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Autore: giambo    24/07/2016    1 recensioni
Proseguimento di "Il figlio del Re"
Sono passati più di due anni da quando l'Armata Rivoluzionaria e la Marina si sono scontrate nell'East Blue, in una battaglia ferocissima terminata in un sanguinoso pareggio. Boa D. Kinji, insieme al fido Kuroc ed alla ribelle Kita, ha ormai raggiunto la Grand Line. Qui è riuscito a farsi un nome, radunando attorno a se una ciurma di tutto rispetto e raggiungendo in pochi mesi l'arcipelago Sabaody, la porta d'ingresso del Nuovo Mondo.
Qui però, Kinji e la sua ciurma dovranno affrontare numerosi misteri: Perché un ammiraglio da loro la caccia? Chi è veramente Kita Hirati? E perché sembra avere un legame con i terribili e crudeli abitanti di Marijoa, i Draghi Celesti?
Dubbi e domande che mineranno lo spirito di gruppo dell'equipaggio, ponendoli di fronte ad una sfida terribilmente ardua. Kinji tuttavia, è deciso a non farsi portare via neanche uno dei suoi amici. E per questo è anche disposto a sfidare coloro che si definiscono dei, muovendo guerra alla sacra terra di Marijoa, in una sfida titanica, tra nuovi alleati e pericolosi nemici, che diventerà ben presto leggenda.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jinbe, Nami, Nuovo personaggio, Sanji, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'OPNG: One Piece New Generation'
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Chiedo scusa per il mio ritardo. Purtroppo in questi ultimi due mesi, tra impegni, vacanze e studio, si è aggiunto un orribile blocco dello scrittore, che mi ha reso incapace di scrivere più di una frase al giorno. Se aggiungiamo il fatto che la mia idea su come sviluppare questo capitolo non mi ha mai convinto fino in fondo, ecco che arriviamo a questo ritardo.

Il capitolo, come ho già scritto, non mi convince fino in fondo, specie il modo in cui ho concluso lo scontro contro Tanyu. Tuttavia, sperando che i prossimi capitoli siano più snelli, ecco qui il capitolo più duro, difficile da scrivere che ho affrontato da quando ho iniziato questa storia.

Sperando che possa piacervi, vi auguro buona lettura.
Un saluto!

Giambo

 

 

Capitolo 21

 

 

L'urlo di sfida di Kinji donò a Kita una sensazione meravigliosa. Si sentiva leggera, come se si fosse tolta un peso dal cuore. Non smise di piangere mentre osservava il sorriso del suo capitano. Le aveva promesso che l'avrebbe salvata, e sapeva che lui manteneva sempre le promesse.

Poi arrivò il dolore.

Un colpo forte, violento, secco sulla nuca la stordì, facendole vedere migliaia di puntini rossi, mentre percepiva un sapore di sangue sulla lingua. Dopo qualche istante si girò, vedendo il suo fratellastro che la fissava con odio: era livido.

“Che cosa credi di fare?!” strillò il nobile, afferrandola per i capelli e scuotendola con forza. “Pensi veramente che io ti lascerò andare via?! Credi di riuscire a farmela, dopo l'affronto che hai commesso otto anni fa?!”

Kita non disse nulla. Si limitò a fissarlo con sguardo ricolmo di rabbia, il volto ancora coperto dalle lacrime. Non le importava più niente di lui, né delle sue minacce. Kinji le aveva fatto una promessa, e lei sapeva che l'avrebbe mantenuta ad ogni costo.

Mi salverà, mi porterà via con lui, ritornerò con la mia vera famiglia... me l'ha promesso...

“Sei veramente patetica!” la schernì Terezon. “Credi veramente che due straccioni come quelli possano battere la CP0?” un sorriso crudele si fece strada sul volto del giovane nobile. “Pensavo di ucciderti subito, ma credo che sarà più divertente lasciarti vedere il tuo amichetto fatto a pezzi dai miei fedeli agenti. Solo dopo, quando avrai visto la sua lenta e dolorosa morte, ti concederò di morire.” scoppiando a ridere, il Drago Celeste la ributtò rudemente a terra.

“Uccideteli!” ordinò seccamente a Noriaki e Shosuke. “Liberatevi di loro, e fatelo in fretta! Mi disgusta solo vederli!”

“Harusa.” Kinji non aveva smesso di guardare con odio il fratellastro di Kita. “Va a combattere da un'altra parte. Qui ci intralceremmo soltanto.”

Il Folle fissò con sguardo impassibile l'altro pirata, un sorrisetto sulle labbra.

“Dragone,” rispose con voce vellutata. “Non ti avevo detto che devi smetterla di darmi ordini?”

“Non è il momento di giocare, Harusa!” replicò il Dragone con voce dura.

Per un attimo si ebbe l'impressione che Harusa avrebbe attaccato Kinji, ma durò solo un istante. Senza smettere di sorridere, Harusa indirizzò il proprio sguardo verso Noriaki, i freddi occhi verdi sembravano ridere dell'agente della CP0.

“Andiamo a combattere da un'altra parte?” propose con voce morbida. “Sembra che io qui sia di troppo.”

“Fai strada.” fu la secca replica dell'agente governativo.

Subito dopo, Harusa sembrò scomparire, subito imitato da Noriaki. I loro spostamenti erano così rapidi da non essere visibili ad occhio nudo. La loro velocità non sembrò scalfire minimamente Kinji e Shosuke, che proseguirono a fissarsi.

“Dunque,” esordì il pirata, estraendo la fida lama Eiji dal fodero che teneva sulla schiena. “A quanto pare sarai tu il mio avversario.”

“Così sembra.” l'agente governativo non si mosse, proseguendo a fissare il bucaniere, il mantello bianco che si gonfiava sotto la spinta del vento. “Ero impaziente di conoscerti, Kinji il Dragone.”

“E perché?” domandò quest'ultimo, mentre tentava qualche rapido affondo per scaldarsi meglio.

“Sei un pirata di cui si discute molto.” la voce di Shosuke era poco più di un sussurro. “Dopo quello che hai fatto alla base navale del G6 molti si sono fatti delle domande. Quella che però mi incuriosisce di più riguarda il tuo cognome.”

“Il mio cognome?”

“E' palesemente falso.” gli occhi della spia, azzurri come il ghiaccio, lo fissavano con aggressiva ingordigia. “Non è mai esistita nessuna famiglia che possedesse questo cognome. Quindi, la mia domanda è... qual è il tuo vero nome, Dragone?”

“Questi sono affari miei.” fu la secca risposta di Kinji. “Non sono venuto fino a qui per parlare con te. Tutto quello che mi preme ora è sconfiggerti e portare via Kita.”

“Temo di doverti contraddire.” la voce di Shosuke non cambiò di tonalità. Era come se stesse conversando del tempo con un conoscente. “Vedi, tu parti da un presupposto che è totalmente errato: che noi due siamo due combattenti posti sullo stesso piano. Mi dispiace dirti che sei completamente fuoristrada: un bamboccio che gioca a fare il pirata non potrà mai essere al mio stesso livello.”

“Bla bla bla!” gli fece il verso Kinji. “Certo che chiacchieri un sacco! Non mi sembra che fino ad ora hai fatto molto, oltre a vantarti di essere Mister Universo!”

“Quelle che tu chiami chiacchiere è semplicemente la realtà dei fatti.” subito dopo, da sotto il mantello, sbucarono due mani racchiuse in guanti neri, che fecero un cenno di incoraggiamento. “Ma se non mi credi sei libero di farti avanti. Ti accorgerai ben presto che le mie non sono solo parole.”

Kinji non si fece pregare. Senza perdere altro tempo, il ragazzo lanciò un fendente di energia contro il suo nemico. Shosuke si limitò a piegarsi all'indietro, creando un angolo perfetto di novanta gradi con la schiena, spedendo con un calcio il colpo in aria per evitare danni alla torre dietro di sé. Senza perdere altro tempo, Kinji gli corse incontro, ad altissima velocità, mulinando con rabbia Eiji. Questa volta, l'agente non rimase fermo, ma si mosse, anche lui a grande velocità, subito seguito da Kinji. Tuttavia, per quanto si sforzasse di colpirlo, il pirata rimaneva frustrato nei suoi tentavi, arrivando sempre con un attimo di ritardo. Dopo circa un paio di minuti, il moro si bloccò di colpo, subito imitato, a distanza di sicurezza, da Shosuke.

“Tutto qui?” lo provocò quest'ultimo. “Beh, non è certo molto.”

Subito dopo, il fendente che Kinji gli inviò contro fu così potente che distrusse tutto ciò sopra cui passava. Non avendo più la torre alle spalle, Shosuke si limitò a compiere un rapidissimo movimento laterale. Quando, un istante dopo, il pirata comparve alle sue spalle, la spia si limitò ad evitare il colpo in arrivo con un rapido salto in alto. Quello che non riuscì a prevedere fu il colpo infuocato che Kinji produsse, tramite una gamba, riuscendo così a colpirlo sulla schiena. L'agente incassò senza problemi l'attacco, atterrando davanti ad uno sghignazzante Kinji.

“Lo vedi?” dichiarò il pirata. “Non sei imbattibile!”

Shosuke non disse nulla. Tutto quello che fece fu di togliersi lentamente la maschera che gli copriva il viso, lasciandola cadere a terra. Successivamente, da sotto il mantello, sguainò due katane scintillanti.

“Fossi in te non sorriderei.” ora che poteva vederlo in faccia, il moro rimase sorpreso di notare la giovane età del suo avversario. Shosuke non dimostrava più di venticinque anni. Aveva un volto piacevole, da bravo ragazzo, perfettamente rasato, e con corti e curati capelli neri. Il naso era dritto, le labbra sottili e contratte in una piega informale. La cosa che colpiva di più erano gli occhi: di un azzurro chiarissimo, quasi bianco, che stonavano con il colore dei suoi capelli.

“E perché mai non dovrei sorridere?” gli chiese, sinceramente perplesso, il figlio di Rufy.

“Quella di prima era solo una prova.” rispose Shosuke, gli occhi freddi e vigili. “Dovevo vedere se eri degno di morire per mano mia.”

“Sono lieto di dirti che hai superato la prova: quindi, se non hai nulla in contrario, ti consiglio di prepararti a morire, perché ora ti ucciderò.”

 

 

Kuroc ansimò, mentre riprendeva fiato dopo l'ultima, difficile parata. Successivamente si mosse di lato, per evitare l'ennesimo fendente, il quale lasciò un profondo solco sul terreno.

Non male...

Il suo umore era mutato più volte in quegli ultimi minuti. Dalla paura era passato alla rassegnazione, poi alla sorpresa, al dubbio ed infine ad una malsana eccitazione, che lo pervadeva tutt'ora. In passato gli era già capitato di sentire il sangue ribollire in quel modo, ma mai con quell'intensità. Non sapeva se fosse una novità positiva per il suo avversario, oppure per lui.

“Santoryu...”

Ci risiamo!

“Taglio dell'Orco!”

Una figura si mosse contro di lui, troppo rapida per essere notata ad occhio nudo. Il pirata mosse rapidamente la propria katana, riuscendo così ad intercettare le tre spade che puntavano al suo petto. Per alcuni istanti, una volta che l'onda d'urto si dissolse, i due spadaccini si fissarono dritti negli occhi, entrambi con un sorriso folle stampato sul volto.

“Curioso,” osservò Kuroc, mentre il braccio destro tremava per la tensione. “Ho già visto queste tecniche, ma non eri tu a padroneggiarle.”

Il sorriso di Yuifum divenne più ampio. Era un uomo giovane, sulla trentina, con corti capelli biondi, occhi di un verde cupo, e un volto incredibilmente affascinante. Indossava un elegante completo da uomo scuro, con tanto di cravatta blu notte. Alla vita gli pendevano tre foderi.

Lo stallo si ruppe all'improvviso quando Yuifum ruotò il polso sinistro, creando con la katana stretta in mano un tornado di energia, che sollevò in volo il pirata. Kuroc replicò subito con un fendente dalla potenza devastante, che distrusse in centinaia di schegge lucenti l'attacco dell'agente governativo. Senza attendere di toccare terra, il samurai mosse la propria katana con la punta. Si creò una linea energetica azzurrognola, sottile, che si diresse verso il suolo. Yuifum la schivò con un balzo, giusto un secondo prima che questa, toccando terra, esplodesse con violenza incredibile, creando una profonda buca.

“Non sei male, per essere un pirata.” osservò l'agente governativo, mentre il bucaniere tornava al suolo. “Non maneggi quella spada come farebbe un qualsiasi spadaccino. Da dove provieni?”

“Potrei farti la stessa domanda.” replicò il corsaro. “Perché il tuo stile di battaglia è così simile a quello dell'uomo conosciuto con il nome di Ronoroa Zoro?”

La katana stretta tra i denti di Yuifum si contrasse quando il suo sorriso si intensificò.

“Hai incontrato Ronoroa Zoro?” mormorò. “Sei un uomo molto fortunato, davvero molto fortunato. Non tutti possono incontrare il Cacciatore di Pirati e vivere per raccontarlo.”

“Vorresti forse dire che il tuo modo di combattere è un omaggio al più forte spadaccino del mondo? Ad un pirata?!” nella voce del samurai c'era una nota di sarcasmo.

“Cosa importa come uno sfrutta le proprie abilità, se poi risulta il migliore? I più forti saranno sempre nel giusto.” rispose la spia. “Il mio non è un omaggio. È qualcosa di molto più profondo, una cosa che uno scarto abietto come te non potrebbe mai capire.”

Il volto di Kuroc si irrigidì impercettibilmente.

Uno scarto?

“Uno scarto...” ripeté, la voce bassa. Subito dopo, il samurai scattò addosso al suo avversario. Mulinò Doragon no Buresu con abilità, andando ad impattare però con le tre spade di Yuifum. Senza perdere tempo, il pirata si mosse con grande rapidità alle spalle dell'agente governativo, tentando di coglierlo di sorpresa. Quest'ultimo però aveva previsto una simile mossa. Ricorrendo di nuovo al Tornado del Drago, il biondo fu convinto di aver interrotto la pressione avversario.

“Samuraisutairu...”

Yuifum fece appena in tempo a girarsi, quando percepì il freddo acciaio che gli bruciava la carne.

“Affondo del cobra!” con una rapida stoccata, pari al morso di un serpente, Doragon no Buresu sfregiò la guancia sinistra di Yuifum. Quest'ultimo si allontanò con uno scatto, toccandosi il taglio con una smorfia. Era superficiale, ma bruciava.

“Uno scarto...” la voce di Kuroc non era aumentata di intensità, ma era perfettamente percepibile la rabbia che lo dilaniava.

Tara... I suoi occhi bruciavano come magma al pensiero della sorella defunta.

“Vedi di portarmi rispetto, lurido fasullo!” dichiarò, sempre con voce minacciosamente bassa. “Una singola goccia del mio sangue è più antica e preziosa di tutta Marijoa!”

Yuifum alzò le sopracciglia, sorpreso da quella affermazione.

“Cosa credi, che io sia un uomo senza storia e senza onore alle spalle?!” la voce di Kuroc si intensificò mentre l'orgoglio ribolliva in lui. “Per millenni i miei antenati hanno combattuto, ucciso, amato e perso ai confini del nostro regno. Nessun abitante di Wa avrebbe dormito sonni tranquilli, senza il nostro incessante lavoro di guardia! Noi siamo i Watsani, più antichi degli Shogun stessi! Esiste un detto, che è anche diventato il motto del nostro clan.”

“Tra la morte ed un Watsani, scegli sempre la prima.”

L'orgoglio del samurai era stato risvegliato.

E quest'ultimo aveva lanciato la propria sfida.

I Watsani non sono ancora morti.

E scriveranno la storia di questo mondo, di nuovo.

 

 

Santoli buttò via il fiammifero, ormai spento, osservando flemmatico il viceammiraglio Tanyu, mentre Milo si reggeva a stento in piedi.

“Siediti ragazzo.” gli ordinò il carpentiere, gli occhi verdi fissi sul marine. Quest'ultimo, i cui occhi erano dello stesso colore, seppure di una tonalità più scura, ricambiavano lo sguardo, beffardi, attendendo la prossima mossa dell'avversario.

Milo non diede segno di volersi sedere. In effetti, sembrava che il suo corpo non fosse più in grado di compiere qualsiasi movimento. Rimaneva fermo, in piedi, tremante, il respiro frammentato, gli occhi scuri piantanti sulla figura di Tanyu.

Santoli si alzò, avvicinandosi al giovane navigatore. Senza degnare di uno sguardo il viceammiraglio, il rosso aiutò il pirata a sedersi a terra. Milo non disse nulla, ma rivolse uno sguardo strano al carpentiere: un incrocio tra sollievo e paura.

“Non preoccuparti, piccolo pirata.” sussurrò il rosso. “Ora ci penso io a terminare ciò che hai iniziato.”

Si udì un lento battimani. Girandosi, Santoli poté vedere Tanyu che lo applaudiva con fare ironico.

“Che scena commovente.” osservò, sorridendo. “Davvero, che nessuno osi dire, d'ora in avanti, che i pirati sono esseri privi di compassione.” il sorriso gli sparì dal volto, lasciando spazio ad un'espressione gelida. “Faresti meglio a preoccuparti per te stesso, piuttosto per quell'ammasso di carne morta.”

“Oh, non credo che sia io quello che si deve preoccupare.” replicò Santoli, serafico. L'uomo aveva messo una mano nella borsa che teneva a tracolla, mentre fissava il marine con la stessa flemma con cui avrebbe fissato un progetto particolarmente interessante per la costruzione di una nave.

“Noto come anche a te l'arroganza non manca.” Tanyu scosse la testa. “Non c'è niente da fare. Voi pirati siete tutti uguali. Credete che qualche favoletta del passato, riguardante mitologici fuorilegge dalla dubbia esistenza, possa darvi il permesso di fare qualsiasi cosa. Solo morendo imparate il rispetto che dovete alle autorità, non è vero?”

“Io non sono un pirata.” replicò il carpentiere. “Sono qui per un solo motivo, e credo che esso si trovi alle tue spalle.” gli smeraldi del rosso scintillarono freddamente, ma dietro quella cortina di ghiaccio si poteva intravedere un fuoco violento e terribile. “Pertanto, se non vuoi avere troppi guai, ti consiglio vivamente di... come si dice? Ah, sì. Di non opporre resistenza.”

“Stiamo perdendo tempo.” il tono del soldato era annoiato. “Fai la tua mossa, così posso eliminarvi subito. Soru!”

Con uno scatto, Tanyu attaccò, dirigendosi a grande velocità contro Santoli. Quest'ultimo non si fece trovare impreparato. Mostrando ottimi riflessi, il carpentiere scartò di lato, lanciando contro il marine una manciata di sassolini scuri. Una volta a contatto con il corpo del soldato, essi esplosero con violenza, creando un'onda d'urto così forte da far volare via il corpo esangue di Milo. Quando il fumo dell'esplosione si diradò, gli occhi del carpentiere poterono notare come il suo colpo era stato totalmente inefficace. Tanyu infatti, utilizzando nuovamente il Soru, si era portato alle spalle del suo avversario, colpendolo con un violento calcio alle scapole, e scaraventandolo via. Tuttavia, non appena ebbe scalciato via il corpo di Santoli, numerose bombe attorno a lui, disposte furbescamente dal carpentiere, esplosero.

“Sei davvero fastidioso, lo sai?” dichiarò Tanyu, scrollandosi la polvere dai vestiti. “I tuoi fuochi d'artificio non funzionano con me, mi sembra di avertelo già dimostrato.”

“Lo vedo.” ammise Santoli. “Sembra proprio che i miei colpi non abbiano sortito alcun effetto.”

Subito dopo, quest'ultimo sfilò dal cinturone che portava alla vita un martello di medie dimensioni. A quella vista Tanyu scoppiò a ridere.

“Pensi davvero che tirarmi un paio di martellate possa permetterti di battermi?” lo canzonò. “Ti sei bevuto completamente il cervello.”

“No, semplicemente credo di aver trovato due punti deboli nel tuo stile di lotta.” replicò il rosso.

Questa volta il marine sembrò sorpreso. Il sorriso gli morì sulle labbra, mentre i suoi occhi verdi diventavano freddi come il ghiaccio.

“Due difetti?” mormorò. “Mi chiedo da dove hai tirato fuori una simile stupidaggine.”

“Oh, in realtà è stato facile.” spiegò il carpentiere con tono amabile. “E' bastato avere un discreto spirito di osservazione.”

“E quali sarebbero, sempre che esistano?” mormorò minacciosamente il soldato.

“Detesto fare la parte del saputello, ma se proprio insisti...” successivamente, Santoli si sedette a terra, le gambe incrociate, con il martello appoggiato su di esse. Poi, il carpentiere estrasse dalla propria borsa una piccola carica esplosiva, mostrandola apertamente al suo avversario.

“Per rispondere dovrò iniziare il mio show.” spiegò. “Lo spettacolo di magia del carpentiere migliore del mondo.”

“Magia?” Tanyu sembrava sinceramente perplesso.

“Perdonami, forse il termine magia non è il più corretto.” negli occhi del rosso brillava una luce minacciosa. “Ma tu non saprai definirlo con nessun altro termine ciò che sta per accadere.”

Schiacciò la carica. Quest'ultima, invece di esplodere, rilasciò una grande quantità di fumo, che circondò i due contendenti. Il viceammiraglio rimase perplesso da quella mossa, che aveva ben pochi effetti pratici: se lui non poteva vedere il suo avversario, neanche quest'ultimo poteva scorgerlo.

“Credi forse che nasconderti alla mia vista ti aiuterà?” borbottò. “Esistono altri sensi che posso sfruttare per rintracciarti.”

“Sicuramente.” ora la voce di Santoli proveniva da una zona differente, come se si fosse spostato molto rapidamente. “Ma ti stai preoccupando per nulla. Questo fumo non serve per nascondermi.”

“Ed allora a cosa ti serve?”

“Che razza di spettacolo di magia sarebbe senza neanche del fumo? Dove starebbe la magia, senza il piacere dell'attesa?”

Tanyu tentò più volte di comprendere da dove provenisse la voce del carpentiere, ma quest'ultimo sembrava capace di muoversi come un'ombra. Nessun suono, nessun rumore, nessun fruscio. I minuti passarono lenti, mentre il fumo si diradava, permettendo al marine di osservare il rosso esattamente dove l'aveva lasciato, in piedi, tranquillo e rilassato come sempre.

“Possiamo cominciare.” dichiarò quest'ultimo.

“Cominciare?” la voce di Tanyu risuonava perplessa, ma in essa si poteva notare una goccia di rabbia, crescente. “Cominciare che cosa? Immagino che tu abbia posto qualche trappola, qui e là, ma dubito che ti potranno servire.”

Santoli non disse nulla. Continuò a rimanere impassibile, mentre attendeva.

Una magia può avere successo solo che calcolata in ogni minimo dettaglio.

“Allora... quando avrà inizio... la tua magia?” provocò il marine, avvicinandosi al suo avversario. “Non mi avevi promesso uno spettacolo?”

“Lo avrai.” replicò freddo il carpentiere. “Conosci la chimica, viceammiraglio?”

“Abbastanza per sapere che sono solo giochetti per uomini codardi e meschini.”

“Oh, no.” dissentì pacatamente Santoli. “La chimica non è un gioco, è un mezzo. Alcuni lo usano per conoscenza, altri per il progresso ed altri ancora... per vendetta.”

Ora!

Accadde tutto molto rapidamente. Dal terreno attorno a Tanyu emerse del fumo giallastro, che lo colpì in pieno volto. Con un ululato di dolore, quest'ultimo si portò le mani al volto, barcollando all'indietro.

“Il primo passo, è renderti incapace di usare la vista.” spiegò il carpentiere. “La soluzione gassosa che ti ha investito va a colpire i nervi ottici, rendendoli inutilizzabili per alcuni minuti.”

“Maledetto... bastardo.” con uno scattò, il viceammiraglio sollevò di scattò il volto, girandolo più volte. I suoi occhi, da verdi, erano diventati completamente bianchi. Di un bianco sporco, giallastro, con le arterie che si stagliavano nitide sul bulbo.

“Cosa credi... che basta togliermi la vista per sconfiggermi?! Fatti avanti, FATTI AVANTI LURIDO VERME! COSI' LA FINIAMO UNA VOLTA PER TUTTE!” sputacchiando insulti, Tanyu avanzò a casaccio, verso un punto alla sinistra di Santoli, ma così facendo azionò una seconda trappola.

Il gas questa volta fu blu, di un blu scuro come le profondità marine. Quest'ultimo sembrò causare violenti conati di vomito al soldato, che presto si accasciò a terra, mezzo soffocato dai colpi di tosse e rigurgiti.

“Questa soluzione va invece a colpire il tuo sistema faringeo.” il rosso iniziò ad avanzare lentamente verso il marine, il martello che scintillava minaccioso in mano sua. “Ammetto di non essere un medico, ma ho sempre trovato affascinante il rapporto che esiste tra la chimica ed il corpo umano. Rimarresti sorpreso di cosa potrei fare al tuo corpo, limitandomi a mescolare pochi ingredienti apparentemente innocui.”

Tanyu riuscì, con uno sforzo sovrumano, ad alzarsi, portando gli occhi vuoti ed infiammati nella direzione da cui proveniva la voce del carpentiere.

“Vigliacco!” sibilò. “Affrontami da uomo, invece di usare simili trucchetti.”

Avvenne tutto in un istante. Con uno scatto, Santoli colpì dritto sul volto il marine, usando il martello. Non appena la testa d'acciaio toccò il volto di Tanyu, si udì una tremenda esplosione, che scaraventò a decine di metri di distanza il marine. Con il volto adombrato, ed il martello ancora fumante, Santoli si portò un fiammifero alla bocca.

“Parli di vigliacchi...” mormorò. “Ne hai di fegato, visto che servi quei bastardi del Governo.”

Volevi la magia. Ti ho sconfitto usando un singolo colpo, se non è magia questa...

“I tuoi punti deboli sono l'arroganza e la troppa sicurezza nelle tue capacità.” concluse il rosso. “Eri convinto di avere davanti a te un debole, ma alla fine sei caduto a terra tu.”

Il corpo del viceammiraglio rimase immobile a terra, fumante, mentre il carpentiere si stiracchiava le spalle, convinto di aver concluso l'incontro.

Forse dovrei andare a cercare il piccolo pirata. Non aveva l'aria di stare troppo bene.

Fu questione di un attimo, o forse poco più. Non appena il rosse ebbe girato la testa, il suo udito percepì una specie di fruscio. Si girò di scatto, giusto in tempo per vedere Tanyu, ricoperto completamente dall'haki dell'armatura, colpirlo violentemente allo stomaco con un pugno. Sangue scarlatto uscì dalle labbra del carpentiere, mentre il colpo lo scagliava a parecchi metri di distanza. Prima che potesse rialzarsi, il viceammiraglio lo bloccò a terra con entrambe le gambe.

“Finalmente ti ho trovato!” ansimò. Aveva il fiatone, mentre aveva riacquistato la vista, seppure entrambi gli occhi erano ancora irritati. “Come vedi la tua magia è riuscita solamente a farmi incazzare.” sollevò un pugno, ancora ricoperto di haki. “E adesso la pagherai molto cara.”

Il primo pugno fu rivolto sul volto. Il sangue scorse scarlatto sul viso di Santoli, mentre percepiva i propri zigomi scricchiolare, con il naso che si frantumava in mille dolorosi pezzi. Subito dopo il primo ne segui un secondo, ed un terzo. Una sequenza di colpi furiosi, atti al solo scopo di fare il maggior danno possibile al suo avversario. Il quale li incassò in silenzio, con il cervello che faceva sempre più fatica a ragionare per trovare una via d'uscita.

Ho abbassato la guardia come un pivello... sono stato un vero idiota.

Duro alcuni minuti, i più lunghi della sua vita. Quando finalmente la furia omicida di Tanyu sembrò placarsi, il volto di Santoli era ridotto ad una grottesca maschera sanguinolenta.

Il viceammiraglio rimase fermo per un po', ansante. I colpi subiti durante gli scontri con Milo e Santoli stava iniziando a sentirli, e l'utilizzo dell'haki su tutto il corpo richiedeva un grande quantitativo di energia. Il marine poteva percepire facilmente le proprie riserve energetiche assottigliarsi di minuto in minuto.

Devo finirla subito. Ho usato più energie del previsto.

Fu proprio quando alzò nuovamente la mano destra, per spaccare definitivamente il cranio del suo avversario, che un rumore lo fece bloccare. Girandosi verso destra, verso l'origine di quest'ultimo, vide qualcosa che lo sorprese profondamente.

“Non ti sarai mica dimenticato del sottoscritto, vero?” le labbra esangui di Milo si stiracchiarono in un sorriso, mentre si avvicinava lentamente verso il soldato. Nella mano sana teneva saldamente la propria canna da pesca. A quella vista, i denti bianchi di Tanyu scintillarono sotto il sole di Marijoa.

“Vedo che sei ancora vivo, Morto.” esclamò con voce beffarda. “Cosa ti riporta qui da me? Credevo che avresti approfittato della situazione per dartela a gambe levate.”

Il sorriso di Milo divenne una smorfia, percependo l'acciaio della stilletto pulsare dolorosamente dentro il suo addome. Nella sua mente, ottenebrata dal dolore, faceva fatica a creare un piano. L'unica cosa che sapeva è che doveva tentare di guadagnare tempo, se voleva salvare Santoli.

Lui prima ha fatto lo stesso per me. Sarei un vigliacco a non tentare quantomeno di ricambiare il favore.

“Sono venuto...” esordì, con voce affaticata. “Perché io e te non abbiamo ancora finito il nostro duello.”

Il sorriso di Tanyu divenne più marcato. Si alzò lentamente, dopo essersi premurato di calpestare il volto tumefatto di Santoli, avvicinandosi al navigatore.

“Hai perfettamente ragione!” rispose con voce affabile il marine. “Dopotutto, un vero uomo non lascia mai dei conti in sospeso, giusto?”

“Precisamente!” convenne Milo. “Lo sai? Mi stai diventando quasi simpatico.”

Tanyu si limitò a sorridere. Tuttavia, vedendo che il pirata non si muoveva, allargò le braccia.

“Dunque? Non mi attacchi? Credevo che volessi chiudere questo nostro incontro...” osservò, il sorrisetto beffardo sempre dipinto sul volto. “A te la prima mossa, pirata.”

Milo però proseguì a rimanere fermo, limitandosi a fissare il suo avversario. Per alcuni secondi il silenzio regnò sovrano, rotto solo dall'ululare del vento. Poi, all'improvviso, Tanyu lanciò un grido di dolore: senza compiere alcun rumore, Santoli si era rialzato, colpendolo alla nuca con il proprio martello esplosivo.

“Lurida canaglia!” berciò il soldato, rialzandosi subito, senza alcun danno di sorta. Si voltò verso il carpentiere, il quale si reggeva in piedi a fatica. Non appena vide le sue condizioni, il viceammiraglio scoppiò a ridere.

“Guardati!” esclamò. “Pensavi veramente che i tuoi giochini potessero mettermi fuorigioco? Il mio haki può neutralizzare ogni tuo attacco, fattene una ragione!”

“Hai ragione, i miei attacchi non hanno avuto l'effetto che speravo.” ammise Santoli, la voce impastata a causa del sangue che gli scendeva in gola dal naso. “Ma i suoi invece sì.” osservò, indicando Milo.

Tanyu rimase perplesso da quell'affermazione, osservando prima il navigatore e poi il carpentiere. Lo stesso Milo pareva non capire il senso della frase del rosso.

Cosa avrà in mente? Pensa sul serio che i miei attacchi possano aver avuto successo?

“I suoi attacchi?” ripeté perplesso il marine. “Ma che cosa stai farneticando?”

Le labbra spaccate del carpentiere si piegarono in un sorriso.

“Lo vedrai.” subito dopo, quest'ultimo scatto all'attacco, roteando il proprio martello contro Tanyu, il quale però lo schivò usando il Soru.

“Dovresti arrenderti.” lo schernì il soldato. “Non sei alla mia altezza. Storm Leg!”

Il fendente colpì in pieno petto il rosso, facendolo crollare al suolo. Tuttavia, un secondo dopo, Santoli era di nuovo in piedi, che tornava all'attacco, sorprendendo ogni aspettativa.

Come fa? Si domandò Milo, osservandolo incassare i colpi di Tanyu senza un singolo gemito di dolore, ogni volta rialzandosi con più foga di prima. Come riesce a superare i propri limiti fisici con così tanta facilità? Gli occhi del carpentiere bruciavano in quegli istanti, mentre lottava per qualcosa di cui il pirata era all'oscuro. Eppure, per spingerlo a tirare fuori una simile determinazione, doveva rappresentare per lui il motivo più importante di tutti.

Ha preso la via del mare, e sta lottando a tutti i costi per difenderla. A ripensare al proprio viaggio, Milo si sentì inutile, piccolo, meschino. Un vigliacco che si era nascosto alle spalle di gente più in gamba per troppo tempo, e che quando era venuto il suo momento di scendere in campo, a difesa della propria ciurma, aveva fallito.

Non sono degno di essere chiamato pirata. Strinse con rabbia la propria canna, mentre sentiva un profondo disprezzo verso se stesso scaturire dentro di lui. Un pirata che si rispetti, non perderebbe mai quando si stratta di difendere un proprio compagno! Non finché ha ancora fiato in corpo.

Ed io ne ho ancora molto!

In quello stesso istante Santoli cadde al suolo. Il suo fisico era allo stremo, e gocce vermiglie gocciolavano dai suoi baffi e dalle mani. Tanyu gli si avvicinò lentamente, con il fiatone, anche lui era a corto di energie, deciso a chiudere definitivamente la partita. Quando fu a pochi passi dal corpo esangue del carpentiere però, percepì il proprio corpo bloccarsi.

“Morso del Ragno!”

Abbassando lo sguardo, vide il proprio braccio sinistro avvolto in un filo trasparente, che si stagliava nitido sul nero dell'haki. Girando lentamente la faccia, il marine poté vedere Milo, la canna salda nella mano destra, che lo fissava con un'espressione feroce.

“Levati.” gli ordinò seccamente il viceammiraglio. “Con te chiudo la questione dopo.”

“Invece la chiudiamo adesso!” replicò Milo. “Vediamo chi è più forte! La tua forza bruta, o la mia arma?”

“Piantala, sei ridicolo.” osservò Tanyu con voce annoiata. “Sai anche tu che non sei al mio livello.”

Milo non rispose. Con un colpo secco, il navigatore fece roteare la canna, sollevando in aria un disattento Tanyu, che venne scaraventato a terra dopo un volo di alcuni secondi. Una volta che la polvere dell'impatto si depositò, il pirata richiamò la propria lenza.

“Non sempre vince il più forte, te l'hanno mai detto?” esclamò il moro. “In battaglia ci vuole anche cervello, e tanto!”

Il marine si alzò lentamente, il volto una maschera di odio.

“Adesso hai finito di dire stupidaggini.” osservò, iniziando a correre in direzione del pirata. “Ti spaccherò la testa con un singolo colpo!”

Milo si mise in posizione di guardia. Sapeva che non aveva alcuna speranza di fermare quella carica, ma non si diede per vinto. Strinse con la mano sana la canna. Avrebbe tentato di immobilizzarlo alle gambe, per bloccare rapidamente l'attacco. Grande fu la sua sorpresa però, quando vide lo stesso Tanyu fermarsi di colpo, il volto sudato e dolorante, cadendo successivamente a terra.

Cosa diavolo...

In quell'istante, Santoli si rialzò, sfoderando un sorriso feroce sul volto tumefatto.

“Vedo che anche tu accusi i colpi, alla fine. L'ultimo attacco che ti ha inflitto il piccolo pirata non poteva certo restare senza conseguenze.”

Milo comprese solo in quell'istante che il suo ultimo colpo con il Dial Reject, il Dial Gamma Reject, doveva aver lasciato danni interni piuttosto gravi al fisico del viceammiraglio. Danni che, puntualmente, erano venuti fuori dopo i ripetuti sforzi compiuti nello scontro con Santoli. Quando Tanyu si rialzò, ansimante, il suo corpo era ritornato del colore normale. Nelle sue condizioni non era più in grado di mantenere un simile sforzo.

Per alcuni istanti ci fu silenzio. Tutti e tre i combattenti erano ridotti in condizioni pietose: Milo aveva il braccio sinistro maciullato ed uno stilletto conficcato nell'addome, Tanyu sembrava compiere uno sforzo enorme solo per restare in piedi, sotto le scarpe di Santoli si stava creando una pozza di sangue vermiglia, il suo.

“Beh, direi che siamo giunti ad un punto di stallo.” osservò il carpentiere. “Siamo tutti e tre ridotti male.”

“Ridotti... male?” ansimò il viceammiraglio. “Parla per te!”

“Finiscila con la commedia.” proseguì il rosso, mettendosi un fiammifero in bocca. “Non inganni nessuno: sei ridotto ad uno straccio.”

Il militare digrignò i denti ma non ribatté.

“Ti propongo... una soluzione.” lentamente, senza compiere gesti bruschi, Santoli mise una mano nella borsa a tracolla, estraendone due pistole.

Tanyu lo guardò per alcuni istanti, fissando alternativamente le pistole ed il volto tumefatto del suo avversario.

“E questo cosa verrebbe a significare?”

“Che ti sto dando la possibilità di liquidarmi.” il rosso si rigirò il fiammifero in bocca. “Solo una di queste due pistole è carica.” i suoi occhi verdi scintillarono. “Scegline una.”

L'altro lo fissò, un sorriso beffardo sul volto, avvicinandosi lentamente.

“Un duello?”

“Lasceremo al destino scegliere chi deve vivere e chi no.” proseguì il carpentiere, senza smettere di fissare negli occhi il soldato.

“No!”

I due si voltarono verso Milo, il quale si stava facendo avanti, il volto contorto in una maschera di folle determinazione.

“Prenderò io una delle due pistole.” dichiarò con voce convinta. “Sosterrò io il duello. Ho cominciato io questo scontro, e lo porterò a termine io.”

Gli altri due non ebbero nulla da obiettare. Dopo una lunga pausa di riflessione, Tanyu afferrò la pistola che Santoli teneva nella mano destra.

“Infilala nella cintura.” ordinò con voce bassa il rosso. Il viceammiraglio lo guardò storto, ma obbedì. Successivamente, Santoli diede la pistola restante al navigatore, allontanandosi dai due contendenti, i quali a loro volta si allontanarono lentamente, andando così a formare una specie di triangolo allungato.

E poi ci fu il silenzio.

Milo teneva lo sguardo fisso verso Tanyu, il quale lo fissava con volto di ghiaccio. Il navigatore era terrorizzato, ma deciso ad andare in fondo a quella storia.

Se ho preso la pistola scarica...

Decise di non pensarci. Doveva credere con tutte le sue forze di avere lui l'arma giusta. Solo così poteva sperare di vincere.

Nella radura non si udiva volare una mosca. Anche il vento si era calmato, lasciando spazio ad un silenzio denso di tensione. Santoli volgeva lentamente il proprio sguardo da Milo a Tanyu, e viceversa. Il viceammiraglio non toglieva gli occhi dal navigatore, anche se ogni tanto lanciava veloci frecciatine al carpentiere, Milo muoveva così rapidamente gli occhi sugli altri due da rendere le sue pupille come impazzite.

Si può sapere cosa diavolo sto facendo?! Il navigatore sentì solo in quell'istante l'enormità del rischio che si era preso. La pistola bruciava come fuoco dalla sua cintura, mentre la mano destra fremeva a pochi centimetri dal calcio. Sarebbe bastato un movimento semplice per estrarla, peccato che lui non avesse mai imparato a sparare. Contro un viceammiraglio della Marina non aveva alcuna possibilità.

Sono come uno che vuole imparare a nuotare in pieno oceano.

Si morse il labbro inferiore, mentre gocce di sudore scendevano pigramente dalla sua fronte. Da quando il suo cuore aveva preso a battere così forte? Che fosse cosciente che quelli erano i suoi ultimi battiti? Era debole, ferito, stanco ed inesperto. Non proprio la combinazione migliore.

Chissà cosa farebbe il nonno in una situazione come questa. Si sorprese di non sapere se suo nonno fosse capace di sparare o meno. C'erano così tante cose che non gli aveva mai chiesto, così tanti racconti che non erano mai stati narrati, così tanti bei momenti assieme mai trascorsi.

Tutto per colpa di un folle bastardo... proprio come quello che ho davanti ai miei occhi...

Gli sembrò quasi di vederlo: un pirata grosso, scuro e ghignante, che decapitava suo nonno con un'enorme scure. Solo per il gusto di farlo.

Quante persone come mio nonno sono morte per colpa di simili ingiustizie? Quanti nipoti non hanno più avuto nonni al loro fianco? Quante altre morti ingiuste questo mondo dovrà vedere?

Non lo sapeva. Lui era solo un piccolo pirata, ma un pirata deciso a dare un po' di giustizia a suo nonno. Aveva giurato con tutte le sue forze di farlo, sul suo stesso onore.

E l'avrebbe fatto.

Doveva solo estrarre la pistola e sparare.

Il silenzio era opprimente. Ormai erano parecchi minuti che i tre contendenti si fissavano impassibili, i volti sudati e sfatti per la tensione. Milo volse un attimo gli occhi dal volto di Tanyu, fissando quelli di Santoli. Rimase sorpreso da ciò che vide in essi. Il carpentiere sembrava cercare di convincerlo in ogni modo di non staccare gli occhi dai suoi. Era una richiesta muta, ma tangibile.

Guardami.

Perché?

Fallo.

Passarono altri secondi, mentre lui proseguiva a fissarlo, il respiro affannoso e veloce, il cuore che esplodeva nel petto.

D'accordo.

Era tutto immobile, cristallizzato. Loro tre, una radura, il sole sopra di loro, e gli occhi scuri di Milo fissi su quelli verdi di Santoli.

Vada come deve andare.

Sembrò quasi naturale capire cosa sarebbe accaduto. Per un velocissimo istante l'aria divenne più densa e pesante del solito, mentre il pirata sentì dentro di sé una voce che gli urlò “Ora, maledizione! Fallo ora! ORA!”

ORA!

Afferrò rapidamente la sua pistola, la estrasse e premette il grilletto.

Nell'aria si udì uno sparo.

Milo premette più volte il suo grilletto, ma quest'ultimo batté a vuoto. Con il cuore in gola, il navigatore portò lo sguardo verso il suo avversario, stupendosi di non aver ancora provato dolore.

Forse quando si sta per morire non si percepisce più nulla.

Tanyu, pistola in mano, lo fissava con espressione di ghiaccio. Per un lungo istante non accadde nulla. Poi, con una smorfia di dolore, il viceammiraglio si portò la mano sinistra al petto, crollando al suolo subito dopo.

Da dietro una pistola fumante, Santoli si rigirò il fiammifero tra i denti. Fece un passo in direzione del navigatore, mentre sparava altri tre colpi contro il corpo esanime del marine, il quale non si mosse più.

“Puoi pure buttarla via.” consigliò il rosso, sorpassando il pirata, dirigendosi verso la cinta muraria. “Comunque si vede che non avevi mai maneggiato una pistola prima d'ora.”

“Come hai fatto ad essere più veloce di lui?” chiese il navigatore, mentre l'arma gli scivolava dalle dita.

“Le pistole erano scariche. Tutte e due.” Santoli sputò via il fiammifero, mentre riponeva la terza pistola nella borsa.

“Hai giocato sporco fin dall'inizio!” lo accusò Milo, mentre lo seguiva.

“Non ho mai detto che non avessi una terza pistola, né che tutte e due fossero scariche.” replicò serafico l'altro. “E comunque io non sono un marine e neanche un pirata. Non devo dare retta a signorili discorsi sull'onore e cose simili.”

Il pirata lo guardò scontroso. Non gli piaceva come era finito quello scontro. Ci vedeva del marcio, del sbagliato nell'imbroglio ordito dal rosso ai danni di Tanyu. Rivolse un ultimo sguardo al corpo riverso a terra alle loro spalle, provando una goccia di pietà per colui che, fino a pochi istanti prima, aveva tentato di ucciderlo.

“Non preoccuparti per lui.” osservò Santoli, mettendosi un nuovo fiammifero tra le labbra. “E' un viceammiraglio. Se la caverà.”

“E noi?”

“Tu sei ridotto uno schifo.” il carpentiere lo squadrò con occhio attento. “Ho degli affari che mi aspettano dentro le mura, ma temo che non posso lasciarti qui a morire. C'era un medico nella vostra ciurma, giusto?”

“Sì...” improvvisamente, Milo percepì un'immensa stanchezza dentro le membra. Fino a quel momento era stata l'adrenalina a sorreggerlo, ora che la tensione stava svanendo gli sforzi sostenuti durante la lotta vennero fuori con prepotenza. “Kalì...”

“Allora ti do una mano a cercarla.” con una rapida mossa, Santoli afferrò per la spalla buona il pirata, impedendogli di cadere. “Ma facciamo in fretta.”

Milo, aiutato dal carpentiere, cadde presto in un torpore profondo. Si sentiva stanchissimo, e si meravigliò di essere ancora capace di camminare. Eppure, poco a poco, nel profondo del suo animo venne fuori una sensazione nuova, strana. Qualcosa che aveva sentito raramente prima di allora.

Orgoglio.

Guarda Nonno... non mi sono tirato indietro.

Un sorriso leggero come il vento gli illuminò il volto. Nonostante il modo in cui era finito il duello, tutte le sofferenze patite, tutte le sconfitte subite, Milo era felice.

Aveva preso la propria via del mare, e l'aveva difesa.

Ora sono... un vero pirata.

 

 

Kalì indietreggiò rapidamente. Il piede destro però la tradì, facendola scivolare sull'infido pantano sotto di lei.

Maledizione!

Il suo avversario, l'uomo avvolto nel mantello bianco, tentò di trafiggerle il petto con il suo spadone. Non avendo tempo per usare l'arco, l'amazzone fu costretta a parare il colpo con le braccia, tramite l'haki. L'impatto causò scintille, mentre la piratessa tremava per lo sforzo di resistere.

E'... molto forte.

Fu questione di un attimo: con un rapido colpo di reni, la mora sferrò un calcio al proprio rivale. Quest'ultimo però svanì in una nuvola di fumo, ricomparendo ad alcuni metri di distanza.

Kalì si alzò lentamente, il volto sporco di fango. Aveva il fiatone, e si trovava in difficoltà. L'agilità e la forza di quell'uomo sembravano decisamente superiori alle sue. I suoi occhi caddero verso il corpo di Shun, svenuto e ferito, prima vittima della grossa lama a forma di falce del marine davanti a lei.

Digrignò i denti, mentre percepiva lo stomaco ribollire di rabbia. Shun era al suo fianco da tantissimi anni, praticamente da quando aveva memoria di sé. Vederlo ferito le provocava una rabbia cieca e sorda, qualcosa di profondamente estraneo alla sua natura di ragazza gentile.

“Non devi soffrire per lui.” osservò il marine, roteando la propria arma con abilità sovrumana. “Presto tornerete insieme.”

Il ringhio di rabbia della dottoressa divenne un verso stridulo, che le si bloccava nella gola, contratta dalla rabbia.

Mi avete già portato via una volta qualcosa...

Si conficcò le unghie nelle mani, mentre percepiva un odio immenso verso coloro che osavano fare del male alle persone a lei care.

Non capiterà di nuovo, non farete del male a Shun!

LO GIURO!

Era pronta alla sua battaglia.

 

 

CONTINUA

 

  
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