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Autore: tenacious_deep_soul 99    07/08/2016    1 recensioni
Tutti ci aspettiamo una vita migliore fuori dal nostro paese, anche Julie pensava che la sua partenza per la Corea avrebbe potuto fare della sua vita una vita stupenda. I suoi sogni crollarono di botto quando perse improvvisamente il lavoro a causa della poca clientela. Fortunatamente la sua migliore amica, Soyon, sarà in grado di aiutarla, trovandole una nuova occupazione: grazie a lei farà parte del cast di trucco e parrucco della BigHit, affiancando i tanto conosciuti Bts. La sua vita cambierà radicalmente. Se in meglio o in peggio? Questo dipende da lei...
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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                                        •♦A lifelong dream♦•


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Quella mattina Julie stava lì, seduta davanti al solito vecchio tavolo quadrato del soggiorno a pensare, con lo sguardo perso rivolto nel nulla più assoluto: non riusciva ancora a credere che finalmente, dopo tutto quello studio sfrenato e quegli anni passati a deprimersi, sarebbe riuscita ad inseguire il suo più grande sogno, quello di trasferirsi definitivamente in Corea e lavorare lì. Dopo tanto sudore e sacrifici era pronta ad uscire dal suo nido, anche se con un po’ di malinconia... dopotutto, l’Italia rimaneva sempre la sua patria anche se ha sempre detestato starci.
-Forza Julie, sbrigati! O faremo tardi!- la destò sua madre dai pensieri schioccandole le dita davanti agli occhi, mentre stava ancora col mento poggiato sul pugno chiuso.
La ragazza era giusto un tantino stordita, il fatto di svegliarsi alle tre di notte non era di certo una cosa tanto usuale! Il suo volo era prefissato per le cinque. Faceva tutto troppo di corsa, cosa che non era abituata a fare ogni santa mattinata (e ci mancherebbe!) ma tutto purché si trattasse di qualcosa che aveva inseguito da una vita e che adesso si trovava sempre più vicina a lei. Dentro la sua valigia si poteva trovare di tutto: vestiti, trucchi, sacrifici, emozioni e, magari, anche qualche lacrima amara.
Esitava. Come avrebbe potuto lasciare la sua casa? Come avrebbe potuto sopportare una così eccessiva lontananza fra lei e la sua vecchia vita che, stranamente, cominciava già a mancarle?
Afferrato saldamente il bagaglio, prese la borsa e si infilò il lungo cappotto rosa cipria, dirigendosi con la madre verso l’auto bianca parcheggiata nel garage sotto casa in comune con quello degli altri condomini.
Proprio in quel momento si rese conto di quanto quella vita da lei considerata noiosa ed inutile le sarebbe potuta mancare: il modo in cui sua madre inseriva la chiave nel cruscotto e metteva in moto la sua amata Volkswagen le riportava alla mente i lontani giorni di scuola e le lotte che ogni giorno era costretta a fare per arrivare ad un orario decente.
Faceva freddo, per le strade tutto era buio e non si riusciva a vedere bene neanche con gli abbaianti accesi: una volta sul posto erano già le cinque meno un quarto, doveva sbrigarsi o avrebbe perso l’aereo.

                                                                                        ***

-Abbi cura di te tesoro, ti voglio bene!- gli occhi della madre divennero lucidi di punto in bianco e la sua guancia  fu rigata, quasi simultaneamente, da una lacrima salata seguita da molte altre dopo.
-Anch’io te ne voglio mamma, e tanto!- rispose la figlia, stringendo le sue braccia ancora di più attorno al suo collo.
Quell’abbraccio così forte e caldo sembrò durare in eterno, la cosa più brutta per Julie sarebbe stata allontanarsi da chi, da sempre, si era presa costante cura di lei dandole tutto l’amore del mondo:-Forza, ora vai, su su! La Corea ti aspetta!- fece per dire la donna asciugandosi le guance e dando poi una manata sul sedere della figlia la quale le lanciò un’occhiata fulminante. Diamine, anche in pubblico adesso!?
Quello era sempre stato un vizio difficile da perdere ma a lei non importava, era questo a rendere unica sua madre nella sua semplicità.
Correva velocemente e la valigia, tenuta dal manico in ferro, la seguiva a ruota. In fretta e furia la ragazza si avventò a fare il check-in e, dopo una lunga fase di controlli aerei a dir poco irritanti, riuscì finalmente ad imbarcarsi: stava finalmente partendo per la sua adorata meta, considerata irraggiungibile fino a pochi anni addietro.
Ciò che sicuramente l’avrebbe sfiancata sarebbero state le quattordici ore di viaggio, poiché costretta a fare diversi scali in altre città prima di arrivare a destinazione... il suo arrivo si sarebbe dovuto tenere all’incirca verso le quattro di mattina del giorno successivo dato che il fuso orario fra il nostro paese e quello coreano è di circa nove ore in più. L’aria calda dell’aereo e il profumo dei nuovi sedili in pelle grigi la fece sentire in estasi, entusiasta e fiera di essere arrivata dov’era; abbassato il manico della valigia dalle immagini londinesi, la prese dalle estremità con entrambe le mani per poggiarla sul vano bagagli posto sopra di lei: per la troppa pesantezza, se non addirittura per la sua eccessiva debolezza delle braccia, stava per cappottare all’indietro e sbattere contro la doppia fila di sedili posta al centro dell’ampio mezzo.
"Dannato bagaglio a mano! Perché pesi così tanto!?" pensava mentre, per aiutarsi, poggiò la valigia sulla sua testa, schiacciando i capelli gonfi e riccissimi. Con una spinta verso l’alto riuscì a poggiarla nel vano e, sudata, prese posto accanto al piccolo finestrino di vetro doppio strofinandosi la fronte col dorso della mano; il viaggio in sé non la preoccupava tanto quanto piuttosto il momento del decollo e dell’atterraggio, sempre in grado di scombussolarle l’interno organismo, portandole lo stomaco al posto del cervello e il cuore al posto del pancreas. Fortunatamente si era ben attrezzata per contrastare ogni eventuale imprevisto e per ingannare il tempo: allacciata stretta la cintura al bacino si sporse in avanti e prese il suo mp4 insieme al nuovo libro fantasy che le avevano regalato per il suo compleanno dalla borsa a tracolla posta ai suoi piedi.
Il tempo lì sembrava non passare mai, stava tutto il tempo a prendere sonno e a svegliarsi ad intermittenza a causa di alternati vuoti d’aria durante alcuni attimi di volo.

                                                                                       ***

-Grazie al cielo! Sono viva!- esclamò portando le braccia in aria Julie dopo essere scesa dall’aereo e messo piede nella sua amata terra. Finalmente era riuscita ad arrivare a destinazione anche se stanca morta e con sole cinque ore di sonno alle spalle fatte a spezzoni: si sentiva sfinita, le palpebre le si chiudevano da sole e riusciva a mala pena a reggersi in piedi, dando l’impressione di essere un’alcolizzata dato che sbandava ad ogni passo. L’aeroporto internazionale di Seoul-Incheon, distante all’incirca 70km dalla capitale coreana, era il più grande che avesse mai visto in tutta la sua vita e fu molto facile per lei sentirsi disorientata ed estremamente confusa lì dentro...
-Ma dove diamine è l’uscita!? Me lo fate apposta a scombussolarmi il cervello!?- parlava a sé stessa irritata, cercando di contenersi nel non imprecare per non farsi dare della matta dai fiumi di gente che le passavano accanto come un porto di mare.
Dopo aver girato tutto l’aeroporto sui tacchi alti dei suoi stivaletti in camoscio calpestando lo stesso pavimento liscio attraversato varie volte dai suoi idol, uscì  finalmente da una porta a vetri girevole ritrovandosi su un ampio marciapiede immersa nella luce dei lampioni che illuminavano il luogo nel buio della sera. Con un cenno della mano infilata dentro un guanto color borgogna chiamò un taxi posteggiato a pochi metri da lei chiedendo di essere accompagnata all’hotel nel quale avrebbe dovuto momentaneamente alloggiare, cedendo poi al tassista la valigia che posò accuratamente dentro il portabagagli. Cosa dire su Seoul? Lì tutto era spettacolare anche la mattina presto: era come essere in una seconda New York, una frenetica megalopoli tutta illuminata stracolma di grattacieli imponenti, autostrade e giardini curatissimi oltre che impeccabili sia nello stile che nella pulizia; mentre osservava dal finestrino quello spettacolo colossale imbiancato dal colore candido della prima neve invernale, la sua attenzione venne richiamata dalle strade, in particolare dagli angoli degli incroci e dai marciapiedi nei quali si vedevano ammucchiati degli enormi sacchi neri. Sarebbe potuto sembrare strano ma non vi era l’ombra di un cassonetto dell’immondizia, probabilmente era per questo che stavano tutti posizionati l’uno sull’altro. Era tutto vero o lo stava semplicemente immaginando?
"In una megagalattica città sovrasviluppata come questa non ci sono i bidoni dei rifiuti? Mi state prendendo in giro!" pensava. Ebbene si, tutto vero,il tassista aveva confermato i suoi sospetti: a quanto pare ai coreani non vanno a genio i cassonetti poiché secondo loro imbruttiscono l’ambiente urbano; c’era da dire però che, nonostante tutto, la capitale era estremamente pulita e ordinata oltre che di una tranquillità del tutto innaturale dato il caos che predominava.
Erano già le quattro e mezza del mattino e finalmente giunse all’hotel dove venne calorosamente accolta da una ragazza nella hall dai capelli lisci e neri legati in una coda di cavallo la quale, inchinandosi, le porse con un sorriso a trentadue denti la chiave della camera situata al secondo piano; non era granché grande ma era dotata di tutti i comfort possibili e immaginabili: il letto ad una piazza e mezza si componeva di tre guanciali comodissimi, l’armadio a muro di dimensioni medie situato di fronte a questo era meravigliosamente spazioso e il piccolo frigorifero posto sotto una scrivania in legno era fornito di tutto e di più compresi vari succhi di frutta quali al mango e alla ciliegia che Julie avrebbe sicuramente assaggiato; il bagno era la parte della stanza che preferiva di più poiché composto da una doccia lussuosissima in vetro adiacente ad una vasca da bagno in marmo, e da un lavandino interamente in ceramica decorato con motivi orientali e circondato da marmo rosa pregiato, cui elemento attrattivo era lo sfarzoso rubinetto placcato d’argento.
Insomma, non poteva desiderare di meglio.
Chiuse la porta dietro di sé dando due mandate poi completamente sfinita posò le valigie dove le capitava e si distese sul letto morbido buttandovisi a peso morto, lasciandosi andare completamente e sprofondando nel sonno, abbandonando ogni pensiero.
Un trillo si sentì improvvisamente: era la sveglia del suo cellulare che segnava le dieci. Aperti gli occhi, ancora gonfi per la stanchezza, si ritrovò sommersa dalla luce impetuosa che arrivava dalla finestra la quale offriva una vista spettacolare della città.
Quel giorno avrebbe deciso di cercare lavoro e godersi nel frattempo la sua amata Seoul...

►Angolo autrice:
Ma buonsalve armys! Eccomi che finalmente ritorno con una nuova fanfiction a capitoli. So che è mooooolto tardi ma io sono fatta così, quando non ho nulla da fare scrivo e appena sono sicura pubblico. Ebbene, sto sfornando cose a non finire ahah mi stupisco di me stessa ahaha di solito ho il cervello molto pigro -sarà perché è estate(?)-.
Anyway, tralasciando i miei discorsi inutili, spero che anche questa storia possa piacervi e appassionarvi.
Cercherò di aggiornare il prima possibile... Fatemi sapere che ne pensate del capitolo... Kisses
  
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