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Autore: borndumb3dumber    07/08/2016    3 recensioni
Un ragazzo, vestito più o meno con gli stessi indumenti che ero intenta a mettere, ha in mano i miei scarponi e li osserva incuriosito. [...]
«Dovresti infilare i pantaloni, sai, è freddo» mi dice indicandoli. Ha una bella voce e stringo di più le dita attorno al manico del coltello senza lasciarmi fregare.
Porta le mani in avanti, con i palmi verso di me.
«Non voglio farti del male» afferma «e non è un problema se prendi un po’ della mia roba. Stiamo entrambi cercando di sopravvivere» [...]
Mi avvicino cauta a lui e prendo i miei scarponi. Li tengo stretti quando mi chiede: «Dove li hai presi?»
«Li ho rubati» rispondo. Accenna una risata e trattiene un sorriso. [...]
«Mi chiamo Seokjin» mi offre la mano.
Tentenno prima di afferrarla.
«Beth»
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kim Seokjin/ Jin
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Dovete scusare il madornale ritardo!!! Ero andata in vacanza e tutta convinta avevo il capitolo sul telefono così da poter aggiornare la storia, ma favola delle favole: non andava internet ;_; e quindi niente, sono tornata stamattina e adesso sto morendo un po' di sonno, mi super sbrigo.
Spero come sempre che il capitolo sia di vostro gradimento e domani leggo anche le recensioni dell'altro, sicuro ♥
Baci 
 


Continuo a domandarmi se sia la cosa giusta.
Ogni rumore proveniente da fuori la mia stanza mi fa sobbalzare come se potesse rappresentare una minaccia per il proseguimento del piano che sto assurdamente assecondando. Ma ogni volta mi calmo e la ragione mi dice che non sono suoni diversi da quelli degli ultimi giorni.
Il pasto da poco terminato mi fornisce fin da subito lucidità dopo un’astinenza da cibo durata un bel po’ e riesco a percepire i miei sensi predisposti al loro ruolo senza troppe difficoltà. La pancia brontolante, oltre ad essere terribilmente fastidiosa, faceva in modo che la mia mente si distraesse con molta più facilità e ne conseguiva un calo dell’attenzione sfavorevole alla creazione di qualsiasi piano.
D’altro canto, non sono neanche più sicura di voler fare affidamento sulle parole di Jin. Mi ha mentito e tratta in inganno per un periodo fin troppo lungo e, cosa davvero importante, quando ormai aveva la mia totale fiducia. Dopo il Giorno Zero, con la mia famiglia e chiunque altro che conoscessi ormai non più in vita, l’unica persona su cui potessi far affidamento ero io.
A volte si sentivano voci su una nuova epidemia che avrebbe colpito chi era sfuggito alla prima, perché immune o solo fortunato, ma chiunque avesse un minimo di cognizione logica era ben in grado di comprendere che non sarebbe più avvenuto. La malattia non c’era più, nel peggiore dei modi e con la popolazione mondiale ormai ampiamente dimezzata, ma era finita. Chiunque ci aveva rimesso, e l’unica cosa davvero sensata era sopravvivere.
Le città potevano essere un luogo sicuro e favorevole solo per persone come Nadin e poteva essere estremamente pericoloso per persone come me. Lo era, in fin dei conti, ma nel condurre una vita di stenti non si presentavano poi così tante opzioni. Dove vai nel bel mezzo dell’inverno quando le temperature raggiungono livelli bassissimi? Sicuramente non in case nel bel mezzo del nulla e senza possibilità di procacciarsi il minimo per continuare a vivere.
Le scelte sono obbligatorie e mai sicure al cento per cento.
Continuo a ripetermelo per la seguente mezz’ora.
I rumori fuori dalla mia stanza sembrano cessare quasi del tutto, se non per il ronfare pesante di Bris. Jin deve avermi dato delle precise indicazioni perché potessi uscire senza attirare l’attenzione, aiutata dalla tarda ora e dalla stanchezza degli altri ragazzi.
Mi metto in piedi, scuotendo leggermente i piedi per preparare i muscoli ad una corsa che potrei o meno fare: se dovessi trovare l’occasione opportuna, potrei tentare di fuggire.
Il cacciavite mi scivola dalle mani mentre lo uso per togliere le sbarre di legno dalla finestra e finisco per metterci più del previsto. Rispetto a questa mattina l’aria è decisamente più fresca, motivo per il quale non riesco a spiegarmi il sudore se non per l’agitazione di quello che sto per fare.
Lascio con cautela l’ultima imposta sul letto, evitando di fare più rumori di quelli necessari, e mi passo nervosamente le mani sui jeans scuri che mi fasciano le gambe per asciugare le mani e cercare di calmarmi un minimo.
La finestra si apre cigolando e una goccia di sudore mi scende lungo la schiena, provocandomi un brivido che non riesco ad evitare.
Il dolore al collo si presenta inaspettato mentre scivolo silenziosa fuori dalla finestra e ingoio un gemito di pura sofferenza perché il piano non vada in fumo adesso che sono fuori. Mi guardo intorno per un attimo e realizzo che, se solo volessi, potrei dimenticarmi della richiesta di Jin e sparire nel silenzio di questa foresta come molte volte ho desiderato di fare, rinchiusa in quella stanza nell’osservare i folti alberi da un sottilissimo spiraglio tra le assi sulla finestra.
Ma Jin mi ha chiesto di fidarmi di lui per un’ultima volta e ogni fibra del mio corpo mi dice che la cosa che voglio davvero fare –non, quindi, necessariamente la più giusta- è raggiungerlo per ascoltarlo. Anche lui ha avuto fiducia in me, lasciandomi da sola raggiungere la destinazione sul fogliettino. Potrei scappare, potrei farlo sul serio, e gli altri non ci metterebbero molto a capire in che modo e grazie all’aiuto di chi.
Si è messo a rischio per potermi parlare in privato e non posso ignorare che si tratti di qualcosa che davvero non può più ignorare.
Mi incammino a passo felpato nel fitto della foresta, con il cuore che mi pulsa nelle orecchie e lo stomaco in groviglio al pensiero di stare sprecando un’occasione che probabilmente non tornerà.
Tengo conto della distanza che percorro facendo affidamento agli alberi che affiancano il mio percorso, ma nonostante questo sono costretta a fermarmi per calmare il cuore e per sfregare le mani sui pantaloni, anche se oramai non sudano più. Il freddo inizia a farsi sentire.
E’ quando mancano più o meno una decina di metri che mi permetto di agitarmi davvero.
Cosa mai vorrà dirmi?
La mia mente continua a ripropormi lo stesso straziante scenario nel quale Jin cerca di uccidermi, confessando una vendetta di cui non saprei immaginare la causa.
«Sei tu?» dice lievemente una voce alle mie spalle e sobbalzo per l’improvvisa apparizione. Mi calmo un poco quando vedo il volto familiare di Jin.
Annuisco alla sua domanda, nonostante non ce ne sia motivo ora che mi ha vista. Sembra leggermente stupito di vedermi, come se anche lui avesse dubitato che potessi raggiungerlo davvero, e al contempo leggo sul suo volto un sollievo.
«Non ero sicuro che saresti venuta» aggiunge, dando voce ai miei stessi pensieri.
«Neanche io» mi lascio sfuggire e un sorriso triste gli si forma sulle labbra. Scuote la testa impercettibilmente e abbassa la maglietta, a disagio. Mi fa segno poi con una mano di seguirlo e in breve tempo siamo in una parte della foresta in cui gli alberi sembrano più fitti, concedendoci una riparazione migliore.
Ancora non ho ben chiari quali siano i pensieri del ragazzo che ho di fronte, così taccio senza levargli gli occhi di dosso.
E per un attimo, un solo effimero attimo, mi sembra di riuscire a guardarlo con gli stessi occhi di qualche settimana fa, con un senso di serenità e di affetto che adesso a stento riesco a reprimere.
La verità si abbatte nuovamente su di me e torno a guardarmi i piedi con l’amara consapevolezza che quelle piacevoli sensazioni fossero solo un inganno.
«Posso… Beth, perché sei venuta?» domanda in un momento di assoluto silenzio e posso avvertire nel tono della sua voce un senso di urgenza che mi fa rabbrividire.
«Sono qui, adesso. Perché la motivazione dovrebbe importare così tanto?»
La verità, ammetto a me stessa, è che, a discapito di quello che Jin potesse aver fatto, a discapito di un susseguirsi di eventi che mi avevano di nuovo sconvolto l’esistenza in peggio, lui mi manca. Mi manca il modo in cui si prendeva cura di me e di come sorrideva nel momento in cui apprezzavo un suo nuovo tentativo culinario, e mi manca, anche se potrebbe suscitare stupore, il modo in cui riusciva a rovinare ogni battuta di caccia con un’innocenza e indifferenza disarmanti.
Avevo imparato a vivere di queste piccole abitudini e non è del tutto semplice potersene dimenticare come ci si può scordare del pollo che cuoce nel forno.
«Non importa» offre in risposta Jin alla mia domanda retorica. Ma so, guardandolo attentamente, che non era esattamente la risposta che si aspettava.
«Piuttosto, mi piacerebbe sapere il motivo per cui sono qui»
Il ragazzo che mi fronteggia annuisce, conscio che questo momento prima o poi sarebbe arrivato, e tenta qualche passo verso di me ricevendo come riflesso io che indietreggio. Si ferma, deluso, e sembra decidere che questa distanza di circa tre metri possa essere adatta a ciò che sta per dire, perché non potrebbe altrimenti.
«E’ un argomento delicato, quindi ti prego di non reagire nel modo sbagliato, almeno fin quando non arrivo alla fine»
Confermo con un cenno della testa e sospira, preparandosi a ciò che verrà.
«Come credo tu abbia già capito, c’è qualcosa che non torna e nessuno sembra darti le spiegazioni adatte. Voglio investirmi di questo ruolo, se a te non dispiace»
«Ti ascolto» dico e tendo le orecchie per non perdermi nessun dettaglio.
«Vedi, è vero che Darren ti stava cercando» aspetta un secondo, prima di dire «…ma non è noi che ha mandato a prenderti»
La mia faccia deve aver assunto la forma di un punto interrogativo, perché Jin agita le mani come per dirmi che adesso capirò tutto.
«Daniel e Darren si conoscono da tanto tempo, ma solo dopo il Giorno Zero hanno iniziato vere e proprie trattative. Solo che, come spesso capita, non entrambe le parti rispettano i termini di un contratto di fiducia»
Prima ancora che possa proseguire, inizio ad intuire come le cose possano essere andate. Divorata da una curiosità che non mi sarei mai aspettata di avere per la questione, resto in silenzio e non faccio domande per non interrompere il racconto di Jin.
«Non sono sicuro di cosa sia successo per davvero, ho sentito diverse versioni e non ho idea di quale possa essere la più attendibile. Ma una cosa è certa: la sorella di Daniel è l’unica che ci è andata di mezzo»
Un pensiero affiora nella mia mente e porto la mano istintivamente a toccarmi il volto.
«Esatto» mi conferma il ragazzo «Daniel parlava di lei quando ha detto dei tuoi occhi ed è anche uno dei motivi per i quali ha un senso di terrore nei tuoi confronti. Gli ricordi lei»
Le sue parole iniziano a fare chiarezza nella mia mente: mi ero spesso domanda come il biondo potesse essere tanto intimorito da me con una costituzione fisica doppia della mia e Trevor che tallonava ogni mio movimento. All’inizio avevo erroneamente pensato che fosse dovuto al quinto del gruppo, ucciso per mano mia nel tentativo di difendermi, ma solo ora mi rendo conto che la paura di Daniel era prettamente di carattere psicologico.
«Lei è…» deglutisco, sentendo un senso di nausea salirmi su per la gola.
«Non lo so» risponde Jin prima ancora che io finisca la frase.
«Credo che ormai sia morta, sono passati tanti mesi da quando Darren l’ha portata da Nadin»
Passa un lungo istante nel quale un vortice di pensieri mi confonde, cosicché l’unica cosa che io riesca a far uscire dalle mie labbra sia un flebile “Oh”.
Per quanto Daniel non possa essere in tutto e per tutto una brava persona, doveva volere bene a sua sorella e vederla pagare per un suo errore deve averlo cambiato più di quanto ci si aspetti.
«Perché me lo stai raccontando?» chiedo, non capendo ancora lo scopo ultimo di questo incontro. Cosa dovrebbe cambiare adesso?
«Non ho ancora finito» mi zittisce semplicemente. Resto in silenzio e in attesa.
«So che questo potrà sembrarti strano, ma sono in debito con Daniel. Ha salvato la vita di mio fratello maggiore moltissimo tempo fa, prima che…» si ferma, trovando la forza di proseguire «…prima che morisse per l’epidemia».
Sento un brivido lungo la schiena pensando alla mia famiglia. Abbiamo tutti perso qualcuno.
Jin continua «Non voglio la tua pietà raccontandoti questo, né mi aspetto che ciò cambi le cose, però avevo bisogno che tu sapessi che non avevo intenzione di prendere parte nella faccenda».
Adesso mi guarda, ma è diverso da quando ha iniziato a parlare: i suoi occhi sono fiammanti e taglienti come un coltello appena affilato e mi ritrovo incastrata in un intreccio dal quale non riesco a districarmi.
«Abbiamo litigato a lungo nel tentativo di dissuaderlo dall’iniziare la ricerca, ma poi me ne sono andato nel cuore della notte quando iniziai a capire che la vendetta lo aveva divorato del tutto»
Tenta di nuovo di avvicinarsi, ma questa volta non mi ritraggo e non riesco a capire se per la sensazione di stordimento che il suo racconto mi ha provocato o per il desiderio nascosto di non allontanarmi.
«Ho trovato rifugio in quella casa per all’incirca un mese; e poi, quando credevo che sarei morto nell’attesa del nulla, ti ho trovata a ficcanasare tra le mie cose con uno sguardo che avrebbe intimorito chiunque» ride appena e, man mano che realizzo l’affetto che traspare dalle sue parole, sento un calore fastidioso salirmi sulle guance.
«Non ero sicuro che fossi tu, all’inizio, perché non avevo mai visto una tua foto o alcunché. La certezza è arrivata solo quando mi hai raccontato di quello che ti era successo; dopo mi hanno trovato e…» scuote la testa e abbassa il volto, ricordando di quando ci siamo separati per la prima volta dopo mesi, in quel vicolo.
«Il piano iniziale di Daniel consisteva nel portarti da lui per un baratto e, dopo aver ottenuto la sorella, uccidere Darren. Se la sta prendendo troppo comoda però, non credi? Nessuno di noi sa quali siano le sue reali intenzioni»
Ricordo le domande che ho posto a Trevor e Bris durante la battuta di caccia e alle loro reazioni spaesate; probabilmente, non avevano la minima idea di quali fossero le risposte, indifferentemente dal fatto che volessero o no che ne fossi al corrente.
«Già, mi sembra di aspettare qualcosa che non verrà mai» parlo sovrappensiero e me ne pento quasi subito: non voglio offrire troppa confidenza.
Jin non sembra farci troppo caso e riprende il discorso.
«E’ per questo che ho deciso di aiutarti a scappare»
Le sue parole mi lasciano interdetta. Ha davvero detto quello che credo? Scappare?
«Non oggi, comunque. Devo trovare un mezzo di trasporto, a piedi non arriveresti molto lontano»
Boccheggio qualche istante e trovo la forza di dire: «Ma… perché?»
Jin sorride, lo stesso sorriso triste di poco fa, quando gli ho detto che neanche io credevo che sarei venuta qui. Si guarda una mano, come se potesse trovare le parole giuste trascritte in piccoli caratteri sulle dita affusolate.
«Ti ho chiesto di raggiungermi anche per questo» alza finalmente la testa e lascia cadere la mano sul suo fianco.
«Ricordi cosa ti ho detto in quel vicolo, il giorno in cui ci siamo separati?»
Faccio in fretta mente locale e la risposta mi scivola dalle labbra.
«Che c’era una cosa che non volevi cedere»
Jin annuisce, un po’ in ansia. Quando le parole gli escono dalla bocca, sembra improvvisamente agitato.
«Non voglio che tu la prenda nel verso sbagliato, la terminologia che ho usato era solo un modo per non renderlo troppo evidente» deglutisce e una goccia di sudore gli attraversa il volto. Penso che in questo istante si senta come me qualche minuto fa, nella mia pseudo-fuga dalla casa e, ad essere onesta, non ne comprendo appieno il motivo.
«Non lo hai capito sul serio?» domanda incredulo Jin quando non mostro accenni di nessun tipo. Mi guardo intorno per aiutarmi a pensare e dico la prima cosa che mi viene in mente:
«Ho cercato nel rifugio, ovunque, ma…»
La sua risata mi fa tacere e in piedi, silenziosa, non faccio altro che bearmi di questa visione: è imbarazzato, terribilmente, e io son qui che non ho idea di cosa stia parlando. Leggo quasi sul suo volto lo stupore nei confronti delle mie rotelle che non accennano a ruotarmi nella testa.
«Beth, eri tu quella cosa»
   
 
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