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Autore: MissyHarry    25/07/2016    1 recensioni
Una vecchia conoscenza di Revy, una nuova associazione che tenta di prendere il sopravvento sull'Hotel Moscow e i soliti fattorini che ogni tanto si scontrano con la legge.
Perché in fondo un traditore, anche se passa dalla tua parte, rimane pur sempre un traditore.
RevyxRock, accenni... O forse qualcosa di più di semplici accenni, hmmm...
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dutch, Nuovo personaggio, Revy, Rock, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 18.

Strange kind of woman

 

“Questa volta, se mi ficchi ancora la lingua in bocca ti ammazzo”.

Revy abbassò la pistola, stringendo i denti.

Mark sorrise. “Sapevo che avresti detto così” sospirò, muovendo cauto un passo verso di lei. “Allora…” incllinò la testa di lato, sfoggiando la sua solita aria strafottente “...mi posso considerare perdonato, sì…?”

 

I due ragazzi salirono a passi veloci le scale che collegavano il garage alla sala degli interrogatori. “Tutto chiaro? Vedi di non fare errori. E vedi di dimenticarti ogni cosa che vedi qua” mugugnò lei, lanciandogli uno guardo in tralice. “Stando al piano di Rock, avrei dovuto ucciderti, laggù”.

“Non ne avevo dubbi” mugugnò lui, correndo alle spalle di Revy. Cercò di non guardarsi intorno per non irritarla troppo: adesso, non era più lui a tenere le redini della situazione.

“Eccoci” sussurrò lei, raggiunto il pianerottolo. Bussò tre volte, come pattuito, lasciando qualche secondo per dare tempo agli altri di prepararsi. Dopodiché, sfondò la porta con un calcio.

 

Fu un attimo. Boris e Balalaika svuotarono il caricatore dei loro Kalashnikov fuori dalla finestra, il primo urlando, la seconda con una palese aria annoiata. Dutch mollò un cazzotto a Benny, giusto per fare un po’ di scena. Rock, invece, dopo essersi tappato le orecchie alzò verso l’inglese uno sguardo fra il sorpreso e lo stizzito. Lo indicò con un cenno del capo, lanciando un’occhiata interrogativa a Revy. “Che cazzo ci fa lui, qui?!” sibilò a denti stretti, avvicinandosi al ragazzo a grandi passi e dandogli uno spintone.

“Ssht, zitto” sussurrò Dutch, raggiungendoli subito. “Evidentemente i piani sono cambiati” . Revy non rispose, limitandosi a guardare il capo negli occhi.

 


Nonostante tutto, nonostante la scontrosità della pistolera, nonostante le attenzioni di Rock, forse chi realmente riusciva a capire Revy al cento per cento era, ed era sempre stato, Dutch. Era lui che riusciva a calmarla, a sapere quando lasciarla stare, ad incanalarle la furia omicida quando ormai si rendeva conto che era arrivata al punto di non ritorno. In quei momenti, quel grande omone acquisiva capacità empatiche degne di una confidente adolescenziale. “E’ per questo che attira le donne!” si lamentava sempre Benny, giustificando così il suo scarso successo con il sesso opposto. Ecco, in quel momento Dutch aveva capito perfettamente la situazione. Conosceva Mark, sapeva benissimo che rapporto c’era fra i due e, soprattutto, non era un idiota. Non avrebbe mai lasciato Revy da sola, se non fosse stato sicuro al cento per cento che Mark non aveva cattive intenzioni. “Un vero capitano non abbandona mai la sua ciurma”, ripeteva. E, in fondo, era sempre stato così.

 

Rock si forzò di rilassarsi, cercando in tutti i modi di ignorare il sorrisetto sarcastico del biondo che sembrava urlargli in faccia: ‘allora, chi è che comanda, qui?!’. “Vieni, dobbiamo parlare” sentenziò Dutch, trascinando il giapponese fuori dalla stanza.

Nel frattempo, anche Revy aveva scaricato una Cutlass sul pavimento, sotto lo sguardo gelido di disappunto di Balalaika. ‘La moquette me la ripaghi tu’, sembrava dirle.

“Beh, secondo me abbiamo fatto abbastanza casino” cinguettò allegro Benny, massaggiandosi la guancia. “Direi che possiamo sdraiarci per terra e dare inizio alle danze. Ecco” lanciò le chiavi dell’auto a Mark “divertitevi!”



 

Mark fece scattare il chiavistello della cella. ‘Ci siamo’, pensò. Cominciò piano ad intonare i versi di una canzone che, nell’ultimo mese, si era sforzato di imparare a memoria.

“I want you, i need you, i gotta be near you

I spent my money as i took my turn…”

Aprì pian piano la porta a tenuta stagna, senza smettere di cantare.

“I want you, i need you, i gotta be near you…”

La sua voce sfmò piano, come un sussurro. Diede una rapida occhiata dentro, sbirciando dalla fessura aperta. Sentì una vocina piagnucolare; alzò lo sguardo, e si trovò di fronte Nicole. Sfoggiò il suo miglior sorriso.

“I feel like screaming

I won my woman just before she died!”

Spalancò la porta ed aprì le braccia, raggiante. La ragazza, superato il momento di defaillance, scattò in piedi e corse piangendo verso di lui.

Dieu merci!” strillò, cadendogli fra le braccia e scoppiando in singhiozzi. “Sei arrivato! Sei tu, indien! Ti ho riconosciuto! La canzone...”

“...Dei Deep Purple. Certo, che sono io” sussurrò lui, accarezzandole i capelli. Le lanciò un’occhiata dall’alto della sua spalla.

 

Era davvero una ragazza bellissima, una modella, quasi. I lunghi capelli color cenere erano così morbidi da scivolargli fra le dita; la sua figura, nonostante la situazione, continuava a tradire una spiccata eleganza. Chissà perché diavolo si era impuntata di seguire il padre fin lì, in quella fogna. La abbracciò, cogliendo l’occasione per accarezzarle i fianchi.

“Va tutto bene, c’est moi, c’est moi” le sussurrò all’orecchio. Lei alzò il viso, puntandogli addosso suoi enormi occhioni spaventati e arrossati dal pianto. “E… E le persone orribili che mi hanno portato qui, dove…?”

Lui le regalò un altro sorriso rassicurante, inclinando la testa di lato. “Non preoccuparti, li ho sistemati. Sono qua fuori, ma preferisco che…” spense il sorriso dalle sue labbra “preferisco che tu non li veda, madame”.

“Già. Ho sentito gli spari”. Nicole si raddrizzò, sciogliendosi dall’abbraccio. “Perdonami per la scenata, ero un po’...” sospirò, lanciando un’occhiata terrorizzata alla cella in cui era stata rinchiusa fino a quel momento “...sull’orlo di una crisi di nervi, direi”. Gli rivolse un sorriso. “Non so come ringraziarti, ma, dopotutto, ero sicura che saresti venuto a salvarmi. Mancavi solo tu”. Mark fece finta di non capire. “E gli altri? Che fine hanno fatto…?”

Un’ombra passò sul viso della donna. “Gli altri… Mio… Il capo, sono tutti…” si interruppe, la voce rotta dal pianto. Mark le appoggiò una mano sulla spalla.

“Andiamo via di qui”.



 

Non succedeva spesso di vedere Rock furibondo. Solitamente, quando dava il peggio di sé tendeva comunque a rimanere calmo, sorprendendo gli altri con la sua improvvisa freddezza.

In quel momento, Dutch si ritrovò faccia a faccia con il lato più isterico del giapponese. Si ritrovò a pensare che fosse una fortuna che ci fosse proprio lui, in quel momento. Sospirò, accendendosi una sigaretta.

L’aveva quasi trascinato a forza in una delle stanze dove Boris e i soldati erano soliti svagarsi mentre aspettavano di essere assegnati a qualche missione. C’era un grosso tavolo al centro, e tante sedie sparse intorno. Rock sembrava si stesse impegnando a calciarle tutte, dalla prima all’ultima.

“Che cazzo è saltato in mente a quella deficiente!?” urlava. Aveva deciso di sfogarsi sul mobilio perché, dopotutto, un briciolo di buonsenso gli era rimasto, e se il capo l’aveva trascinato in quella stanza, forse non era molto saggio uscirne di propria spontanea iniziativa.

“Vedi di darti una calmata” biascicò Dutch, accendendosi una sigaretta. “Su, siediti qui, te ne offro una”.

“Come diavolo pretendi che stia calmo!?” sbraitò il giapponese, sferrando un pugno di piatto contro la parete e facendosi particolarmente male. “Ugh” mugugnò, contraendo la bocca in una smorfia. L’altro ridacchiò.

“I pugni contro il muro si danno sempre di lato” cantilenò, come a riprendere un bambino che non ha ancora imparato bene come va il mondo. “Sennò ti spacchi la mano. Spero se non altro che questo sia servito per calmarti”.

Rock crollò su una sedia, sconfitto. Si lasciò andare ad un sospiro profondo, e accettò la sigaretta che il capo gli stava offrendo. “Come fai ad essere così tranquillo? Me lo spieghi?”

“Ahhh, ho scelto bene il tuo nome, a quanto pare” ridacchiò lui, stendendo le gambe sotto il tavolo. “Sei proprio duro come una roccia, eh? Sai, tu sarai anche un ottimo stratega, non lo nego, ma quando c’è di mezzo Revy hai meno flessibilità mentale di un cazzo di nazista”. Si tolse gli occhiali da sole, e lo guardò dritto negli occhi. “Devi stare molto attento, Rock. Spera che nessuno se ne accorga, o portano usarlo contro di te”.

Il giapponese incassò la lezione senza dire una parola. Rimase in silenzio qualche minuto.

“Mi stai dicendo” proruppe infine “mi stai dicendo che ci eravamo sbagliati, sul suo conto…?”

“No! Sto dicendo che tu ti eri sbagliato sul suo conto. Succede” si affrettò ad aggiungere “e sono convinto che non sia la prima volta che ti capita. Eppure, adesso sei letteralmente furibondo! La vita di Mark non è una gara. La vita, non è una gara”. Lo sguardo del capo si fece improvvisamente severo, e Rock cominciò a sentirsi dannatamente piccolo.

“Non ti abbiamo arruolato perché eri uno spietato assassino. Quello ce l’abbiamo già nella ciurma, e non è Benny” cercò di smorzare la tensione con una battuta “quello di cui abbiamo bisogno è una persona che ci colleghi al mondo reale. Qualcuno che ci ricordi com’è la vita al di fuori di Roanapur…. Non vogliamo che tu ti adatti a noi, ma il contrario!”

Rock rabbrividì. “Dici… dici che sto cambiando…?” sussurrò. Dutch gli diede una pacca sulla spalla.

“No. Dico solo di fare meno il geloso” scherzò, piegando le labbra in un sorriso. “Almeno, non a livelli omicidi! Fidati, Revy conosce Mark molto meglio di te, e non è decisamente una ragazzina. Sa cosa sta facendo”.



 

“Spero che tu sappia cosa stai facendo” sibilò Balalaika, furente, mentre Benny li disponeva artisticamente per terra. “O quando mi rialzerò, farò cadere te”.

Benny sorrise, visibilmente a disagio. “Ecco, ora siamo più realistici”. Scalciò un’infradito, gettandosi poi a terra con la guancia tumefatta bene in vista. “Shhht! Stanno arrivando!”



***
Angolo Autrice

Sì, lo so, avevo promesso un capitolo alla settimana, ma ero in vacanza senza internet, con tanto mare e con tanto sole *-* Quindi sono giustificata, vero?
Mi rifarò! Questa settimana penso di pubblicarne un altro!
Buona lettura! E grazie a tutti queli che hanno letto e recensito... Siete dei grandi, aiutate un sacco, davvero. <3

Harry

 

  
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