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Autore: AnnabethJackson    29/07/2016    3 recensioni
Zach scosse la testa, facendo un sorriso amaro. «È assurdo.»
«Che cosa è assurdo?» domandò Hailey, anche se sapeva esattamente a cosa lui si stesse riferendo.
Zach rimase in silenzio per qualche istante, poi fece un cenno con il mento. «Questo» disse. «Io e te, qua. Dopo cinque anni.»
Calò il silenzio: che cosa si poteva dire dopo una frase del genere?
"Sì, è assurdo. E sì, sono passati cinque anni. Ma che ti aspetti, Zach?" Se Hailey avesse risposto in quel modo, al suo posto se ne sarebbe andata via senza un'altra parola. Dopotutto, tra i due, era lei a dovergli delle spiegazioni.
«Pensavo di non vederti mai più, sai? Non dopo cinque anni in cui non ti sei più fatta viva.»
«Mi dispiace. Non era mia intenzione andarmene così, credimi.»
«Non era tua intenzione? Davvero?»
«No, Zach» sussurrò. «Te lo giuro. É che... Ho dovuto.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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1.COME BACK
 


PRESENTE


 

Gli alberi di faggio si susseguivano uno dietro all'altro mentre la macchina procedeva spedita lungo il viale. Hailey si era sempre domandata per quale motivo la strada del vicinato avesse proprio quell'esemplare di albero: con il tronco biancastro e il verde vivace delle foglie – sopratutto in primavera e in estate – sembrava di star percorrendo una sorta di corridoio infinito.

I faggi, piantati a due metri di distanza uno dall'altro, erano talmente alti – chissà quanti anni avevano – che, anche sporgendosi dal finestrino, era difficile scorgere il cielo azzurro di quella mattina.

Hailey ricordava bene il momento in cui aveva visto quel paesaggio per la prima volta, a sei anni: era rimasta così meraviglia, o meglio sbalordita, che non aveva potuto fare a meno di sporgere la testa fuori dall'auto con i capelli che volavano dietro di sé a causa del vento, malgrado le raccomandazioni di suo padre che alternava occhiate da lei alla strada per assicurarsi che non cadesse dal finestrino.
Si era sentita un po' come una formica: parte di un gruppo di suoi simili, ma minuscola se messa a confronto con il mondo esterno.

E ora, mentre percorreva quello stesso viale per la prima volta dopo cinque anni, non poté evitare di tornare indietro con la memoria e di assaporare le medesime sensazioni che aveva provato da bambina.

Respirò profondamente l'aria che entrava dal finestrino abbassato e che le faceva svolazzare una ciocca di capelli sfuggiti dalla coda. Percepì un fugace profumo di fiori e, insieme a quello dell'estate, sentì distintamente l'odore di casa. L'odore che aveva accompagnato la sua crescita, parte della sua infanzia e tutta l'adolescenza. Quel profumo – insieme a quello di lui – che aveva provato a risvegliare innumerevoli volte negli ultimi cinque anni, in particolare quando le cose si facevano più difficili, più dure; ma ovviamente tutti i suoi tentativi erano stati vani.
Niente poteva reggere il confronto con l'originale.

Hailey lanciò un'occhiata alla sua destra e non poté evitare di sorridere leggermente, allo stesso tempo divertita e preoccupata.

« Benjamin, stai attento a non sporgerti troppo » disse.

« Ma mamma, qui fuori è bellissimo! » urlò il bambino, cercando di sovrastare il rumore del vento che gli rubava le parole di bocca.

Hailey scosse la testa, certa che quel viale doveva avere proprio un strano potere sui bambini: suo figlio stava facendo la stessa cosa che aveva fatto lei a suo tempo.

Con un po' di tristezza, Hailey pensò che, se solo avesse portato Ben a casa molto prima, il piccolo sarebbe potuto crescere in quel posto circondato dagli stessi alberi e con la consapevolezza di essere nel posto in cui doveva stare fin dall'inizio.

Già, se solo...

Con una leggera pressione sul pedale del freno, girò il volante ed entrò nel vialetto che conosceva come le sue tasche per le innumerevoli volte in cui l'aveva percorso. Avrebbe potuto benissimo chiudere gli occhi e, con una probabilità certa, non avrebbe mai mancato l'entrata: dopotutto, suo padre l'aveva costretta a parcheggiare la macchina anche in retro finché Hailey non aveva imparato a rispettare i bordi laterali del vialetto.
Ricordava bene di essergli stata infinitamente grata per quell'allenamento quando aveva dovuto fare un parcheggio simile davanti all'esaminatore: alla fine era riuscita a mantenere il suo record di successi invariato, mettendo invidia non solo ad Allison, la quale aveva dovuto ripetere l'esame tre volte, ma anche al suo migliore amico. Dopotutto lui compiva gli anni un paio di mesi dopo di lei. Così lui aveva passato il tempo prima del compleanno scroccando passaggi gratis a Hailey che, dal canto suo, si era lamentava solo apparentemente.

Lasciò che la vibrazione della macchina scuotesse il suo corpo quasi impercettibilmente per qualche secondo, mentre al suo fianco Ben era tornato a sedersi composto, senza però riallacciarsi la cintura.

Una buona madre, sicuramente, non avrebbe mai permesso al proprio figlio di appena quattro anni di girare in macchina senza l'apposito seggiolino sotto il proprio sedere, ma erano in viaggio da ore e Benjamin aveva cominciato a lamentarsi di stare stretto e scomodo su quell'aggeggio infernale – così l'aveva definito lui. Alla fine, pur di farlo stare fermo con la cintura di sicurezza allacciata, Hailey gli aveva permesso di sedersi al suo fianco dopo la sosta al McDrive, a patto che non facesse più i capricci fino all'arrivo.

Per una volta, Benjamin aveva mantenuto la parola: forse perché troppo occupato ad assorbire il paesaggio, forse perché troppo eccitato all'idea di cambiare casa e andarsene lontano da Atlanta, non aveva osato staccare la faccia del finestrino finché Hailey non aveva svoltato in Rudy Road, esattamente due isolati prima.

Con uno scatto del polso, girò la chiave d'accensione, spegnendo il motore della macchina, senza però lasciare la presa della mano sinistra sulla pelle liscia del volante.

Era tornata a casa, finalmente.

Liberò un sospiro alla vista del garage tinteggiato di bianco davanti a lei: erano cinque anni che non vedeva quelle serrande di metallo. E, malgrado non fosse chissà che spettacolo, persino quello gli era mancato.

« Mamma? »

Sbatté le palpebre una, due volte, tornando alla realtà bruscamente. Hailey voltò il capo verso destra, inclinandolo di poco. « Che c'è, tesoro? »

Guardò il figlio ricambiare il suo sguardo, aprendo la bocca e scoprendo lo spazio tra i denti davanti: qualche settimana prima, Hailey stava ripiegando il bucato dal cesto della biancheria pulita, in piedi davanti alla lavatrice, quando Benjamin, tutto trafelato, era arrivato di corsa da lei, agitando i pugni e con gli occhi talmente spalancati da sembrare due palle da bowling azzurre.

« Mamma, mamma! Qualcuno mi ha strappato il dente dalla bocca mentre dormivo! » aveva urlato, aprendo il palmo della mano su cui c'era un piccolo e candido dentino bianco, macchiato appena di sangue.
Nel medesimo istante era squillato il telefono, perciò Hailey aveva appoggiato l'ultimo calzino sul coperchio della lavatrice, prestando tutta la sua attenzione a Benjamin, mentre con la mano cercava il cellulare nella tasca degli shorts.

« Ben, nessuno strappa i denti alle persone, nemmeno se queste stanno dormendo. È normale che cadano quando si diventa grandi » l'aveva rassicurato, passandogli la mano tra i capelli in una carezza.

Il suo istinto di madre avrebbe voluto immortalare il momento con uno scatto del cellulare, magari per condividerlo in un secondo istante con Allison, ma questo stava ancora squillando e quindi doveva rispondere. Senza premurarsi prima di guardare chi era, aveva fatto scorrere il dito sullo schermo dell'Iphone: dopotutto, le persone che avevano il suo – relativamente – nuovo numero si potevano contare sulle dita di una mano. Non c'era nessun motivo per temere una chiamata indesiderata...


 

« Posso uscire dalla macchina ora? »

Hailey scacciò il ricordo dalla mente, decidendo che non era il momento per quel genere di pensieri.

Ci aveva ragionato su fin troppe volte da quel giorno, sopratutto la sera, dopo aver messo a letto Ben, e non voleva rovinare l'atmosfera idilliaca che l'aveva avvolta in un caldo torpore da quando aveva superato il cartello che augurava ai visitatori una “buona permanenza a Manning”, poco fuori dalla città.

Era piacevole sapere di essere a casa, anche se questo voleva dire rischiare di fare brutti incontri – o belli se la si voleva vedere da un altro punto di vista – e affrontare la situazione per cui era tornata.

« Certo che sì, Ben » disse, slacciando la cintura. Il tempo che impiegò per afferrare la bottiglietta d'acqua dal cofano e tirare il freno a mano che Benjamin già era uscito dall'auto, sbattendo il più forte possibile la portiera. Hailey sbuffò, appuntandosi mentalmente di rimproverare suo figlio per quel comportamento.

Poi, finalmente, uscì anche lei dalla macchina, prendendo una grande boccata d'aria.

Casa.

« Nonno! » urlò Benjamin da qualche parte alla sua destra. Aprì gli occhi appena in tempo per vedere la piccola figura di suo figlio spiccare un salto e lanciarsi addosso a un uomo in piedi sul primo gradino del portico, attaccandosi a quest'ultimo a mò di koala, com'era solito fare con tutti gli adulti che gli stavano simpatici.

A quelli antipatici... beh, era meglio stare nelle grazie del bambino, ecco.

Peter lo sostenne per qualche secondo con un braccio dietro alla schiena, poi lo rimise a terra, accennando un buffetto sulla guancia come aveva sempre fatto anche con Hailey da piccola, quando questa tornava da scuola.

« Ecco qui il mio campione! Diventi sempre più forte, eh? » disse, porgendogli una mano chiusa a pugno.

Ben rispose subito al saluto, facendo scontrare le loro nocche una contro l'altra: il suo sorriso gioioso, se possibile, si allargò ancora di più e questo fece piacere anche ad Hailey che adorava vedere il figlio felice.

« Tra poco riuscirò anche a batterti, nonno! » E così dicendo prese a tirare i pungi in direzione del nonno, borbottando un “ciuff, ciuff” ogni volta che sferzava l'aria in un tentativo infantile di imitare il suono di quel gesto.

Peter dal canto suo finse di piegarsi in due dal dolore finché Ben non iniziò a ridere, divertito dall'espressione contrita e buffa che l'uomo si era disegnato in faccia per simulare il male.

Hailey rimase lì in piedi ad osservare la scena con un sorriso, finché suo padre non alzò finalmente lo sguardo, guardandola in volto per la prima volta.

« Hailey. »

Quest'ultima, annullando le distanze con pochi passi affrettati, gli gettò le braccia al collo, godendosi il piacere di stringerlo a sé: erano mesi che non lo vedeva e dall'ultima volta la sua nostalgia di casa era aumentata a dismisura, superando persino quella che l'aveva travolta nel primo periodo dopo il suo trasloco.

Ma non fu solo la nostalgia a farle salire un groppo in gola.

All'improvviso, malgrado la decisione di non pensare alla telefonata fino a un momento più opportuno, lo stomaco le si strinse in una morsa ferrea anche se non riuscì a capire se fosse colpa della paura oppure della preoccupazione.

O forse un mix delle due.

« Ciao, papà » mormorò con il viso attaccato al suo collo cercando di scacciare il pensiero nell'angolo più remoto della sua mente e decidendo di godersi solo le sensazioni piacevoli. Come quelle che si scatenarono dentro di lei nel momento in cui respirò il profumo di suo padre, con il naso che sfiorava il colletto della camicia a quadri di Peter: la stoffa di cotone le solleticava la pelle, ma risvegliava anche i ricordi belli del passato.

Nella sua mente, Hailey vide lo scorcio di un loro abbraccio mentre erano sul divano del salotto in seguito a una brutta giornata: osservò brevemente sé stessa bambina affondare la faccia nell'incavo della scapola di Peter a lungo, finché i singhiozzi che l'avevano scossa non erano terminati, lasciando solo il vuoto e la tristezza.

Eppure, malgrado il ricordo non fosse dei più felici, Hailey lo associava da sempre alla parola “famiglia” proprio per il conforto che aveva tratto quel pomeriggio, impresso nella sua memoria.

« Mi sei mancata tanto, piccola Andy-ley » sussurrò Peter al suo orecchio, appena prima che i due si separassero.

Quello era il soprannome con cui suo padre la chiamava.

L'origine risaliva a quindici anni prima, quando Peter era andato a parlare con la maestra delle elementari della figlia per informarla brevemente di alcune questioni riguardanti il trasloco e la loro vita prima che arrivassero a Manning – come la morte di sua madre, ad esempio. E la maestra, guardando dal foglio che la segreteria le aveva fornito, aveva letto in modo errato il nome di Hailey, forse perché era mezza cieca e si ostinava a non voler indossare gli occhiali.

Il soprannome era piaciuto così tanto a Peter che questo aveva preso ad usarlo nei confronti della figlia alla quale non dispiaceva poi molto. Dopotutto solo tre persone in tutta la sua vita le avevano affibbiato un soprannome e, in ognuno dei casi, si era sentita speciale e unica proprio per l'esclusività: sua padre, Allison e...

Di nuovo, cercò di non pronunciare quel nome, nemmeno nella sua mente come se, rifiutandosi, avrebbe scongiurato qualsiasi possibilità – alta – di incontrarlo in giro per la città.

Una parte di lei si era già pentita della decisione di tornare: aveva pensato a lui fin troppo spesso da quando era arrivata a Manning e questo non andava affatto bene né per la sua sanità mentale, né per la sua vita in generale.

Non dopo tutta la fatica che aveva fatto per cercare di dimenticarlo negli ultimi cinque anni.

« Anche tu mi sei mancato tanto papà » disse staccandosi a malincuore.

« Allora, come è andato il viaggio? » domandò Peter mentre Hailey si spostava un ciuffo della frangia dietro all'orecchio, inutilmente visto che questo tornò a coprirle il viso pochi attimi dopo.

Doveva ancora abituarsi a quel nuovo taglio: malgrado fossero passati già tre mesi da quando si era decisa a fissare un appuntamento dalla parrucchiera vicino al suo appartamento ad Atlanta, per poi uscire dal negozio con un chilo – si fa per dire – di capelli in meno sulla testa, rimaneva ancora stupita nel sentire l'aria solleticarle il collo e nel non poter più fare una coda di cavallo senza che delle ciocche sfuggissero dall'elastico ogni volta che voltava il capo.

Ma aveva sentito la necessità di un cambiamento radicale e così l'aveva fatto, senza pensarci troppo.

« Tutto bene, grazie. Abbiamo trovato un po' di traffico nei pressi di Augusta, ma in generale la strada era abbastanza libera » disse Hailey.

« Bene, ne sono contento. E Ben? » domandò di nuovo Peter, indicando con un cenno della testa il bambino, il quale aveva preso a giocare con le sue macchinine nel prato davanti casa.

Hailey si strinse nelle spalle. « Grazie al cielo è stato bravo. Nei suoi limiti ovviamente » rispose, sollevando un angolo della bocca. « Dopo un'ora di viaggio deve aver visto dal finestrino un contadino portare al pascolo delle mucche perché ha cominciato a fare domande ad intermittenza sul perché le persone portano a spasso le mucche e le pecore anche se queste non vivono in casa come invece fanno i cani. Insomma, il solito. »

Peter rise divertito, conscio di cosa volesse dire essere sottoposto all'Interrogatorio di Ben Anderson – così lo chiamava Hailey.

Nelle rare volte in cui aveva fatto visita alla figlia, Peter aveva potuto assistere a numerosi “Interrogatori”, uscendone sì sfinito, ma con uno scintillo negli occhi, come se la curiosità eccessiva del nipote fosse motivo di orgoglio e di buon auspicio per lui, un rinomato storico in tutto il Paese.

« Su, forza, entriamo in casa » disse Peter, indicando la porta. « Qui serve un bel bicchiere di limonata fresca. Ai bagagli penseremo dopo, okay? »

Hailey annuì, richiamando il figlio prima di salire i pochi gradini del portico e chiudersi la porta bianca alle spalle con un sospiro.

Casa dolce casa.

Fece vagare lo sguardo da destra verso sinistra, abbracciando tutta l'entrata e assorbendo più dettagli nel minor tempo possibile. Il risultato fu quasi surreale: le parve di essere entrata in un nuovo mondo, completamente diverso dal precedente, ma che in qualche modo risvegliava in lei molteplici sensazioni. Prima fra tutte quella della familiarità.

Osò fare un passo in avanti, passando la punta delle dita della mano sinistra sopra il vetro della cornice contenente una foto di lei a dieci anni. In quello scatto rubato indossava un vestito blu a fiori bianchi, con i capelli lunghi che le arrivavano quasi alla vita posati sulle spalle. Aveva lo sguardo basso sul terreno e con le mani teneva sollevati i lati della gonna, come se fosse stata intenta a compiere il gesto di chinarsi verso il fiore ai suoi piedi.

Hailey non ricordava quando fosse stata scattata, ma aveva visto così tante volte quella foto, sopratutto quando prendeva le chiavi di casa dalla ciotola lì accanto prima di uscire, che in quel momento le parve di incontrare una vecchia amica dopo tanto tempo.

Lo stesso effetto le fece il vaso di calle finte posato sul mobiletto all'angolo delle scale che portavano al piano superiore e anche il divano nel salotto e la libreria sulla parete della medesima stanza.

Poteva sembrare assurdo, ma fu così e basta.

Ed Hailey non si aspettava diversamente: quando aveva preso la decisione finale, era consapevole a grandi linee di ciò che il suo ritorno – e l'arrivo di Ben – avrebbe comportato.

Si stupì però nel notare che niente aveva subito una modifica, come se il tempo in quella casa si fosse congelato nell'attesa di poterla accogliere esattamente come aveva lasciato la situazione cinque anni prima.

Al di fuori di lì, però, tutto era cambiato.

Sospirò mentre metteva le chiavi della macchina nella ciotola di ceramica, al cui interno già c'era un'altra chiave, probabilmente quella di suo padre; poi superò l'atrio dell'ingresso in pochi passi e svoltò a sinistra, entrando in cucina.

Benjamin aveva già preso posto sulla sedia a capotavola, accovacciato sulle ginocchia dato che non arrivava alla superficie, piazzando i gomiti sul tavolo in modo da poter appoggiare i palmi sotto il mento.

Il bambino osservava Peter che era di spalle, intento ad affettare delle fette di limone su un tagliere accanto al fornello. Quando questo gli porse un bicchiere con il bordo alto contenente la limonata che faceva in casa, Benjamin rimase a fissare il liquido, aggrottando le sopracciglia.

« Nonno, voglio del ghiaccio » sentenziò dopo qualche secondo.

Hailey, che nel mentre si era seduta accanto al figlio, gli puntò addosso uno sguardo di rimprovero, un sopracciglio alzato e le labbra arricciate. « Come si dice...? »

In tutta risposta, Benjamin aggrottò maggiormente le sopracciglia, ma dopo aver guardato negli occhi la madre per qualche istante alla fine abbassò lo sguardo sconfitto, sbuffando. « ... Per favore? »

« E non sbuffare! » aggiunse Hailey mentre Peter ridacchiava divertito della scena, girandosi verso lo sportello del freezer ed estraendo un paio di cubetti di ghiaccio che mise poi nella limonata del nipote.

Hailey sospirò, accettando con un sorriso di gratitudine il bicchiere che suo padre le porse qualche secondo dopo, prendendo posto di fronte a lei.
Lo aveva ammesso poche volte negli ultimi cinque anni – maledetto orgoglio –, ma c'erano momenti in cui era difficile essere una madre single, anche se la gioia che alcune situazioni portavano ripagava tutti gli sforzi e i sacrifici fatti.

« Forza, raccontami! Come va? » domandò Peter, puntando gli occhi addosso alla figlia.

Solo allora Hailey si prese il tempo di osservare interamente per la prima volta il padre, passando volutamente la sua figura da cima a fondo quasi stesse facendo una radiografia completa.

E ciò che vide non le piacque. Affatto.

Dall'ultima volta che Peter era stato a trovarla ad Atlanta erano passato cinque mesi, più o meno a metà Febbraio, in corrispondenza dell'uscita del suo ultimo libro, ma Hailey ricordava bene il viso del padre anche grazie all'aiuto delle foto scattate in quei giorni, in sua compagnia o con Ben.

E, con sgomento e un leggero senso di angoscia, la ragazza constatò che l'ultima versione di Peter sul suo telefono aveva qualcosa di completamente diverso dalla persona che ora stava davanti ai suoi occhi.

L'uomo aveva le guance decisamente più smunte, il mento appuntito e un leggero segno di occhiaie sotto le palpebre. Sembrava che non dormisse e mangiasse da giorni.

Il che non era poi così strano, in effetti: quando era sotto stress, in particolare nel periodo in cui era impegnato a fare ricerche per un nuovo libro mentre la scadenza di questo di avvicinava, suo padre passava ore intere chiuso nel suo studio senza mai uscirne se non per bisogni fisiologici.

Fin da quando aveva dieci anni, Hailey aveva imparato che era meglio lasciarlo in pace se non usciva dallo studio nemmeno la mattina, e quindi aveva preso l'abitudine di portargli silenziosamente un piatto di maccheroni al formaggio o un panino ripieno per paura che il padre stesse a digiuno per un periodo troppo prolungato. Ma da quando se n'era andata, probabilmente Peter non aveva cambiato affatto abitudini.

Di conseguenza, Hailey cercò di convincersi che il motivo per cui suo padre le sembrava così sciupato fosse dovuto al suo lavoro e non alla telefonata.

« Ti trovo bene, Hailey » continuò Peter, davanti al momentaneo silenzio della figlia.

Quest'ultima, riscossa dai suoi ragionamenti mentali, si passò distrattamente una mano tra i capelli, spostandoli indietro prima di rispondere con un'alzata di spalle e un sorriso che, sperava, essere rassicurante.

« Non c'è male, papà » disse. « Ma- »

« Mamma, mamma, mamma. »

La ragazza sospirò, interrompendosi a metà della frase per girarsi verso il figlio, il quale ora era in piedi al suo fianco, una mano a tirarle la stoffa della maglietta a mezze maniche e lo sguardo serio. Hailey conosceva fin troppo bene quell'espressione: Benjamin voleva qualcosa e, finché non l'avrebbe ottenuta, difficilmente si sarebbe zittito.

« Che c'è, tesoro? » chiese, trattenendosi dall'alzare lo sguardo al cielo davanti all'espressione del figlio. Non era certo il primo maschio a spalancare gli occhi in quel modo prima di porle una domanda che, sicuramente, lei non avrebbe gradito. Benjamin assomigliava fin troppo a...

« Posso andare a guardare la tv? Stamattina non ho visto i cartoni! » esclamò il bimbo, congiungendo le mani in un gesto di preghiera e guardandola. Gli occhi azzurri erano quelli di Hailey, certo, ma l'espressione supplichevole sicuramente l'aveva presa da qualcun altro.

E, per fortuna di Ben – o sfortuna della madre, se la si voleva vedere da un altro punto di vista – non era mai riuscita a resistere, né con il figlio né con lui.

« Va bene, ma guai a te se mi accorgo che ti sei messo a guardare qualche film horror, intesi? » Qualsiasi altra raccomandazione avesse da fargli sarebbe stata spesa al vuoto dato che, in meno di un attimo, suo figlio era già sparito dietro l'angolo della cucina, correndo come uno scalmanato e lasciando andare un grido di esultanza.

Qualche istante dopo, si udì distintamente la colonna sonora di 'Curioso come George' prevenire dal salotto e un tonfo sordo segno che Ben si era buttato di peso sul divano di pelle.

Hailey pregò mentalmente che George lo distraesse abbastanza da tenerlo occupato per un bel po': aveva delle questioni da sistemare con suo padre e dei bagagli da disfare, anche se temporaneamente.

Si voltò verso Peter, sentendolo ridere sotto i baffi che non aveva.

« Quel bambino è un uragano » disse con un sorrisetto divertito. « Come suo padre, dopotutto... Mi ricordo bene di tutte le marachelle che combinava a sei anni quel ragazzo » aggiunse tra sé e sé, scuotendo il capo.

Hailey annuì con un gesto secco del capo, stringendo impercettibilmente le labbra a quelle parole: lo sapeva che prima o poi qualcuno l'avrebbe nominato, se non suo padre Allison sicuramente, ma non si aspettava di sentir paragonare Ben a lui così presto.

Perciò si morse un labbro e spremette le meningi per tirar fuori un argomento di natura diversa, cercando di spostare l'attenzione di Peter su qualcos'altro che non fosse il padre di Ben perché sapeva già dove la conversazione sarebbe finita intraprendendo quella strada.

« Come stanno tutti gli altri? Ho visto che il negozio del vecchio Joe è chiuso... » Quello era il tentativo più miserabile che Hailey potesse fare, ma Psuo padre decise di assecondarla, comprendendo forse che non era il caso di continuare con l'altro argomento.

« Sì, beh, un paio di anni fa ha deciso di averne abbastanza, così ha chiuso baracca, ritirato i risparmi di una vita e si è comprato una casa giù a Myrtle Beach. Ho sentito dire che ora passa tutta la giornata in riva all'oceano con una camicia hawaiana e un bicchiere di whisky in mano » disse Peter, scuotendo il capo.

Era evidente che non condividesse affatto quell'idea: per un tipo come lui la concezione di svago e riposo si traducevano in una battuta di pesca in solitario o la lettura di un buon saggio, seduto sulla sua poltrona nella sua stanza da letto.

« E che ne ha fatto della casa sul lago? »

« Mi pare che abbia cercato di venderla, ma nessun acquirente si è fatto avanti, quindi penso sia rimasta vuota da quando Joe se n'è andato » rispose il padre, facendo spallucce.

A lui, di quella casa, non interessava proprio niente, ma per Hailey aveva un grande significato perciò trovava la notizia molto interessante. Il lago era stato il loro rifugio fin dalla prima volta in cui si erano visti e quella casa, in particolare il fienile sul retro, era stato il luogo di un giorno speciale come tanti altri.
Sapere quel posto abbandonato la lasciò un po' triste, ma non se ne stupì più di tanto: Joe aveva trattato la sua baracca con sufficienza, lasciando che andasse alla deriva con il passare degli anni. Tutti in città sapevano quanto odiasse vivere lì e in molti spesso si erano chiesti per quale motivo l'uomo non se ne fosse andato anni prima.

« E tu, invece? Come stai papà? » Quella era la vera domanda che voleva fargli da settimane, ma non aveva trovato un momento migliore fino ad allora.

Come prima, Peter alzò le spalle in un gesto di indifferenza.

« Sto bene, Hailey, davvero. »

Chissà perché, lei non gli credeva.

C'era un motivo per cui Peter le aveva fatto quella telefonata, ne era sicura: l'istinto di Hailey sbagliava di rado, altrimenti non avrebbe mai preso la decisione di tornare così all'improvviso. Sentiva con tutta se stessa di dover star vicino al padre per una ragione che ancora non le era del tutto chiara.

Ma non ebbe il tempo di insistere ulteriormente per indagare perché Peter la bloccò: dunque non era solo lei a non voler parlare di un argomento ostico...

« Ho preparato la camera degli ospiti per Ben e la tua vecchia... Ho pensato che ti potesse far piacere » disse, indicando con il capo le scale che portavano al piano superiore.

« Va benissimo così papà, grazie mille. Sono felice di poter dormire nuovamente nel mio vecchio letto » lo rassicurò muovendo la testa su e giù. « Già da domani inizierò la ricerca di un appartamento per me e Ben, promesso. Conto di trovarlo in un paio di settimane al massimo, quindi non ti disturberemo per molto. »

« Come? Vuoi andartene? » La sorpresa sul viso di Peter era trasparente.

Hailey lo guardò per un attimo stupida a sua volta, poi prese a scuotere il capo un paio di volte. « Papà, ho un figlio di cui occuparmi. Non posso sfruttare la tua disponibilità solo per un fattore di comodità, non mi sentirei a mio agio. E poi, se non te ne sei accorto, Ben non è esattamente un angioletto... »

« Sciocchezze » disse Peter, facendo un gesto vago con la mano all'aria. « So bene com'è Benjamin, ricordi? Mi fa piacere vedere che ti stai occupando di lui in maniera più che egregia, ma questa casa è rimasta vuota per tanto tempo ed è fin troppo grande per un vecchio come me. Magari è la volta buona che questo posto torni a vivere... E poi ho bisogno di te qui, sia ora che nei prossimi mesi. »

Hailey aggrottò la fronte nel sentire quell'ultima frase: per quale motivo aveva bisogno di lei nel futuro immediato? Che avesse a che fare con la sua telefonata?

« Che vuoi dire, papà? »

« Nulla, non ti preoccupare » rispose il padre, rimanendo volontariamente vago. Hailey voleva ancora insistere, ma quando lui appoggiò una mano sopra la sua, non poté fare a meno di tranquillizzarsi un po': suo padre aveva ancora quel potere su di lei dopo tutti quegli anni.

« Hailey. Sul serio, sarei felicissimo se tu e Ben rimaneste qua con me » mormorò, abbassando impercettibilmente il tono di voce.

La ragazza rimase a guardarlo per quello che le parve essere molto tempo, ma quando alla fine si riscosse, dentro di sé sentì di appartenere a quella casa, il luogo che l'aveva vista crescere, ridere, piangere, innamorarsi, disperarsi, cambiare. Sua padre la stava supplicando di restare, ma Hailey si stupì nell'accorgersi che le preghiere di Peter non servivano affatto: lei aveva già deciso.

« Va bene, restiamo » disse alla fine, mettendo a sua volta la mano libera sopra quella del padre per stringerla leggermente. « Grazie papà... Per tutto. »

Non lo stava ringraziando solo per l'offerta di rimanere. All'improvviso fu come se non gli avesse mai detto quella parola: grazie.

Dopo tutto ciò che Peter aveva fatto per lei, a partire dal suo sostegno incondizionato nel momento del bisogno, fino all'amore che aveva dimostrato nei suoi confronti sempre e comunque, Hailey sentiva il dovere di ringraziarlo per esserci sempre stato.

L'uomo le sorrise, annuendo per farle capire che aveva capito tutto, senza bisogno che lei lo esprimesse a parole.

Era stato sempre così tra loro: bastava che si sedessero al tavolo della cucina o sul divano perché potessero parlare di qualsiasi cosa senza la paura di ripercussioni. Due adulti che si confrontavano. Era come se, una volta mano nella mano – quella del padre sopra la sua – il rapporto padre-figlia diventasse qualcosa di indissolubile a tal punto che ognuno poteva comprendere l'altro solo con uno sguardo.

Una sera di cinque anni prima era accaduta la stessa cosa: Hailey era tornata a casa e aveva indicato con un dito il divano. Una volta seduti, poi, lei aveva incrociato gli occhi di Peter e quest'ultimo aveva capito la situazione malgrado lei non avesse aperto bocca.

Hailey non aveva mai capito come alcuni ragazzi potessero odiare i propri genitori: le era inconcepibile. Tra lei e suo padre era sempre stato così e Hailey non poteva chiedere di meglio.

Questi pensieri le vorticavano nella testa mentre voltava lo sguardo fuori dalla finestra della cucina, scorgendo dietro alla tenda bianca il profilo del faggio corrispondente al vialetto di casa, alla sinistra della sua macchina.

Quello era il posto dove lui le aveva dato il loro ultimo bacio, quella sera...

« Stai pensando a- »

« No. » La sua risposta forse fu più secca di quanto volesse essere, ma non voleva assolutamente parlarne. Non in quel momento. Era come se, da quando aveva messo piede in macchina quella mattina prima di lasciare Atlanta, il pensiero di lui fosse diventato una costante.

Doveva smetterla.

Hailey spostò lo sguardo dalla finestra appena in tempo per vedere suo padre sospirare silenziosamente, rivolgendole uno sguardo di disapprovazione.

« Lo sai che prima o poi lo dovrai per forza incontrare, vero? Manning è una città piccola quando si tratta di evitare qualcuno Hailey... »

« Lo so papà, solo... » Sospirò, passandosi nuovamente una mano nei capelli. « Non ora. »

Detto ciò, decise di mettere fine a quella conversazione che Peter lo volesse o meno: si alzò, prese il suo bicchiere ancora mezzo pieno di limonata e quello vuoto del figlio, mettendoli entrambi nel lavandino insieme ad altri piatti sporchi che, si appuntò mentalmente, avrebbe lavato più tardi. Dopotutto, se voleva davvero rimanere a vivere in quella casa non avrebbe permesso che il padre si occupasse di tutte le faccende domestiche.

Peter seguì il suo esempio e, mentre lui riponeva la caraffa della limonata nel frigorifero e il coltello nel lavandino, Hailey uscì dalla cucina per andare a vedere cosa stesse combinando suo figlio, che era rimasto fin troppo in silenzio per non destare un minimo di sospetto.

Hailey tirò un sospiro di sollievo quando vide che Ben stava ancora seduto sul divano davanti alla televisione accesa, attento a non perdersi nemmeno un secondo del cartone animato. Il divano era così grande che le sue gambette erano sospese nel vuoto.

Hailey si avvicinò, si sedette al suo fianco e allungò le mani per prenderlo in braccio.

« Mammaaa! » esclamò Benjamin esasperato, cercando di sviare alla presa della madre che gli impediva di vedere il televisore. Quando però Hailey se lo posò sulle gambe, un braccio a stringergli la vita e l'altro tra i capelli, il bambino si calmò, tornando al suo programma in poco tempo.

« George sta per scoprire chi ha costruito la diga di bastoncini nel fiume » disse, aggrottando la fronte.

« Ah, sì? »

« Sì, ma è evidente che sono stati i castori! Chi altro può farlo? » rispose Ben, ridacchiando. Incrociò lo sguardo della madre e fece una faccia buffa, a metà tra l'esasperazione e la consapevolezza di star assistendo a qualcosa di ovvio.

Hailey, dal canto suo, pensò dentro di sé a quell'ennesima dimostrazione d'intelligenza che il figlio aveva dimostrato. Certo, non era così ingenua o arrogante da credere che Benjamin fosse il prodigio del secolo, né che dovesse iscriverlo alla scuola elementare al più presto, ma una parte di lei non poteva non essere compiaciuta della curiosità che suo figlio dimostrava verso molte cose e della logica con cui affrontava alcune situazioni.

Le sembrava un po' di trovarsi davanti alla propria immagine, solo più piccola e del sesso opposto.

Non riusciva a credere che Benjamin avesse già quattro anni – anzi, quasi cinque. Le parevano essere trascorsi secoli e, allo stesso tempo, solo poco attimi dalla sua nascita: il giorno prima stringeva a sé quel piccolo fagottino coperto da una tutina celeste e subito dopo spingeva la carrozzina per portarlo ai giardini, lo osservava spegnere la sua prima candelina e sporcarsi la bocca con la torta.

Hailey aveva la sincera paura di andare a dormire una sera e svegliarsi la mattina dopo che Benjamin si fosse già diplomato: non c'era un modo per fermare il tempo?

Osservò il suo volto di profilo, mentre con una mano gli scompigliava dolcemente i ben capelli ricci. Se gli occhi e la voglia di apprendere le aveva acquistate da lei, quei capelli sicuramente non facevano parte del patrimonio genetico di Hailey.

Fino a prova contraria, nella sua famiglia le persone nascevano con dei spaghetti biondi in testa da generazioni, lei compresa. E anche se avesse avuto qualche dubbio in merito, Benjamin assomigliava così tanto a lui da quel punto di vista – e altresì sotto svariati aspetti del carattere – che non avrebbe mai potuto sostenere il contrario nemmeno sottoposta alla tortura.

Passò un'ultima volta la mano tra i capelli del figlio, prima di godersi appieno la sensazione di aver vicino Ben e scacciare il ricordo che stava affiorando nella sua mente, in cui lei compiva il medesimo gesto nei confronti di lui quando ancora andavano al liceo e si trovavano a trascorrere interi pomeriggi in riva al lago.

Di nuovo, non poté evitare di formulare nella sua mente quelle due paroline: se solo...

 



 

« Buonanotte tesoro, fai dei bei sogni» bisbigliò all'orecchio di Ben prima di chinarsi a baciarlo sulla fronte. «Ti voglio bene. »

Il piccolo sorrise leggermente, mostrando un accenno del buco tra i suoi denti: le sue palpebre erano già pesanti, segno che in poco tempo di sarebbe addormentato.

« Buonanotte mamma. Ti voglio bene anch'io. »

Hailey uscì dalla camera degli ospiti arretrando con cautela, chiudendo poi dietro di sé la porta, e temporeggiò per un istante sull'uscio. Una parte di lei avrebbe voluto rimanere in quella stanza per assicurarsi che Benjamin dormisse bene, vegliando sul suo sonno fino alla mattina dopo.

Vinse però la parte razionale, quella che aveva la meglio sempre sugli istinti primordiali di madre che la colpivano spesso durante la giornata, fin dal giorno in cui aveva scoperto di essere incinta.

Si trascinò fin dentro la sua vecchia camera, dopo una sosta in bagno per pulirsi da tutto lo sporco accumulato durante il viaggio – una bella doccia aveva sempre il potere di risanarle il corpo abbastanza da non cadere sul letto completamente priva di forze – e poi si chiuse la porta alle spalle, come aveva fatto con quella di Ben.

Era stata una lunga giornata: dopo il pomeriggio tranquillo passato a scambiare qualche chiacchiera con il padre, Hailey aveva preparato la cena utilizzando gli ingredienti trovati nella dispensa – aveva scoperto così che il giorno dopo avrebbe dovuto fare la Spesa, con l'iniziale maiuscola visto che era sicura di non uscire da quel posto prima della notte inoltrata – cenato con Peter e Benjamin e ora, dopo aver salutato il padre, costretto con la forza il figlio a fare il bagno e letto la favola della buonanotte – non per forza in questo ordine – poteva finalmente rintanarsi nel suo vecchio rifugio.

Come aveva fatto quello stesso pomeriggio dopo aver varcato l'uscio di casa, fece vagare lo sguardo in circolo, abbracciando tutta la sua vecchia stanza. Rimase piacevolmente colpita nell'apprendere che ogni cosa era rimasta al suo posto, esattamente nella medesima posizione in cui l'aveva lasciata cinque anni prima.

Sembrava che nessuno fosse entrato in quella camera: le lenzuola erano ben stese sopra il letto – certo, Peter le aveva cambiate per lavar via la polvere prima del suo arrivo – la sua libreria era ben organizzata e la scrivania era posizionata sotto la finestra, la sedia corrispondente leggermente scostata.

Fu come se fosse appena tornata a casa da scuola, un giorno qualunque della sua adolescenza.

Ma non era così, ed Hailey lo sapeva.

Con pochi passi raggiunse la scrivania di mogano, passò la mano sulla superficie e si beò della familiare sensazione di ruvidità che il legno a contatto con la sua pelle suscitava.

Involontariamente sorrise.

Guardò fuori dalla finestra mentre si sedeva: all'esterno erano lentamente calate le tenebre con l'inoltrarsi della notte e ora faceva fatica a distinguere i profili delle varie figure.

La finestra di camera sua si affacciava esattamente al di sopra del portico d'entrata e quindi direttamente sulla strada. Questo, ovviamente, le aveva permesso negli anni di spiare i vicini, osservare le persone di passaggio e guardare se lui stesse venendo a farle visita – proprio come aveva fatto il giorno in cui era partita prima di mettersi a scrivere la lettera.

La lettera...

A quel pensiero, Hailey distolse in fretta lo sguardo dal vetro della finestra – appena prima che una familiare figura percorresse quella strada correndo –, per focalizzarlo sul gesto di aprire il secondo cassetto dal basso della scrivania.

Con il cuore che rimbombava i battiti fino alle sue orecchie, spostò con foga i diversi fogli e quaderni presenti al suo interno e poi, allungando le dita sotto tutte quelle cianfrusaglie, sfiorò inavvertitamente un'altra superficie ruvida e liscia allo stesso tempo.

Grazie a Dio, pensò.

In quei cinque anni nessuno aveva scoperto il suo nascondiglio anche se, in contrapposizione, una parte di lei avrebbe segretamente voluto che qualcuno lo trovasse davvero. In quel caso, probabilmente, avrebbe ricevuto notizie da Manning molto prima.

Ma ciò non era accaduto e ora, dopo aver chiuso il cassetto, Hailey si trovò tra le mani quel misero foglio ripiegato, distinguibile solo per alcuni scarabocchi piazzati ai bordi – chiaro segno che, nel momento in cui aveva utilizzato quel foglio, era agitata.

Non voleva aprirla, davvero, ma fu più forte di lei: con dita tremanti, alzò una delle alette ripiegate. Davanti a sé, in una grafia familiare e curata, righe e righe di emozioni, sentimenti e parole vennero riversate all'esterno.

Hailey scorse velocemente il testo, soffermandosi sulle macchie scure che chiazzavano il foglio bianco, ultima traccia delle lacrime da lei versate.

Non doveva leggerla, ma alla fine lo fece: fu così che, malgrado tutti gli sforzi fatti durante il giorno per evitarlo, inevitabilmente si trovò a pensare a Zach.






Annie ☚ Corner


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 UN COMMENTO ARZIGOGOLATO PER LO SCRITTORE E' UN DONO GRATO  
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Dunque, eccoci qua. Di nuovo *v*
Non mi sono dimenticata di questa storia, giuro. Anzi, ho dei capitoli già completi, ma la mia frequenza a pubblicare non avrà mai uno schema, sorratemi c:
Grazie a chi ha letto il prologo, chi ha aggiunto la storia alle seguite, preferite, ricordate e via dicendo, e un grazie enorme a coloro che hanno lasciato una recensione. Giusto ieri ho terminato la fanfiction che avevo in corso, di conseguenza ora posso concentrarmi completamente su questa storia. Tempo permettendo, ovviamente. 
Null'altro, penso di aver detto tutto quello che dovevo dire. 
Ringrazio anticipatamente se qualcuno deciderà di lasciare un commento e/o seguire la storia. (Vi raccomando anche di segnalarmi errori nel caso in cui ne troviate >.<)
Grazie come sempre di aver letto fino a qui!
Al prossimo capitolo,

Annie

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