per il resto fece tutto da solo. Ora c’eravamo noi
due. Nudi, sotto le coperte. Nonostante fossi completamente svestita sentivo un
gran calore.. perché Seifer era li con me. Lo baciai. “Sei pronta?” Mi
bisbigliò dolcemente, mordicchiandomi il lobo delle orecchie. Si, ero pronta,
perché non ero sola… perché lui era li con me… Feci segno di si con la testa.
Cercai di rilassarmi, inutilmente, comunque. “ Stai calma.. rilassati… sarò
molto delicato.. prometto…” Mi lasciai andare, tra le braccia di Seifer.
Mattina. Com’è bello svegliarsi con i raggi del sole. Com’è bello rotolarsi tra
le coperte, fino a che non si incontra il corpo della persona amata. “Ciao
Seifer…” Lui mi sorrise, con gli occhi ancora chiusi. “Hey…ciao…” Ci baciammo
dolcemente. Un uccellino cantava fuori dalla finestra. “Che ore sono?” Erano le
otto. “Come? Ho dormito solo tre ore?” Gli sorrisi maliziosa. “Non mi dire che volevi dormire, ieri?” Lui mi
guardò con una dolcezza scherzosa. “Si, certo che volevo dormire, e invece mi è
toccato fare l’amore con questa splendida ragazza.. dura la vita…” Fecimo una
risata. La coperta gli arrivava fino al basso ventre. Accarezzai il suo petto.
“Come sei bello…” Mi sorrise.. “Lo so…” Io appoggiai la testa sopra la sua
spalla, continuando ad accarezzarlo. “Seifer.. lo rifaremo?” Lui annui,
mettendomi una mano intorno alla vita. “Tutte le volte che vorrai…” Una lacrima
mi attraversò la guancia, andandosi a posare sulla sua spalla. Scoppiai a
piangere. Lui si mise seduto e mi strinse a se. “Seifer… ho bisogno.. di te…”
Mi strinse ancora più forte. “Sono qui piccola… stiamo insieme ora…non ho più
scuse per abbandonarti… e tu non hai più scuse per baciare altri ragazzi…” Mi
asciugai il viso. “Scusa. Ma tu non penso che sarai rimasto casto e puro..” Mi
accarezzò la testa. “Questa è la prima volta che vado a letto con una ragazza,
da quando ti conosco. Penso che sia la prima volta che, facendo l’amore.. io mi
senta così soddisfatto.. anche dentro. Perché tu mi piaci Eve… ti amo.” Lo
strinsi ancora di più. “E’ una certezza? Ho bisogno di certezze…” Lui mi prese
il volto tra le mani. Mi guardò intensamente, prima di dire una frase che mi
sarebbe rimasta dentro. Nemmeno i
Guardiani avrebbero potuto mai cancellarla. “Eve… se è di certezze che tu credi
di aver bisogno… ok… ma non pensare che io sia così forte da poterti dare ciò
di cui hai bisogno. Posso darti solo il mio amore… non so se ti basterà… ma tu
sei la persona più forte che io conosca, Eve… ce la farai… ce la faremo Eve.”
Ci baciammo. E rifacemmo l’amore. Tantissime volte, non ci bastava più.
Rimanemmo in quel letto sino alle quattro del pomeriggio, a fare l’amore. Poi
io mi alzai. Avevo bisogno di una doccia. Quando rientrai lui era vestito.
“Hey.. come mai ti sei vestito?” Lui mi guardò seriamente. “E’ il preside. Dice
che ha un comunicato urgentissimo. Yuffie, Ryu, Clonne.. e
un altro sono già in presidenza… si va in missione.” Lui era preoccupato, ma io
no. Bene. Non aspettavo altro. Mi vestì in fretta e furia. In presidenza gli
altri ci aspettavano, armati. Anche io e Seifer avevamo le nostre GunBlade. Il
preside Cid ci guardò storto. “Almasy..
parleremo al vostro ritorno di come tu, che sei il capo del comitato
disciplinare.. dovresti… rispettare il coprifuoco… e anche tu Talabis….
Comunque ora non c’entra!” L’avevamo
scampata bella.
CAPITOLO 5:
TRAMONTI AD
OCCIDENTE
Midi: Cid_Sogno
Nella presidenza si udiva solo la
voce del preside. Nessuno aveva il coraggio di fiatare. Perché proprio a noi
una missione del genere? Perché? Che cosa avevamo fatto di male? Clonne e Ryu
si tenevano la mano, e lei era visibilmente spaventata. Lui come al solito
manteneva il sangue freddo. Chi lo capiva era bravo… Yuffie era rimasta senza
parole, ma miracolosamente stava zitta. Leon era stato chiamato da Trabia
appositamente per questa missione, ed era rimasto calmo. Ma dopotutto, lui, non
era nella nostra posizione. Per quanto potesse mettersi nei nostri panni, non
sarebbe mai riuscito a capire come ci potevamo sentire, nell’apprendere che
Squall e Rinoa se ne erano andati dal Garden, che si fossero alleati con quel
che rimaneva di Galbadia, e che minacciassero di distruggere il Garden. Per
vendetta. Rinoa aveva fatto una telefonata al preside. “Non riesco a spiegarmi
cosa sia potuto succedere.. ma dobbiamo fare qualcosa! Perciò.. a malincuore..
sono costretto a mandarvi laggiù.. per.. combattere..” Disse Cid. La moglie
Edea se ne stava in un angolo, tutti sapevamo quanto potesse essere legata a
Squall. Seifer si alzò in piedi. Era
furioso. “Madre!” Disse, rivolgendosi alla strega. “Tu pensi di sapere cos’è
successo a Rinoa, vero? Beh…?” Lei non rispose. Guardava in basso. Seifer
continuò a parlare. “Beh.. se non lo dici tu.. lo faccio io… Rinoa è caduta di
nuovo sotto il controllo di Artemisia.” Gli “eroi che sconfissero la strega” o per lo meno ciò che rimaneva di
loro al Garden erano presenti in sala. “Non avreste mai pensato che un
frammento di lei potesse essersi perso nello spazio- tempo? Non avete mai
pensato di controllare? Era una strega, non un mostro qualsiasi!” Disse,
rivolgendosi a loro. Quistis prese la parola “Calmati Seifer.. non che tu abbia
prove plausibili di quello che stai dicendo… è probabile.. ma..” Seifer la
fulminò con lo sguardo. “Non sentivi la sua presenza nell’aria? Certo.. io
potevo avvertirla perché ho conosciuto Artemisia molto meglio di voi..” Si girò
verso di me, guardandomi con aria dispiaciuta, probabilmente per ciò che aveva
appena detto. Io scossi il capo. Per me poteva essere andato a letto con tutte
quelle che voleva, in passato, tanto lui ormai era solo mio. Poi continuò il
discorso, calmandosi un po’. “Ok.. per lo meno questa è un’ipotesi molto
probabile. In ogni caso adesso dovremo
partire.. prendo il comando della squadra .. se non le dispiace preside.” Il
preside lo guardò contrariato. “No, non se ne parla Almasy. Il caposquadra sarà
Talabis.” Sussultai. Io? Caposquadra? “Emh… preside… io non me la sento… non
potrebbe lasciare questo incarico a Seifer?”
Il preside mise gli occhi al cielo. “Santa pazienza.. e va bene… però se
Almasy per caso dovesse fare qualcosa di… e-emh.. indisciplinato… sei autorizzata a riprendere il comando della
squadra.” Io guardai Seifer, e lui mi sorrise. Ryu prese la parola… “Ok piccioncini
belli… io non ci ho capito un accidente
di questa questione.. non so chi sia questa Artemisia e soprattutto non ho
capito perché stamattina sia stato
svegliato di soprassalto proprio mentre mi sbaciucchiavo tranquillamente
con Clonne dopo una notte passata a sapere voi fare cosa.” Clonne si nascose il
viso tra le mani. Era arrossita fino alla punta delle orecchie. Ryu continuò il
discorso. “Io ho capito solo che il Comandante è uscito di zucca e che adesso
ha bisogno di una mano. Beh.. io non starò qui ad aspettare. Quindi adesso
Seifer fai quelle maledette squadre. Voglio salvare il capitano!” Leon si alzò
dal posto dove era seduto. “Mi unisco a Shoten. Io non sono venuto qui da
Trabia per stare con le mani in mano.” Yuffie si alzò a sua volta. “Se devo
essere sincera io me la sto praticamente facendo sotto. Ma dove c’è da menare
le mani ci sono anche io! E poi c’è il mio fratellone!” Io annui. “Ragazzi.. io voglio vedere Rinoa
sorridere, voglio poterla trattare come una mia amica. Voglio conoscere
l’aspetto più bello di lei. E voglio combattere. Dio, lo voglio con tutte le
mie forze!” Seifer sorrise compiaciuto. “Bene!” Disse “Allora è deciso. Io
voglio Ryu, Clonne, Yuffie, Eve e il biondino in squadra. Noi partiamo adesso.
Per Galbadia.”
CAPITOLO 6:
TRAMONTI AD
OCCIDENTE
Midi: The landing
E finalmente eravamo in nave. Fra
meno di due ore saremmo arrivati a Dollet, dove avremo preso un treno per
Deling City. Io e Seifer continuavamo a sbaciucchiarsi, così come Clonne e Ryu.
Yuffie e Leon parlavano del più e del meno.
Quistis irruppe in cabina. “Bene
ragazzi! Fra un attimo saremo a Dollet. Poi dovrete proseguire da soli. Io e
gli altri SeeD comunque rimarremo a Balamb e saremo a vostra disposizione, nel
caso aveste bisogno d’aiuto. “Non ti preoccupare Prof. Noi ce la caviamo.”
Disse Seifer. Quistis sorrise. Guardai l’orologio, mancavano cinque minuti al
massimo. Salì sul ponte per controllare.
La luna si rifletteva sull’acqua, e il suo riflesso veniva coperto dalle
increspature della nostra nave. Tramonti a occidente. E più in la..
nell’orizzonte.. Dollet. Scesi in
cabina. Non faci in tempo a mettermi seduta ed
allacciare le cinture che uno scossone violento mi face quasi capitolare
a terra. La nave si era arenata sulla spiaggia. Uscimmo. Mentre avanzavamo a
passi pesanti sulla sabbia, Quistis ci salutò. “Buona Fortuna ragazzi! Che il
Grande Hyne vi assista sempre!” Nessuno di noi le rispose. Ormai eravamo in
marcia. Verso Deling City. Verso il nostro destino. Con il sorriso sulle
labbra, in un modo o nell’altro. Attraversammo quasi tutta Galbadia sulla
carrozza di un treno deserto. Nessuno va a Deling City.
Midi: Jailed
Arrivammo a notte fonda. Io avevo
un certo freddo, con il mio solito vestitino impalpabile logoro. E gli stivali.
Tutti gli altri, eccetto Seifer, che ancora indossava gli abiti che aveva prima
di fare l’amore con me, avevano la divisa. Seifer si accorse che stavo
tremando. “Vuoi la mia maglietta?” Mi chiese. “Si, buona idea, così tu rimani a
torso nudo…” Dissi io sarcastica. Nonostante la situazione, nessuno di noi
aveva perso la voglia di fare dello spirito. “Ma guardatevi voi due…” Disse
Clonne “Come pensate di combattere così? Seifer con quei vestiti potrebbe
andare a rimorchiare in discoteca… mentre Eve.. con quei vestiti…” Io le
sorrisi “Con questi vestiti potrei andare sia al festival delle peggio vestite
dell’anno, oppure in lavanderia..” Dissi, guardandomi l’orlo del vestito. Tutti
scoppiammo a ridere. Comunque Leon fu tanto gentile da prestarmi la sua giacca.
Seifer guardandomi trattenne a stento una risata. Ora, oltre che un paio di
stivali che non c’entravano assolutamente nulla con il mio solito vestito blu
sporco, avevo anche una giacca di tre taglie più larga. Beh.. Leon ha le spalle
grandi. Deling City. Finalmente ce
l’avevamo davanti. Quella città alla
maggior parte di noi sconosciuta. Leon e Seifer sorrisero con nostalgia, quasi
volessero rievocare i ricordi di tutto ciò che avevano vissuto in quella città.
Probabilmente nella mente di Seifer scorrevano le immagini della gloriosa
parata della strega. Era ancora il suo cavaliere. Ci addentrammo nella città
addormentata. La prima cosa che notai fu un tanfo che mi inondò le narici. La
solita puzza di marcio, che io non sopportavo. Quella città era morta. Pochi
disperati barboni si trascinavano per le vie, costellate di giovani teppisti e
di belle ragazze che se ne stavano appoggiate ai lampioni, in attesa dei
clienti. Le porte delle case erano sprangate e qualche gatto faceva capolino
dai tetti, intrapponendosi alla luna. Un ragazzo di circa vent’anni si avvicinò
a Seifer. “Hey biondo..” Gli disse.
“Senti.. questo è il territorio della mia banda, se vuoi passare da qui.. o ci
paghi.. o ci fai fare un giro con le pollastre..” Leon gli arrivò un sonoro
ceffone, mentre Seifer, dopo avergli assestato un calcio e averlo scaraventato
per terra, gli puntò la GunBlade alla gola. “Stai calmo e fai meno
l’allupato… anche perché le ragazze
saprebbero benissimo conciarti per le feste… ritieniti fortunato che non ti
lascio in mano loro…” Disse Seifer. “Ti lascio vivo, a patto che tu mi dia
un’informazione.. sai qualcosa su una certa Rinoa Heartilly?” Quello se la
stava praticamente facendo sotto. Mi avvicinai a lui, e cominciai a premere un piede
sopra il suo petto. Così quello ci rispose prontamente, temendo sia me che
Seifer. “
Hey ok.. d’accordo! Rinoa gestisce un
traffico.. sulla strada ad Est.. nei quartieri malfamati, anche se abita nella
zona residenziale… ultimamente si è portata con se anche un ragazzo… vestito di
nero.. non so dirvi di più…! Lo giuro, ma adesso lasciatemi!” Appoggiai la mia
mano al collo del ragazzo, sfiorandolo leggermente. “Grazie bello… avverti i
tuoi amici di non infastidirci.. piuttosto.. dov’è che si può trovare una
locanda… possibilmente decente?” Lui ci diede alcune indicazioni per
raggiungere un motel gestito da una sua amica.
Era poco distante da quello che una volta era l’arco di trionfo, ma che
adesso si era trasformato in una sottospecie di Casa d’Appuntamenti. Il motel
non era altro che una costruzione tozza, nelle vicinanze della stazione.
Un’insegna luminosa, alla quale mancava la lettera “O” sovrastava il
fabbricato, coprendo alcune finestre del primo ed unico piano. Il posto doveva
avere al massimo una ventina di stanze. Ci avvicinammo al bancone,
attraversando la piccola hall, dove un gruppo di ubriachi stava importunando
una ragazza di strada, su un divanetto. Ci stupimmo che la proprietaria del
locale, che se ne stava tranquillamente al banco degli alcolici, gli lasciasse
fare. Non avemmo il coraggio di intervenire. Ci avvicinammo alla proprietaria,
una donna sui trent’anni, truccata pesantemente e piuttosto robusta. La matita
che portava sugli occhi era sbaffata a causa dell’umidità del locale. Seifer le
rivolse la parola. “Abbiamo bisogno di alcune stanze..” Le disse. “Quella si
voltò dall’altra parte, e continuando a trafficare con i bicchieri incrinati
gli rispose. “E di quante stanze avete bisogno?” Seifer guardò il gruppo.
“Volete che separiamo i maschi dalle femmine?” Clonne lo guardò un po’
preoccupata. “Io veramente.. non mi fido.. vi dispiace se prendo una camera
insieme a Ryu.. o creo dei problemi?” Seifer mi guardò “Allora io e te ci
prendiamo una camera?” Mi chiese. “Io gli sorrisi, per risposta. “Ce ne dai
quattro?” Chiese alla proprietaria. Evidentemente le altre due sarebbero state
occupate da Leon e Yuffie. "Non le ho.” Disse quella, con un marcato
accento Galbadiano, un po’ fastidioso.
Seifer scosse la testa. “Tre?” Yuffie lo guardò spaventata. “Con chi
dovrei dormire, io?” Seifer non si voltò neppure, nel risponderle. “Con il
biondino.” Leon fece una faccia strana. Poi guardò Yuffie gentilmente,
appoggiandole la mano sopra la spalla. “Non ti preoccupare.. io dormo per
terra…” Le disse. Seifer si sbrigò a pagare la proprietaria di tasca sua,
nonostante i prezzi fossero molto elevati. Ci avviammo lungo i corridoi bui e
sporchi. Qualche lampadina penzolava lungo cavi elettrici dal soffitto male
intonacato, diffondendo una fioca luce per il passaggio. Poco prima di entrare
in camera Seifer prese in disparte Leon. Riuscì a distinguere chiaramente solo
le parole “Biondino”, “Sorella”, “Toccare” e “Ti spacco la faccia”, ma erano
fin troppo chiare.
o TeenAge dirtbag o Pretty Fly o
Rock Show
Dentro la camera rimproverai
Seifer. “Non dovresti trattare in modo così sgarbato Leon!” Gli dissi, mentre
sistemavo il letto. Era incredibilmente sporco, le lenzuola erano usate,
disfatte, la rete scricchiolava sotto le mie mani. “Che, il biondino?” Chiese
lui appoggiato alla finestra. Lo guardai con una faccia di disapprovazione.
“Leon , si chiama Leon.” Lui fece una piccola risata. “Si hai ragione… l’ho
fatto solo per mettere in difficoltà Yuffie.. e poi andiamo.. chi mai si
farebbe una pazza isterica come lei… anche se quel biondino maniaco ne sarebbe
capace..” Io feci finta di essere arrabbiata. “Stupido!” Gli dissi. Lentamente
mi sfilai la giacca, poi il vestito. Quasi non feci caso al fatto che Seifer
era lì con me. Mi misi seduta sul letto e mi tolsi anche gli stivali. Feci per
mettermi il pigiama, ma Seifer me lo tolse di mano. Sussultai. Lui era a torso
nudo, di fronte a me, e reggeva con una mano il mio pigiama. “Seifer! Emh.. mi
ero dimenticata che ci fossi anche tu… non ci avevo pensato…. Dovevo cambiarmi
in bagno!” Lui mi guardò con una faccia strana. Poi scoppiò a ridere. Io
imbronciai il viso. “Dai.. non mi prendere in giro.. ridammi il pigiama.” Lui
mi guardò intensamente, prima di buttarmi sul letto e di cominciare a baciarmi
passionalmente, sopra di me. Il pigiama l’aveva buttato per terra. Io cominciai a slacciargli i pantaloni.. e
la rete del letto faceva sempre più casino. Fu allora che sentimmo Yuffie
gridare. Senza pensarci due volte ci precipitammo in camera sua. Seifer aprì la
porta con una spallata. In camera c’era Leon, completamente vestito, che
cercava di convincere Yuffie, in pigiama, a scendere da una sedia. Lei
continuava ad urlare stridulamente. “Un topo! Un topo!” Io ero a dir poco
sconvolta. Mai nella mia vita mi sarei immaginata una scena del genere. Poco
dopo arrivarono anche Ryu e Clonne, armati. Noi quattro guardavamo la patetica
scena. Seifer, allora, perse la pazienza. “Stupida oca!” Urlò contro la
sorella. Io cercai inutilmente di calmarlo. Leon era alquanto imbarazzato.
Infatti notai, che, approfittando della confusione generale, si stava
velocemente riallacciando la giacca. Gli strizzai l’occhio, ma non lo feci
notare a Seifer, anche perché l’avrebbe ucciso, che comunque continuava a
sbraitare contro la sorella. “Calmatevi!” Urlò Clonne. Ryu si stava spanciando
dalle risate. "Che c'è ’a ridere, Ryu?” Chiese Seifer. Ryu sorrise con
fare malizioso. “Vi hanno interrotto in un bel momento…” disse, puntando
l’occhio sul primo bottone dei jeans di Seifer, slacciato. Seifer si ricompose
velocemente. Io avvampai, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Ero in
biancheria intima. Leon mi porse la sua
giacca, che io mi infilai velocemente, per nascondere le mie, sebbene poco
evidenti, grazie.
CAPITOLO
7:
GIOCHI DA
RAGAZZI
Ormai tutti avevamo rinunciato a
tornare nelle nostre camere, per quella notte. Così a Ryu venne una fantastica
idea. “Perché non organizziamo qualcosa? Tipo.. un gioco..” Tutti lo guardammo
straniti. Che cosa voleva dire? “Giusto!” concordò Yuffie “Tanto è meglio stare
tutti insieme che non da soli, vero?”
Tutti annuimmo con felicità, ad eccezione di Seifer, che sembrava dell’idea
contraria. Leon si alzò strizzandoci l’occhio. “Torno subito!” Ci disse. Dopo
cinque minuti tornò con una serie di bottiglie di birra e alcolici vari,
causando la felicità totale di molti di noi e riuscendo anche a tirare su il
morale persino a Seifer. “Allora!” Disse Ryu. “Perché non facciamo il gioco
della bottiglia?” Mi andò giù di traverso un po’ di birra che stavo bevendo.
“Ma sei impazzito?” Gli dissi. “Piuttosto, giochiamo al gioco della verità!”
Tutti annuirono, persino Seifer, che ormai doveva essersi rassegnato. “Beh,
allora comincio io!” Disse Ryu. “La mia domanda è rivolta a tutti! Parlate
della vostra prima volta!” Alcuni di noi arrossirono. Cominciò Clonne. “Io.. è
stato con un’insegnante più grande.. l’anno scorso.. avevo sedici anni. Quanto
mi piaceva quell’uomo! Pensate che io ero appena diventata prof. … ed ero
pronta a mettere in discussione tutto per lui!” Noi ragazze ascoltavamo
estasiate, dopotutto era una storia romantica, i ragazzi si aspettavano qualche
dettaglio piccante.. ma Clonne li lasciò con un palmo di naso. Poi fu la volta
di Ryu. “Signori e signore, io ho fatto la domanda e quindi non devo
rispondere!” Lo guardammo scocciati. Ma sapevamo tutti com’era fatto Ryu,
quindi non scendemmo in particolari. Fu la volta di Leon. “Hey biondino.. non mi dire che sei riuscito
a concludere qualcosa?” Disse Seifer. Leon fece una strana faccia, poi, senza
calcolarlo minimamente, cominciò a raccontare. “E’ stato con una mia coetanea a
Trabia, a tredici anni. Dopo aver sciato, nella neve.” “Chissà che freddo.” Intervenne candidamente
Yuffie. Seifer aveva una faccia sconvolta. Io dal canto mio non ero poi così
tanto preoccupata, l’avevo capito subito che Leon era esperto, in certe
cose. Toccò a Yuffie. “Ragazzi… io non
posso rispondere a questa domanda…” Seifer tirò un sospiro di sollievo. In
fondo era pur sempre il fratello maggiore. “E’ troppo personale…” Disse Yuffie.
Seifer per poco non si strozzo con un sorso di limoncello. Tutti guardammo la
faccia rossissima di Yuffie, ma non volemmo andare oltre. Yuffie aveva sedici
anni all’anagrafe, ma diciamo che mentalmente la questione era un po’ diversa.
Toccava a me. “Ragazzi…” Cominciai, un po’ imbarazzata. Seifer mi mise una mano sulla spalla. “Beh.. io.. è
stato ieri sera..” Tutti guardarono stupiti me e Seifer, che intanto ci eravamo
scambiati un dolce bacio sulla guancia. Yuffie non poté fare a meno di
uscirsene con una delle sue. “E con chi
è stato?” Tutti scoppiammo a ridere. “Mi sembra ovvio!” Le disse Leon, tra le
risa. “E’ stato con Seifer!” “Sei perspicace, biondino..” ironizzò Seifer.
“Guardate che Eve l’altra sera è uscita con Leon… volendo poteva essere stata
con lui!” Tutti smettemmo di ridere. Io e Leon arrossimmo fino alla punta delle
orecchie. Seifer aveva una faccia piuttosto truce, ma si trattenne. Perché ora
toccava a lui. “Beh… io non so se sia il caso di dirlo…” Leon ne approfitto per
lanciargli una frecciatina. “Alla veneranda età di ventidue anni, ieri sera,
con Eve, e per poco non facevi cilecca!” Seifer lo colpì con un pugno
scherzoso, reggendo la bottiglia di birra nell’altra mano. “No, imbecille! E va
bene! La prima volta l’ho fatto a sedici anni con Rinoa!” Lo disse tutto d’un
fiato. Non ci rimasi poi così tanto male. Sapevano che erano stati insieme.
Continuammo con le domande del gioco della verità per circa mezzora, fino a
quando non ci vennero più idee. “Giochiamo al gioco del re!” Propose Clonne,
tirando fuori sei bastoncini. Il gioco del re è semplice. Si gioca in tanti, e
ad ognuno capita un bastoncino contrassegnato da un numero, tranne ad uno, che
si trova con il re in mano. Quello può dare un ordine agli altri numeri della
squadra, senza però conoscerne l’identità.
Eravamo tutti un po’ in gatta, quindi accettammo di buon grado. Iniziò il primo turno. Il re fu pescato da
Ryu. Tutti ci aspettavamo qualcosa di terribile. Di fatti… “Allora, il re
comanda che il numero scelto dovrà andare dalla proprietaria del Motel e dovrà
dirle in faccia che è una cicciona tirchia!” Deglutì un sorso di Vodka. Non
sembrava un ordine così terribile, per noi che eravamo completamente fatti di
alcol. Solo Seifer era lucido, perché evidentemente lo reggeva meglio di tutti
noi messi insieme. “Il numero scelto è
il 3!” Clonne si alzò in piedi. Il tre era lei. Fece un sorrisino, poi si avviò
con il suo passo regale verso la porta. Dopo qualche minuto tornò con aria
compiaciuta. Era stato così facile… non sembrava vero. La Clonne che
conoscevamo noi non avrebbe mai osato tanto. Ma si sa, l’alcol fa miracoli. O
porta sventura. Un altro turno. Il re
era Seifer. “Va bene ragazzi.. io propongo.. ordino.. una caccia al tesoro! Ci
divideremo tra maschi e femmine, e, al mio via, andremo per l’Hotel a cercare
mutande maschili, le donne, e reggiseni, i ragazzi. Tra un quarto d’ora Ci
ritroveremo qui.. e chi avrà trovato più oggetti riceverà in premio le mutande
o i reggiseni della squadra perdente!” Tutti annuimmo. Sembrava
divertentissimo! Seifer diede il via.
Al termine del quarto d’ora noi avevamo trovato quindici mutande, mentre
i maschi dodici reggiseni. Avevamo
vinto! I maschi si ritirarono in bagno, e dopo poco ne uscirono con in mano due
boxer.. e uno slip. Chi portasse gli slip era un mistero… ma rimaneva il fatto
eccitantissimo che i maschi, sotto i pantaloni.. non avevano nulla! Noi ragazze
facevamo battute in continuazione, a proposito. Io ormai ero completamente
andata. Ridevo come un’oca, bevevo come una spugna e facevo battutine a Seifer
in continuazione. Addirittura arrivai a chiedergli se potevo slacciargli i
calzoni… ero completamente in gatta. Anche gli altri sembravano aver alzato
parecchio il gomito. Seifer rimaneva comunque lucido, nonostante tracannasse
Tequila come una spugna. Io ridacchiavo, chiamandolo “Il vecchio bevitore” o
con altri nomignoli simili. Ero completamente fatta. Altro turno. Il re era Yuffie. Conoscendola mi immaginavo
qualcosa di incredibilmente candido.. ma mi sbagliavo. “Il numero cinque tolga
un indumento al due!” Il due ero io.
“Chi è il fortunato?” Chiesi languidamente. Leon deglutì. “Emh… sono io…” Io
sorrisi maliziosa. Seifer fece una strana faccia, sconvolto. “Allora, che cosa
mi vuoi togliere? Il reggiseno, le mutande o la giacca?” Gli dissi,
mostrandogli la lingua. Lui era imbarazzato, soprattutto vista la presenza di
Seifer, che lo guardava truce. Che cosa mi avrebbe tolto? Non di sicuro le
mutandine. Se mi avesse tolto la giacca sarei rimasta in biancheria. Così optò
per il reggiseno. Io sbuffai. “Uffaaa! Ma così non mi si vede nulla! Dai
toglimi le mutandine!” Presi la sua mano e la appoggiai sopra l’orlo laterale
delle mutande. “Non ci pensare neppure!” Urlò Seifer. Era nervoso. Io lo
stuzzicai. Mi gettai verso di lui, strisciando il corpo sopra il suo. “E dai..
Seifer.. pensa se per sbaglio.. o di propria spontanea volontà facesse PALP
PALP mentre mi sfila il reggiseno! Non sarebbe bello!” Seifer sbuffò. Ma il gioco del re era il
gioco del re. Quindi Leon dovette ubbidire. Sorrisi. “Avanti… sfilati le
maniche, altrimenti con la giacca non ce la faccio..” Mi disse Leon
nervosissimo. Feci come mi aveva detto. Cominciò a slacciarlo sul retro. Poi lo
sfilò davanti. Io mi mossi apposta. “Seifer!” Urlai. “Seifer, Leon mi ha
toccato le tette! Ha fatto PALP PALP!”
Seifer colpì la testa del povero Leon con la bottiglia, mentre il
poveraccio mi restituiva il reggiseno. “Ci sarà da palpeggiare, su quella
pianura..” Scherzò Yuffie, senza farsi sentire. Altro turno. Il re ero io. Tutti tremarono, in un certo senso…
“Ok!” Urlai io, con una faccia da pazza furiosa. “Io ordino che il numero uno
palpeggi le tette del numero quattro.. e se il numero quattro è un maschio che
gli tocchi… qualcos’altro!” Yuffie trasalì. “Ragazzi.. il numero quattro sono
io.. chi mi deve palpeggiare?” Silenzio di tomba. “Avanti… il fortunato si
faccia aventi!” Dissi io. Tutti cominciammo a guardare i nostri bastoncini. Poi
il prescelto si fece avanti. “D’accordo… l’uno sono io…” Disse Seifer. Yuffie
tirò un sospiro di sollievo. “Fortuna che sei tu…” Seifer si incazzò parecchio
“Come sarebbe fortuna che sei tu?” Io sorrisi maliziosamente. “Andiamo Seifer…
non mi dire che ti ecciti a palpeggiare tua sorella?” Gli dissi. Lui sia avvio
sconsolato verso Yuffie. E cominciò a toccargli le tette. Yuffie è molto
abbondante, nonostante sia magra. Io ero divertita dalla scena. Dopo qualche
palpeggiata Seifer smise, tirando un sospiro di sollievo. Io mi ci buttai
addosso. “Non mi dire che il tuo fratellino
si è risvegliato per toccare le tette di tua sorella?” Tutti scoppiarono a
ridere. Seifer era rosso fino alla punta delle orecchie. “Per favore Eve.. un
po’ di contegno!” Mi supplicò. Per tutta risposta io lo stuzzicai ancora di
più. “Andiamo Seifer… scusa ma se ti ecciti per così poco, se ti dico che puoi
tranquillamente palpeggiarmi il sedere.. e quant’altro vuoi.. cosa fai..
esplodi?” Gli chiesi, mettendogli una mano sulla parte alta della coscia. Poi
ancora altro turno. Il re era Clonne. “Il numero quattro faccia un tango
passionale con il numero tre!” Io ero euforica. “Che bello, si balla! Sono il
tre, chi è il quattro?” Ryu si fece avanti. “Io madame…” Ryu era fuori almeno
quanto me… senza considerare che è un perfetto maniaco.. Seifer cominciò a
preoccuparsi seriamente. Ci mettemmo in
posizione per il tango. “Sono sexy?” Gli chiesi. “Einchentè…” Mi rispose lui,
in vena di francesismi. “Di pure Eccitè!”
Disse Seifer, fra i denti. Cominciammo a ballare, mentre gli altri
imitavano la musica battendo le mani. Ma proprio sul caschet.. ci fu un piccolo
incidente.. di fatti, a causa dei miei movimenti bruschi e confusi
dall’ebbrezza dell’alcol, cascai per terra, strappando l’apertura in velcro
della giacca, ritrovandomi completamente nuda! Seifer con un balzo mi saltò
addosso, coprendomi con il suo corpo. “Tu sei solo mia…” sussurrò al mio orecchio, come mi piaceva
tanto. Yuffie, vedendoci così, prese la parola. “Io do un ordine speciale!
Seifer e Eve, approfittando della situazione complice, devono fare l’amore qui,
subito, sul pavimento, di fronte a tutti noi. “Ya-hooo! Yuffie facci sognare!” Dissi io. Seifer si
portò una mano alla testa. Poi mi allacciò la giacca. “Non se ne parla neppure!”
Disse. “Uffa Seifer! Non sono sexy? Ma perché mi vesti, e dai, mettimi un po’
le mani addosso! Ho voglia di te!” Dissi io. Completamente andata. Brilla al
limite della sopportazione. Seifer si alzò in piedi. “Yuffie hai infranto il
regolamento! Come punizione adesso ti chiudo in bagno, così non fai danni!”
Detto questo Seifer spinse la povera sorella dentro il bagno. Purtroppo, con la
complicità dei nostri amici ubriachi,
dopo poco, ci finimmo noi, chiusi nel bagno. Un bagno molto piccolo,
come quello di un aereo. Seifer era molto imbarazzato, dopotutto si trovava
completamente schiacciato tra quattro mura, in compagnia di una tigre ubriaca
qual ero io. Per sbaglio mi sfiorò una
coscia. “Seifer!” Urlai io istericamente e maliziosamente. “Ma cosa fai? Ma
dove tocchi? Nooooo smettila… dai… uff.. si.. così mi piace!” Lui non mi stava
sfiorando. Invano tentava di chiudermi la bocca, ma io ero troppo calata nella
mia interpretazione. Gli altri aprirono la porta, convinti di beccarci in
fragrante. Così potemmo sfuggire. Io non ero mica così contenta. “Adesso
basta!” Urlò Seifer. Doveva essere nervosetto.
Ryu gli mise un braccio intorno alla spalla. “E dai Seifer! Tanto ti
stai divertendo anche tu! Ecco guarda, bevi un po’ di tequila che magari ti fa
bene!” Gli disse, porgendogli una bottiglia piena. Seifer ne bevve un lungo
sorso. Non so se lo face per fare un favore a tutti noi o perché quella tequila
era stata il colpo di grazia, ma stette al gioco per un altro turno. Il re era
lui. “Va bene… pensiamo a qualcosa di abbastanza spinto e che mi permetta di
tenervi lontani dalla mia Eve… a si!” Si avviò verso la porta e spense le luci.
“Ok..” ricominciò, nel buoi pesto. “Gli ordini del re sono questi. In cinque
minuti dovremo trovare il nostro rispettivo partner. Qualsiasi cosa è permessa
per riconoscerlo. Yuffie e Leon fanno coppia. Pronti?” Subito dopo cominciammo
a sparpagliarci per la stanza. Era divertentissimo. Buio, alcol e i nostri
migliori amici. Un mix fantastico per
una serata all’insegna del divertimento perché in fondo siamo ragazzi.
E ci divertiamo così. Cominciai a cercare Seifer in mezzo alla
stanza. “Hey, chi mi sta toccando il sedere?!” Urlò Seifer. “Ops.. scusa, ho
sbagliato..” Disse Ryu. Era incredibile
come ci si potesse mischiare, in quel buio. Qualcuno mi tastò il petto. “Sei
Leon?” Chiese Yuffie. Io mi allontanai senza dire una parola. Va beh che sono
piatta, ma scambiarmi per un uomo. Poi andai a sbattere contro qualcuno.
Qualcuno a torso nudo. Lo abbracciai. “Dimmi qualcosa nell’orecchio..”
Sussurrai. “Ti amo..” Mi disse quello, mordicchiandomi il lobo. Seifer. L’avevo
trovato. Solo lui sa parlarmi così. Solo lui sa sussurrare così bene. Lo
sentivo così vicino, in quel buio. Sentivo benissimo il suo calore. Una
ragazza, non so bene chi, ci urtò con violenza. Noi finimmo per terra, l’uno
sopra l’altra, e cominciammo a baciarci appassionatamente. Seifer mi slacciò
pian piano la giacca, accarezzando con dolcezza il mio seno. Che bellezza,
stare così tra le sue braccia. Poi accesero la luce. “Il re e la regina si sono
dimenticati lo scopo del gioco..” Disse Ryu, ridacchiando. Yuffie propose di
lasciarci in pace. Ma proprio in quel momento qualcuno aprì la porta. “Ma che
state facendo!” Urlò la padrona del locale, che era appena entrata. “Prima
arriva ‘sta stronza e mi da della cicciona, poi fate un baccano infernale,
adesso entro e vi trovo completamente ubriachi a fare cose oscene!” Leon le
rifilò un biglietto da mille. “Continuate pure.” Disse quella, uscendo dalla
porta. “Credo che sia il caso di tornare in camera..” Disse Clonne,
massaggiandosi le tempie. Tutti annuimmo. Seifer ed io tornammo in camera per
primi, portandoci dietro la bottiglia di tequila. Una volta in camera io mi
buttai sul letto. Ed estrassi qualcosa dalla tasca interna della giacca. Un
paio di boxer neri. “Le mie mutande!” Fece Seifer, gettandosi
verso di me. “Ridammele!” Mi disse, scherzoso. “Puoi anche farne a meno…” Gli
risposi io. Alle tre di notte mi alzai.
Midi: Bittersweet Romance
Dovevo andare in bagno a vomitare. I segni della sbronza erano chiarissimi, avevo anche un
fortissimo mal di testa. Mi guardai allo specchio. Carina, no c’è che dire.
L’immagine della salute. Sorrisi. Nessuno mi avrebbe potuto paragonare a quello
scheletro a cui mi ero ridotta nel periodo di allenamento. Ero ingrassata di un
paio di chili, e ciò mi aveva giovato al viso. Quando ridevo mi si formavano
delle piccole fossette sulle guance, ora. Mi piacevano. Ero proprio la perfetta
adolescente. Che si diverte con gli amici in feste da sballo, ha un ragazzo
stupendo ed è anche carina. Mi sedetti ai bordi della doccia guardando il cielo
stellato dalla finestrella del piccolo bagno. Il cielo. In fondo, nemmeno
Deling City, ha un brutto cielo. Il cielo stellato è sempre lo stesso, sovrasta
onnipotente tutto il mondo. Mi sentivo felice. Avevo completamente dimenticato
tutte le cose spiacevoli della mia vita. Mi addormentai tranquilla con il
sorriso sulle labbra, pensando a me stessa. Che bella la giovinezza. Che bello
essere adolescenti e non avere problemi. Ma nel dormiveglia molte cose si
scordano. Si accantonano per un secondo.
L’alba. All’alba ritornano. Ritorna Rinoa, Squall, il Garden, I
Guardiani. E l’infelicità. Solo una cosa se ne sarebbe andata, in quella
mattina del primo giorno di ottobre. La nostra giovinezza, dopo il suo apice.
CAPITOLO
8:
TUTTO PRECIPITA.
Midi: Terra
Seifer aveva il viso illuminato
dai raggi arancioni del crepuscolo. Cinque del pomeriggio. Primo ottobre. Il
suo viso rifletteva un po’ anche i nostri. Come se lacrime invisibili
solcassero piano le sue guance, e scivolassero, ancora calde, sugli angoli
inclinati verso il basso delle sue labbra. Tutti i nostri visi erano così.
Sinceramente tristi. Yuffie piangeva. E pensare che due ore prima eravamo
entusiasti, avevamo avuto un sacco di informazioni su dove trovare conoscenze
di Rinoa. Due ore prima. Prima che ci giungesse quella notizia. Rinoa.
Artemisia. Non ci potevo credere. Due del pomeriggio. Il Garden aveva cessato
di esistere. Un attacco missilistico ordinato dalla strega Rinoa, suprema
governatrice di Galbadia, aveva raso al suolo la nostra amata scuola. Non erano
neppure riusciti ad attivare il dispositivo di emergenza. Cinquecento vittime, perlopiù matricole. Il
preside era rimasto gravemente ferito, ed insieme a lui, almeno altre seicento
persone. La quasi totalità del Garden era in condizione di non poter aiutare.
Rimanevano sani solo circa trecento studenti, tra cui Zell, Quistis e Irvine,
che si dividevano tra infermeria.. e recupero dei cadaveri. Sotto le macerie
del Garden, ancora un paio di centinaia di studenti, non si sa bene se vivi o
morti. Ore quattro del pomeriggio. Invasione del Garden da parte dei soldati di
Galbadia. Cinquecento cadetti, armati e dotati di mezzi pesanti, erano stati
mandati a finire ciò che era rimasto del Garden. Cioè un’ala della mensa, qualche stanza del dormitorio e
l’infermeria. Altri decessi tra i feriti che necessitavano di cure mediche.
Almeno cinquanta persone. E altrettante se ne erano aggravate, perché avevano
tentato di resistere all’attacco. Ore quattro e mezza. I sopravvissuti del
Garden, tra cui per fortuna ci sono anche Zell, Quistis, Irvine, Selphie (che
comunque è impossibilitata a fare tutto a causa di una gamba rotta), Cid e sua
moglie, si sono rifugiati nella caverna di fuoco. Altri, guidati da Shu e Nida,
hanno trovato riparo sulle montagne, dove, grazie all’ausilio della dottoressa,
stanno tentando di rinsanire i feriti. In tutto poco più di novecento persone.
Ciò che rimaneva delle mille e seicento che si trovavano in quel momento al
Garden. Un massacro. E i restanti potevano essere scoperti da un momento
all’altro dai Galbadiani. Come potevano, duecento persone, con settecento
feriti a carico, tenere testa ad un esercito? Era stata una carneficina.
Quistis ci aveva avvertito via radio. Ora era una lotta contro il tempo.
Dovevamo trovare Rinoa, convincerla a ritirare l’ordine di massacrare i SeeD,
oppure.. ucciderla.. tutto prima che l’esercito scoprisse i nascondigli del
Garden. Eravamo sconvolti. Loro.. i nostri amici.. nuotavano nel sangue.. e
noi.. salvi.. a
Deling City. Era tutto nelle nostre mani. Ma
cosa potavamo fare? Non sapevamo neppure da che parte cominciare. Oltretutto,
neppure noi eravamo in una buona posizione. L’area di Deling City in cui ci
trovavamo ora, era infestata dai mostri. Cinque e mezza. Mi ricorderò per
sempre quest’ora. La mia vera crisi. Incontrammo un Grendel selvatico, di
grossa stazza, e di alto livello. Cominciammo ad attaccare. Volevo
assolutamente ucciderlo. Le zanne di Grifone, che si ottengono dai Grendel,
erano l’unica cosa che mi mancava per raggiungere il mio sogno. La Leonheart.
Quella stupenda arma. Ma quello non
capitolava sotto i nostri colpi, anche se si facevano sempre più insistenti.
Ora non potevamo neppure fuggire. Le sue zannate solcavano tremende l’aria,
fendendo spesso la nostra pelle. E lui non sembrava risentire della
stanchezza. La sua corazza, così
lucida, inscalfita, nonostante i miei continui attacchi. Era un affronto. Il sangue mi ribolliva
nelle vene. E non fa bene ai nervi. Ogni codata del mostro era come se mi
uccidesse. Le mie ossa, il mio
scheletro, nulla mi rimaneva per sconfiggerlo. Solo la mente. Come al
solito. Tentavo invano di continuare a
combattere, di tenere duro. Ma c’era un’unica soluzione. E io lo sapevo. La
stessa, maledetta, unica soluzione.
Sorrisi rassegnata, sputando un po’ di sangue amaro per terra. Mi alzai
dalla mia posizione, distendendo le ginocchia prima piegate sotto il peso della
lama della mia GunBlade. Alzai al cielo la mia spada, con una sola mano. Come
brillava sotto la luce del crepuscolo. La lama nera della mia Crime And
Penality. Chissà che bell’effetto avrebbe fatto, quella azzurra della Leonheart.
Fu con la lama azzurra in mente che invocai. Scandendo bene la formula. Nessuno
potava più fermarmi, ora. Nemmeno Seifer. Gli occhi dei miei compagni erano
sbalorditi. Con la lama fendetti nuovamente l’aria. Così. Per mandare meglio
alla carica Eden. Proprio Eden. Forse
fu un suicidio. La Guardiana dall’invocazione eterna. Un lento strazio, per il
nemico. Eden cominciò a colpire ripetutamente il corpo del nemico con sinuosi
movimenti, mentre io la supportavo. Tutti
gli altri stavano ad almeno cinque metri di distanza da me. Distanza di
sicurezza. Non per la bestia. Non per i frammenti di palazzi che cadevano come
stelle comete, sotto la forza dei colpi della Guardiana. Non per il Grendel ridotto in macerie. Non
capivo. Stavano lontani da me, forse? Se solo Seifer avesse trovato la forza di
venirmi vicino. Lo sentivo urlare. Sentivo la sua voce calda e strozzata dal
dolore di qualche ferita, ma non sentivo lui.
Solo le sue mani avrebbero potuto interrompermi. E invece pensava che con uno “Smettila Eve!” avrei interrotto
l’invocazione? No, non l’avrei mai fatto. A costo di dimenticare. A costo di
soffrire. Eccola la crisi. Vieni Guardiana bastarda, vieni, appropriati
della mia memoria, dei miei ricordi. Vieni, divora la mia mente, lasciane gli
avanzi. E dammi la forza per combattere. Cibati di me e distruggi il mio
avversario. Distruggi tutto ciò che c’è di umano in me. Distruggi questo
soldato, questa bestia. Distruggimi. La ferita sulla spalla, forse per la
tensione nervosa, mi si riaprì in una cascata di sangue. Poi altre piccole
ferite mi lacerarono il corpo. Non solo la mia testa era dolorante. Tutta me
stessa voleva partecipare alla crisi, stavolta. Vieni pure, nutriti di me,
fammi tua, non ho paura. Vieni belva sovrumana, vieni a staccare la testa di
questa tua simile. Che non sono altro che IO. Vieni a cibarti di Eve Talabis,
bestia, vieni, ti do me stessa, per un pugno di zanne di grifone. La crisi
andava avanti, tremenda e inarrestabile, così come l’invocazione di Eden. Il
mostro non reagiva più. Cadavere. Era un ammasso di pelle, una carcassa senza
vita. Ma io continuavo a percuoterla, con la mia Eden. Oh mostro, Oh Grendel, perché sei perito così presto? Non volevi
rimanere a vedermi giocare? Dov’è la tua anima? La bestia ha divorato anche
quella? Che ingorda. Oh Grendel. Riposa in pace. Spero che potrai vedere il tuo
carnefice soffrire. Perché io sto soffrendo, Grendel, ora arriveranno i
Ricordi. Di nuovo quella strana sensazione di sovrapposizione delle
immagini. Ora vedevo mio padre. Mio padre che, con la sua solita sigaretta in
bocca, lucidava le armi. Mio padre che, la sera, mi raccontava le storie che
risalivano alla guerra della strega. Mio padre che, dopo che mi ero intrufolata
nel JunkShop, mi veniva a prendere e mi metteva a letto. Mio padre… ora vedevo
tutto con i suoi occhi. Vedevo la nonna da giovane, con lui tra le braccia.
Vedevo le sue prime armi. Vedevo mia madre il giorno del loro matrimonio, nel
suo bozzolo di stoffe da sposa. Vedevo mio padre che apriva la saracinesca del
suo primo JunKShop. Vedevo me, da piccola, un fagottino tra le sue grandi
mani. E poi vedevo.. i miei capricci, e
ancora io che ridevo, o io con Komo.
Solo io, nei suoi pensieri. Poi vedevo il mio volto piangere.. sopra la
sua bara. Papà… anche allora mi vedevi? E
ora mi vedi? Vedi come sono ridotta? Non guardarmi papà, faccio schifo. Sono
una bestia. Ho le mani nodose e corrose dal sangue. Mastico tabacco e sputo il
sangue dei miei nemici. Lustro solo le medaglie. Ho quattordici anni papà. E
sono già un vecchio soldato? Come stai papà? Ti piace Seifer? Lui ha catturato
il cuore di questa tua vecchia bambina. Oh Seifer. Mi sta chiamando. Mi
dispiace papà. Devo andare. Fuori mi aspettano. Non credo che ti ricorderò mai
più. Felice di averti rivisto, papà. Ma
non mi chiedere di salutare mamma, tanto me lo dimentico. Ti saluto papà, torno
da Seifer. Addio papà. Ti voglio bene.
Mi gettai per terra. Dimenticato.
Qualcosa era stato dimenticato. Cosa? Seifer si avvicinò a me, con aria
preoccupata. Leggevo lo stupore nei sui occhi. Mi prese le spalle, poi cominciò a parlare. “Mi avevi promesso
di non rifarlo! Perché Eve!” Me lo scansai di dosso. E mi alzai in piedi.
Ancora coperta di sangue. Ancora accecata dall’emicrania. Ancora divorata dalla
Guardiana. Seifer sgranò gli occhi. Non poteva credere a ciò che vedeva. Anche
gli altri erano stupiti. Yuffie cercò di avvicinarmi. Ma venne respinta.
Da una forza molto più grande di lei.
Da una forza molto più grande di me. Da me.
Leon fu l’unico a riuscire ad avvicinarsi. Mi toccò una spalla, e io mi alzai.
Non so come. Non so come successe. Ma lo guardai in viso. Ero alla sua stessa
altezza. Lenta metamorfosi. Leon mi
si avvicinò ancora un po’. Non era
stupito, per quello che mi stava accadendo. “Il tuo viso.” Mi disse “E’
scarno.” Lo toccai con una mano. Sentivo i solchi. Ma com’era possibile. Se
solo prima ero bella paffuta! Ali
d’angelo. Qualcosa mi strappò le
vesti sul retro. Due ali. Ali d’angelo. Non ci potevo credere. Anche Seifer si
avvicinò. Capiva. Mi appoggiò una mano
sulla spalla. Un dolore lancinante al
petto. Qualcosa mi perforò il petto. Proprio così. Tra i seni si era appena
formato un immenso solco. Bagnati di
sangue, ne uscirono due anelli. Poi il solco si richiuse, lasciando fuori solo
i pendagli. Come se fossero destinati a diventare per sempre parte della mia
carne. “Che cosa mi succede?” Chiesi, cercando aiuto negli occhi di Seifer.
Quello mi sorrise. “Sei entrata in Limit Break, piccola. Lo so, è terribile, ma
è il momento in cui il potere raggiunge l’apice.” Dunque era questa la famosa
Limit Break? La mia spada era ora una Leonheart. Ma quello stato in cui mi
trovavo.. era qualcosa che andava al di là dell’uso di normali Tecniche
Speciali. Qualcosa che andava al di la persino del cuore di pietra.
Avvertì una lama fendere l’aria.
Mi voltai. La luna si confondeva con il sole, creando un paesaggio azzurro-
rosato. Sotto quella fioca luce, le
nostre ombre erano ormai tutt’uno con quelle di Squall e Rinoa, dietro di noi.
La ragazza mi salutò con un cenno della mano, sollevando in aria il suo Shoting
Star. Mi sorrise, con malignità. Strinsi gli occhi. Poi lei prese la parola,
avvicinandosi a me di un passo. “Allora,
piccola Eve, non sono straordinari i poteri della strega?”
La mia Limit Break. Non è tutt’altro.
Che magia. Sono una strega. E queste sono le mie ali.
CAPITOLO FINALE:
MAYBE
I’LL BE A LION.
Midi: Jenova Absolute Piano
Strega. Strega. Strega. La
parola, è già tremenda di suo. Odiata, temuta da tutti. La strega ha sempre
abitato nella mente degli uomini, tormentandoli, da quando esiste la terra.
Discendente del Grande Hyne, non sei altro che un’intoccabile. Qualcuno che se
non fosse nato sarebbe stato molto meglio. Donne bruciate, donne condannate,
donne sigillate. L’unica loro colpa, aver ricevuto i poteri di strega in tenera
età. O per discendenza. Non volevo quel potere. Non mi serviva. Mi avrebbe
uccisa. Quel potere, il potere della strega, era di troppo. Ma quando, quando
lo ero divenuta?
Guardai Rinoa negli occhi. Poi
sguainai la mia GunBlade dall’elsa. Lo stesso face Seifer. Leon guardava la
scena, consapevole di tutto. Non riuscivo a capire. Come poteva sapere tutto,
quando io stessa non sapevo nulla? “Quando? Quando è successo? Chi è stato? Chi
mi ha trasferito i suoi poteri?” Gridai verso Rinoa. Quella mi sorrise.
Malignamente. “Sei come me piccola. E’ Artemisia che ti parla. La strega del
futuro.” Tutti guardammo Rinoa. O meglio, Artemisia. “Quest’anima, l’anima di
Rinoa, si sta contorcendo dentro di me… sta soffrendo..” Guardai Squall.
Nessuna reazione. Doveva essere sotto qualche incantesimo. Anche Seifer stava
guardandolo. Nei suoi occhi leggevo la disperazione. Lo capivo. Il suo eterno
rivale, il suo migliore amico. In quello stato. Nessuno avrebbe potuto
accettarlo, tanto meno Seifer. Rinoa
ricominciò a parlare di me. “Sei come me, piccola Eve, devi accettarlo. E’ come
se ci avessero separate alla nascita. Siamo nate streghe.” Scrutai gli occhi di
Rinoa. Stavo per piangere. Io.. nata strega? Io.. da sempre così? Forse.. il
mio desiderio di uccidere… sono forse una strega malvagia? Signore… dimmelo.
Signore.. salvami. Angelo alato, riprendimi tra le tue braccia… ho capito
perché non puoi più toccarmi, angelo. Moriresti. Rinoa ricominciò “Un unico
essere! La strega suprema! Ecco ciò che siamo! Ecco ciò che siamo! Eve… lo sai
il significato del tuo nome? Del nostro nome? Io.. Artemisia.. quando ero
un unico essere.. assieme a te.. ci chiamavamo così.” Strega dalla nascita. E
oltretutto un unico essere con Artemisia. Eve.
Sono un mostro? “Eve…” ricominciò la ragazza “io e te.. tanto tempo fa, nella
dimensione senza tempo, in uno dei tanti futuri dove la compressione temporale
ha avuto successo, siamo nate dall’unione di una Guardiana della forza e di un
Cavaliere della Strega..” Bastarda. Non ero altro che una bastarda. Metà umana,
metà Guardiana. Una strega in definitiva. “Eravamo l’unica figlia dei due, e ci
chiamarono Eve. Dalla Genesi. Eve è la madre di tutti gli uomini. Strana
coincidenza del destino. Sai cosa succedeva, in un altro futuro?” Leon si fece
scuro in viso. “In un futuro parallelo, nasceva un altro incrocio tra un umano
e una Guardiana. Fu chiamato Adam, e noi due, o meglio, Eve, saremmo dovute
unirci a lui, per dare il via ad una nuova specie, che avrebbe dominato il
mondo. Streghe e Cavalieri perfetti, segnati dal destino dalla nascita. Hai
capito, Eve? Ma il grande Hyne non volle. Così fece la cosa più tremenda che
una divinità può fare. Uccise i nostri genitori e quelli di Adam, poi, accecato
dall’ira, per aver osato mettere in discussione la sua supremazia, ci diede una punizione molto peggiore della
morte. Chiamò il guardiano del tempo.” Rinoa sorrise a Leon. “E’ Leon il
guardiano del tempo! Capito? Comunque, una volta chiamato questo Dio, gli fece
fare il lavoro sporco. Te la ricordi quella notte, Leon?” Leon alzò gli occhi
al cielo. Poi guardò Rinoa. “Si.. ricordo..” Le disse “Mi ricordo benissimo.
Quella notte, mentre Adam e Eve dormivano, gli separai in due unità diverse.
Chiamai una Artemisia, la metà malvagia, e la spedì nel futuro. L’altra la
chiamai Eve, la metà buona, e la spedì nel passato. Eve e Artemisia erano due
streghe. Poi divisi Adam. In due ragazzi… due cavalieri.. ma purtroppo..
sbagliai i miei calcoli.. e li spedì nello stesso tempo, in un passato di soli
otto anni precedente quello di Eve. Uno era.. Squall Leonheart.. l’altro..
Seifer!” Guardai il mio ragazzo. Era sconvolto. Alzò gli occhi al cielo, poi
sorrise, rassegnato. Prese la parola “Chi è la metà malvagia di Adam?” Leon lo
guardò intensamente “Sei tu.” Rinoa si mise a ridere sguaiatamente. “Che bel
quadretto! Purtroppo è successo un piccolo disastro, e io, sono stata uccisa da
questa cretina della quale ora ho il corpo, e dal suo ragazzo, una metà di
Adam. E sai perché?” Perché volevo una compressione temporale.” Io la guadai,
poi presi la parola “Mi cercavi? Volevi riunirti a me?” Rinoa sorrise “Si,
piccola, volevo la mia metà. E guarda come mi sono ridotta. Sono uno spirito
inorganico che vaga per lo spazio tempo alla ricerca di un corpo da poter
usare. E guarda chi ho trovato? La piccola Rinoa, questa imbecille che non è
assolutamente consapevole del suo immenso potere. Così l’ho usata. Era tutto
premeditato. Ho fatto scoppiare io la guerra. Tutto per richiamarti a Deling
City. Sotto l’arco di trionfo. Perché questa è la nostra Arena. L’unico posto
dove posso riunire i nostri corpi. Ora capisci?” Si, capivo. “Ti vuoi riunire a
me? Saremo bellissime e invincibili, e anche Adam, lui.. sarà il nostro amante,
il nostro cavaliere. Per sempre. Potremo dare il via ad un'altra compressione
del tempo. Lì sopravviveremo benissimo. E daremo il via alla nostra stirpe, di
cui noi e Adam saremo re e regina. Devi solo prendere la mia mano. E quella del
tuo cavaliere deve prendere la mano del mio.” Rinoa allungò le sue mani verso
di me. Sentivo una forte energia spirituale provenire da esse. Un’energia
inconfondibile. L’energia dei
Guardiani. Dio, era come una calamita. Istintivamente allungai una mano. Ma
qualcosa mi prese alle spalle. LEON.
Bellissimo, Leon. I capelli
lunghi lungo il viso erano scompigliati da uno strano vento caldo, e anche lui
brillava di un’aura tutta particolare. I suoi occhi erano gelidi e caldi allo
stesso tempo, la sua bocca carnosa inclinata verso il basso, semiaperta. I suoi
zigomi erano dorati da una strana abbronzatura color caffelatte, che non avevo
mai visto prima. Era come un Dio. Un
bellissimo Dio, che con la sua immagine perfetta ti acceca in un bagliore naturalmente splendido. Mi
parlò: “Vuoi andare? Non vuoi rimanere con me? Vai da lei?” Scossi la testa.
“Tu cosa scegli Seifer?” Mi rivolsi al mio ragazzo. Lui guardava intensamente
Squall, come se stesse scrutando la sua immagine riflessa su uno specchio
d’acqua. Stessa espressione. Stesso sfregio. Stessi ciuffi ribelli che
ricadevano sugli occhi, di due tonalità poco diverse d’azzurro. Erano simili.
Persino lo stesso splendido corpo, anche se Seifer era leggermente più alto di
Squall. Si somigliavano. Seifer alzò il palmo della sua mano e immediatamente
Squall ripeté il gesto. Come uno specchio. E questo Seifer non lo accettava.
Loro erano luce ed ombra. Tutto o nulla. Bianco e nero. Come potevano
somigliarsi? In fondo, anche se avevano le stessa cellule nel corpo, le
particelle celebrali di ognuno di loro due erano molto diverse. Dopotutto erano
due metà completamente diverse. L’uno benigno, l’altro malvagio. Seifer si
voltò dalla mia parte. Poi si mosse
verso di me. In pochi passi mi aveva raggiunta, ed ora eravamo l’uno vicino
all’altra. Lui sbuffò leggermente accarezzandomi le ali, spostandosi un ciuffo
da un occhio. Puntò il dito contro Squall. “Quello specchio non riflette bene.”
Disse, sorridendomi. “E tu non somigli per nulla a quella giovane vecchia che
giace come un parassita dentro il corpo di Rinoa.” Era vero? Seifer, anche se
mi avevi mentito, non mi interessava. Se veramente lo credevi, a me stava bene
così. Perché a me non interessa avere Adam. A me interessi tu. Mi voltai verso Leon, guardandolo
intensamente negli occhi. “Che cosa devo fare?” Gli chiesi. Una lacrima calda
mi solcò velocemente la guancia sinistra. In fondo avevo appena rifiutato la me
stessa della Genesi. O forse avevo appena accettato ciò che ero? Leon sorrise a
me e a Seifer. Sembrava molto più grande dei suoi diciotto anni. Ma gli dei non
hanno età. “Sono qui in questo tempo per questo.” Mi disse “Eve, ribellati.
Libera Rinoa e Squall.” Io annui. Poi ripresi la parola “Come?” Lui mi mise una
mano sulla spalla ferita, mentre del sangue sgorgava dai punti precedentemente
riaperti. “ Dovrai fare qualcosa di impossibile per un essere umano. Qualcosa
di possibile solo a una divinità. Devi eliminare un essere inorganico, Eve. Non
basta esorcizzarlo dal corpo di Rinoa. Devi ucciderla.” Come, Leon, come? Non
ho la chiave della fortuna, mi devi aiutare. “Perché non lo fai tu? Io non sono
una divinità.” Gli dissi. Lui scosse la testa. “Eve, io sono un giudice. Non
sono qui per modificare il destino. Non posso modificare ciò che è scritto
dagli Antichi. Ma tu hai la chiave per correggere la fortuna. Solo tu, e
Seifer, che siete nati dall’affronto più grande che un essere vivente potesse
fare al Destino. Provaci Eve.” Io annui. Ma ancora non capivo. Rinoa interruppe
il nostro discorso. “Oseresti rinnegare te stessa!?” Io la guardai, poi
ricominciai a parlare con Leon. “Tu dimmi come.” Lui cominciò a spiegarmi il
piano. “Eve, io manderò te, Seifer, Rinoa e Squall in una dimensione dove il
tempo non esiste. Nell’Arena Suprema, nel luogo senza spazio ne tempo.
Nell’infinito. In un’immensità senza confini che una mente umana non può
permettersi di immaginare. Questa dimensione è governata da spiriti inorganici.
Quindi perderai il tuo corpo, almeno finché starai li. Anche Rinoa perderà il
suo corpo, così rimarrà solo lo spirito di Artemisia e quello che infesta come
un parassita il corpo di Squall. E potrete combattere. Ma stai attenta, perché
Artemisia è qualcosa di spaventosamente forte. Sei pronta?” Io annui.
Buio.
Dove sono?
Vedo solo bagliori soffusi.
Forse sono stelle.
E’ questa la dimensione senza tempo?
E’ infinita.
Midi: Terra
“Ti piace il mio
mondo?” disse Artemisia. “Quel Dio
maledetto è stato furbo. Ha trovato l’unico luogo dove puoi danneggiarmi senza
distruggere anche Rinoa.” Un corpo inorganico giaceva vicino a lei. Era
incredibilmente bello, con dei lunghi capelli biondi e un viso celestiale,
molto somigliante a quello di Squall e Seifer. Il fisico asciutto e muscoloso
era incredibilmente dorato da una bella abbronzatura scintillante. Il ragazzo
aveva in mano una GunBlade. Una Leonheart. Capì. Mi girai verso Seifer. Ma ci
trovai solo un uomo identico al primo, solo che con un Hiperyon in mano.
Seifer. L’altro era Squall. Ma in quel luogo avevano entrambi lo stesso
aspetto, quello di Adam. Guardai Artemisia. Bellissima. Una ragazza dalla pelle
lucida e candida, illuminata da mille schegge di diamante incastonate nella
carne. Lunghi capelli rossi le ricadevano fino alle ginocchia, con due ciuffi ribelli
e ricci che ricadevano lungo il viso. Il viso, splendido e misterioso. Il mio
viso. Solo che più adulto. E un po’ più maligno. Capì. Quella donna ero io.
Quella donna era Artemisia. Era il guscio che un tempo aveva imprigionato le
nostre due anime unite. Era Eve.
“Non siamo bellissime?” Disse
Artemisia. La sua bocca si muoveva sinuosamente, a ritmo con le parole,
scandendo le lettere in modo sublime. “Saremo anche bellissime…. Ma tu per me
rimani sempre un mostro. Per me non sei altro che un cadavere in putrefazione
accecato dalla superbia!” Artemisia sorrise. “Non vuoi riunirti a me?” Io
scossi la testa. “No Artemisia, non voglio! E neppure Seifer! Ma che cosa vuoi tu?! Si può sapere che cosa
desideri?” Alcuni ciuffi rossi mi caddero sugli occhi, intrapponendosi
all’immagine di Artemisia. Quella inarcò le sopracciglia. “Eve.. ho capito. Ma
hai firmato la tua condanna a morte. D’accordo.. vuoi sapere cosa voglio? Prima
dovrai battere me e Squall…”
Le sue mani candide disegnarono
un cerchio in aria, lasciandosi dietro una scia di brillanti. L’aria stessa…
stava solidificandosi, prendendo forma
in quel cerchio, come se tutte le
particelle si stessero solidificando. Un’immensa lama di diamante. E
un’impugnatura ricoperta da candidi drappi. Era una spada. Artemisia prese in
mano quell’arma perfetta, accarezzando piano con l’indice tutta la lama
cristallina. Sollevo la spada in aria.
“Questa è la Masanume. Una spada di cristallo forgiata da un cacciatore di
spiriti. E’ fatta apposta per i corpi inorganici. Trapasserà quel che c’è di te
in questo mondo.. e allora morirai.
Anche il tuo corpo. Tutta te stessa. Un cadavere.”
Un
cadavere. Uccidere nella polvere, vivere nella polvere, morire nella polvere.
Nella propria polvere. Nella polvere del tuo scheletro decomposto sul campo di
battaglia. Il destino dei soldati. Non ho paura della morte.
Alzai la
mia Leonheart in aria, in segno di sfida. Artemisia mi guardò. Poi si lanciò
verso di me.
La Masanume colpì la mia arma con
una potenza inaudita, ma io, altrettanto forte, la respinsi. Cominciammo a
combattere. Scintille azzurre vibravano nell’aria danzando al suono delle
spade. Allo strano tintinnio delle armi.
La musica del soldato.
Una fanfara trionfale?
Una marcia funebre?
Non saprei. So solo che il suono
delle armi mi piace. Perché in fondo l’arma stessa fa parte di te.
Uno strano liquido bluastro uscì
dal corpo di Artemisia, attraversando le tempie e le guance candide, fermandosi
sulle sue labbra carnose. Lei ci passo la lingua sopra, sbafando un po’ di
sangue attorno alla bocca. Perché proprio di sangue si trattava. L’avevo
ferita.
Che affronto.
L’avevo ferita.
Che significa?
Sto vincendo?
Sto perdendo?
Uno strana espressione si dipinse
sul volto di Artemisia. Rabbia, forse. Contraccambiò il mio attacco con
un’altrettanto potente magia di fuoco.
Mi sentì bruciare la pelle, i capelli, come dalle lingue dell’inferno.
Basta.
Perché mi ferisci?
Non capisci che dopo ti ferirò a mia volta?
Cos’è questo strano gioco a turni?
Morirò per prima?
Sopravviverò?
In fondo è il tempo che decide.
Ma qui il tempo non c’è.
Stiamo violando le regole del gioco.
Nel
frattempo Squall e Seifer ci stavano guardando a debita distanza l’uno
dall’altro. Come giudici. Sentivo altri sguardi addosso.
Nell’antica
Roma l’imperatore e gli altri patrizi erano soliti recarsi nelle arene per
assistere agli spettacoli dei Gladiatori. Il gioco era semplice quanto macabro.
Chi moriva per primo perdeva.
Si trattava di uccidere. Questo si studia sui libri di
storia. Ma non è poi così antico.
Artemisia
si scagliò di nuovo all’attacco con la sua Masanume. Mi scansai appena, poi le
lacerai una spalla colpendola da dietro. Lei urlò.
Ecco
l’urlo disperato di chi sa di non dover ancora morire.
Perché non ho lasciato che la Leonheart ti trafiggesse più a
fondo?
Sono stata imprudente.
Voglio continuare a giocare.
Sono stata crudele.
Voglio continuare a giocare.
Artemisia
si rialzò in piedi, mentre un rivolo di sangue fluttuava lungo il busto. Era il
suo turno.
Di nuovo mi scagliò contro una
magia. Stavolta non andò per il sottile. Un’ultima.
Chi di spada ferisce di spada perisce, vero?
Occhio per occhio dente per dente?
Sono queste le regole della battaglia?
Perché?
E’ così doloroso.
Fa male.
Brucia.
Le mie cellule si contorcono, esplodono, agonizzano e
muoiono.
Tutto in un eterno secondo.
Le vene si gonfiano e pulsano.
Esploderanno?
L’ultima è dolorosa.
Come una battaglia.
Ma allora perché?
Perché ho scelto di combattere, nella mia vita?
Stesa per
terra, potevo benissimo sentire la presenza di Artemisia anche con le palpebre
serrate. Aprì gli occhi. Era sopra di me, con la sua splendida Masanume. Me la
puntava in faccia. Contro la mia bocca. La spada era ancora candida e
immacolata come prima. Pulita. Senza una sola traccia di sangue.
Levami
quella lurida spada dal viso.
E’ impregnata del mio sangue.
Non lo vedi?
Ne hai sporche le mani.
“Come la
mettiamo adesso?” Mi chiese “In ogni caso saresti destinata a venire con me. Il
destino l’ha deciso. Quella notte. Gli errori commessi da Leon, hanno fatto
prendere alla dea bendata una strana via. Ma ora ci siamo riunite piccola.
Sorella si sangue, dammi la mano.”
Mi stai terrorizzando.
Perché mi inviti?
Basta.
Non voglio la tua mano.
Lasciami.
Stringi troppo le mie dita.
Scossi la
testa. “Uccidimi piuttosto. Non mi riunirò a te. Coraggio, trapassami con la
tua spada.”
Ho tanta paura.
Ho tante paure.
Chiudo gli occhi ma rimangono nella mia testa.
Non sono forte.
Sono vigliacca.
Ma una cosa sola non temo.
La morte.
Anche se di là non diventerò un angelo dalle ali bianche,
anche se di là avrò solo ali nere come quelle di un pipistrello, non mi
interessa.
Sono stanca di giocare.
Game Over.
Artemisia
mi sorrise.
“Non posso
vincere piccola Eve, mi capisci?
Nessuna di noi due può vincere. Non sperare di cavartela morendo. Perché
anche la morte ci teme. Non ci permetterà mai di passare dall’altra parte.
L’unico modo per chiudere la partita è donarti a me. E avere me. Uniamoci.”
Oh.
Che pace.
Pensavo di essere morta.
Ma la tua voce mi ha svegliata di nuovo.
Decado nuovamente.
Non posso nemmeno implorare la morte?
Perché Dio?
Perché?
Perché mi fai soffrire?
Non sei mai stato buono con me.
“Sii buona
Eve. Permettimi di riunirti a te.”
Perché dovrei essere buona?
Qualcuno lo è mai stato?
Seifer mi ha fatto soffrire con le sue indecisioni.
Leon mi ha fatto soffrire perché mi ha mentito sulla sua
vera identità.
Yuffie mi ha fatto soffrire quando prendeva droghe.
I guardiani mi fanno soffrire perché cancellano i miei
ricordi.
I guardiani?
E’ per loro che sono qui.
I guardiani?
E’ per loro che sono nata.
I guardiani?
Ma non voglio morire per loro.
“Non mi
sfuggire, Eve. Non rinnegare te stessa. Non rinnegare il potere di strega. Non
rinnegare la tua divinità.”
Sono forse una dea?
No, non sono una dea.
Sono forse una strega?
No, non sono una strega.
Sono forse una donna?
No, ancora non sono una donna.
Sono forse una bambina?
No, non sono più una bambina.
Sono forse già vecchia?
Ho forse già le rughe e le ossa indolenzite?
No, non sarò mai una vecchia.
Sono forse un soldato?
No, non sono più solo un soldato.
Chi sono io?
Ancora non sono nulla.
Mi sto ancora formando.
E sarò come Artemisia?
Non posso aver già visto me stessa.
Voglio crescere.
Voglio maturare.
Con le mie esperienze.
Con la forza delle mie braccia.
Non voglio ali d’angelo per volare.
Voglio piedi nudi per camminare sulla terra arsa dal sangue.
Non voglio i poteri di strega per non sporcarmi le mani.
Voglio una spada sporca e macchiata di sangue.
Non voglio essere invincibile.
Voglio perdere, voglio rotolarmi nella polvere, voglio
piangere, bere il sangue delle mie ferite.
Non voglio morire.
Perché unirmi a lei sarebbe come morire.
Non voglio morire.
Voglio crescere.
Forse sarò un leone.
Mi alzai di
scatto, dando un calcio ad Artemisia, buttandola a terra. Mi ci gettai sopra di
peso e le strinsi una mano alla gola, soffocandola.
Poi presi
la GunBlade la puntai dritta in mezzo al suo petto.
“Ora
ascoltami bene.” Le dissi. “Rinnego. Rinnego ciò che eravamo, rinnego i poteri
di strega, rinnego i guardiani, rinnego tutto! Rinnego il potere stesso, ciò di
cui tu sei tanto affamata! Non mi unirò mai a te. Ti inchioderò qui, alla
terra, con questa mia spada. Poi la sfilerò dal tuo corpo morto e me ne andrò a
cosa, portando con me Seifer e Squall, salvando le persone che amo. Perché io
non ti amo e non potrei mai far parte di te! Hai capito? Mai! Mai! Mai! E lo
farò!”
Artemisia
scoppiò in lacrime “Nooo! Non farlo! Non rinnegare! Non puoi!” Le sue lacrime.
Cos’è questa scia calda che mi attraversa le guance?
Cos’è che mi attanaglia il cuore?
Un nemico che piange?
Sono un’egoista?
Non conosco la pietà?
Allora.
Soldato.
“Rinnego
Artemisia! Una, dieci cento, mille e mille volte! Rinnego! Rinnego per me
stessa, per i miei amici, per il mio amore!” Artemisia piAnse ancora. Singhiozzava
come una bambina a cui vengono tolti i giocattoli.
Sto forse piAngendo anch’io?
Non riesco a sopportare la vista del nemico che piange?
Forse non sono così egoista?
Forse conosco la pietà?
Allora.
Soldato.
“Perché
Eve! Tu pensi solo a te stessa! Non puoi impedirmi di riunirmi a te! Se lo fai
non mi riunirò mai a lui!” Lui? Che stava dicendo? “Eve… sono una donna. Anche
io amo..” Amore? “Non capisco perché.. ma io ricordo Adam, ricordo la sua
infinita bellezza, le sue parole dolci e gentili, il suo modo di amare..”
Amare? “Adam… mio signore.. voglio solo amarti…” Signore?
In fondo cerca solo di amare.
In fondo cerca solo ciò che cercano tutti.
Cerca di essere felice.
Cerca di vivere felice.
Non è ciò che cerco anche io?
Non è ciò che cerca il mondo?
Artemisia
scosse la testa in modo violento, poi ricominciò ad urlarmi contro “Non mi
interessi tu! Mi interessa lui! Rivoglio il mio Adam! Rivoglio il mio Adam!
Solo per un attimo ancora, poi potrò morire! Cosa ho fatto di male per non
meritarmi questo? Un ultimo bacio, un ultimo sguardo.. solo un bacio signore!
Ti prego Eve… sono disperata! Non posso
morire così.. non posso neppure morire! Al mio male non c’è più confine! La
triste punizione! La mia triste maledizione! La pena più terribile! Non voglio!
Eve trova un modo per salvarmi! Solo lui può farlo! Poi brucerò all’inferno per
l’eternità, ma prima voglio baciarlo… voglio baciarlo!”
Guardai
Seifer. Lui e Squall, che nel frattempo aveva ripreso le proprie capacità
mentali, stavano guardando la scena con gli occhi rivolti verso il basso. In
fondo era come se Eve e Adam si fossero già riuniti. Povera Artemisia. Accanto
al suo amato. Così lontana da lui.
Seifer…
Cosa stai facendo…
Perché tu e Squall vi state stringendo la mano?
Si.. anche io.. stringerò la sua mano…
E spero che accada..
In fondo..
Solo per un istante..
Qui non c’è tempo..
Poi tornerò a casa con voi?
O rimarrò con lei per sempre?
Non avete paura..
Che non si possa cambiare….
Ragazzi..
Siete buoni…
In fondo neppure io..
Sono così egoista e cattiva.
Perché altrimenti le mie dita sarebbero attorcigliate a
quelle di Artemisia?
Che bel calore….
Sono Eve.
Adam.. sei tu?
Sono io… Eve..
Amore… è da tanto che non ci si vede, Eve..
Sei sempre splendida.
Anche tu..
Ma non durerà in eterno..
Penso che poi morirò..
Seifer e Squall vogliono tornare dalle loro amate..
Già.. anche la piccola Eve vuole tornare da Seifer..
Moriremo entrambi..
Saremo angeli o demoni, Eve?
Non lo so…
Baciami.
Sarà fatto mia sposa…
Ti amo mio signore…
Che bello…
Abbiamo avuto il tempo di baciarci..
Le tue labbra… Adam.. le tue labbra.. sono calde..
Eve… le tue non saranno mai fredde..
Nemmeno all’inferno..
Staremo all’inferno?
Si Eve.. abbiamo peccato..
Hai paura?
Dell’inferno?
Si.
No.. Eve.. l’abbiamo scelto noi..
In fondo io spero ancora che Hyne abbia pietà di noi..
Non sperare di varcare le soglie del paradiso, mia sposa..
Non voglio ali d’angelo… non sarò mai un angelo..
E allora cosa vuoi, mia sposa?
Non voglio morire…
Dobbiamo..
Lo so.. ma speravo di finire all’inferno con te…
Ci separeranno laggiù…
Lo so.. era solo un’illusione…
Eve… non voglio lasciare questo mondo dove ci sei tu..
Mi ucciderò mio signore…
Il pensiero di seguirti sarà soave…
Addio…
Eve,, sei già morta?
Si.. Non ti sento più…
Bene… non ho più alcuna ragione di rimanere qui..
Seifer..
Squall..
Ora siete liberi..
Grazie..
Addio.
EPILOGO.
Midi: Melodies of Life
C’è un Dio
che ti abbandona. C’è un demone che ti salva. Spero che sia un Demone carino.
Si dice che un uomo, se, nella sua vita, si impegna a fondo in ogni cosa, possa
ottenere le ali. Le mie ali sono nere come quelle di un pipistrello. Ma finche
potrò volare mia andranno bene. In fondo, se avessi le ali.. mi intralcerebbero
le mani.
Kaori
Yuki
31 Dicembre.
“Come sono
duri i preparativi per le feste. Ma sono la passione del preside, e lui non ci
rinuncerebbe mai. In fondo fanno piacere a tutti. Il Garden è ancora in costruzione.
Verrà più bello di prima, ne siamo sicuri. Tutti. SeeD e matricole per ora
alloggiano in un fabbricato nelle campagne vicino al vecchio Garden, che per ora lo sostituisce. Ma si vive bene
anche qui.”
Quel
pomeriggio smisi presto di prendere appunti sul mio “quaderno dei ricordi”, ero
molto indaffarata con i preparativi per la festa. Avevo preso l’abitudine di
tenere questa specie di diario un mese dopo la battaglia, per non dimenticare
nulla. Non sono più andata in Limit
Break, dopo quel giorno. Veramente non ho combattuto molto… peccato. Il centro
di addestramento non era ancora stato terminato, per cui andavo solo a caccia
di Leshmator per le campagne. Seifer mi chiamava “L’acchiappa zanzare” per prendermi in giro.. effettivamente.. non
aveva tutti i torti. Sorrisi. Pur essendo dicembre, c’era un bellissimo sole
che illuminava il nevischio caduto la notte prima. Che bello. Qualcuno bussò alla mia porta. Chiusi il quaderno ed
andai ad aprire. La ragazza di fronte a me indossava una salopette
azzurra, sopra una felpa grigia. “Ciao
Rinoa..” Dissi. “Ciao Rinoa un corno!” Rinoa era fatta così. E’ un po’ troppo
lunatica.. si arrabbia e si emoziona per nulla. “Muoviti! Sei proprio una
scansafatiche! Gli altri sono già nel salone che lo stanno addobbando per la
festa! E tu ci devi aiutare con le tartine!” Sbuffai “Uffa! Perché un SeeD di
alto rango si deve abbassare a fare le tartine?” Rinoa fece una piccola risata, poi mi trascinò nel salone delle
feste. Lì mi aspettavano gli altri, già intenti a preparare la festa. Feci
finta di preparare le tartine per una mezzora, dopodiché sgusciai fuori per levarmi questo impiccio. Ma non mi
ritrovai da sola. Avvolto nel suo solito giacchetto di pelle, anche se con addosso
una tuta sportiva, c’era Squall, che stava tranquillamente fumandosi una
sigaretta seduto sul davanzale. Mi guardò in faccia e mi sorrise. “Non dirmi
che devo tornare dentro… perché di aiutare Rinoa ad attaccare i festoni proprio
non ne ho voglia…” Io gli sorrisi a mia volta. “Non ti preoccupare.. sono
fuggita anche io..” Gli dissi, mettendomi a sedere sul davanzale vicino a lui.
Mi porse una sigaretta. Tra le labbra sentì il filtro leggermente umido, e il
sapore del tabacco in gola, che mi pungeva leggermente il collo. Buttai fuori
il fumo, che si condensò subito a causa dell’aria fredda e pungente. Squall
continuava a guadare l’orizzonte bianco. “Non hai voglia di combattere?” Mi
chiese. “E’ passato così tanto tempo da quel giorno….” Io sorrisi, un po’ malinconicamente. “Per me
è come se fosse ieri. Vorrei tanto sapere come stanno ora Adam e Eve.” Lui
scese dal davanzale, e, camminando calciando la neve arrivò fino alla porta del
salone. “Tu come stai?” Mi chiese. “Very well.” Gli risposi, ridendo.
“Stanno
bene anche loro, allora..” Mi disse. E’ sempre un po’ enigmatico. “Tu sei
strano…” Lui si appoggiò al muro e mi sorrise. “Allora siamo in due..” Guardai
sotto di me. Nel cortile alcuni ragazzini stavano facendo a palle di neve. “Ho
sentito che stasera ci sarà anche tuo padre, alla festa. Non hai voglia di
rivederlo?” Squall sorrise malinconico, alzando gli occhi al cielo. “Preferirei
vedere mia madre.” Sapevo già, grazie ai racconti di Seifer, che la madre di
Squall era morta nel darlo alla luce. “Mi piacerebbe vedere i genitori di
Seifer..” Dissi, con un velo di imbarazzo. “Vuoi chiedere la mano del loro
pargoletto?” Disse Squall scherzando “See.. stai attento, se Seifer ti sente
prenderlo così in giro.. ti uccide! E poi non penso che sia possibile vedere i
genitori di Seifer.. da quanto tempo sono morti?” Squall si abbrunì. “L’anno scorso, in un incidente
stradale. “Cosa? Ma allora perché era in orfanotrofio da quando aveva due
anni?” Squall girò lo sguardo, nel rispondermi “Seifer.. diciamo che i suoi
erano troppo giovani per prendersene cura.. una gravidanza indesiderata..
l’hanno abbandonato.. un po’ come ha fatto mio padre con me, dopo tutto..” Mi
portai una mano alla bocca. “Io.. non avrei mai immaginato che..” “L’unico
ponte tra Seifer e i suoi è sempre stata Yuffie. Non sembra, ma lui le vuole
molto bene. In realtà sono fratellastri, la madre si è risposata.” Squall mi
appoggiò una mano sulla spalla. “Non penso che si senta solo, comunque. Lui….
Ha te, piccola.” Mi girai dalla sua parte, appoggiando la testa sopra la sua
spalla. “Neppure tu ti senti solo, vero? Hai Rinoa…” Squall mi sorrise. “Ci
capiamo benissimo noi due, vero?” Mi fece un occhiolino “Che ne dici di mollare
Seifer e di metterti con me?” Scoppiammo a ridere. Rinoa irruppe sul terrazzo.
“Ehhhh?! Non solo vuoi due scansafatiche battete la fiacca, ma addirittura vi
trovo a fumare sul balcone! Ma bravi! Coraggio Squall, spegni quella sigaretta
e vieni dentro, che ho bisogno di te! Seifer è un completo imbranato, e non mi
mette bene i festoni! Vieni a dargli una mano!” Lei se lo portò via a
braccetto. Mi rimisi a guardare la
neve. Pensai a Trabia. E quindi a Leon. Vi era tornato subito dopo la
battaglia. Forse non l’avrei più rivisto. In fondo gli avevo disubbidito. E poi
era una divinità, non sarebbe rimasto sulla terra così a lungo. Ma prima di
andarsene, in macchina, mi aveva sorriso. Il migliore dei saluti. In fondo era
andato tutto bene. Sorrisi nuovamente. Buttai nella neve la sigaretta a metà,
poi rientrai nel salone delle feste, dove Squall, Rinoa e Seifer, stavano litigando
per un festone. Mi misi a ridere.
Che bella
la vita, ora che un demone mi ha salvata. Il mio demone, Seifer. Non voglio ali
d’angelo. Voglio vivere con un cattivo come lui. Perdendo la mia purezza. Ma in
fondo mi piace così. Certe volte penso che la purezza sia la peggiore delle
perversioni. Scossi la testa. Non dovevo dar troppa retta ai pensieri… Mi va bene così. Basta parole.
We no nedd to the End. The
way is long and hard. But.. I am Strong. I am not angel.
Maybe I am a Lion.
Oh no… Non
poteva essere successo…. Urlai con tutta la mia forza.. “Rinoa! Scema hai
versato la vernice sul mio vestito! Ti uccido!”
In fondo
siamo tutti un po’ scemi, qui.. altrimenti non penso che saremmo ancora vivi
^.^
Beh.. le note dell’autrice. Forse a molti non sarà piaciuto il finale, ma io non ho
voluto dare chiarezza su dove siano Eve e Adam. Sono peccatori e potrebbero
essere all’inferno. Ma sono uomini.. e alla fine la misericordia di chi decide
è grande. Ma chi se ne importa. Tanto si sono amati per l’ultima volta, e loro
sono contenti così, e io pure! O forse non ho più voglia di scrivere ^.^
Beh… sia
che Eve a Adam siano all’inferno o in paradiso.. è ora di salutare ‘sti
ragazzi, e di ringraziare.
Ringrazio
Kaori Yuki, Msakatsu Katsura, Shikakuno e altri mangaka che mi hanno dato
l’ispirazione.
Ringrazio
mia cugina e Arianna, che mi hanno sostenuta e aiutata con i loro pareri
durante la stesura.
Ringrazio
la Square che mi ha permesso di giocare a Final Fantasy.
Ringrazio
me stessa per aver creato tutto questo. Magari fa schifo, ma a me piace ^.^!