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Autore: HolyBlackSpear    08/08/2016    1 recensioni
La bella regione della Mega Evoluzione, in antichità, non è sempre stata rigogliosa e pacifica come oggi. Teatrino di guerre e conflitti, il suo passato ha molto più da raccontare di quanto in realtà non sia scritto sui libri di storia o inciso nella memoria delle persone.
Perché ciò che va oltre la comprensione umana sparisce nel tempo, la certezza presto diventa la mera proiezione dell'onirico. Ci sono però delle anime, dei ricordi rinchiusi nel cuore della mente, che non sono ancora pronti ad andarsene, che resistono strenuamente e che presto si desteranno.
Un figlio sacrilego, un’antica profezia, il divino che si confonde all'umano, giudice e giudicato che si fondono in un unico errore.
Benvenuti nella Kalos di 3000 anni fa.
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Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Elisio, Professor Platan
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
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gladius

Glaudius.
{Nero.}
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La nottata era passata senza intoppi. Il prigioniero suo compagno, dopo un po’, si era finalmente placato, facendo ritornare la stanza nel suo consueto silenzio.
Nella sua mente, tuttavia, tanti pensieri turbinavano con violenza, facendo più baccano di una piazza di mercato.
Ricordava il periodo in cui era ancora libero. La nitidezza di quella vista era quasi dolorosa, paragonata al buio in cui era rinchiuso da tanto, troppo tempo. Per quanto non gli dispiacesse, ammetteva che gli mancasse il calore antipatico del sole e la figura candida eppure austera della sua compagna.
Bellissima. Così odiosa, eppure tanto perfetta.
Scosse appena la testa, rimembrando l’inizio di tutto. Fra le coperte scure di quella stanza, angusta eppure sufficiente per il loro misfatto. Ricordava ancora i suoi capelli bianchissimi sparsi per tutto il cuscino, la sua testa poggiata contro alla spalla. Così indifesa da dargli quasi la nausea.
Il suono dei pesanti chiavistelli che venivano mossi lo aveva risvegliato dal sonno, strappandolo quello che pareva esser stato un sogno. Da tanto tempo non pensava più a quella donna. Forse il consigliere con le sue ciarle a proposito della famiglia aveva risvegliato in lui l’affetto ormai sfumato che un tempo gli aveva infiammato il cuore.
Una guardia entrò, scortata da un Pokémon. Sorrise appena col capo chino per non essere visto, nell’oscurità, quando sentì il Manectric ringhiare feroce nella propria direzione. Il suo proprietario, di tutta risposta, lo invitò con fermezza ad uscire mentre trascinava fuori anche il suo compagno. Lasciandolo solo ancora una volta, con un mezzo sorriso in faccia e l’eco del ringhio dei Pokémon nelle orecchie.
Stava per incominciare.

__

La mattina era arrivata con il tocco gentile di Aegislash. Aveva aperto gli occhi nel sentirsi i capelli accarezzati dalla sua mano spettrale, le lunghe dita inconsistenti che parevano quasi brillare, quando incontravano un raggio di sole.
Si era stiracchiato lievemente, con occhi assonnati, sorridendo placido nell’avvertire la famigliare presenza di Pyroar acciambellato ai suoi piedi. Aveva preso quell’abitudine quand’era ancora un Litleo, e non c’era stato verso di convincerlo di essere diventato ormai grosso il triplo.
Si rigirò, gli occhi di ghiaccio puntati sulla spada poggiata al proprio fianco. Non dormiva con lui, Aegislash, ma capitava che, come Pyroar, anche lui si ricordasse dei bei tempi in cui era ancora un Honedge affettuoso e tornasse in onore di essi ad essere meno fastidioso del solito.
Il Pokémon, di tutta risposta, spostò la propria pupilla bianca su di lui, scostandogli un ciuffo rosso dagli occhi prima di tornare al proprio libro. Perché si, ne aveva in mano uno.
«Qualcuno mi stava accarezzando i capelli.»
«Sarà la tua immaginazione, io non ho visto nessuna donzella.»
Ridacchiò lievemente, tirandosi a sedere sul bordo del letto. Gli faceva piacere, essere svegliato dai suoi compagni. Solitamente c’era qualche domestico che passava a bussare o suonare una campana, ed era sempre all’ultimo minuto. Per fortuna, almeno, era riuscito a convincere i suoi servitori a lasciarlo vestirsi da solo, risparmiando così tanto tempo altrimenti buttato in riti cerimoniosi.
«Cosa leggi?» - Domandò, senza guardarlo, poggiando invece lo sguardo sul balcone che si intravedeva fra i tendaggi. Honchkrow, fuori, riposava con la testa incassata fra le spalle. Al suo fianco, arrotolato ad arte per non tenere tutto il resto dello spazio, Gyarados sonnecchiava russando leggermente. Temeva ogni volta che si risvegliasse di colpo, facendo un macello.
«Il solito. “Miti e leggende di Kalos: La profezia del distruttore.”» - La sua voce gli parve distratta, probabilmente immersa nella lettura. All’udire il titolo, tuttavia, il principe preferì tornare a girarsi verso di lui, dopo essersi alzato in piedi ed aver afferrato i calzoni e una camicia.
«Dovresti smetterla di tormentarti.» - Obbiettò, guardando storto il tomo rilegato che teneva fra le dita. Quel libro aveva decisamente troppe copie nel castello. Ne aveva già fatte sparire diverse, eppure continuavano a tornare, e non c’era volta in cui la spada non lo scoprisse. E dire che cercava di nasconderli proprio per non farlo soffrire inutilmente. - «Sono solo leggende. La gente adora essere credulona e si aggrapperebbe a tutto, pur di dare una spiegazione alla cattiveria che li circonda. Io credo nella scienza e nella ragione.»
«Questa profezia è molto antica.»
«E tu non lo sei. Perciò non parlavano di te.» - Si allungò, una volta sistemato il colletto, a sfilargli le pagine dalle mani. Aegislash, per conto, non protestò né provò a fermarlo, le dita che si strinsero a pugno attorno al niente, pur senza forza. Come se fosse stanco.
«…Vorresti mai avere avuto un altro uovo, quand’eri piccolo?»
Quella domanda lo lasciò un po’ spiazzato, ma ne capiva l’origine. A Aegislash quel libro non piaceva. Perfino quand’era un Honedge si agitava, leggendolo, pur non avendo ancora la parola per comunicare la propria irrequietezza. Ricordava che una volta, da Doublade, in uno scatto d’ira l’aveva addirittura tagliato a metà, per poi rintanarsi nel proprio fodero, sentendosi terribilmente in colpa.
Temeva per ciò che vi era scritto. Temeva per quel monito continuamente ripetuto ad ogni occasione, che continuava a seguirli dovunque andassero.
Però lui, Elisio, a quelle fandonie non credeva.
«Certo. Mi sarebbe piaciuto ricevere uno Snivy, per avere adesso un elegantissimo Serperior.» - Lo sbeffeggiò, pur standolo palesemente prendendo in giro.
«Mmh, non sei tipo da Pokémon erba. Che ne dici di un gigantesco Emboar? C’è giusto una certa somiglianza con la natura suina…»
Lo sentì ridere, quando gli cacciò addosso un cuscino, e quel suono lo fece almeno in parte rilassare. Era cristallina, la risata di Aegislash. Tanto piacevole quando rara.
Si fermarono quando Pyroar agitò la coda spazientito, esprimendo il suo desiderio di avere ancora un attimo di pace, fintanto che poteva, ed Elisio ne approfittò per riporre momentaneamente il tomo sulla scrivania. Lo avrebbe fatto sparire non appena ne avesse avuto l’occasione.
«…Grazie, Elisio.»
Girò appena il capo a guardarlo, mentre stringeva due cinture attorno alla vita, per poi infilarsi sulle spalle un gilet comodo e di colore scuro.
E gli sorrise lievemente, stavolta senza prenderlo in giro.
«Prego, Aegislash.»

__

Un Mienshao si era presentato davanti alla porta di casa, bussando con gentilezza. Si era catapultato giù dalle scale, tutto fervente ed eccitato, saltando al collo della madre e baciando frettolosamente la testa dei propri fratellini prima di seguire la propria guida, elegante ma di poche parole.
La sera prima aveva dato l’annuncio in famiglia, suscitando molta sorpresa e ammirazione, soprattutto nei più piccoli. L’unico rammarico di tutti era che in quel momento non fosse presente il padre, rimasto poi assente per tutta la notte.
Sua madre lo aveva stretto forte e lo aveva baciato sui capelli scuri, calde lacrime che le bagnavo le guance. Non era riuscito a chiederle perché si commuovesse tanto, se poi potevano vedersi ogni giorno.
«Fa’ attenzione, bambino mio.» - Gli aveva sussurrato soltanto, con un piccolo sorriso, prima di ritirarsi singhiozzando in cucina, affogando il proprio dolore nelle scodelle da lavare.
Non era certo del perché avesse pianto tanto, ma sospettava che fosse a causa della felicità, mista però al dispiacere per l’assenza del marito, che non aveva avvisato nessuno. Forse temeva che fosse con un’altra donna, e il subbuglio di emozioni che provava si era scatenato in maniera confusa.
Il Pokémon dal manto violaceo gli aveva picchiettato delicatamente una mano, facendogli segno di inchinarsi quando furono giunti ai cancelli. Di tanto in tanto gli dava lo stesso segnale, mentre si muovevano attraverso gli interminabili corridoi della reggia. La sola idea di doverli memorizzare, presto o tardi, gli faceva una certa angoscia.
Gli appartamenti di Elisio, dov’erano giunti di lì a poco, si estendevano con tale vastità da farlo boccheggiare. Lo stesso principe che lo aveva accolto, vestito in maniera decisamente semplicistica, gli aveva rapidamente confermato ciò che già aveva immaginato.
«Metà dell’intero piano è riservata a me, il restante sarebbe per i miei Pokémon e i miei stretti collaboratori. In realtà, vi ho fatto sistemare i servitori.»
Deglutì, il giovane Augustine, sistemandosi gli occhiali sul naso. Un’intera stanza per un solo Pokémon. Era così sconvolgente pensarlo, mentre camminavano per raggiungere Florges, qualche porta più avanti. Lui e i suoi fratelli vivevano in una casa di dimensioni discrete composta da tre stanze, ma erano in sette senza contare i genitori. I Pokémon del principe, invece, avevano da soli più spazio di quanto non ne avesse la sua intera famiglia.
I pensieri interruppero il loro corso non appena si riunirono al resto del gruppo, pronti ad iniziare la propria scelta. La sinuosa Florges del giorno prima di inchinò gentilmente, mentre Pyroar, seduto ai suoi piedi, agitava placidamente la coda e lo studiava coi suoi occhi glaciali.
Rimase impietrito, tuttavia, nel sentire una mano inconsistente eppure sicura sfilargli dalle spalle il proprio bagaglio, e nel vedere finalmente Aegislash, colui che aveva convinto Elisio ad avere pietà e non farlo mutilare o uccidere.
Non era comune. Non ne aveva mai visto nessuno, dal vivo, di Pokémon come lui, ma bastò rimembrare un affresco visto da qualche parte su un libro per aver la certezza che quella spada fosse speciale, nel tetro…
«Lo porto io. Tu goditi il giretto.»
Si accorse di starlo fissando ad occhi sbarrati poiché tutti, compreso il Mienshao, si erano arrestati a guardarlo, come timorosi della sua reazione. Per questo motivo si riscosse improvvisamente, ringraziando a gola secca lo spettro e concentrandosi sul giro che lo attendeva.
Qualcosa, nella sua mente, bruciava di una memoria che ancora non gli sovveniva.

__

Dopo la breve conoscenza di Aegislash, abbastanza imbarazzante da fargli temere che si rifiutasse di servirlo anche a costo di accettare la morte, la tensione era calata e si erano potuti dedicare alla scelta dell’appartamento.
La decisione, in realtà, non era poi tanto vasta. Aveva predisposto che la camera fosse larga e spaziosa, e che avesse posto sufficiente anche per un Pokémon. Lungo il tragitto, il giovane Augustine gli aveva spiegato di non possederne nemmeno uno, pertanto aveva deciso su due piedi di recarsi alla pensione del castello, non appena avessero terminato con la sistemazione.
Il moro scelse una camera piuttosto esigua in dimensioni. Le pareti erano di un piacevole azzurro, e lungo di esse si intrecciavano preziosi ricami dorati. Aveva congedato Florges non appena era stato certo di volere proprio quella, con sommo dispiacere della spada spettrale che provò a insinuargli il dubbio di volerne cercare un'altra. Ogni scusa era buona per stare attorno a una bella dama.
Lo osservò scorrere una mano lungo i mobili, timoroso, mentre lo guardava dalla soglia della camera. Lo vide notare rapidamente ogni dettaglio, ogni mensola, ogni intarsio del legno.
La vera cosa buffa, tuttavia, fu vederlo sedersi sul letto. Dapprima incerto, ci aveva a malapena poggiato il sedere. Poi pareva aver realizzato che fosse veramente suo, ed era scoppiato a ridere come un bambino mentre ci saltava dentro, rimbalzando sotto alla morbidezza del materasso.
«Non hai mai visto un materasso?»
Non fu una domanda cattiva, la sua, ma puramente curiosa. Lui era sempre stato abituato allo sfarzo, pertanto non si era mai curato eccessivamente di un letto più morbido e di un cuscino più confortevole. Augustine, dal canto proprio, si tirò su a sedere, sistemandosi appena gli occhiali mentre tossicchiava per trovare un contegno.
«No, signore. Non così, perlomeno. Nella mia casa dormiamo sulla paglia.»
Elisio si chiese per quale motivo la famiglia del Consigliere versasse in condizioni tanto precarie. Era uno stretto collaboratore della corte, forse più importante perfino del principe stesso, al pari della regina. Perché, dunque, non aveva dei propri appartamenti per lui e i suoi marmocchi.
«…Se ti proverai un bravo servitore potremmo tentare di far venire qui anche la tua famiglia.»
Oltre alle spesse lenti circolare, gli occhi azzurri, quasi grigi del ragazzo parvero illuminarsi come un cielo d’estate.
«Mi piacerebbe tanto!»

__


Finito di sistemare i propri bagagli nella stanza alla bell’e meglio, per ordinarli poi in un secondo momento, il principe Elisio lo aveva accompagnato lungo i corridoi della struttura, mostrandogli i centri nevralgici per orientarsi. Erano state utili, le sue indicazioni. Gli aveva dato dei punti di riferimento specifici, sottolineando che la cosa fondamentale, al momento, era solo che sapesse tornare nei suoi appartamenti. Per il resto, si sarebbe orientato man mano, dovendolo seguire quando si muoveva all’interno del castello.
Fatto ciò, il rosso lo aveva invitato a seguirlo per raggiungere la pensione Pokémon, fuori dall’edificio ma pur sempre dentro le mura.
Nel tragitto, mentre camminavano l’uno di fianco all’altro, Augustine non era riuscito a trattenersi, e aveva dovuto chiederglielo.
«Mio signore?» - Aveva chiamato, quasi timoroso. Andava bene chiamarlo così, o forse avrebbe preferito un altro appellativo?
«Dimmi, Augustine.»
Non gli era parso turbato, piuttosto preso a guardarsi in giro, tenendo al tempo stesso d’occhio i due accompagnatori, che parevano star conversando alla loro maniera qualche metro più avanti.
«Il vostro Aegislash…» - Non era sicuro di come avrebbe reagito. Dal modo in cui l’avevano guardato al loro primo incontro visivo era sembrato un argomento pericoloso.
«Sì. È cromatico.»
La risposta fu secca e sbrigativa, ma non scocciata. Gli occhi chiari del ragazzo tornarono a poggiarsi sulla spada più avanti, osservandola continuare ad avanzare, pur girata verso di loro per puntargli addosso il suo unico occhio.
Ricambiò il suo sguardo per qualche istante, senza sapere come rispondere. Tuttavia si aprì poco dopo in un leggero sorriso, rivolto sia al suo interlocutore che al Pokémon, evidentemente in ascolto.
«Io trovo che sia bellissimo. Il nero lo rende veramente elegante.»
«Grazie, signorino.» - Sentì mormorare dal Pokémon, quasi pigramente, prima che le sue mani dorate tornassero a congiungersi dietro al proprio scudo e la sua figura si girasse verso la strada.
Per qualche motivo, il sorriso di Elisio gli parve tirato.
__

«Ci sono così tanti Pokémon qui!»
Non appena avevano messo piede nell’edificio cui erano diretti Augustine si era agitato incredibilmente, saltando da una parte all’altra per accarezzare e abbracciare quanti più Pokémon possibili. Gli era risultato divertente vederlo così preso, quasi fanciullesco, mentre lui stesso aveva concesso qualche carezza ad un paio di Litleo che gli si erano fatti vicino, finendo poi a giocare fra le zampe di Pyroar.
«Hai una vaga idea di cosa vorresti?» - Lo interpellò, non ottenendo però risposta. Aveva il viso affondato contro alla pelliccia di un Ninetails e rideva come un matto, mentre questi muoveva le sue code a scompigliargli i capelli.
«Ci vorrà un po’ di tempo, temo.» - Sentì Aegislash borbottare, mentre tuttavia il suo occhio scandagliava frettoloso la stanza. Sapeva chi aspettava.
«La stai cercando, vero?» - Chiese, cambiando argomento come se nulla fosse, gli occhi poggiati sulla giovane dama che si stava apprestando ad entrare, i lunghi capelli castani raccolti dietro alla nuca ma lasciati sciolti davanti. Il compagno spettrale, allo stesso modo, parve guardare in quella direzione, rimanendo però deluso nel vedere che non c’era chi di suo interesse.
«No. Non so di cosa tu stia parlando.» - Allontanò la sua domanda come si farebbe con un insetto eccessivamente fastidioso, sparendo senza aggiungere altro nell’ombra. Lo conosceva sufficientemente bene per sapere che stava mentendo.
Proprio mentre il Pokémon se la batteva la giovane parve accorgersi di lui e gli rivolse un cenno di saluto, avvicinandosi un po’ di fretta dopo aver sollevato gli orli della gonna. Le avrebbero detto che era disdicevole mostrare così le gambe, ma non c’erano tutori lì a fermarla, e di certo non le avrebbe fatto lui una lezione di galateo.
«Principe Elisio! Non mi aspettavo di trovarvi qui. Non siete accompagnato da Aegislash?» - Le sue parole furono seguite da un lieve inchino, subito ricambiato dal rosso.
«Lady Diantha. Ho accompagnato il mio nuovo servitore affinché possa scegliere un nuovo Pokémon.» - Fece una piccola pausa, ovviando con lo sguardo verso l’unico altro umano presente lì dentro, a parte qualche garzone sulla porta. - «Aegislash era qui fino a un momento fa. Credo volesse stare un po’ da solo.»
La giovane parve annuire appena, un’espressione indecifrabile sul viso. Lasciò cadere l’argomento dello spettro poco dopo aver mormorato che Gardevoir non aveva potuto accompagnarla per motivi di salute, preferendo tornare a parlare del servitore.
«Sembra molto curioso. Come si chiama, se posso permettermi? Ricordo che eravate proprio voi a dire cose come “Non voglio stringere un patto vincolante, mai e poi mai!”»
Rise, nel sentire la propria voce imitata malamente, e così fece anche la giovane donna, seppur in maniera molto più femminea e leggiadra. Era una creatura davvero incantevole.
«Il suo nome è Augustine. È figlio del consigliere di palazzo. Le circostanze mi hanno spinto ad assumermi la responsabilità della sua vita.»
Gli occhi chiari della donna parvero capire, a giudicare dalla luce che li animò mentre annuiva con il capo.
Diantha era una bellezza rara, tanto delicata quanto gentile. Proveniva da un altro luogo, e le sue residenze erano ben lontane da palazzo, ma spesso i doveri nobiliari la portavano a corte, facendoli incontrare. Molti vociferavano che si sarebbero sposati, visto l’alto lignaggio della sua famiglia, ma Elisio preferiva non ascoltare e non porsi interrogativi su una questione che preferiva sorvolare.
«Credo che abbia trovato ciò che cercava.» - La sentì mormorare, con un piccolo sorriso sulle labbra, gli occhi ora impegnati ad osservare il moro. Anche Elisio voltò il proprio sguardo, vedendosi correre incontro il ragazzo con un Pokémon fra le braccia.
«È … È la cosa più bella che io abbia mai visto! Voglio lei!» - Gli parve quasi un bambino, mentre alzava fin quasi al suo naso un Lampent, evidentemente una femmina. Vide la creatura agitarsi appena, palesemente contenta, e non poté fare a meno di sorridere lievemente, osservandolo tirarsela di nuovo contro al petto con fare protettivo.
«Se è lei che vuoi, per me va bene.» - Entrambi parvero esultare, a giudicare dal modo in cui la stretta delle sue braccia sottili si intensificò sulla figura nera del Pokémon, anch’esso gongolante.
Solo allora Augustine parve notare la giovane al suo fianco.
I suoi occhi chiari si spalancarono incredibilmente e il volto impallidì fino a diventare esangue.


{Post Scriptum:


In questo capitolo, finalmente, iniziano a prendere forma alcuni misteri precedentemente oscuri.
Mi sto divertendo a svelare a poco a poco questi intrighi, cercando di plasmare alla mia storia.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia aumentato la vostra curiosità!
Ci si vede al prossimo appuntamento~

Ps: Ditelo, non vi aspettavate che Aegislash fosse cromatico! :D

 

   
 
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