“Non
può andare avanti così! – la
voce di Caroline prorompe su quella della mora – Sai meglio
di me che è in
queste patetiche condizioni da giorni!” esclama senza un
po’ di ritegno, senza
riflettere riguardo la mia presenza fisica ad un solo muro di distanza
da lei e
Bonnie.
Quest’ultima
sbuffa, mentre io
tiro su con il naso, senza pensare. Ecco, questo è
ciò che cerco di fare da
giorni. Non pensare, non riflettere. Ho preso una pausa da tutto, dalle
Cheerleader, da Teatro, dagli impegni, dalle uscite: in più,
ho messo in pausa
anche il cervello, o meglio, la parte razionale di me, quella che mi
ripropone
continuamente le parole di Damon, la scena nella sala pranzo, Klaus,
Rebekah,
Stefan… tutto ruota attorno a me, quasi avessi un terribile
mal di testa e non
fossi cosciente abbastanza da capire cosa stia effettivamente
accadendo. E
probabilmente sono cosciente abbastanza da capire che non voglio
pensare,
perché se solo abbassassi le difese, anche solo per un
inutile e patetico
secondo, ecco che la mente si riempirebbe di parole terribili, e lo
stesso vale
per le orecchie, ed il cuore, il cuore soprattutto.
Stringo
le gambe al petto,
circondandole con le braccia. Sono nel mio letto, coperta ed in
pigiama, gli
occhi sicuramente rossi, così come il naso e le guance,
bagnate dalle lacrime
che scorrono ad intermittenza: quando son troppo stanca per impormi di
non
pensare, ecco che quelle scendono senza ritegno; quando poi, trovo
questa forza
celata in chissà quale angolo remoto e ben nascosto di me,
non piango. O
almeno, cerco di non farlo.
Sospiro,
osservando il fantastico
punto indefinito di fronte a me, il silenzio adesso accompagna il mio
respiro
pesante e mi viene quasi difficile respirare.
“Se
solo… - inizia Bonnie,
fermandosi per una breve pausa quasi stesse cercando le parole adatte
– Se solo
riuscissimo a parlarle, a farla ragionare.”
L’immagine di una Caroline
biondissima e che scuote la testa, per niente convinta, si fa spazio
nella mia
mente.
“Bonnie,
in quel modo si
affrontano le rotture. – afferma con un tono quasi lamentoso-
La sua situazione
è ben peggiore: rottura con precedenti! E’ stata
coinvolta in una scommessa e
sono stati coinvolti, soprattutto, i suoi sentimenti. Non mi stupirei
se Elena
si stesse persino innamorando di quel grandissimo bastar-“
“Okay,
okay.” La blocca Bon.
“Cosa
proponi allora?”
Caroline
sospira. “Non lo so, non
lo so! E questo mi preoccupa! Per la prima volta non ho un piano in
mente”
“Io
sottolineerei più il fatto
che siamo senza nessun piano per aiutare la nostra amica barra automa
rinchiusa
nella sua stanza zitta senza esternare un solo sentimento.”
La rimbecca la mora
sarcastica.
Ed ecco
che sono giunte ad una
terribile conclusione. Non c’è via
d’uscita.
Sono
bloccata in questo strano
limbo, non ho commesso nessun peccato ma è come se fossi
tormentata dalle pene
dell’inferno in persona, se così si può
dire.
Poggio il
mio corpo alla testiera
del letto, rimboccandomi la coperta e sospirando. Di nuovo.
Penso che
fra un po’ inizierò a
contare quante volte abbia sospirato, sarebbe comunque un ottimo modo
per tener
occupata la mente e non pensare.
Non
pensare, non pensare.
E’
come un mantra che si ripete
senza sosta nella mia mente. E non è buffo? Cerco di tener
la mente libera,
vuota, ma se da una parte ci sono tutti i ricordi e le brutte emozioni
che
spingono per dominare questo spazio, dall’altra ci sono tutti
i miei metodi per
non pensare. C’è…
c’è il mantra, il sospirare, il pensare al non
pensare… c’è
di tutto.
E sto
mentendo schifosamente a me
stessa: non riesco a non riflettere riguardo quel che è
successo.
E
dovrò affrontarlo prima o poi:
eppure sono così masochista che ritardo continuamente il
poi, seppure sono
convinta che, se lo facessi, se affrontassi tutto quanto, starei meglio.
Ma non lo
so, mi sento smarrita
ed insicura, un sentimento che non riesco a definire –sarebbe
più un miscuglio
di sentimenti- mi logora sin nel profondo ed ho la gola secca, un
groppo che
non riesco a mandar giù, tanti altri sospiri con cui
riempire le prossime ore e
mi sento, paradossalmente, vuota.
So di
aver detto che sarei andata
avanti con la testa alta… ma sono crollata. In un certo
senso, quando sono
fuori casa, ovvero a scuola, fingo di stare alla grande nei limiti del
possibile. Ma una volta al riparo dalle occhiate indiscrete e dai
bisbigli di
chi mi sta attorno a lezione e nei corridoi, mi svuoto di tutto, di
tutti i
finti sorrisi, di tutta la finta forza. Di tutto. Rimanendo apatica.
“Starò
bene.” Soffio cercando,
seppure in malo modo, di convincere il mio animo che non vuole sentir
ragioni.
Catturo, però, l’attenzione delle mie due amiche,
i quali volti fanno capolino
nella stanza, con le sopracciglia aggrottate, quasi come se si fossero
rese
conto adesso della mia presenza.
“Hai
detto qualcosa?”
Inclino
appena un angolo delle
labbra. “Forse.”
Bonnie
sospira, lasciando
penzolare le braccia e subito dopo incrociandole, inumidendosi il
labbro
inferiore ed osservandomi comprensiva. Si avvicina al letto di qualche
passo,
incerta: non notando nessun segno da parte mia, si fa vicina,
più vicina, fino
a sedersi e facendo sprofondare una parte del materasso.
“Stai?”
domanda facendomi
accennare una risata. Ci è riuscita anche stavolta: ci
ponevamo questa domanda
quando eravamo piccole, quando stavamo “male” e
chiedere ‘Come stai?’ era
inutile e fastidioso, e la solita risposta era
‘sto’.
“Sto.”
Ecco che lo dico facendola
sorridere, facendo scuotere la testa di Caroline che imita la bruna e
si siede
accanto a me. Sorridiamo per quella che mi sembra
un’infinità di tempo: Bonnie
pensa al passato? Caroline al presente? Pensano a me?
Scoppio a
piangere, trasformando
la risata in lacrime, trasformando i loro sorrisi in abbracci.
E’ questo ciò
che mi rimane? Una splendida amicizia?
Le
lacrime si raddoppiano, i
singhiozzi mi bloccano il respiro già turbato di suo e mi
rannicchio,
nascondendo la testa fra le gambe, le loro braccia mi cingono in una
strana
stretta che mi basta, che mi infonde calore ma che non è
sufficiente a farmi
stare bene.
Non
starò bene.
Gli occhi
mi bruciano, mi
pizzicano, non riesco a smettere di singhiozzare e lacrimare, vorrei
solo
sapere una cosa.
“Perché?”
esalo prima di
incrociare i loro sguardi tristi e compassionevoli, paurosi e
affettuosi.
Bonnie
passa la sua mano sulla
mia schiena, spostandola dal basso verso l’alto,
accarezzandomi e facendomi
venire la pelle d’oca.
“E’
la vita, Elena.” Afferma
Caroline con un tono di voce basso. “Nasci, cresci, ti
affezioni a qualcuno,
gli altri ti deludono, piangi, sbagli, forse impari, forse starai
bene.”
Sospira.
“E’
la vita e lui è
inequivocabilmente uno schifoso bastardo, provasse anche solo a
guardarti ed io
lo farò a pezzi, lo giuro tant’è vero
che mi chiamo Caroline Forbes.”
Sorrido
teneramente a Caroline, è
una delle migliori al mondo, una migliore amica, una migliore persona,
un
migliore umano.
E’
la vita e devo andare avanti.
Siamo a
pranzo, a scuola. Prendo
a morsi la mia mela rossa, il mio vassoio è vuoto se non
fosse per la
bottiglietta d’acqua perlopiù inutile dato che non
ho sete. Caroline sbuffa.
“Il
cibo di questa scuola è così
grasso che dovrei consultare un dietologo per le cheerleader. Insomma
– si fa
più seria- sembrano tutti più grassi. Hai visto
Jane Illinois, del secondo
anno? Le sue cosce sono sicuramente più grandi di tre
centimetri!”
Bonnie
alza gli occhi al cielo.
“E vogliamo parlare di Becca Thomas, terzo anno? O delle
matricole, Jamie
Scott, Alison Smith e Kathleen Forbes? Forbes, capito? Non
può avere il mio
stesso cognome e non rispettarlo! Stiamo pur sempre parlando di una
quarantaquattro, ad occhio e croce!”
Io
ridacchio, scuotendo la testa.
“Non cambierai mai! Non puoi semplicemente –Bonnie
sembra rifletterci su- …non
giudicare una persona dal suo peso?”
“Senti,
BonBon, io faccio parte
del comitato studentesco da più di tre anni, sono a favore
delle campagne
contro l’omofobia e bulimia, so benissimo che sono argomenti
delicati. Ma sono
anche capo cheerleader, voglio il meglio dalle mie ragazze, anche se il
meglio,
in questo caso, si tratta di una quaranta!”
L’argomento
in questione cade
quando in mensa entrano Niklaus e Stefan Salvatore, apparentemente
amici per la
pelle da quando… be’ da allora. Lui non
c’è. E non so se provare sollievo o
semplicemente disprezzo. Continuo disprezzo.
Mentre
riporto il mio sguardo
sulla mela, mi rendo conto che entrambe le mie amiche mi stanno
osservando con…
attenzione. Come se fossi fatta di cristallo e stessi per frantumarmi
in mille
pezzi.
“Che
c’è?” domando allora.
“Non
avete mai visto qualcuno
mangiare una mela?” faccio la finta tonta, eppure loro lo
sanno. Ed anche io, è
come se fossi nella fase di diniego… sospiro.
Sto
benissimo.
La
biblioteca non mi è mai
apparsa così vuota e solitaria, perfino quando sospiro mi
sembra di provocare
un fastidiosissimo rumore, anche se non c’è nessun
signor James –di turno a
quest’ora- a rimproverarmi con un’eloquente
occhiataccia.
Il tavolo
sotto la finestra è
mio, o meglio, non c’è scritto in caratteri
cubitali Elena Gilbert, è solo… che
lo occupo sempre io. Piuttosto patetica, vero?
Apro il
libro di storia
mettendomi l’anima in pace. Devo studiare e prendere almeno
una B nel prossimo
test del professor Saltzman. Lego i capelli in una coda bassa e impugno
l’evidenziatore celeste regalatomi da Caroline per imparare
ad essere più
ordinata.
Sottolineo
poi le date con la
matita, mentre cerco di memorizzare ed appuntare un piccolo schema di
sintesi
sul margine sinistro del libro.
Un finto
tossire mi risveglia.
Da-Damon.
Deglutisco. Cosa ci fa
qui?
Fingo di
non averlo visto con lo
zaino in spalle ed un’espressione ambigua. Rivolgo tutta la
mia attenzione al
libro.
“Elena.”
Mi richiama la sua voce
così sonora e suadente, mentre pronuncia il mio nome.
Le sue
mane bianche e nodose si
poggiano sul tavolo. Quasi sobbalzo.
Lo ignoro.
“Elena…
ti prego, lascia che ti
spieghi tutto.”
Inclino
le labbra in un sorriso
amaro e deluso. “Cosa non capisci di ‘Esci dalla
mia vita’?” quasi ringhio.
Sospira ma non si da pace, apre la bocca quando alzo gli occhi ed
incrocio i
suoi meravigliati. Posso dire quanto mi siano mancati? No, non posso.
Non mi
sono mancati.
“Elena,
hai frainteso, io ho
chiuso con la scommessa molto prima di i…”
“Di
cosa?” lo blocco. “Sai che
non ci credo affatto? Perché non sei credibile.”
Mi alzo dalla sedia e punto
contro l’indice. “Perché tu rovini
tutto, Damon. Rovini chiunque, butti tutto
all’aria e stermini ogni forma di felicità. Io
stavo bene, diamine, stavo bene
senza di te.”
“Elena,
ti scongiuro, ascoltami.”
Quasi mi prega. La vista si appanna. Mi mordo le labbra, cercando di
trattenere
le lacrime.
“Ho
detto di uscire dalla mia
vita.” Esalo, prima di chiudere il libro ed andar via. Con la
coda dell’occhio,
noto che lancia lo zaino all’aria, infuriato.
E forse
va bene così.
Damon.
Ho
diciannove anni. Sì, c’è
bisogno di specificarlo, a quanto pare. Generalmente, si scherza sul
fatto che,
a questa età, non si sappia cosa sia l’amore, non
si sappia cosa significa
vivere, amare o essere amati.
Io stesso
pensavo che, a
diciannove anni, di amare, o essere amato, o sapere, almeno, cosa
questo
significasse o implicasse, fosse principalmente inutile.
Ovviamente
– e sottolineo,
ovviamente – ho dovuto ricredermi.
Non solo
perché tutto ciò che
pensavo fosse importante adesso sembra totalmente futile e viceversa,
non solo
perché stare con lei mi faceva sentire, in uno strano e
bizzarro modo, come se
non avessi bisogno di nient’altro, ma anche
perché, in uno strano e bizzarro
modo io ero, inaspettatamente, consapevole.
Sì,
si dice che la consapevolezza
si acquisti alla maggiore età e io l’ho passata da
un pezzo – un anno e nove
mesi per essere precisi – ma io ne sono entrato in possesso
adesso, quando ho
capito cosa significa, essere consapevoli di amare, e soprattutto, che
quello
che amavi ti è stato portato via da … niente poco
di meno che... tuo fratello.
Mio
fratello. Stefan.
Il mio
sangue, mi ha portato via
l’unica cosa per la quale valeva la pena vivere questa
dannata ed insensata
vita.
Perché
sto pensando questo?
Semplice: a quanto pare, l’impresa ‘Stefan sono un
tenero cucciolo smarrito che
ha tanto amore da dare a tutto e a tutti per sempre’ mi ha
appena soffiato il
posto, non solo come ‘aiutante’ al corso di teatro
ma anche con quella che,
fino ad una settimana fa, era la mia ragazza.
Adesso,
lui la sta aiutando a
sollevare una serie di banchi per allestire la scenografia delle ultime
prove
per questo spettacolo. Lei ride, forse timida, forse leggermente
abbagliata
dagli occhioni da cane bastonato di mio fratello che ‘ne ha
passate tante’
sempre all’ombra del bastardo ed insensibile fratello
maggiore.
Ah, se
Elena conoscesse Stefan
come lo conosco io: scapperebbe.
È
ovvio che non sa che è stato
proprio mr. ‘sono sempre dolce’ a spifferare tutto
a Klaus ed ad umiliarla
pubblicamente davanti a tutta – e dico tutta – la
scuola.
Persino
barbie folle sembra fare
parte del ‘team Stefan’, gli sorride come se fosse
l’ultimo uomo sulla terra.
Dal canto
mio, sto semplicemente
facendo l’ochetta che odia tutto ciò che gli sta
intorno perché ne è,
irrimediabilmente, geloso.
Sì,
sono geloso di come Stefan
stia sorridendo ad Elena mentre lei gli racconta di qualche A+ in
letteratura
inglese e di come Caroline e Bonnie preferiscano palesemente la sua
compagnia
alla mia. Ma è ovvio: io sono il fratello cattivo. Sono
quello che ha fatto una
scommessa e che è andato a letto con una ragazza –
doppia cazzata perché era
anche la sua prima volta – solo per una casa al lago, che,
ovviamente, non
visiterò quest’estate. No, quest’estate
passerò a deprimermi davanti alla tv,
senza nessuna idea sul futuro e guarderò mio fratello
spupazzarsi la mia Elena,
per tre lunghi mesi, a meno che non decida di andare a fare una
vacanza, magari
in Inghilterra o Irlanda. Giusto per stare lontano, molto lontano,
anche se, un
oceano di distanza non sarà mai abbastanza.
“Geloso
eh?”
Mi volto
ed alzo gli occhi al
cielo. Rebekah è accanto a me; vestita di scena, con addosso
un completo in
pelle decisamente orribile e ticchetta con una calma estenuante, la
punta dello
stivale nero, sul legno del pavimento.
“Intendi
di mio fratello che ci
prova con la mia ragazza? Affatto”
“Errore
– mi punta il dito
generosamente rosso di smalto – non è la tua
ragazza, non lo sarà mai più,
probabilmente”
“Hai
sottovalutato le mie doti,
Mikaelson … o devo ricordarti che cosa non-ho fatto, per
portarti a letto” le
sussurro, avvicinandomi al suo orecchio.
Lei cerca
di trattenersi, cerca
di non sospirare e mi guarda truce, lasciando trasparire fin troppa
lussuria,
da quegli occhi azzurri ricoperti di eyeliner che fino
all’anno scorso trovavo
decisamente attraenti.
Mi guarda
e sospira: “Potremmo …
vederci, stasera”
Soffio un
respiro vicino al suo
lobo, facendola rabbrividire.
Lascio
passare qualche secondo,
un lungo ed interminabile secondo in cui lascio correre la mano sul suo
fianco,
carezzandolo leggermente, per poi accingermi a soffiare un
‘ti piacerebbe’ al
suo orecchio, che viene interrotto … da Elena.
Ecco. Se
le cose con lei facevano
schifo, ora fanno anche peggio che schifo.
Sotto
zero. Zero assoluto. Centro
della terra e oltre.
“Scusate
– mormora, con un velo
di tristezza ad incurvarle la voce. Non mi guarda, mentre io mi
preoccupo di
fare il contrario, godendomi appieno uno dei pochi momenti in cui posso
averla
vicina di pochi passi senza che mi insulti. Indossa sempre il solito
paio di
jeans e la sua solita semplicità che adoro, quella stessa
semplicità che ho
osservato la mattina dopo averci fatto l’amore, quando non si
è preoccupata di
essere bella, ma anzi, di fare i compiti – Rebekah
… sul palco, devi … provare
la scena”
La
ragazza inarca leggermente le
sopracciglia, schiudendo le labbra ricoperte di lucidalabbra
– o qualsiasi cosa
esso sia – e schiocca la lingua: “Bene”
Mi
liquida con un cenno di
assenso e poi si avvia verso il palco, dove una Caroline adirata, le
urla
qualcosa che non comprendo.
Elena ha
continuato ad evitare il
mio sguardo, eppure, per il momento, non è ancora andata via.
Assaporiamo
il silenzio, l’unico
pezzo di noi che ci resta, invogliati a non lasciarci andare, ma
costretti a
farlo, almeno per ora.
“Allora
… come va?” mi chiede,
stupendomi, come sempre. Si guarda le punte delle scarpe da ginnastica,
appuntandosi la solita ciocca scura che le ricade disordinata sul
volto, ciocca
che, negli ultimi tempi, sistemavo io, dietro il suo orecchio, per poi
lasciarle un bacio.
Lei che
chiede a me come sto. Lei
che come al solito è sempre un passo a me, come se fosse
perfettamente a
conoscenza del fatto che sono distrutto, e irrimediabilmente solo.
“Oh
… alla grande, solita vita …
quella che ti fotte, presente?”
Si lascia
sfuggire un sorriso, ed
io lo faccio di rimando, tentando di avvicinarmi, nemmeno fosse un
cerbiatto.
“Tu
come stai? – sospiro –
domanda idiota. Colpa mia”
“Oh
no non … non è idiota è …
alla grande, sto … alla grande”
“Mio
fratello ti ha già letto uno
dei suoi racconti pieni di principesse e pony arcobaleno?”
Elena
allarga la sua risata,
morendosi il labbro inferiore e io la guardo, sempre e comunque.
“E
anche se lo avessi fatto? Qual
è il problema, Damon?”
Ecco.
“Nessuno,
fratello. Stavo solo
facendo conversazione” dico, incrociando le braccia in
direzione di mio
fratello, che mi fissa, da dietro le spalle di Elena. Lei si sposta,
quel poco
che basta per osservare Stefan e poi me, con uno sguardo dubbioso ad
incorniciarle il volto.
“Le
stavi chiedendo scusa per
aver scommesso su di lei? O per averle mentito?”
Elena
schiude leggermente le
labbra ed aggrotta la fronte in un’espressione a dir poco
sbalordita.
Prendo un
respiro profondo,
trattenendomi a stento dallo sputare addosso a mio fratello la
verità, quella
che sa benissimo, quella che finge di non conoscere.
“Sarà
meglio che tu vada, Stefan”
“Certo
– si volta verso Elena –
prendi la borsa, ti porto a prendere quel famoso gelato”
È
un pugno dritto allo stomaco.
L’ho sentito, proprio lì, al centro.
Elena
annuisce leggermente, e mi
guarda, per un millesimo di secondo in cui vorrei implorarla di non
andare, di
stare con me. Le spiegherei tutto, dall’inizio alla fine.
Eppure
non lo faccio, per un
qualche strano ed assurdo motivo a me del tutto sconosciuto. Rimango in
silenzio, osservandola andare via con mio fratello.
Sorride,
in un modo quasi
impercettibile e del tutto diverso dalle risate che riuscivo a
strapparle io,
quando la afferravo per le gambe stringendola contro il mio petto o
quando la
baciavo mentre parlava, beandomi di quel rumore, quel solo ed unico
rumore che
era la sua risata, contro le mie orecchie.
Sospiro
pesantemente, di fronte a
quella maledetta consapevolezza, quella che mi spinge a tornare coi
piedi per
terra, alla realtà in cui non riavrò Elena, alla
realtà in cui lei si allontana
fra le braccia di mio fratello.
“Non
l’hai persa … non ancora,
comunque”
Bonnie
è alle mie spalle, la
solita aria titubante e vagamente nervosa, come sempre quando mi
rivolge la
parola.
“Che
dici?”
“Caroline
mi ucciderebbe se
sapesse che ti ho parlato ma … Stefan, mh …
Stefan non è per Elena … Stefan è
…
solo quello di cui ha bisogno adesso … in un periodo in cui
le è crollato
addosso il mondo, Damon … il suo mondo
…”
“Mi
stai dicendo che devo
continuare a …”
“Ti
sto dicendo, che non l’hai
persa, non ancora”
“Bonnie!
Smettila di parlare con
l’Innominato e vieni a darmi una mano” la bionda.
“Ehi
Bennett – la blocco – grazie”
“Non
l’ho fatto per te … ma per
Elena”
Rimango
ancora in silenzio, come
del resto sono stato per la maggior parte della giornata, forse certo
che, una
volta tanto, la mia vita non fa quasi del tutto schifo, solo
perché potrei
riavere Elena.
***
Ci sono
momenti, nella vita, in
cui hai bisogno di qualcuno che ci sia e che faccia sentire la sua
presenza,
qualcuno su cui puoi, indiscutibilmente, contare. Qualcuno a cui puoi
parlare
per ore dei tuoi problemi senza che ti dica niente; allora sei
inevitabilmente
grato a quella persona, perché è un supporto, una
roccia e ti capisce – o
perlomeno tenta di farlo.
Gli
mostri le tue cicatrici e con
un tocco cerca di guarirle, con un sorriso ti tira su il morale ed
è un amico
su cui fare affidamento, in qualche modo.
Nel mio
caso, il qualcuno in
questione è Stefan. Sì, potrebbe sembrare che sia
solo un capro espiatorio,
quel qualcuno che possa sostituire Damon, ma non è
così: ci tengo a lui, stiamo
recuperando quel rapporto di amicizia che avevamo tentato di
intraprendere
prima che succedesse ‘il tutto’ ed in questo
particolare periodo della mia
vita, sono più che felice di essermi riavvicinata a lui. So
che lui è dalla mia
parte nonostante Damon sia suo fratello, questo mi rallegra ma al
contempo mi
rende lievemente triste per il maggiore dei Salvatore. Poi ci rifletto
su, e
realizzo che Damon sta pagando le conseguenze per essersi comportato
come al
solito, spero che un giorno possa comprendere l’importanza
dei sentimenti.
Nonostante tutto, vado avanti.
E vado
avanti per davvero, a
testa alta, mentre chiudo il capitolo della mia vita che porta il nome
di un
ragazzo dai capelli corvini e dagli occhi fastidiosamente blu, che
cerco ogni
giorno di dimenticare.
‘È
stata una settimana’, mi dico.
Poi però, aggiungo ‘E ci sei anche andata a letto,
fra le altre cose’ e quindi
piango, nella maggior parte dei casi in cui mi rendere conto di non
essere per
nulla, una persona che potrebbe essere definita
‘forte’, affatto. Tipo per
niente.
“Non
ci credo!” Stefan scoppia a
ridere mentre poggio le mani sul vetro, lasciandoci sopra il contorno
appannato
delle mie dita. Mi sento una bambina: sto scegliendo i gusti del gelato
e ho
appena confessato al mio amico che, la prima volta che l’ho
incontrato, durante
il primo anno di liceo, pensavo fosse un hippie.
“Davvero!
Penso che i tuoi
capelli abbiano contribuito…” biascico con
l’acquolina in bocca, osservando
quel ben di Dio di fronte ai miei occhi. Lo ammetto, siamo in quella
parte
dell’anno in cui non si sa se sia effettivamente autunno o
inverno, e in teoria
non dovrei volere un gelato, non è il massimo in questo
preciso istante – in
cui penso stia per piovere, per dirne una. Ah la Virginia, che stato
deprimente
e dimenticato da Dio – ma Stefan mantiene le promesse ed oggi
mi sento
piuttosto accaldata. E no, prima che la mia mente – anzi, il
mio lato subdolo,
meschino e più di tutto, pugnalatore alle spalle –
possa dirlo, non riguarda
Damon e l’averci parlato in modo civile dopo tempo. Affatto.
Sospiro,
prima di staccare le
mani e ridacchiare per la loro forma impressa su di esso.
“Cioccolato
e menta?” propone il
ragazzo dagli occhi verdi, incurvando gli angoli della bocca in
giù e creando
un’espressione ilare sul suo viso. Tra le risate riesco a
sussurrare un “va
bene”. E va davvero bene, Stefan mi rende felice e mi
distrae.
Dopo aver
lottato per pagare la
mia coppetta, ed esser uscita perdente – insomma, un gelato
spalmato in faccia
come ripicca non è l’ideale, diciamocelo
– , decidiamo di fare una passeggiata
per Mystic Falls.
…
come se ci fosse realmente
‘qualcosa’ da vedere, a Mystic Falls. O per lo
meno, ‘qualcosa’.
Adesso ci
troviamo nella piazza
principale, alla nostra destra il municipio circondato per lo
più da empori o
outlet che vendono abiti … e cito:
‘all’ultima moda’ … per donne
che superano
la sessantina, aggiungo io.
Immergo
il cucchiaino
plastificato ed arancione nel cioccolato, facendolo poi sparire nella
mia
bocca.
“Davvero
sembro hippie?” chiede
preoccupato ad un tratto, ed io annuisco con il capo in risposta e
sorrido,
pensando che abbia ancora la testa sopra la mia affermazione di qualche
minuto
fa.
“Insomma,
non che ci sia qualcosa
di male – riflette inarcando un sopracciglio ed osservando
vacuo il suo gelato
al caffè – Pensavo più qualcosa alla
Bon Jovi dei poveri versione moderna.”
Scoppio a
ridere, e “Hai
ragione!” esclamo divertita.
“Oggi
sei di buonumore.” Constata
sporcandosi di menta il labbro inferiore e facendomi sorridere, ancora.
“Sì,
non c’è niente di male
nell’essere felici. Hai … uhm … del
gelato qui…” gli indico il punto con
l’indice della mano sinistra, mentre con un fazzolettino fa
sparire la macchia.
“oh” mormora sempre sorridendo.
È
forse questo il segreto di
tanta felicità: il sorriso. Lui è un
po’ come Caroline, una bomba di energia e
positività, sono due persone molto diverse fra loro ma il
punto è sempre
quello.
Un’espressione
indecisa gli si
dipinge sul volto, e sembra quasi che stia combattendo contro se stesso
per
decidere se parlare o meno, poi si decide. Io sospiro, sapendo
esattamente dove
voglia andare a parare: “Sai … non voglio tornare
sull’argomento o farti stare…
male, ecco. Vorrei solo dirti la mia opinione una volta per
tutte.” Aggrotto le
sopracciglia, guardandolo incerta mentre sospira e sembra scegliere le
parole
adatte.
“Damon,
sai… non sto dicendo che
dovresti perdonarlo o che puoi biasimarlo per ciò che ha
fatto, dico solo che
lui è così. E non penso cambierà mai.
Sono suo fratello e l’ho visto crescere,
cambiare, far soffrire le persone e non ho potuto far nulla.”
Mi osserva mentre
deglutisco rumorosamente. Per un secondo mi passa per la mente
l’idea di
chiedergli com’erano da piccoli, se ricorda qualche evento o
aneddoto
divertente della loro infanzia. Poi mi chiedo se sono stati sempre
così. Se il
loro rapporto è sempre stato burrascoso.
Ed infine
decido di lasciar
perdere tutto quanto.
“Lo
capirà prima o poi … e sono
sicuro che allora io sarò con lui, perché
nonostante tutto è mio fratello e ci
sarò sempre per lui” sorrido teneramente a queste
parole, Stefan è davvero
legato a suo fratello e sono felice che Damon abbia uno come lui al suo
fianco,
anche se non merita tutto … questo.
“Grazie.”
Mormoro in risposta,
non sapendo bene cosa dire e ritenendo che questa parola racchiuda un
po’
tutto.
Lui
sorride di rimando,
spegnendosi nel momento in cui due gocce piombano contemporaneamente
sul mio
naso e sulla sua testa, facendo in modo di guardarci, indecisi sul da
farsi.
Spingo la
porta del Mystic Grill,
entrando accompagnata da Stefan e beandomi dell’atmosfera
calda che ci avvolge,
in netto contrasto con la pioggerellina fastidiosa che ha appena
colpito la
città.
Ci
guardiamo per qualche secondo,
soffermandoci soprattutto sui vestiti bagnati – inzuppati
sarebbe il termine
corretto? – e scoppiamo a ridere.
Oggi
è una continua risata, non è
un quasi acquazzone a rovinarmi la giornata.
“Ti
darei la mia giacca …” fa
Stefan non terminando la frase ed alludendo ai suoi abiti. Io scuoto la
testa
sorridente. “Non ti preoccupare, sono certa che adesso ci
riscalderemo …”
incrocio le braccia avvicinandomi al bancone, mentre lui ordina
qualcosa che
non riesco ad udire. Metto una mano nei capelli, districando qualche
nodo
venutosi a creare e tastando le mie ciocche scure: sono completamente
bagnati,
per cui sbuffo. Come faremo al ritorno? Rimarremo qui, al Mystic Grill
fino
all’orario di chiusura?
No, mi
rispondo, avendo
adocchiato un ragazzo dai capelli neri come la pece e gli occhi, al
contrario,
incredibilmente chiari, seduto su di uno sgabello mentre
l’unica sua compagnia
consiste in un bicchiere ed una bottiglia di alcool …
Bourbon per la precisione.
Scuoto la
testa: Damon e l’alcool
non sono un grande affare. Mi volto verso il mio amico, che adesso mi
sorride e
poi si guarda attorno.
Deglutisco.
Non
devono vedersi, non voglio
che i loro sguardi si incontrino.
“Din
din, coppietta felice a ore
nove.” Esclama a gran voce Damon alla nostra destra,
sollevando teatralmente
l’indice. Troppo tardi. Assottiglio gli occhi e spero che
lasci stare.
“Damon,
non è come pensi. Lui è
Stefan ed è solo mio amico.” Calco bene le ultime
parole, voltandomi verso di lui
e promettendomi di soffocare qualsiasi cosa si agiti in me. Che sia
rabbia … o
qualcos’altro.
Alza le
mani, e “Non mi devi
nessuna spiegazione” aggiunge. “Sei stata tu a
lasciarmi, ricordi? Sai per la
scommessa e tutto quanto?” Serro le labbra e lo vedo
irrigidire la mascella.
Come
dimenticarsene?
“Andiamo
via.” Mi rivolgo a
Stefan che mi osserva con tenerezza.
“Non
volevo crearvi problemi.”
Esclama Damon, mentre io serro gli occhi, espirando a fondo.
“Ti
prego.” Continuo imperterrita
al piccolo Salvatore.
“D’accordo.”
Guarda il fratello.
“Hai bevuto. –dice – spero di non
trovarti in queste condizioni anche a casa.”
Damon
scoppia con una risata dura
e tagliente. “Non ho toccato un goccio di questa bottiglia.
Si da il caso che
l’abbia appena presa … e per giunta, non
è per me, ma per quel grand’uomo di
nostro padre ma … ehi – sorride amaramente
– io sono il fratello cattivo,
giusto? E tu sei l’eroe. Quindi mi porti via la ragazza
nonostante … beh – mi
sfiora con lo sguardo, e potrei giurare che nei suoi occhi ci sia
davvero
sofferenza – tutto … nonostante tutto”
– si alza dallo sgabello e si avvicina a
Stefan – “Mi giudichi un alcolista ubriaco
vedendomi solo con una bottiglia in
mano … Congratulazioni, fratello. Sei riuscito
nell’intento di rovinarmi la
vita. Ma – gli posa una mano sulla spalla – non
contare mai più su di me.”
“Andiamo.”
E seguo Stefan,
sgusciando via dal locale per correre sotto la pioggia.
“Stai
facendo la cosa giusta.”
Prorompe Caroline chiudendo il suo guardaroba.
“Dici?” domando mettendomi ritta
sul suo letto, osservandola in tutta la sua bellezza.
“Sì, Stefan è un bravo
ragazzo e te lo sta dimostrando. Chissà, magari scoprirai
che non è solo un
buon amico …”
“No.”
Esclamo. “Stefan è solo un
grande amico. Un grande amico che mi sta aiutando tantissimo. Non
riesco a
pensare a lui in quel modo.” Ribatto quasi imbarazzata,
spostando una ciocca
ancora umida dietro l’orecchio.
“E
invece con Damon succede?”
domanda con un filo di sarcasmo nella sua voce. “Riesci a
pensare a lui in quel
modo?” Le lancio un cuscino che prontamente schiva.
“Idiota.”
Stefan mi
ha accompagnata a casa
della bionda – la più vicina – e ci
siamo salutati con un caloroso abbraccio.
Ma niente di più. Come ho già detto è
un buon amico sincero, ciò che mi serve
in questo periodo.
E sembra
che la mia amica faccia
– in qualche suo assurdo modo di vedere le cose –
‘tifo’ per il ‘team Stefan’.
“Idiota.”
Ripete Bonnie uscendo
dal bagno.
Caroline
alza gli occhi al cielo.
“Io penso che Damon sia più di quello che
sembra.” Afferma con nonchalance Bon,
facendomi inarcare un sopracciglio.
“Cosa
intendi?”
Sospira,
gettandosi al mio fianco
sul letto di Care.
“Non
so… L’ho visto in questi
giorni… sembra davvero distrutto, non come le altre volte,
con le altre
ragazze. Forse dovresti parlarci.” Mi consiglia mettendosi su
un lato e
osservandomi con i suoi occhi scuri ed in grado di essere
così trasparenti. È
sincera. Per un attimo ci penso sul serio, a parlarci, ma poi scuoto
violentemente la testa, dicendomi che non lo merita.
“Forse
no. Anche se al Mystic
Grill ha detto una cosa che mi ha colpita…”
arriccio il naso. “Sapete cosa vi
dico? Lasciate stare. Lascio stare Damon.” Affermo dopo un
minuto.
“Cosa?”
è la voce di Bonnie. “Io
voglio sapere cosa ha detto!” esclama fintamente arrabbiata.
Roteo gli occhi e
appoggio la schiena alla coperta della bionda. “Ha detto:
‘mi porti via la
ragazza nonostante tutto’ … tutto cosa? Che
intende? Che voleva seriamente
provarci con me?” … ma non so cosa
significhi… forse nulla. Lasciamo stare”
accompagno
le parole ad un gesto della mano, come per scacciare questi pensieri.
“Piuttosto…”
indico Caroline.
“Dove stai andando?”
“Eh?
Parli con me?” fa la finta
tonta. Perché fa la finta tonta?
“Secondo
me ad un appuntamento.”
Bonnie alza le sopracciglia mentre mi sussurra queste parole, facendomi
ridere.
“Non
ci credo!” borbotto
arrabbiata. “Esci e non dici nulla!”
“Non
è vero!” ribatte piccata.
“Ah
no? E questo vestito come lo
spieghi?” chiede Bon indicando un abito nero con la schiena
decorata in pizzo.
“E
va bene. Potrei uscire con
qualcuno…”
“Chi?”
“Lo sapevo!” esclamiamo
contemporaneamente.
“Non
è importante… “ balbetta.
Tossisco divertita.
“Dillo!”
urliamo io e Bon.
“Klaus
Mikaelson. Devo uscire con
lui.”
Schiudo
le labbra e lancio uno
sguardo sbalordito a Bonnie: “Cosa?” esclamiamo
all’unisono.
“Potresti almeno
dirci che diavolo sta
succedendo?” sbotto io. Perché? Semplice. La mia
migliore amica sta per uscire
con il tizio che ha sabotato una relazione e che mi ha addirittura
messo in
imbarazzo di fronte a tutta Mystic Falls, praticamente.
“Successione di eventi”
prosegue. Alza le spalle e si guarda ancora una volta allo specchio, ma
il
riflesso della sua immagine non la soddisfa ed ecco che tira fuori
l’ennesimo
abito dall’armadio. A questo punto mi chiedo dove e come li
abbia presi tutti
questi cavolo di vestiti.
“Successione
di eventi – ripeto a
bassa voce – quegli stessi eventi che hanno spinto Klaus a
stroncare la mia
‘relazione’ – mimo delle virgolette
– con … Salvatore?”
“Elena.
Cara, dolce ed innocente,
Elena – ecco che il suo lato saccente esce allo scoperto,
spiattellandomi in
faccia come lei si ritenga più intelligente di me
– sai che non faccio nulla
senza un secondo fine – afferra la porchette e ci spinge
verso l’uscita della
sua camera – perciò, sta tranquilla …
ci pensa la zia Caroline” dice alla fine.
Così, Bonnie ed io ci ritroviamo sul portico di casa Forbes,
di fronte ad un
altro potenziale temporale ad osservare Caroline che, con una camminata
stile
modelle di Victoria’s Secrets, si avvia alla macchina.
Osserviamo
Caroline andare via e
io inarco leggermente le sopracciglia, stringendomi nelle spalle a
causa di una
gelida folata di vento. “Che intendevi con ‘Damon
è più di quello che sembra’,
Bonnie?” lei mi guarda ed accenna un sorriso, forse un
po’ spento o forse
prevedeva la mia reazione. “Intendo che … tutti
hanno bisogno di una seconda
occasione. Ora – si porta una mano davanti alle labbra e
sbadiglia – devo
andare a casa, domani c’è scuola. Fa quello che
ritieni ti faccia stare bene”
conclude. Osservo la mia migliore amica allontanarsi e sospiro, ancora.
Ormai
non faccio altro.
Ho una
migliore amica che ha
l’aria di essere il Grillo Parlante della situazione e
un’altra che sembra
appena uscita da una sfilata di moda. Solo io, non ho idea di chi
potrei
essere.
Ho
beccato un altro temporale,
tornando a casa.
“Elena,
tesoro, sei tutta
bagnata!” esclama mia madre, alzatasi di scatto dalla
poltrona sulla quale mi
stava aspettando, sveglia, sorseggiando una tazza di thè
caldo. Alcune volte
vorrei che non fosse così apprensiva, che mi lasciasse un
po’ stare. Ma, poi la
capisco: sua figlia appena diciottenne che torna a casa fradicia alle
undici
passate è, decisamente, preoccupante. Sorrido.
“Sto
bene, mamma. Ho solo … molto
sonno”
Inizio a
salire le scale,
tendando di tamponare i capelli umidi: “È per quel
ragazzo … Damon? Sai che con
me puoi parlarne …”
Sgrano
leggermente gli occhi:
“Come …”
“Una
mamma queste cose le sa …”
sorride.
“Lui
è … non è niente mamma …
è
solo … una di quelle cottarelle … insomma, capito
no?”
Lei
annuisce leggermente ed io
sospiro, sollevata. Ha capito.
“Notte”
dico alla fine. Si, lo
so. Sono stata un po’ troppo dura, lo riconosco, ma
… gli adolescenti sono
giustificati, no?
Mi butto
fra le coperte e per fortuna,
riesco a prendere sonno.
Pov Damon:
Cerco di
stare fuori casa il più
possibile. Tipo sempre. Perché mio fratello gioca a fare
l’idiota innamorato, e
io sono stanco di sentirlo fischiettare e di mandarsi messaggini
insieme ad
Elena. Le ragazze bisogna chiamarle, di certo non mandare loro
cuoricini su
what’s app. Che tristezza.
L’unica
cosa relativamente
positiva è che stare lontano da casa, mi ha fatto
concentrare sulla scuola,
dunque, potrei essere seriamente ammesso in qualche college, magari
lontano da
qui. Magari riuscirò a trovare una ragazza in grado di
sostituire Elena.
Sorrido
amaramente. Come no.
La
professoressa di spagnolo posa
il compito sul mio banco: “Non so chi le abbia messo la testa
a posto,
Salvatore, ma sembra che lo abbia fatto nel modo giusto.
Chissà, magari
riuscirà ad entrare
all’università”
Guardo il
compito e credo di non
avere mai preso un voto più alto ‘B-’
decisamente positivo.
E ancora
una volta mi ritrovo a
pensare ad Elena e a come mi abbia fatto tornare la voglia di fare
qualsiasi
cosa.
La
campanella suona ed afferro la
tracolla, indeciso sul saltare o meno la prossima ora di corso, in cui
dovrò
sorbirmi gli sguardi da lumacone di mio fratello che guarda Elena
mentre
scrive, o mentre risponde ai quesiti posti dal professore,
mangiandosela con
gli occhi e pensando a chissà cosa, sotto il mio sguardo
decisamente
disgustato. Comunque, il mio orgoglio e forse la mia consapevolezza, mi
porta a
pensare che non avrà tutte queste gran
possibilità con lei. Lui non sa
assolutamente niente di lei.
Decido di
andare a controllare se
a teatro ci sia bisogno o meno di una mano, magari Ric mi
troverà qualcosa da
fare.
Non avevo
di certo previsto che
fossero tutti qui, lumacone compreso. Adesso sta anche dietro ad Elena
per
‘aiutarla con le cose dello spettacolo’.
“Ehi
Rick” richiamo il mio amico,
sedendomi accanto a lui che legge rapidamente alcune scartoffie.
Il mio
amico comincia a parlare
di chissà cosa, mentre io mi sento colpito da un moto di
rabbia, di quelli
nitidi, che tagliano a metà lo stomaco, di fronte a mio
fratello che continua a
sfiorarla, anche solo per qualche secondo, mentre lei, gli sorride.
“Allora,
cos’è, ti ha portato via
la ragazza?” indica Stefan con l’angolo del foglio,
attento a non farsi vedere.
“Eh?
– mi volto in direzione del
foglio – no … ho fatto tutto da solo, lui
è arrivato a lavoro compiuto. Sai,
ragazza sconsolata, cazzate del genere”
“Ma
lei era la tua ragazza”
afferma.
“Per
una settimana, Rick, capirai
… sono cose che passano” mi gratto la testa.
“Andiamo
amico, qui c’è bisogno
che intervieni … quella ragazza ha bisogno di uno come si
deve”
“Ce
l’ha accanto” ribatto. Ed è
vero, mio fratello è di certo meglio di me.
“Ma
smettila! Non vedi … lei è …
presa, ma non interessata, capisci che intendo?”
“Non
ho idea di cosa tu stia
dicendo”
“Ad
esempio. Se lei fosse stata
interessata, non ti avrebbe rivolto un’occhiata prima di
sparire dietro le
quinte, giusto?”
Sbuffo:
“Vado?”
“Vai!
Che aspetti?”
Mi alzo
rapido dalla poltroncina,
e la seguo, superando mio fratello e guadagnandomi uno sguardo di
totale
disapprovazione, di cui non me ne può fregare di meno.
È
in ginocchio e sta rovistando
in un baule che Caroline mi ha costretto a portare fino a qui, solo
perché
contenente una serie di cose che potrebbero servire per lo spettacolo.
In
sottofondo, Rebekah che si accinge a cantare Hopelessly Devoted To You.
La faccio
saltare in aria – come
sempre – quando la richiamo, e per poco non sbatte la testa
contro il coperchio
della gigantesca cesta. Sorrido.
“Ti
serve una mano?”
“N-no
io … ho fatto” risponde,
voltandosi. Tiene fra le mani quello che apparentemente sembra uno
straccio
rosa, per pulire i pavimenti, ma sono quasi del tutto sicuro che
qualcuno debba
indossarlo.
“Cos’è?”
lo indico.
“Un
vestito che deve indossare
Rebekah – sorride guardandolo – Caroline doveva
trovare il modo per fargliela
pagare … dato che non ha potuto cacciarla”
Annuisco:
“Ehi ho … ho preso B-
al compito di spagnolo. Alla fine non sono un caso così
perso … no?”
Lei
sorride mordendosi in labbro,
al ricordo della sua ultima affermazione riguardo la mia preparazione
in
spagnolo: “A quanto pare no …” stringe
la stoffa del vestito e io inclino la
testa di lato, guardandola meglio.
“Sarà
meglio che torni di là …”
conclude, alzando, finalmente, lo sguardo su di me, che annuisco.
“Elena
– la richiamo un’ultima
volta e lei mi guarda, e spero seriamente che ciò che leggo
nei suoi occhi sia
speranza – mi manchi …”
Lei
sospira pesantemente e poi mi
guarda: “Anche tu” sussurra, prima di andarsene.
Ed io
rimango qui, fermo ed
immobile, a chiedermi se ciò che abbia detto sia reale o
meno, o se me lo sono
immaginato. Ma con un dannatissimo sorriso ad incurvarmi le labbra.
Pov Elena:
Esco a
prendere un po’ d’aria, e
sedendomi sugli scalini principali della scuola, osservo il cielo
ancora
plumbeo e deprimente.
È
assurdo, sapete? Come si fa a
rovinare tutto in un solo attimo? Il momento prima sei felice, ed il
momento
dopo non lo sei più. Si dice che i bisogni
dell’uomo cambino con il passare del
tempo, il che ti spinge a non provare più determinate cose
piuttosto che altre.
Le esigenze sono diversi, così come i sentimenti, le
sensazioni. Le persone
stanno insieme. Le persone cambiano e si mollano.
Si
ritrovano faccia a faccia nel
bel mezzo del corridoio scolastico, lanciandosi occhiate che vogliono
dire più
di quanto si voglia lasciar credere, indecisi, o forse incapaci, di
fare o dire
qualcosa. Incapaci, addirittura, di salutarsi, per paura di essere
fraintesi.
Così Damon ed io ci guardiamo e ci manchiamo, incapaci di
mandare tutto
all’aria e tornare a salutarsi con un bacio in mezzo al
corridoio.
***
Ottobre
è ormai alle porte e lo
dimostra l’abbassamento notevole della temperatura e dunque
il vento piuttosto
freddo che ci avvolge quando varchiamo la soglia della porta, che sia
quella di
casa o di scuola, portandoci perciò a rabbrividire e tremare
come foglie.
La prima
settimana di questo mese
è già trascorsa, i primi test mensili sono
già stati tutti eseguiti dalla
sottoscritta e posso, tutto sommato, ritenermi in grado di rallentare
il passo
con lo studio e prendermi brevi pause. Inspiro profondamente, mentre
Rick
spiega qualcosa di molto importante sulla storia locale che potrebbe
influenzare il nostro voto alla maturità.
Le sue
ultime parole, però,
vengono interrotte dal suono della campana, che fa esclamare un
“Alleluia!” ad
un mio compagno, nello specifico… Damon Salvatore.
E’
una delle poche lezioni che
abbiamo in comune, ovviamente le uniche parole che ci rivolgiamo sono
un “ciao”
strascicato o qualche futile domanda, dettata più che altro
dalla voglia e
necessità di parlare con qualcuno piuttosto che interagire
realmente l’uno con
l’altro.
Accenno
un sorriso quando il mio
professore e futuro zio scuote il capo facendo una battuta sul suo
alunno e
amico, in un certo senso, rimanendo nei parametri in quanto
è pur sempre… un
diciottenne suo studente.
Diciotto
anni, già, a volte non
so se preferirei esser più grande e matura o più
piccola, per poter rivivere
tutti i miei momenti da adolescente. Sbuffo, la risposta è
sicuramente più
difficile del previsto, sono stanca e dunque non ho voglia di pensare e
riflettere più del dovuto.
Lascio il
mio banco prendendo il
libro in mano, stringendolo fra le braccia e uscendo pian piano dalla
classe.
“Elena!”
qualcuno mi chiama, mi
volto e noto che la voce appartiene ad Alaric. Inclino le labbra e
muovo appena
il capo, con una domanda implicita: “Cosa succede?”
La
camicia nera che indossa mi
ricorda quelle di Damon, i primi bottoni sono sbottonati ed un paio di
jeans
scuri gli fasciano le gambe. In mano ha qualche scartoffia ed un
sorriso
perenne stampato sul volto.
“Non
si tratta di scuola” – mi
avvisa, ed io corrugo la fronte. Di cosa, allora? –
“Né di Grease. E’ solo che…
uhm, anzi… lascia stare, sono un idiota.” Scuote
leggermente la testa, ed
allora “Andiamo!” esclamo, proprio come farebbe
Caroline se si trovasse nella
mia attuale situazione.
E’
quasi… imbarazzato?
“Si
tratta di Jenna… Sai che ho
intenzione di chiederle di sposarmi, no?”
“Uh,
sì, ovvio.”
“E
vorrei fosse domani, durante
il nostro anniversario. Qualche idea su cosa potrebbe piacerle?
Insomma, non ho
chiesto a Miranda perché le avrebbe spifferato tutto,
Grayson non se ne parla e
Jeremy… è Jeremy”
“Io…”
rimango per un attimo
allibita, senza parole. E’ così tangibile
l’amore di Rick nei confronti di
Jenna, e viceversa: a volte si comportano come due
adolescenti… ma il solo
pensare queste parole mi fa scoppiare a ridere di una risata amara,
malinconica, strana. Io sono un’adolescente, Damon lo
è… e ha mandato tutto
all’aria. Quindi Jenna e Rick non si amano come due
adolescenti, si amano come
la migliore fra le coppie, come il sole ama le stelle, i fiori il caldo
e la
lana il freddo.
“Lei
è romantica. Molto.
Qualsiasi cosa fatta con il cuore la emozionerà.”
Osservo il suo sorriso quasi
consapevole e dolce.
“Forse…”
sussurra qualche attimo
dopo, prendendo un respiro profondo. “…forse anche
i piccoli gesti possono
emozionarla, smuoverla…” Inclino il capo verso
sinistra.
“Non
se ti comporti in modo
spregevole” sputo queste parole come se lui mi avesse colpita
nel mio punto
debole, poi sbatto le ciglia un paio di volte e mi rispondo che no, non
si
tratta affatto di questo.
“Magari
non è tutto come lei
crede, magari… lei può dare un’altra
possibilità.”
“Magari
lei sta solo cercando di
andare avanti.”
“E
lui può avere buone
intenzioni”
Rido.
“Stiamo ancora parlando di
te e zia Jenna?”
“Forse
sì, forse no.” Si passa
una mano fra i capelli mentre mi allontano.
“Elena?”
Gli sorrido. Lo so già.
“Lo
so” ripeto, questa volta ad
alta voce. “Non ringraziarmi.”
“Neanche
tu!” esclama facendomi
ridacchiare.
Chiudo la
porta alle mie spalle.
Mi manca per un attimo il respiro. Che Damon gli abbia raccontato
qualcosa…?
No, ne dubito. Lui non esprime i suoi sentimenti, i suoi
pensieri… è così
chiuso, ostinato, non ne parlerebbe mai neanche se si trattasse, per
l’appunto,
di un suo amico.
Mordo il
labbro inferiore
costringendo tutti questi pensieri ad allontanarsi da me: il mio
presente è il
mio armadietto, ecco, solo questo.
Inserisco
la combinazione e lo
apro.
“Elena!”
esclama la voce di
Bonnie. Sorrido mettendo a posto il libro e quaderno, senza voltarmi a
guardarla. “Ehi” mormoro appunto, cercando il
volume di chimica.
“Rick
ha intenzione di fare la
proposta a Jenna domani sera. Non è così
romantico? Sai, abbiamo parlato di
lei, che è romantica e basterebbe poco a colpirla,
purchè tutto parta dal
cuore… Jenna è così, vorrei tanto
avere il mio Rick, sai, ma non Alaric
Alaric…” affermo chiudendo con un lieve tonfo
l’armadietto mentre un “Oh.”
Sorpreso fuoriesce dalle mie labbra.
Bonnie,
di fronte a me. E… Damon.
“Ciao.”
“Ciao…”
ricambia insicuro. Guardo
la mia amica che sorride incoraggiante.
Cosa
dovrei fare?
“Ehm…
adesso ho chimica… e, uhm dovrei
andare. Sì, ho un test importantissimo!” Bugia,
mento spudoratamente e Bonnie
lo sa.
“Davvero?
Non hai ripassato con
Stefan ieri pomeriggio.”
E bum,
colpita e affondata! Le
parole di Damon sono sarcastiche e taglienti, apro la bocca ma non esce
fuori
una sola parola: non so come rispondergli.
“Ehm,
cioè… Non intendevo ciò che
ho detto…. Credo.”
Scuoto la
testa con veemenza.
“Non fa niente… immagino. Devo andare.”
Indico
con il pollice il
corridoio dietro di me, pur sapendo che la classe di chimica
è dal lato
opposto. Non riesco a parlargli, non dopo avergli spudoratamente
rivelato che
mi manca. E’ colpa della mia bocca, giuro. Non dice mai la
cosa giusto al
momento giusto.
I suoi
occhi cristallini sembrano
implorarmi, posso quasi sentire che urlano: “Resta, resta!
Non andar via…” Ma
non posso farci nulla, è più forte di me ed il
mio battito aumenta in una
maniera che mi spaventa. Ed io… non voglio che accada,
qualsiasi cosa mi stia
succedendo.
Non con
Damon.
“Elena…”
“Ci
vediamo a pranzo, Bonnie!”
Ignoro
lui ed il suo successivo
pugno sugli armadietti, lui e la sua voce più alta di
un’ottava mentre si
rivolge alla mia amica, lui ed il suo profumo che ha invaso le mie
narici…
Com’è
che ho detto a Rick?
‘Magari
lei sta solo cercando di
andar avanti’… Ed è così,
diamine! Che qualcuno l’accetti! Perché ho bisogno
di
convincere me stessa, me lo devo! E da qualcosa devo pur iniziare...
gli altri
devono crederci, devono saperlo: a furia di dirlo e sentirlo
così tante volte
ci crederò anche io, e andrò davvero avanti.
Per ora,
devo solo mentire e
ripeterlo all’infinito come un dannato mantra.
La
campanella dell’ultima ora
suona come una liberazione alle mie orecchie: in fondo lo è
per davvero, questa
giornata mi ha stressata ed ho solo voglia di tornare a casa ed
assistere ad
una maratona di American Horror Story con Jeremy al mio fianco che
ridacchia
ininterrottamente per la mia paura costante.
Ecco,
solo questo.
Con
questo pensiero esco da
scuola, sorseggiando un po’ d’acqua e spostando una
ciocca dietro l’orecchio.
“Ehilà!”
la voce squillante di
Stefan mi si affianca, proprio come la sua figura alta e slanciata. Il
suo
sorriso enorme per un attimo contagia anche me.
“Ciao”
lo saluto frettolosamente:
vorrei, anche se si tratta del mio amico Stefan e anche solo per un
giorno, non
avere a che fare con i fratelli Salvatore.
“Tutto
okay? Sembri… strana.”
Accenno un sorriso e mi stringo nella giacca.
“Sì,
egregiamente!” trillo su di
giri, non esattamente proprio come il mio stato d’animo.
“Grandioso!
Allora, ti andrebbe
di rilassarti questo pomeriggio? Insomma, ti andrebbe un pomeriggio al
cinema?
E’ sottintesa la mia compagnia!” biascica quasi
imbarazzato, come Rick questa
mattina.
Sorrido.
“E’ un appuntamento?”
Aggrotta
le sopracciglia. “Un
uscita. Fra… amici”
Annuisco,
e “In realtà non
saprei, ho dei piani con Jeremy” rispondo sbrigativa,
battendo un piede per
terra.
Insomma,
perché sono...agitata?
Non si
tratta di Damon che ci sta
fissando, no, ovvio.
“D’accordo,
allora… lascia
perdere tutto quanto.” Mi gratto il capo imbarazzata, prima
di scoppiare a
ridere quasi istericamente, per alleviare questo che mi sta provocando
Damon
fissandomi. Fastidio, irritazione, agitazione. Tutto questo e tanto
altro.
“Anzi,
sai che ti dico?” esclamo
ad un tratto, non sapendo neanche cosa stia facendo. Scrollo le spalle
prendendo una profonda boccata d’aria, mentre
l’aria frizzantina mi pizzica.
“Annullo tutto!” sembro quasi gioiosa ma la
verità è che sto impazzendo.
Cosa sto
facendo? Ho perso il
controllo su me stessa.
“Grande!
Allora ti faccio
sapere.”
Si
avvicina per darmi un bacio
sulla guancia come saluto, improvvisamente volto il capo facendo finire
le sue
labbra sulle mie. E… non so perché! Lui indugia
qualche secondo su di esse,
prima di poggiare una mano sul mio volto ed attirarmi, seppure con
dolcezza, a
sé.
Ricambio
man mano che il bacio
diventa leggermente più passionale, chiudo gli occhi e
schiudo le labbra ma… è
tutto così strano, il suo sapore alla menta mi ricorda
quello di menta e
tabacco di Damon, le sue labbra mi ricordano quelle carnose del
fratello e… per
un attimo –ma solo per un attimo – posso giurare di
aver immaginato di baciare
lui. Ma solo per un attimo.
Questo
vortice di pensieri mi fa
staccare da lui e sgranare gli occhi.
Il mio
respiro è quasi affannoso e…
cosa ho fatto? Cosa ha fatto?
Mi
inumidisco le labbra ed il suo
sapore è ancora lì, quasi ancorato e sembra non
voglia andarsene, sembra che mi
tormenti ricordandomi che non è quel sapore, ma un altro, un
altro che le mie
labbra non sembrano quasi accettare.
“Io…
devo andare.” E scappo,
scappo come se fosse l’unica cosa che so fare e quella
più giusta ora come ora.
“Elena!”
E vorrei urlare che
basta, basta chiamarmi, basta urlare di farmi restare! Devo solo
andare…
Mi volto
un attimo prima di
incrociare la strada di casa, incontrando lo sguardo duro e stordito di
Damon.
No, no,
no! Non fraintendere,
Damon… Vorrei che capisse, perché non
è come sembra… ma io ho baciato suo
fratello, dopo avergli detto che mi manca… E non ne posso
più. Scuoto la testa,
gettando le mani nelle tasche ed alzando il passo andando via.
***
È
passata una settimana. Oh si.
Una stramaledetta settimana. Una settimana da quando ho baciato Stefan
e da
quando ho deciso, da bambina immatura quale sono, di ignorarli
entrambi. Lo so.
Mi sto comportando da idiota, e soprattutto, da stronza. Non pensavo di
poter
autodefinirmi tale, ma invece è così. Sono
stronza.
Mi sono
ritrovata a sperare che
qualcuno facesse qualcosa di negativo in modo da prendere la decisione
al posto
mio, ma la verità è che non è successo
assolutamente nulla. Io faccio finta di
non vedere Stefan che mi saluta e spengo il cellulare per non ricevere
chiamate
che non voglio affrontare. Sono fatta così, una stronza.
In ogni
caso, oggi è un giorno
diverso. Non perché ho adottato la filosofia del
‘il mondo cambierà ancora
domani’, dato che è una palla gigantesca. Il mondo
è sempre uguale, siamo noi
che decidiamo di cambiarlo o meno, e io sembro non averne voglia.
Comunque,
oggi è un giorno diverso perché è il
giorno prima dello spettacolo. Non pensavo
che sarebbe arrivato, sinceramente, eppure eccoci qui.
Siamo
sedute sugli spalti, in
attesa che tutti i ‘membri del cast’ arrivino, in
modo da fare il classico
discorso di incoraggiamento. Caroline è su di giri. E per su
di giri, intendo,
più del solito. Del tipo che lei non è seduta
sugli spalti, no. Lei corre. Dio
solo sa dove sta andando e Dio solo sa perché lo stia
facendo. Caroline corre a
tutta velocità; guizza dal retro delle quinte e poi spunta
alle nostre spalle.
Il momento prima ha fra le mani un piumino per pulire –
macchie invisibili – il
momento dopo controlla maniacalmente i vestiti di scena, sotto lo
sguardo
attonito di me e Bonnie.
Quest’ultima,
per lo meno, ha
avuto la gentilezza di ascoltarmi: “Sei consapevole di aver
fatto una grande
stupidaggine, vero Elena? Pensi che evitandoli risolverai la
situazione?”
chiede, stringendosi le ginocchia al petto.
“No.
O meglio, magari prima o poi
si stancheranno di me e non ci parleremo più fino alla fine
dell’anno”
“Mancano
circa – li conta sulla
punta delle dita – otto mesi alla fine della scuola, Elena.
Per di più, ti
ricordo che abbiamo in ballo un secondo progetto teatrale e di sicuro
Damon
dovrà aiutarci anche in questo. Perciò, vedi di
scegliere con attenzione”
“E
se non volessi scegliere?”
“Non
puoi avere due fidanzati
Elena” ammette, con fare ovvio.
“No!
Sei fuori strada – sbuffo –
se non scegliessi nessuno dei due?”
Porta le
mani avanti e inclina la
testa di lato: “Non posso dirti chi scegliere, ma-”
“Io
si! – Caroline attira la
nostra attenzione. Adesso è in piedi su una panca a fare
chissà cosa con un
altro piumino per pulire – io dico Stefan!”
Bonnie
mugugna qualcosa: “A
questo punto, nulla mi vieta di dire Damon, giusto?!” ringhia.
Mi lascio
andare contro la
spalliera del sedile: “Grazie, siete davvero di ottimo
aiuto!”
“Oh
andiamo – Caroline scende
dallo sgabello, pulendosi le mani sui pantaloni – sappiamo
che Stefan potrebbe
renderti felice”
“Ma
che cosa dici? Insomma, hai visto
il sorriso che aveva quando stava con Damon? Io non credo!”
“Damon
è un fallito!”
“E
Stefan un cocco di mamma dai
capelli strani!”
“Ok.
Smettetela. State seriamente
peggiorando la situazione. Primo, Damon non è assolutamente
un fallito e Stefan
…” ripenso rapidamente al suo taglio di capelli.
“Non è un cocco di mamma …”
“Però
ha i capelli strani!” mi
incalza Bonnie.
“Basta
così – dico, alzandomi –
vado in bagno. Tanto qui non arriva nessuno”
La scuola
è un luogo decisamente
triste alle otto di mattina, quando sono le quattro del pomeriggio del
mese di
ottobre e si sta inaugurando lo spettacolo di inizio anno, è
ancora più triste.
Specialmente se alle quattro è già buio e non
c’è nessuno per i corridoi.
Mi muovo
rapidamente in direzione
del bagno più vicino, dove farò cosa, non lo so.
Quando
poi, mi accorgo della
presenza di entrambi i fratelli Salvatore davanti alla porta del bagno
– delle
femmine, gente – faccio dietro front, sperando che non mi
abbiano visto.
“Elena!”
esclamano, all’unisono.
Perfetto.
Butto la testa
all’indietro: “Stefan. Damon
…” esito qualche istante e poi abbasso lo sguardo.
“Come
va con lo spettacolo?”
domanda Stefan, mentre Damon rimane in silenzio.
“Oggi
è il gran giorno” rispondo,
mettendomi le mani in tasca.
“Già”
“Già”
È
imbarazzante.
“Beh
sarà meglio che vada”
“Elena,
aspetta” mi richiama
Stefan, facendomi voltare.
“Mh?”
“Mi
dispiace per … per quello che
è successo la settimana scorsa”
“Non
… non preoccuparti”
“Ma
smettila – interviene Damon,
facendomi sussultare – era il tuo obiettivo fin
dall’inizio”
“Che
vuoi dire?” domando io. A
questo punto, mi sono persa qualcosa.
“Voglio
dire … che è stato Stefan
ad avere l’idea di spifferarti tutto riguardo alla scommessa,
solo per provarci
con te”
“Meritava
di saperlo!” esclama
lui, difendendosi.
“Certo,
davanti a tutta la
scuola, eh Stef? Ma smettila, hai solo deciso di sabotarmi
perché per una volta
ero felice!” esclama.
E mi
viene da sorridere, so che
non dovrei farlo, ma quell’esclamazione, detta con
così tanta sincerità, mi fa
ridere, perché anche io ero felice.
“Volevi
solo riempire la tua
dannatissima lista!”
“Ho
smesso di pensarci e sai
benissimo perché! Smettila di mettermi in cattiva luce,
maledizione, Stefan! Se
c’è qualcuno che ha il diritto di parlare con
Elena, sono io, non tu!”
“Certo.
Elena vuole parlare con
l’idiota che se l’è portata a letto per
una casa al lago!”
Prendo un
respiro profondo: “Ok,
smettetela!” decido di mandare via il pensiero di
‘come Stefan e Damon mi
ricordino Caroline e Bonnie’ e concentrarmi sui due ragazzi
di fronte a me.
Hanno smesso di parlare, ed entrambi mi fissano, in attesa che io dica
qualcosa.
“Smettetela
di parlare di me come
se non ci fossi – mi passo una mano fra i capelli –
la verità, è che a nessuno
di voi due importa di me. Siete … pensate solo a voi stessi
e io, sapete … sono
stanca, ok? Di scervellarmi su chi dei due sia meglio per me
perché … al
momento vorrei solo non avervi incontrato! Mi avete fatto stare male e
… io non
ce la faccio, ok? Non ce la faccio …” dico,
allontanandomi.
Fingo di
non essere interessata a
quegli occhi chiari che non hanno smesso di fissarmi nemmeno per un
secondo,
implorandomi di restare, di concedere loro anche solo un momento, solo
uno, per
parlare, ma non lo faccio. Non lo faccio perché sono stanca
e perché mi sento
presa in giro, usata e buttata via e non credo di meritarmelo.
Quando
rientro in teatro, un
brivido mi coglie nel momento in cui osservo Caroline che sembra una
specie di
profeta degli spettacoli teatrali e, decisamente poco propensa a
sorbirmi un
discorso di incoraggiamento del quale non ho assolutamente bisogno,
esco,
indecisa sul dove andare, esattamente.
Decido di
passeggiare per i
corridoi, senza meta, peccato che qualcuno mi afferra il polso:
maledizione.
Mi volto
e come al solito, mi
manca il respiro.
“Damon
…” esalo, esasperata.
“Non
ho intenzione di ascoltarti.
Non mi hai dato la possibilità di parlarti, di darti una
spiegazione. Mi hai
persino messo in imbarazzo, facendomi sentire un’idiota
quando provavo a dirti
semplicemente ‘ciao’ perciò, adesso sta
zitta e ascolta che cosa ho da dirti.
Poi deciderai se continuare a comportarti come se non esistessi, va
bene?” il
tutto suona più come un affermazione che una domanda.
Non ho
smesso di guardarlo
nemmeno un secondo, ipnotizzata dalle sue labbra in movimento e i suoi
occhi
che chiari, trasmettono molto più di quello che potrebbe
sembrare.
Io non
rispondo, mi limito ad
annuire.
“Avevo
mandato tutto all’aria ,
con Klaus. Ho fatto l’amore con te – sospira ed io
rabbrividisco al ricordo –
dopo aver detto a Klaus che mi tiravo fuori dalla scommessa
… sono corso da te,
perché volevo stare con te … non volevo
nient’altro e non voglio nient’altro,
Elena … vorrei solo … che le cose tornassero
com’erano …”
“S-sai
che non … che non potranno
mai tornare come prima”
“So
che non lo sapremo, se non ci
proviamo …” sospira.
“Damon
io …”
“Non
dire niente”
Ed ecco.
Sinceramente,
credo di non aver
desiderato nient’altro da un mese a questa parte, credo di
non aver sperato
altro se non che questo accadesse e non mi importa, se ha semplicemente
appoggiato le labbra sulle mie, non mi importa se si limita solo a
sfiorarmi la
guancia senza nemmeno approfondire il tutto e non mi importa, se non lo
faccio
nemmeno io.
Non
è un bacio di addio, è solo
un bacio. Un bacio che merita di essere chiamato così. Un
bacio timido, un
bacio che racchiude tutto ciò che non ci siamo detti, e a
questo punto, credo
che non ci sia nient’altro da dire.
“Eccoti.
Oh caz- scusate!”
mormora Bonnie.
Le labbra
di Damon lasciano le
mie e ci guardiamo, stupiti e a corto di fiato, forse io sono
addirittura più
confusa di come lo fossi prima, ma una cosa è certa: ne
vorrei ancora, e
ancora, e ancora … fino a quando, forse, non
deciderò che debba smetterla di
baciarmi, ma a questo punto, spero non lo faccia.
Mi
ricompongo rapidamente ed
osservo Bonnie, che, mortificata, è girata di spalle.
“Devi
dirmi qualcosa?” dico,
accennando un sorriso.
“Caroline
‘una dittatrice’
Forbes, ti vuole a rapporto … sembra che serva anche tu per
il discorso di
incoraggiamento pre-teatro … vieni?” chiede,
tendendo la mano nella mia
direzione.
Mi volto
rapida verso Damon che
sbuffa: “Sai dove trovarmi …” si limita
a dire. Nessuna carezza, nessun bacio,
niente di niente.
Lui
voleva parlare, voleva solo
essere ascoltato e ora tocca a me. Ho sentito entrambe le campane, e ho
baciato
entrambi i fratelli, fra l’altro. Ora tocca a me.
“Arrivo”
dico semplicemente,
muovendomi in direzione della mia amica. Mi volto un’ultima
volta verso Damon
che sembra sparito e io sospiro … mi è mancato.
***
Matt nei
panni di Danny Zuko è
fenomenale. E, come se non bastasse, ha una chimica eccezionale con
Rebekah, ed
entrambi sono due attori fantastici, per non parlare di come si
destreggiano
ballando e cantando. Qualcuno potrebbe scambiarli per
un’affiatata coppia, io
anche se non fossi a conoscenza della quasi palese cotta che il mio
amico nutre
nei confronti di quella April. Ammettiamolo –e sì,
lo ammetto anche io: Rebekah
è mille volte più affascinante e talentuosa di
quella ragazza del terzo anno,
Matt merita di più ma io non sono nessuno per indicare al
suo cuore la strada
da seguire.
Perché
poi, obiettivamente, il
cuore non segue neanche una strada, fosse così semplice!
Cammina per sentieri
sconosciuti, affronta ostacoli e a volte si perde, tornando indietro
per
compiere una scelta differente e capire dove altro poter andare.
Sorrido
da dietro le quinte,
incrociando le braccia e muovendomi, agitata.
Dio solo
sa quanto Caroline mi
stia facendo impazzire! E’ arrivata come un turbine,
un’ora fa, per controllare
che tutto fosse al proprio posto per la serata di Grease. Lo spettacolo
è
iniziato da poco meno di mezz’ora e potrebbe andare alla
grande, se solo fossi
attenta ad osservare il frutto di un intenso lavoro, e forse capirei
anche se
il pubblico stia gradendo il tutto, ma no, ovviamente:
l’ansia mi ha colpita,
in realtà preciserei che la bionda tuttofare mi ha
condizionata, influenzata e
inevitabilmente trasmesso questo rivoltamento dei miei organi interni.
Ma a
giudicare dall’espressione
di Bonnie alla mia destra –calma, pacifica e rilassata: il
mio completo
opposto- tutto dovrebbe andare alla grande.
Ed
insomma… meglio così.
No, anzi,
cosa dico! Dev’essere
così, tutto o niente: un successo o un fiasco, ecco i
possibili risultati. Per
il momento l’opzione verso cui ci stiamo rivolgendo sembra la
prima… E questo
mi rende felice.
Caroline
si tocca nervosamente i
capelli, rilegge il copione e parla sottovoce con gli altri personaggi
che
andranno in scena. Prendo un profondo respiro, osservandola ed
avvicinandomi a
lei.
“Ehi”
mormoro, poggiando una mano
sulla sua spalla, facendola voltare nella mia direzione.
Inclina
le labbra per quello che
mi sembra un mezzo secondo, prima che deglutisca e mi faccia scrollare
le
spalle per la sua inutile preoccupazione che mi ha trasmesso.
“Cosa?”
“Come
cosa?” ripeto, cercando di
non alzare il tono di voce. “Sta’ calma, tutto sta
andando come abbiamo
organizzato! Respira e ripeti con me… Tutto è
perfetto.”
Rotea gli
occhi, prima di
pronunciare quelle tre parole. “Tutto è
perfetto…”
“Perché
abbiamo lavorato sodo…”
“Perché
abbiamo lavorato sodo”
apre le braccia, come se fosse ovvio.
“Ed
Elena ucciderà una bionda qui
presente…”
“Ed
Elena… cosa?!”
“…
se non la smetterà di pensare
negativo ed influenzarmi!” concludo facendola ridere, ed io
la seguo a ruota,
rilassandomi e diminuendo la tensione che la mia amica sta provando.
“D’accordo,
d’accordo. Ci provo,
tu però ripeti dopo di me: Elena Gilbert è
un’ottima amica”
Incrocio
le braccia, scuotendo il
capo . “Elena Gilbert è un’ottima
amica”
“Che
fa scelte pessime”
“Che
fa… uhm, scelte pessime”
“Perché
Damon Salvatore ti sta
mangiando con gli occhi e di Stefan neanche
l’ombra!” esclama agitando le mani.
“E quindi, mi sembra che tu abbia fatto una scelta! E non hai
detto nulla!”
Corrugo
la fronte, poco prima di
inclinare il capo verso sinistra ed osservare Damon colto in fragrante,
che
smette subito di osservarmi e non può che sembrarmi
più dolce ed indifeso.
“Abbiamo
solo… parlato.” –
affermo spostando una ciocca dietro l’orecchio –
“E non provo nulla per Stefan…
è stato solo un malinteso, quel bacio… ed
è mio amico, io… ho bisogno di lui.
Ma non come lui crede, non come tu credi. E non ho bisogno di
Damon”
Lei
aggrotta le sopracciglia e mi
guarda confusa.
“Io
semplicemente non so più
stare senza di lui… e mi accontenterei di averlo come amico
pur di averlo…
Capisci? Capisci le loro figure? Le amicizie? Non è
così semplice”
Sorride
prima di dileguarsi con
un “Incrocio le dita per la canzone… e per
te.”, che mi fa accennare un sorriso
e stringere ancor di più le carte fra le mie mani. Alzo lo
sguardo incrociando
nuovamente quello di Damon, limpido, cristallino, scottante tanto
quanto la
rivelazione che ho appena fatto. Io non ho bisogno di lui,
l’ho ammesso a me
stessa.
Io non ho
bisogno di lui, perché
in qualche modo contorto lui è già in me. Ed
io… io voglio la sua figura
accanto alla mia, costantemente, voglio… la sua mano sulla
mia guancia e fra i
miei capelli, voglio le sue labbra sulle mie… ed io voglio
lui! E quanto è
sbagliato tutto questo? Se ci fosse una scala da uno a dieci,
sicuramente cento.
Lui
è la scelta sbagliata perché
è il ragazzo sbagliato, perché gli altri lo
definiscono tale ma io non voglio
un ragazzo giusto. Lui è giusto per me, per quella che sono.
Io sono sbagliata
e anche lui, e voglio sbagliare con lui, fare tutto ciò che
non è idoneo, le
scelte non migliori pur di stare con lui.
Andrei
ovunque se lui stringesse
la mia mano con la sua, se mi promettesse di non lasciarmi mai pur
considerandomi una sua amica.
E dio,
quanto voglio lui! Lui,
lui e solo lui! So che un giorno, quando litigheremo, me ne
pentirò, giurerò
ancora di essere dannata per averlo conosciuto! Ma …
è tutto quello che voglio
adesso.
Gli
sorrido e decido di farmi
avanti, di comunicargli ciò che sento… ma Bonnie
mi chiama ed io son costretta
ad andare. E posso quasi scorgere un qualcosa nei suoi occhi che
assomiglia
alla frustrazione… e alla paura.
‘Summer
nights’ risuona in tutto
il teatro, mi sembra tutto grandioso quando vedo il pubblico muovere le
teste a
ritmo di musica e sorridere. Scorgo fra la folla zia Jenna che osserva
lo
spettacolo due secondi sì e uno no, quest’ultimo
impiegato per contemplare
l’anello al dito. Mamma, al suo fianco, scoppia a ridere ma
non perde
l’occasione di cantare. Stefan, di fronte a lei osserva
tranquillo ciò che
avviene sul palco… non sembra agitato, ma calmo…
ed attento. Come se, senza
guardarmi, avesse capito ogni cosa. Faccio tremare il labbro inferiore
al
pensiero che dovrò spiegare ogni cosa a lui, pur ferendolo.
Ma ce la
farò, non sono sola
perché Caroline incrocia le dita per me e sono sicura che
anche Bonnie lo
faccia, seppur tacitamente. “Dimmi” le dico, una
volta al suo fianco.
“Niente!
Ah, l’amore!” trilla
improvvisamente su di giri. Se non la conoscessi potrei dire che sembra
agitata, quasi voglia dirmi qualcosa ma abbia perso il coraggio.
“Che
c’è, vuoi dirmi che tifi per
Matt e Rebekah? O sei team Stefan?” rido coinvolgendola ed
appare più
tranquilla, mordendosi il labbro ed osservando, con me, nascoste dietro
il
tendone rosso del palco, lo spettacolo.
“Mai,
team Damon fino alla
morte!” esclama facendomi scuotere la testa. I capelli mossi
sono legati in uno
chignon che la fanno apparire più adulta e le conferiscono
un non so che di
elegante e femminile.
Il corpo
è avvolto in un vestito
a fiori molto vintage, coperto da un cardigan di lana, mentre ai piedi
un
normalissimo paio di scarpe con un lieve tacco.
“Cosa
c’è? Sai che puoi dirmi
ogni cosa”
Sbuffa.
“D’accordo! Cosa
penseresti se… ioeJeremycistessimofrequentando?”
domanda con una rapidità che
non mi fa comprendere nulla ma mi fa sgranare gli occhi.
“Che?”
Prende
una boccata d’aria
profonda, la vedo inspirare ed espirare mentre la seguo dietro le
quinte. Mi
inumidisco il labbro inferiore con la punta della lingua, incitandola a
parlare.
“Ho
detto… cosa penseresti se…
se…” - la incalzo con lo sguardo. –
“ Se io e Jeremy ci stessimo frequentando?”
ripete con una lentezza esasperante che non le appartiene, io corrugo
lo
sguardo e sono abbastanza certa di aver appena aperto la bocca e di
esser
rimasta senza parole.
“Ecco,
lo sapevo! Non avremo
dovuto dirti nulla, non avrei dovuto dirti nulla! Perché mi
sono innamorata di
lui, eh? Perché?”
Sorrido
intenerita di fronte alla
sua reazione, scuoto appena il capo e la stringo a me. Si ricompone e
scoglie
la mia presa. “Non.. non provare a preoccuparti, intese? Tu
sei la cosa
migliore che potrebbe capitare a mio fratello. Siete…
perfetti. Tu per lui e
lui per te. Anzi, provasse a farti soffrire e se ne
pentirà!”
Sembra
respirare per davvero dopo
un’infinità di tempo, come se improvvisamente si
fosse alleggerita di un peso
insopportabile. Ed io sono felice per lei, per loro due. “A
proposito! Da
quanto tempo…”
“…te
l’abbiamo tenuto segreto?”
termina lei con un sorrisone sul volto.
Annuisco.
“Stavo per dire ‘va
avanti la vostra storia’ ma il punto è
quello”
“Uhm…
saranno diciassette giorni,
otto ore e un non so che di minuti”
Sgrano
gli occhi: “E non avete
detto nulla per tutto questo tempo?”
Boccheggia,
ma non le do neanche
il tempo di rispondere. “Care lo sa?”
“No,no”
– scuote la testa – “Non
l’abbiamo detto a nessuno.. sai, volevamo prima la tua
benedizione”
Scuoto il
capo. “Capisco,
davvero. E’ tutto okay. Sono felice per voi”
Sorride e
torna dietro il tendone
rosso, controllando la scena mentre rimango qui impalata, a riflettere
su mio
fratello e la mia migliore amica. L’amore…
è nell’aria o qualcosa del genere.
Voglio andare da Damon.
“Elena,
ti stavo giusto
cercando!” Rick compare alla mia destra, gli occhi spalancati
e una dose
eccessiva di caffeina mista ad agitazione nelle vene. Quasi come
Caroline: lei
solo con meno caffeina.
“Hanno
bisogno di un aiuto per le
luci. Conto su di te” e scompare con la stessa
rapidità con cui è apparso,
facendomi un segno con la mano quasi per pregarmi.
Okay,
d’accordo. La mia priorità
è lo spettacolo. Damon deve aspettare ancora un
po’.
E’
la scena della festa di fine
anno, Sandy (cioè Rebekah) ha abbandonato le vesti di
‘brava ragazza’, mentre
Danny (ossia Matt) ha messo la testa a posto, sta cercando di fare il
bravo
ragazzo e questo non fa altro che farmi pensare a lui. A Damon, a
Damon, a
Damon.
E non
posso far nulla! Son qui a
vedere una versione piuttosto strana di me e lui che capiscono di esser
fatti
l’uno per l’altra, sulle note di You’re
the one that I want vorrei solo correre
per dirgli che… che in fondo, io lo amo.
Chiudo
gli occhi, oscillo le
gambe e la testa mi scoppia. “Jane?” –
chiedo – “Potresti sostituirmi un
attimo? Devo fare una cosa urgente, questione di vita o di
morte”
La
ragazza annuisce e mi dice che
è tutto sotto controllo e che la mia presenza qui
è stata completamente
superflua, io alzo gli occhi al cielo e mi fiondo alla ricerca di un
Salvatore.
Il mio
battito è accelerato, lo
percepisco ed il mio cuore potrebbe benissimo scoppiare da un momento
all’altro.
“Damon!”
lo chiamo facendo sempre
attenzione a non alzar troppo il tono di voce
“Damon!”
Lo vedo
mentre Caroline lo
congeda e si avvicina a me. Prego in almeno tre lingue diverse che il
coraggio
non mi manchi.
“Non
ho mai provato nulla per
Stefan” prorompo, facendolo sorridere appena.
“Non
ho mai provato nulla per
nessuno” ed ecco che il suo volto si rabbuia.
“Tranne
per te” mormoro con il
volto in fiamme.
“Io
non ho bisogno di te… Ho solo
questa patetica necessità di averti, con me ed al mio
fianco… E so che tutto
questo è completamente folle, ma mi hai fatta impazzire e
quindi so che è la
migliore scelta sbagliata che io possa mai fare, ma diamine, credo di
aver
raggiunto l’apice della pazzia quando mi sono innamorata di
te”
“Perché
è così…” mi avvicino di
una manciata di passi, riducendo la distanza fra i nostri corpi. Con il
respiro
affannoso continuo: “Sei l’unico che
voglio”.
E non mi
da neanche il tempo di
capire se sta sorridendo o no, avvolge il mio corpo con le sue braccia,
mi
cinge i fianchi e sembra non voglia lasciarmi più andare.
Siamo così vicini che
sento il cuore di lui battere all’unisono con il mio, e so
che può sembrare
patetico, ma in questo momento mi sento così completa,
così… felice.
Si fionda
sulle mie labbra come
se ne avesse la pura necessità, mi morde le labbra quasi
avesse fame di me. Io
mi lascio amare, mi lascio travolgere dal vortice di passione che mi
invade e
dalle sue labbra fameliche, che danno vita ad un bacio mozzafiato e
così
desiderato che non posso neanche crederci.
Cingo il
suo collo con le
braccia, gioco con le ciocche corvine di capelli e lui approfondisce il
bacio,
mi stringe e so per certo che questo è l’amore.
E’ una cosa strana, ti
sconvolge e non saprei come altro definirlo, so solo che
c’è, adesso, che prima
c’era, e ci sarà ovunque io e Damon saremo.
Ho
diciott’anni, non so cosa sia
la vita, non so che college scegliere e cosa mangerò a
colazione domattina,
sono patetica e studiosa, ma so cos’è
l’amore e mi sembra che la vita abbia un
senso adesso, come se avesse acquisito ed appreso già tutto.
“Ti
amo” mormora con la voce roca
al mio orecchio, facendomi rabbrividire di piacere mentre col respiro
ed i
sentimenti in subbuglio dico: “Ti amo… ma ti
prego, ripetimelo”
Mi lascia
un piccolo ed umido
bacio sotto l’orecchio, seguito da un “Ti
amo”, e continua, un altro bacio più
giù ed un altro “Ti amo” , continua e
continua e so che sotto sotto è impazzito
anche lui, lui che non si innamora mai e non dice queste cose.
“Sei
pazzo” rido e poggia le
labbra sull’incavo del mio collo.
“Di
te e per te”
***
Pov Damon:
Non so
nemmeno perché lo sto
facendo. Di solito, non faccio queste cose, ma da quando c'é
lei, non ho più
nessuna certezza, non mi stupisco più di niente, dopo Elena.
Ufficialmente,
é da Bonnie, o
meglio, questa é la scusa che ha rifilato a sua madre per
passare la notte a
casa mia, con me, finalmente. Non posso crederci ... Non riesco a
capacitarmi
di come, alla fine, abbia scelto me, che sicuramente non la merito, ma
farò di
tutto, pur di renderla felice.
Non so
perché, ma credo sia
passata una mezz'ora buona, da quando mi sono svegliato, eppure,
é come se la
stessi guardando per la prima volta. Ha insistito per indossare
qualcosa dopo
aver fatto l'amore, seppure io abbia palesemente espresso il mio
disappunto. Ma
comunque, vederla con addosso una mia maglietta mentre i seni morbidi
sono
perfettamente disegnati sotto il suo tessuto, non é affatto
male, proprio per
niente.
Tuttavia,
é pur sempre lunedì e
non possiamo passare la giornata a letto.
"Da
quanto mi stai
fissando?" la sento borbottare, con la voce assolutamente assonnata.
"Mh ... -
mi stiracchio,
tendendo le labbra verso di lei - un po'" mi limito a dire, imbarazzato
dall'idea di dirle da quanto la stia guardando dormire, nonostante
credo che
lei lo sappia.
Apre un
occhio ed io, con una
voglia irrefrenabile di baciarla, mi avvento sulle sue labbra,
agguantando il
cuscino che stava abbracciando e lanciandolo lontano da noi, facendola
sdraiare
sotto di me, non dopo averle strappato una risata. "Che ore sono?"
Chiede, quando scendo a baciarle il collo: "Shh ... Mi distrai"
ribatto, mentre mordicchio una porzione di pelle dietro l'orecchio.
"Hai
il test di spagnolo" mi ricorda, ridendo e facendomi emettere un lungo,
lunghissimo sospiro.
"E va
bene ... Mi arrendo.
Ma andrai a dormire da Bonnie anche domani sera" lei scoppia a ridere
ed
annuisce. "Ma prima - poggio la fronte contro la sua - dimmelo ancora
un'altra volta ..." Mi sento debole, terribilmente debole, ma la cosa
più
folle é che non mi importa ... Ho solo bisogno di sentirmelo
dire. Lei si fa
seria e, accarezzandomi il viso sussurra un 'ti amo' così
sottile da farmi
rabbrividire e sorridere, come uno stupido quattordicenne.
Chiudo
gli occhi e ispiro pesantemente:
"Alzati, o giuro che non lascerai mai questo letto"
"Uh - si
morde il labbro -
che tono minaccioso ..." Sorrido: "L'hai voluto tu"
Ed eccoci
di nuovo a rotolarci
sotto le coperte.
Sono
arrivato in ritardo a
lezione, ma la cosa non mi interessa minimamente, se é a
causa di Elena.
Finita la
lezione e sicuro di
aver preso almeno B, in spagnolo - di nuovo - il mio pensiero va a lei,
e
deciso a baciarla nel bel mezzo del corridoio, di fronte all'intero
liceo, mi
avvio verso il suo armadietto, dove sono certo stia sistemando alcuni
libri.
Invece, la trovo intenta a parlare ... Con mio fratello. Elena lo
guarda, forse
un po' annoiata ... O forse sono io che lo spero. Ma lui, lui la sta
sicuramente immaginando nuda o chissà che altro, con quella
faccia da
provolone.
Prendo un
respiro profondo e mi
avvicino, catturando un pezzo della loro conversazione, ma lui si
interrompe
all'istante. "Di che parlate?" Domando poi, desideroso di fare capire
a Stefan che é la mia ragazza, cingendola a me con un
braccio. Lei inclina la
testa di lato e prende parola: "Stefan ... Mi dispiace ..." A me no
mi ritrovo a pensare. Mio fratello assume la tipica espressione
accigliata da
cane bastonato e depresso, mormorando un non preoccuparti' di sfuggito:
"Potremmo restare amici!" Esclama Elena. No. Io direi di no.
"Non
eravamo questo fin
dall'inizio?" Domanda, amareggiato. Elena rimane in silenzio, e sbuffa:
"Mi dispiace ...".
"Credimi.
Dispiace più a
me" mormora alla fine, andandosene. Non prima di avermi lanciato
un'occhiata colma di ... Beh ... Un sacco di cose, pressoché
negative.
"É
distrutto" si limita
a dire, poggiandosi contro il suo armadietto, imbronciandosi.
Alzo le
spalle: "Gli passerà
- poso la testa sulla sua spalla mentre lei, girata, afferra il libro
di letteratura
- potremmo presentargli Barbie" Elena si volta di scatto: "Sei ...
Sei un genio!" Esclama, agguantandomi il collo con entrambe le braccia.
Staccandosi, mi schiocca un bacio sulle labbra, stroncato dal suono
della
campanella: "Devo andare ..." Dice, lasciandomi andare per poi
voltarsi.
Ma non ho
intenzione di arrivare
fino a pranzo con un semplice bacio sulle labbra.
L'afferro
per il polso e la
faccio voltare, stringendola a me e baciandola, una, due .. Tre volte.
Per poi
lasciarla andare ed osservarla andare via, trafelata e maledettamente
bellissima.
Pov Elena:
"É
... Fantastico ...
Meraviglioso, capisci?" Sussurro a Bonnie, mentre la professoressa
Newman
spiega non so cosa. "Ho capito, Elena" ribatte lei, sorridendo. Un
po' perché vede felice me, ed un po' perché anche
lei è felice, a maggior
ragione, dovremmo trovare un compagno per Caroline.
Dopo aver
salutato Bonnie con un
cenno e un sorriso, mi avvio verso l'aula di teatro, in cui la mia
amica sta
organizzando, ancora, il nuovo spettacolo teatrale a cui Bonnie ed io
saremo
costrette a contribuire, il nuovo tema 'amore nelle favole'
sarà addirittura
più difficile del precedente ma ... Ehi ... Si parla di
Caroline Forbes; niente
è impossibile.
Il tacco
in legno dei miei
stivali incontra rumoroso le scale che conducono al palco, sul cui
bordo, vi é
seduta Caroline, con una serie di fogli in mano e una matita poggiata
sull'orecchio destro. Ticchetta nervosamente le unghie su un foglio in
particolare, e sbuffa.
"Che
succede oh grande
regista?" La incalzo, facendole sollevare gli occhi limpidi e vagamente
confusi, nella mia direzione. "Non avevi storia?" Domanda. "Na,
mi sono presa una pausa. Rick capirà" metto le mani nelle
tasche
posteriori dei jeans. "Sei qui per dare una mano alla tua povera amica
confusa e incasinata?" Chiede, speranzosa.
Con un
balzo mi siedo sul palco e
mi schiarisco la voce: "Lo spettacolo è andato alla grande,
prenditi una
pausa! Potresti ... Che ne so ... Uscire con qualcuno!" Porto le mani
avanti e sorrido.
"Senti,
solo perché tu ora
sei felice con Mr. 'mi faccio tutta la scuola e ora mi sono messo la
testa a
posto' non significa che debba stare con qualcuno anche io"
Alzo un
sopracciglio e la guardo.
Lei, in risposta, alza gli occhi al cielo: "Che hai in mente?"
"Stefan"
dico
semplicemente con un sorriso.
Schiocca
la lingua: "Va
avanti" incrocia le braccia.
"Uscita a
quattro!"
Esclamo, scendendo con un tonfo dal palco e controllo l'orologio:
é quasi ora
di pranzo. Devo vedere Damon.
"Elena
Gilbert: sei un
genio"
"Lo so"
rispondo, con
un sorriso.
"Chiamami
stasera per i
dettagli!" Urla, prima che possa chiudermi la porta antincendio alle
spalle.
"Dai
sarà divertente!"
Spintono leggermente Damon, ridendo. "Un'uscita a quattro con una pazza
psicopatica e mio fratello? No grazie. Piuttosto - mi afferra per i
fianchi -
stasera potresti stare a casa mia" rido divertita: "Tu esci con noi e
potrei dire alla mamma che dormo da Caroline stasera ..." Borbotto, con
la
bocca piena.
Siamo in
un'aula vuota in cui Damon
é riuscito ad entrare perché, non si sa come,
possedeva le chiavi. Io ho le
gambe posate sulle sue e mastico il mio panino al burro d'arachidi,
mentre lui
sgranocchia svogliato qualche patatina. Mi guarda e con un sorriso
intenerito,
avvicina il pollice alle mie labbra per togliere, evidentemente,
qualche
briciola. La sua mano si intreccia alla mia guancia e mi lascia un
bacio:
leggero, dolce ... Perfetto. Posa la fronte sulla mia e sospira: "E va
bene ..." Apro la bocca per ringraziarlo ma lui mi zittisce: "Ad una
condizione"
"Quello
che vuoi"
sorrido. "Mh. Sono allettato da questo 'tutto' - sorride - prima
condizione: a casa mia, e non in qualche localino da quattro soldi e...
Scelgo
io il film, nessun altro. Altrimenti, niente uscita stile 'quattro
amiche e un
paio di jeans' intesi?"
Sorrido:
"E va bene
..."
Poso le
labbra sulle sue e Damon
quasi non mi sdraia per terra: "Siamo a scuola"
"Stasera
non lo saremo"
sussurra, facendomi rabbrividire.
***
Elena
“E’
una terribile idea” – Damon
si rigira nel letto, voltandosi nella mia direzione accompagnato da uno
sbuffo
più sonoro degli altri – “Noi, mio
fratello e Barbie? Preferirei scappare in
Alaska”
Sorrido
appena, ponendo una mano
sotto la guancia, mettendomi di fronte a lui.
“Hai
già acconsentito e… andrà
tutto bene, fidati”
Si
inumidisce le labbra con la
punta della lingua, roteando gli occhi al cielo ed io rido per quella
sua
reazione così scontata. Sbadiglio, sbattendo le palpebre un
paio di volte.
“Sei
stanca?”
Scuoto la
testa, mentendo
spudoratamente. Questa è stata una settimana terribile,
movimentata e al
contempo una delle più fantastiche di sempre. Lo spettacolo,
Damon, Caroline
troppo su di giri, Bonnie e Jeremy… sì,
decisamente una settimana difficile da
dimenticare.
Il punto
della situazione? Usciti
da scuola siamo giunti al pensionato dei Salvatore, parlando mi sono
addormentata ed allora eccoci qui, di nuovo a discutere, e di nuovo al
notare
quanto sia stanca.
“Ho
dormito” faccio notare,
abbracciando il suo cuscino.
“Ti
ho mai detto quanto amo
questo letto? E la tua stanza? Ed il parquet?”
Mi fissa
per qualche secondo,
perdendosi nella mia euforia da ‘sono nella stanza
più bella e comoda che
conosca’ , prima di ridacchiare.
“Lo
so” conferma “E sono quasi
geloso” ammette.
“Non
devi!” esclamo sorridendo
“Sai che sarai sempre al secondo posto, subito dopo la vasca
da bagno”
“Cosa?”
allibito, assottiglia lo
sguardo e mi prende per i polsi, mettendosi a cavalcioni su di me.
“Un
giorno mi trasferirò lì”
asserisco convinta, trattenendomi dal ridere sguaiatamente per la sua
espressione.
“Sai
che ti dico?” domanda
retorico, iniziando a depositare una scia di piccoli, umidi e infuocati
baci
sul collo.
Un mio
mugolio di protesta dovuto
al suo improvviso fermarsi, lo incita a parlare.
“Dovremmo
provarla… sai, vedere
se è comoda, se c’è abbastanza spazio
per quando verrò a farti visita…” Un
sorriso malizioso si fa spazio sulle sue labbra carnose.
“Sono
d’accordo” rispondo
velocemente, un attimo prima di abbandonare il suo spazioso e caldo
letto
assieme a lui.
“Due
bagni differenti: dovremmo
usarne due diversi” affermo indossando un paio di leggins ed
un maglioncino di
lana che ho dimenticato ieri a casa Salvatore: sono perfetti per una
serata
tranquilla come questa, ed, in più, non ho voglia di tornare
a casa per
prenderne altri.
“Perché
mai?” domanda Damon con
gli occhi leggermente spalancati, il torso nudo ed un asciugamano
bianco a
cingergli la vita.
“Perché”
– inizio, districando i
nodi dei capelli con una mano – “quando ci
entriamo, non usciamo prima di
un’ora” Inclina le labbra sorridendo in quello
strano modo che solo lui sa
fare, portandomi a sospirare quando ammiro la sua bellezza.
“Dovresti
essere orgogliosa per
questo!” ribatte ironico, mentre mi accingo ad uscire dalla
sua camera.
“Alt!
Dove vai?”
“Inizio
a preparare tutto: sai,
Caroline sarà qui fra un quarto d’ora e abbiamo
perso tutto il tempo necessario
per rendere tutto perfetto…”
“A
me sembra che tu ci abbia
pensato, non ricordi? Ne stavi parlando, fra un urlo ed un-“
“Damon!”
lo richiamo, prendendo
un cuscino e gettandoglielo addosso.
Ghigna,
frizionandosi i capelli
umidicci e rendendomi bordeaux.
“Elena?”
Sbuffo.
“Cosa?”
“Il
film lo scelgo io,
ricordatelo”
Fast and
Furious, ecco la scelta
del mio ragazzo. “In omaggio a Paul Walker” ha
detto, inchinandosi leggermente
e ghiacciandomi con i suoi occhi così celesti e come un
libro aperto. Sì, è da
un po’ di tempo che ci faccio caso. I suoi occhi sono in
grado di parlare come
nessun altro, meglio delle parole e dei gesti. Lui, che spesso non apre
bocca,
neanche per qualche battuta pungente, ha gli occhi limpidi, specchio
delle sue
emozioni. Ogni tanto lo scopro intento ad osservarmi, con le labbra
dischiuse.
A cosa
pensa? So solo che per le
sue iridi scorre un sentimento così evidente, quello che
più assomiglia
all’amore. Sorrido.
Siamo
tutti e quattro sul divano,
e tutto ciò mi ricorda in un modo a dir poco pazzesco una
serata, che vide
presenti me, Damon, Stefan e Rebekah. Mi sembra trascorsa
un’eternità… ma
quello che conta è che le cose siano cambiate, totalmente, e
abbiano intrapreso
una direzione decisamente positiva.
Mordo il
labbro inferiore,
chiudendo gli occhi e trattenendomi dal saltargli addosso, baciarlo e
dirgli
quanto lo ami.
Caroline,
alla mia destra,
picchietta le dita sulla sua coscia, respirando in modo quasi severo.
Damon,
invece, alla mia sinistra,
solletica il mio braccio, mettendo a dura prova la mia resistenza.
“Okay,
ora basta” Caroline prende
fiato. “Questo film è troppo!”
Stefan
maschera una risata con un
finto colpo di tosse, Damon alza gli occhi al cielo e la mia amica apre
le
braccia, come a dire ‘ehi, non è vero,
Elena?’.
“Dì
a Barbie di non contestare le
mie scelte” finge di sussurrarmi, lasciando che la bionda
ascolti perfettamente
tutto. “Damon, si da il caso che ci sia anche io
qui”
“Già,
l’ho notato” conferma
piccato.
Stefan
osserva la scena
divertito, braccia incrociate e corpo steso sulla poltrona a fianco al
divano
tre posti.
“Stefan!”
- lo richiama Care –
“Dì qualcosa!”
Lui
mormora qualcosa di
impreciso, poi “Sai com’è fatto
Damon… Si crede un tipo forte, deve vedere film
di questo genere!”
Batto una
man sulla fronte,
perché è così difficile?
“Parla
il bravo ragazzo, così
buono che allontana la mia ragazza da me”
“Ehi,
smettetela!” urlo. “Tu” mi
rivolgo a Care. “Ordina una pizza e cambia film”
lei sorride, grata.
“Tu,
Damon…” sospiro “Sono qui,
con te”. Volto il capo in direzione di Stefan.
“Ti
va di fare un giro?”
“So
che avremo dovuto parlare
molto prima” Stefan si passa una mano fra i capelli.
“Avrei dovuto spiegarti
tutto, essere più sincero”
Si da il
caso che il giardino di
casa Salvatore sia molto esteso, crei un’atmosfera piuttosto
rilassante e sia
comunque a debita distanza da Damon e Caroline. Fuori è
già buio, l’aria è
fresca e pungente.
“Lo
so”
“Io…
sono rimasto fulminato,
quando ti ho vista per la prima volta, quest’anno. Ma Damon
ha avuto l’onore di
conoscerti per prima”
“Non
è questione di prima o dopo,
Stefan.” Mormoro inumidendomi le labbra.
“Può
darsi – azzarda, toccandosi
i capelli – Ma lui ha avuto la meglio, dopotutto”
Sospiro:
“Ha avuto la meglio,
cioè me? Sicuro che non c’entri nulla la vostra
disputa interna e continua?”
“Non
lo so, Elena. Volevo solo
farti sapere che non ero in me… mi dispiace, ho infangato
ulteriormente
l’immagine di mio fratello quando era veramente cambiato. E
grazie a te, fra
l’altro. Mi dispiace per davvero.”
Incurvo
le labbra, un po’ stanca
e un po’ più tranquilla. “Non
è a me che devi chieder scusa… ma a qualcun altro
lì dentro - indico la loro abitazione – e questo
qualcuno non ha capelli
biondi”
Ride,
forse spaventato ma con
l’intenzione di alleggerire la tensione, rompere questo muro
fra noi e far pace
con suo fratello. Non lo terrorizza? Non lo esalta? Non dovrebbe farlo
sentir
meglio sapere che ha una possibilità per rimettere tutto a
posto?
“Dipende
tutto da te, lui non
muoverà un passo verso la tua direzione. Non
cambierà e non farà finta di
nulla, continuerà a riempire le vostre conversazioni di
insulti celati e odio
traboccante, ti punzecchierà e ti rovinerà,
Stefan. Perché Damon fa così quando
è ferito, quando ci tiene e suo fratello manda tutto
all’aria”
“Lo
hai detto anche tu… odio”
Esasperata,
spalanco le braccia.
“Lui non ti odia! E’ arrabbiato con te, diamine,
anche io lo sarei! Ma è tuo
fratello – scrollo le spalle – è tuo
fratello! Quindi adesso promettimi che
tenterai di aggiustare il vostro rapporto, promettilo e torniamo dentro
per
goderci questa splendida serata”
Inspira
profondamente, osservando
le finestre della casa in cui è nato e vissuto poi posa lo
sguardo limpido su
di me, scuotendo appena la testa.
“Puoi
scommetterci… – sorride –
non sai quanto mi manchi mio fratello”
“Elvis
Presley dei poveri ed
Elena di ritorno a ore dodici!” esclama fintamente su di giri
Damon. Sono in
cucina, Caroline è appollaiata sulla penisola, dondola le
gambe e da le spalle
a Damon, mentre lui ha i gomiti poggiati sul banco di lavoro ed il
cellulare
fra le mani.
“Nessun
soprannome per me?”
chiedo sporgendo il labbro inferiore, i suoi occhi liquidi e troppo
azzurri si
posano su di me e sorride apertamente.
“C’è
una vasta scelta, ma non
penso di volerli elencare di fronte a loro due” indica suo
fratello e la bionda
con una mano, costringendomi ad alzare gli occhi al cielo.
Suonano
alla porta.
Io guardo
Caroline.
“Vado
io!” esclamiamo in
contemporanea.
Ci
rivolgiamo un’occhiata
complice, lei sorride e la seguo mentre ritiriamo la nostra cena,
ovvero la
pizza.
Damon
sbuffa sonoramente: mi
volto verso i due fratelli, notando che Stefan si è fatto
forza e muove
–seppure lentamente- le labbra pronunciando qualche parola
per noi non udibile.
Solo il vedere che ci sta mettendo tutto se stesso mi rende felice, so
che
Damon è buono, ci tiene a lui e probabilmente è
troppo ferito ed orgoglioso per
fare il primo passo.
Ma come
primo approccio pacifico
non è così male, giusto?
“Sei
troppo buona” esordisce la
mia amica, chiudendo la porta alle sue spalle e tenendo il resto fra le
mani.
“Insomma,
anche se questa serata
sta praticamente degenerando…”
“Non
sta degenerando!”
“…
vuoi riunire due fratelli e
provare a capire se Stefan è giusto per
me…”
“Okay,
forse poco”
“…
e te ne sono davvero grata,
anche se probabilmente non funzionerà mai fra noi
due!”
“Andrà
tutto bene” la rincuoro
alla fine, tentando di farla sorridere e sorridendo a mia volta.
“Adesso
vediamo un bel film, mangiamo
questa pizza che sembra squisita e tutto andrà per il
meglio, vedrai. Stefan e
Damon ricominceranno ad avere un bel rapporto e lui sarà
così felice da notarti
e capire che persona fantastica tu sia”
“Lo
spero” sposta una ciocca di
capelli dietro l’orecchio e prende un bel respiro, osserva
per un attimo i due
fratelli e decide di stamparsi un bel sorriso sulle labbra.
“La
pizza è qui! Che ne dite di
accomodarci?” esclama a gran voce, con un entusiasmo tale da
non poter
rispondere negativamente.
Penso sia
giunta quasi l’una di
notte, Caroline è andata via da un pezzo e Stefan ha appena
chiuso la porta
della sua stanza. Io sono sdraiata sul letto del mio ragazzo, mentre
è in bagno
a sciacquarsi i denti. Osservo il soffitto e realizzo che non
è stata una
giornata splendida. O, perlomeno, non è iniziata come tale.
Tutti i buoni
propositi si sono infatti frantumati per colpa di problemi da
sistemare. E con
questo intendo che Damon e Stefan hanno lasciato che il loro rapporto,
di per
sé confuso e in grado di ferire gli altri e loro stessi con
una terribile
facilità, avesse la meglio su una serata di riconciliamento
e avvicinamento.
Ma siamo
umani.
Niente
più tensione, niente più
battutine sprezzanti dopo aver aperto il cartone con la cena e aver
premuto
play sul telecomando, dando inizio a “Love
Actually”, commedia romantica scelta
per l’appunto dalla mia amica.
E allora
vorrei pensare che sia
colpa dell’amore –grazie all’amore, a
dire il vero- se tutto è finito bene.
Vorrei poter credere che domani sarà un’ottima
giornata perché è finita in tal
modo. Ma soprattutto vorrei credere che da domani sarò in
grado di rendere
tutto migliore perché se si è innamorati, in fin
dei conti, si vede il mondo da
un altro punto di vista, per di più positivo.
Ed io non
sono sola, sono con
Damon e, se i miei vorrei si realizzassero, sono più che
certa che tutto
filerebbe incredibilmente liscio, perché l’amore
al quadrato è una cosa
inimmaginabile, con lui accanto sono una persona migliore.
Addormentarmi
con lui al mio
fianco mi promette di trovarlo nello stesso medesimo punto anche il
mattino
successivo. Addormentarsi col sorriso permette di svegliarsi allo
stesso modo.
Epilogo
Non ho
mai pensato alla mia vita
come un libro. Dove c’è una trama, ci sono dei
personaggi, dei luoghi, dei
tempi e delle vicende.
La scuola
mi ha insegnato tante
cose, come contare, concetti assurdi e filosofici, correre, scrivere un
tema e
imparare a condividere i propri spazi con persone totalmente diverse.
La scuola
mi ha insegnato
parecchie cose, se si tiene anche conto delle feste organizzate e degli
spettacoli teatrali.
A dire il
vero mi ha insegnato un
po’ cosa sia l’amore, guardando Alaric e mia zia
Jenna.
Ma la
scuola, una volta valicato
il sottile confine racchiuso nel portone d’ingresso, non
insegna a vivere.
Spiega la
teoria, implica la
pratica, mostra i problemi e le vicissitudini degli antichi, ci insegna
le
tecniche di sopravvivenza di coloro che sono nati e vissuti prima di
noi… ma
no, non insegna a vivere.
Non ci
dice cosa fare quando
cadiamo, non c’è una legge chimica o fisica che
esprima al meglio il modo per
star bene, andar avanti a testa alta e con un sorriso stampato sul
volto.
Non dice
cosa fare quando si
litiga, quando un qualcuno caro muore.
Ci mostra
semplicemente come
hanno reagito i nostri predecessori, ma la situazione è
diversa, costantemente
diversa: le persone cambiano e così anche le vicende, la
vita non si ferma per
nessuno ed è solamente una, motivo per cui va vissuta al
meglio.
Proprio
per questo quando Damon
mi ha fatto quell’assurda proposta ho annuito con il capo ed
urlato almeno una
decina di volte “sì, sì, sì!
Non ci credo, sì!”, cogliendo al volo
quell’
occasione che la vita mi ha offerto. Il cielo è grigio ma
non importa, il sole
potrebbe far capolino da un momento all’altro e comunque il
ragazzo dagli occhi
blu rimane il mio fulcro, il mio di sole.
Con i
gomiti poggiati sulla
ringhiera azzurra, lascio che il vento ci scompigli i capelli, mentre
la figura
al mio fianco mi cinge i fianchi con un braccio.
Alla fine
noi due resistiamo
ancora.
“Sai
che non ci credo ancora?”
domando felice, spensierata come sono da tempo, da più
d’un mese, oramai.
Lui
inclina le labbra abbozzando
un lieve sorriso, sono quasi sicura che a volte si domandi se
è tutto vero.
E
sì, è tutto vero!, vorrei
urlargli, ma so che capisce, ed allora capita che io lo guardi,
sorrida, lo
baci e basta.
Ieri
notte, mentre dormiva, ha
urlato il mio nome. Mi ha svegliato, e preoccupata, mi sono avvicinata
al suo
busto, ho poggiato il viso nell’incavo del suo collo e gli ho
sussurrato “sono
qui”.
Ha aperto
gli occhi, erano più
scuri del solito e non appena ha realizzato che la mia presenza fosse
reale, si
è tranquillizzato. Ha avuto paura che fosse stato solo un
fantastico sogno, ha
avuto paura di svegliarsi e constatare la mia assenza, ha avuto paura
che fosse
tutto frutto della sua fervida immaginazione.
“Siamo
qui, invece. E assieme”
scandisce ogni parola facendomi innamorare della sua voce ancor di
più,
sussurra questi vocaboli al mio orecchio, lasciando che il suo respiro
si
infranga sulla mia pelle solleticandola e facendomi desiderare quelle
labbra
rosee e carnose.
“Brighton”
mormoro, osservando il
mare ed il distante luna park di fronte a noi.
Ebbene
sì, Brighton.
Il mio
pazzo ragazzo ha deciso di
regalarmi questo per Natale. Brighton, qualche giorno qui, con lui e le
persone
per me più care.
Caroline
e gli altri sono sulla
spiaggia, si stanno scattando foto e sorridono tutti.
E so che
quello è l’importante.
“Brighton,
finalmente” enfatizza
l’ultima parola, allargando il mio sorriso e facendomi
chiudere le palpebre.
“Ricordo
che chiedevo in continuazione
a mamma e papà di portarmi sulla ruota panoramica”
– la indico, quella alla
nostra sinistra – “Ma ero piccola, ed era piuttosto
pericoloso. Papà mi
convinse promettendomi che qualcun altro mi ci avrebbe portata,
più in là. E
quel qualcuno l’avrei amato per sempre”
“Perché?”
Sorrido:
“Perché Brighton era il
nostro piccolo segreto. L’avrei confessato solo a qualcuno di
fondamentale
importanza, qualcuno di cui fossi follemente innamorata. Era questo il
patto”
Apro gli
occhi, osservando il
mare, l’infinito, la speranza, l’illusione, la
forza con cui giunge alla sua
fine, toccando la riva, e la paura, con la quale scappa per poi
ritornare e
inondare la sabbia.
Damon
è stato così, come un’onda
di mare terrorizzata, ha raggiunto l’apice della sua
felicità vicino a me e poi
è andato via, più impaurito di prima se
possibile. Ed infine c’è stato il
momento, quello in cui tutta la propria vita cambia, ha sfiorato la
sabbia è se
ne è innamorato, ed ha continuato ad amarla con la stessa
intensità e costanza,
ha continuato ad esserci per lei, sempre e comunque.
E forse
può suonare strano
paragonarmi alla sabbia, così sottile e bella, ma lui mi fa
sentire tale, bella
e unica, che si completa con l’acqua di mare.
Noi ci
completiamo?
“Non
potrò mai ringraziarti completamente”
mi volto nella sua direzione, accigliata, e si lecca le labbra.
“Non
pensavo di poter amare
qualcuno… amare non come si ama la propria madre o il
proprio fratello” lascio
che i suoi occhi si soffermino sul mio volto, si incastrino con i miei
e urlino
silenziosamente tutti i loro sentimenti, così evidenti e
così vivi.
“Rammollito
non è la parola
esatta, è solo innamorato. Di te e delle tue mani, del tuo
collo, della tua
pelle, del tuo profumo e dei tuoi baci. Dei tuoi capelli, del tuo corpo
e del tuo
carattere. E poi dei tuoi occhi.”
Mi lascia
un bacio fra i capelli,
ed io chiudo istintivamente gli occhi.
“Dio,
quanto amo i tuoi occhi. Ti
ho guardata ed ho capito tutto. L’ho capito a quello stupido
homecoming e l’ho
pensato anche dopo, e anche prima nella camera d’albergo,
mentre dormivi al mio
fianco e pensavo al momento in cui ti saresti svegliata, ti avrei
baciato e
avrei visto i tuoi occhi. E mi sarei innamorato ancora di te”
Deglutisco
rumorosamente, mi
osserva nel modo che mi fa paura, le iridi liquide e l’amore
fra le labbra. Mi
osserva come ogni donna vorrebbe essere guardata, in più
vedo solo amore,
amore, amore, come nella mia mano sul suo petto, sul suo cuore che
batte.
“Io
ti amo”
Mi fiondo
sulle sue labbra, le
assaporo e le marchio allo stesso modo in cui lui marchia le mie; non
so come
faccia a farmi sentire così bene, so solo che sembrano
incastrarsi
perfettamente, come le nostre mani, i nostri occhi, le sue braccia
attorno a
me, il mio viso sprofondato in lui. Tutto sembra combinarsi alla
perfezione.
“Io
amo te” sussurro.
Cingo il
suo collo con le mie
esili braccia, lo stringo e lo attiro a me.
“Ehi!”
ci richiama una voce.
Siamo costretti a spostare i nostri volti e direzionarli verso mio
fratello.
“Invece
di festeggiare il vostro
primo mesiversario da soli, perché non ci
raggiungete?”
E non
è per il Natale, che ci
sentiamo tutti più buoni. E’ perché
l’amore permette di farci stringere le mani
e andare in spiaggia.
Caroline
e Stefan si stanno
abbracciando, Bonnie e Jeremy ci osservano divertiti. E’
tutto come sognavamo.
La bionda ed il ragazzo dagli occhi verdi hanno iniziato a frequentarsi
quando
le acque fra i Salvatore si sono calmate, quando i due si sono
perdonati a
vicenda e sono tornati al loro felice punto di partenza.
E non
posso non essere felice per
loro!
Poi mio
fratello e l’altra mia
migliore amica stanno insieme da quella che mi sembra
un’eternità, per non
parlare di mamma e di quanto lei sia felice per lui.
E forse
non siamo in un libro, la
mia vita non finirà stampata su delle pagine e non
verrà tramandata di
generazione in generazione. No. La mia vita è questa, la
scuola non mi ha
insegnato a cavarmela ma mi ha dato dei consigli, mi ha buttato in
strada e ha
detto “suvvia, tocca a te adesso”. E non possiamo
scegliere da dove veniamo,
possiamo sbagliare e continuare a farlo, scegliere fra mille opzioni e
percorrere strade più o meno differenti e con tante persone.
Possiamo scegliere
dove arrivare, come e dove giungere a destinazione. Con chi,
addirittura.
Poi la
vita può scombussolarti,
aggiungere ostacoli e complicazioni, mettere un po’ di pepe
nella quotidiana
monotonia, perché, a dire il vero, non avrei mai pensato a
Damon come l’amore
della mia vita qualche mese fa, non avrei pensato a Brighton con le
persone che
amo, se non come il ricordo di un’infanzia.
Ma il
risultato finale è questo,
io l’accetto a braccia aperte e godo delle mie decisioni
giuste, affrettate o
sbagliate che m’han portata qui con lui.
“E’
bello vedere che non è
affollato come in estate.” Afferma Stefan, dando qualche
pacca sulla spalla di
suo fratello.
“Siamo
solo noi, qui” Bonnie
sorride.
“Ehi,
mi scusi?” Caroline chiama
l’attenzione di una signora “Potrebbe scattarci una
foto?”
Quella
annuisce e ci mettiamo in
posa, perché tutto questo domani potrebbe finire ed io
voglio ricordare per
sempre il periodo più bello della mia vita.
“Tutto
è iniziato da una
scommessa” sussurra Damon al mio orecchio. “Nulla
vale come quello che ho
ottenuto adesso”
“Scommettere
serve ad ottenere,
no?”
Mi bacia,
e il classico rumore di
uno scatto ci raggiunge. Caroline prende la sua Canon e ci mostra la
foto: è
stupenda, sono tutti felici ed io e Damon siamo innamorati.
E’ tutto perfetto così.