{Nero.}
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La nottata era passata senza intoppi. Il prigioniero suo compagno, dopo un po’,
si era finalmente placato, facendo ritornare la stanza nel suo consueto
silenzio.
Nella sua mente, tuttavia, tanti pensieri turbinavano con violenza, facendo più
baccano di una piazza di mercato.
Ricordava il periodo in cui era ancora libero. La nitidezza di quella vista era
quasi dolorosa, paragonata al buio in cui era rinchiuso da tanto, troppo tempo.
Per quanto non gli dispiacesse, ammetteva che gli mancasse il calore antipatico
del sole e la figura candida eppure austera della sua compagna.
Bellissima. Così odiosa, eppure tanto perfetta.
Scosse appena la testa, rimembrando l’inizio di tutto. Fra le coperte scure di
quella stanza, angusta eppure sufficiente per il loro misfatto. Ricordava
ancora i suoi capelli bianchissimi sparsi per tutto il cuscino, la sua testa
poggiata contro alla spalla. Così indifesa da dargli quasi la nausea.
Il suono dei pesanti chiavistelli che venivano mossi lo aveva risvegliato dal
sonno, strappandolo quello che pareva esser stato un sogno. Da tanto tempo non
pensava più a quella donna. Forse il consigliere con le sue ciarle a proposito
della famiglia aveva risvegliato in lui l’affetto ormai sfumato che un tempo
gli aveva infiammato il cuore.
Una guardia entrò, scortata da un Pokémon. Sorrise appena col capo chino per
non essere visto, nell’oscurità, quando sentì il Manectric ringhiare feroce
nella propria direzione. Il suo proprietario, di tutta risposta, lo invitò con
fermezza ad uscire mentre trascinava fuori anche il suo compagno. Lasciandolo
solo ancora una volta, con un mezzo sorriso in faccia e l’eco del ringhio dei
Pokémon nelle orecchie.
Stava per incominciare.
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La mattina era arrivata con il tocco gentile di Aegislash. Aveva aperto gli
occhi nel sentirsi i capelli accarezzati dalla sua mano spettrale, le lunghe
dita inconsistenti che parevano quasi brillare, quando incontravano un raggio
di sole.
Si era stiracchiato lievemente, con occhi assonnati, sorridendo placido
nell’avvertire la famigliare presenza di Pyroar acciambellato ai suoi piedi.
Aveva preso quell’abitudine quand’era ancora un Litleo, e non c’era stato verso
di convincerlo di essere diventato ormai grosso il triplo.
Si rigirò, gli occhi di ghiaccio puntati sulla spada poggiata al proprio
fianco. Non dormiva con lui, Aegislash, ma capitava che, come Pyroar, anche lui
si ricordasse dei bei tempi in cui era ancora un Honedge affettuoso e tornasse
in onore di essi ad essere meno fastidioso del solito.
Il Pokémon, di tutta risposta, spostò la propria pupilla bianca su di lui,
scostandogli un ciuffo rosso dagli occhi prima di tornare al proprio libro.
Perché si, ne aveva in mano uno.
«Qualcuno mi stava accarezzando i capelli.»
«Sarà la tua immaginazione, io non ho
visto nessuna donzella.»
Ridacchiò lievemente, tirandosi a sedere sul bordo del letto. Gli faceva
piacere, essere svegliato dai suoi compagni. Solitamente c’era qualche
domestico che passava a bussare o suonare una campana, ed era sempre all’ultimo
minuto. Per fortuna, almeno, era riuscito a convincere i suoi servitori a
lasciarlo vestirsi da solo, risparmiando così tanto tempo altrimenti buttato in
riti cerimoniosi.
«Cosa leggi?» - Domandò, senza guardarlo, poggiando invece lo sguardo sul
balcone che si intravedeva fra i tendaggi. Honchkrow, fuori, riposava con la
testa incassata fra le spalle. Al suo fianco, arrotolato ad arte per non tenere
tutto il resto dello spazio, Gyarados sonnecchiava russando leggermente. Temeva
ogni volta che si risvegliasse di colpo, facendo un macello.
«Il solito. “Miti e leggende di Kalos: La
profezia del distruttore.”» - La sua voce gli parve distratta,
probabilmente immersa nella lettura. All’udire il titolo, tuttavia, il principe
preferì tornare a girarsi verso di lui, dopo essersi alzato in piedi ed aver
afferrato i calzoni e una camicia.
«Dovresti smetterla di tormentarti.» - Obbiettò, guardando storto il tomo
rilegato che teneva fra le dita. Quel libro aveva decisamente troppe copie nel
castello. Ne aveva già fatte sparire diverse, eppure continuavano a tornare, e
non c’era volta in cui la spada non lo scoprisse. E dire che cercava di
nasconderli proprio per non farlo soffrire inutilmente. - «Sono solo leggende.
La gente adora essere credulona e si aggrapperebbe a tutto, pur di dare una
spiegazione alla cattiveria che li circonda. Io credo nella scienza e nella
ragione.»
«Questa profezia è molto antica.»
«E tu non lo sei. Perciò non parlavano di te.» - Si allungò, una volta
sistemato il colletto, a sfilargli le pagine dalle mani. Aegislash, per conto,
non protestò né provò a fermarlo, le dita che si strinsero a pugno attorno al
niente, pur senza forza. Come se fosse stanco.
«…Vorresti mai avere avuto un altro uovo,
quand’eri piccolo?»
Quella domanda lo lasciò un po’ spiazzato, ma ne capiva l’origine. A Aegislash
quel libro non piaceva. Perfino quand’era un Honedge si agitava, leggendolo,
pur non avendo ancora la parola per comunicare la propria irrequietezza.
Ricordava che una volta, da Doublade, in uno scatto d’ira l’aveva addirittura
tagliato a metà, per poi rintanarsi nel proprio fodero, sentendosi
terribilmente in colpa.
Temeva per ciò che vi era scritto. Temeva per quel monito continuamente
ripetuto ad ogni occasione, che continuava a seguirli dovunque andassero.
Però lui, Elisio, a quelle fandonie non credeva.
«Certo. Mi sarebbe piaciuto ricevere uno Snivy, per avere adesso un
elegantissimo Serperior.» - Lo sbeffeggiò, pur standolo palesemente prendendo
in giro.
«Mmh, non sei tipo da Pokémon erba. Che
ne dici di un gigantesco Emboar? C’è giusto una certa somiglianza con la natura
suina…»
Lo sentì ridere, quando gli cacciò addosso un cuscino, e quel suono lo fece
almeno in parte rilassare. Era cristallina, la risata di Aegislash. Tanto
piacevole quando rara.
Si fermarono quando Pyroar agitò la coda spazientito, esprimendo il suo
desiderio di avere ancora un attimo di pace, fintanto che poteva, ed Elisio ne
approfittò per riporre momentaneamente il tomo sulla scrivania. Lo avrebbe
fatto sparire non appena ne avesse avuto l’occasione.
«…Grazie, Elisio.»
Girò appena il capo a guardarlo, mentre stringeva due cinture attorno alla
vita, per poi infilarsi sulle spalle un gilet comodo e di colore scuro.
E gli sorrise lievemente, stavolta senza prenderlo in giro.
«Prego, Aegislash.»
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Un Mienshao si era presentato davanti alla porta di casa, bussando con
gentilezza. Si era catapultato giù dalle scale, tutto fervente ed eccitato,
saltando al collo della madre e baciando frettolosamente la testa dei propri
fratellini prima di seguire la propria guida, elegante ma di poche parole.
La sera prima aveva dato l’annuncio in famiglia, suscitando molta sorpresa e
ammirazione, soprattutto nei più piccoli. L’unico rammarico di tutti era che in
quel momento non fosse presente il padre, rimasto poi assente per tutta la
notte.
Sua madre lo aveva stretto forte e lo aveva baciato sui capelli scuri, calde
lacrime che le bagnavo le guance. Non era riuscito a chiederle perché si
commuovesse tanto, se poi potevano vedersi ogni giorno.
«Fa’ attenzione, bambino mio.» - Gli aveva sussurrato soltanto, con un piccolo
sorriso, prima di ritirarsi singhiozzando in cucina, affogando il proprio
dolore nelle scodelle da lavare.
Non era certo del perché avesse pianto tanto, ma sospettava che fosse a causa
della felicità, mista però al dispiacere per l’assenza del marito, che non
aveva avvisato nessuno. Forse temeva che fosse con un’altra donna, e il
subbuglio di emozioni che provava si era scatenato in maniera confusa.
Il Pokémon dal manto violaceo gli aveva picchiettato delicatamente una mano,
facendogli segno di inchinarsi quando furono giunti ai cancelli. Di tanto in
tanto gli dava lo stesso segnale, mentre si muovevano attraverso gli
interminabili corridoi della reggia. La sola idea di doverli memorizzare,
presto o tardi, gli faceva una certa angoscia.
Gli appartamenti di Elisio, dov’erano giunti di lì a poco, si estendevano con
tale vastità da farlo boccheggiare. Lo stesso principe che lo aveva accolto,
vestito in maniera decisamente semplicistica, gli aveva rapidamente confermato
ciò che già aveva immaginato.
«Metà dell’intero piano è riservata a me, il restante sarebbe per i miei
Pokémon e i miei stretti collaboratori. In realtà, vi ho fatto sistemare i
servitori.»
Deglutì, il giovane Augustine, sistemandosi gli occhiali sul naso. Un’intera
stanza per un solo Pokémon. Era così sconvolgente pensarlo, mentre camminavano
per raggiungere Florges, qualche porta più avanti. Lui e i suoi fratelli
vivevano in una casa di dimensioni discrete composta da tre stanze, ma erano in
sette senza contare i genitori. I Pokémon del principe, invece, avevano da soli
più spazio di quanto non ne avesse la sua intera famiglia.
I pensieri interruppero il loro corso non appena si riunirono al resto del
gruppo, pronti ad iniziare la propria scelta. La sinuosa Florges del giorno
prima di inchinò gentilmente, mentre Pyroar, seduto ai suoi piedi, agitava
placidamente la coda e lo studiava coi suoi occhi glaciali.
Rimase impietrito, tuttavia, nel sentire una mano inconsistente eppure sicura
sfilargli dalle spalle il proprio bagaglio, e nel vedere finalmente Aegislash,
colui che aveva convinto Elisio ad avere pietà e non farlo mutilare o uccidere.
Non era comune. Non ne aveva mai visto nessuno, dal vivo, di Pokémon come lui,
ma bastò rimembrare un affresco visto da qualche parte su un libro per aver la
certezza che quella spada fosse speciale, nel tetro…
«Lo porto io. Tu goditi il giretto.»
Si accorse di starlo fissando ad occhi sbarrati poiché tutti, compreso il
Mienshao, si erano arrestati a guardarlo, come timorosi della sua reazione. Per
questo motivo si riscosse improvvisamente, ringraziando a gola secca lo spettro
e concentrandosi sul giro che lo attendeva.
Qualcosa, nella sua mente, bruciava di una memoria che ancora non gli
sovveniva.
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Dopo la breve conoscenza di Aegislash, abbastanza imbarazzante da fargli temere
che si rifiutasse di servirlo anche a costo di accettare la morte, la tensione
era calata e si erano potuti dedicare alla scelta dell’appartamento.
La decisione, in realtà, non era poi tanto vasta. Aveva predisposto che la
camera fosse larga e spaziosa, e che avesse posto sufficiente anche per un
Pokémon. Lungo il tragitto, il giovane Augustine gli aveva spiegato di non
possederne nemmeno uno, pertanto aveva deciso su due piedi di recarsi alla
pensione del castello, non appena avessero terminato con la sistemazione.
Il moro scelse una camera piuttosto esigua in dimensioni. Le pareti erano di un
piacevole azzurro, e lungo di esse si intrecciavano preziosi ricami dorati.
Aveva congedato Florges non appena era stato certo di volere proprio quella,
con sommo dispiacere della spada spettrale che provò a insinuargli il dubbio di
volerne cercare un'altra. Ogni scusa era buona per stare attorno a una bella
dama.
Lo osservò scorrere una mano lungo i mobili, timoroso, mentre lo guardava dalla
soglia della camera. Lo vide notare rapidamente ogni dettaglio, ogni mensola,
ogni intarsio del legno.
La vera cosa buffa, tuttavia, fu vederlo sedersi sul letto. Dapprima incerto,
ci aveva a malapena poggiato il sedere. Poi pareva aver realizzato che fosse
veramente suo, ed era scoppiato a ridere come un bambino mentre ci saltava
dentro, rimbalzando sotto alla morbidezza del materasso.
«Non hai mai visto un materasso?»
Non fu una domanda cattiva, la sua, ma puramente curiosa. Lui era sempre stato
abituato allo sfarzo, pertanto non si era mai curato eccessivamente di un letto
più morbido e di un cuscino più confortevole. Augustine, dal canto proprio, si
tirò su a sedere, sistemandosi appena gli occhiali mentre tossicchiava per
trovare un contegno.
«No, signore. Non così, perlomeno. Nella mia casa dormiamo sulla paglia.»
Elisio si chiese per quale motivo la famiglia del Consigliere versasse in
condizioni tanto precarie. Era uno stretto collaboratore della corte, forse più
importante perfino del principe stesso, al pari della regina. Perché, dunque,
non aveva dei propri appartamenti per lui e i suoi marmocchi.
«…Se ti proverai un bravo servitore potremmo tentare di far venire qui anche la
tua famiglia.»
Oltre alle spesse lenti circolare, gli occhi azzurri, quasi grigi del ragazzo
parvero illuminarsi come un cielo d’estate.
«Mi piacerebbe tanto!»
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Finito di sistemare i propri bagagli nella stanza alla bell’e meglio, per
ordinarli poi in un secondo momento, il principe Elisio lo aveva accompagnato
lungo i corridoi della struttura, mostrandogli i centri nevralgici per
orientarsi. Erano state utili, le sue indicazioni. Gli aveva dato dei punti di
riferimento specifici, sottolineando che la cosa fondamentale, al momento, era
solo che sapesse tornare nei suoi appartamenti. Per il resto, si sarebbe
orientato man mano, dovendolo seguire quando si muoveva all’interno del
castello.
Fatto ciò, il rosso lo aveva invitato a seguirlo per raggiungere la pensione
Pokémon, fuori dall’edificio ma pur sempre dentro le mura.
Nel tragitto, mentre camminavano l’uno di fianco all’altro, Augustine non era
riuscito a trattenersi, e aveva dovuto chiederglielo.
«Mio signore?» - Aveva chiamato, quasi timoroso. Andava bene chiamarlo così, o
forse avrebbe preferito un altro appellativo?
«Dimmi, Augustine.»
Non gli era parso turbato, piuttosto preso a guardarsi in giro, tenendo al
tempo stesso d’occhio i due accompagnatori, che parevano star conversando alla
loro maniera qualche metro più avanti.
«Il vostro Aegislash…» - Non era sicuro di come avrebbe reagito. Dal modo in
cui l’avevano guardato al loro primo incontro visivo era sembrato un argomento
pericoloso.
«Sì. È
cromatico.»
La risposta fu secca e sbrigativa, ma non scocciata. Gli occhi chiari del
ragazzo tornarono a poggiarsi sulla spada più avanti, osservandola continuare
ad avanzare, pur girata verso di loro per puntargli addosso il suo unico
occhio.
Ricambiò il suo sguardo per qualche istante, senza sapere come rispondere.
Tuttavia si aprì poco dopo in un leggero sorriso, rivolto sia al suo
interlocutore che al Pokémon, evidentemente in ascolto.
«Io trovo che sia bellissimo. Il nero lo rende veramente elegante.»
«Grazie, signorino.» - Sentì
mormorare dal Pokémon, quasi pigramente, prima che le sue mani dorate
tornassero a congiungersi dietro al proprio scudo e la sua figura si girasse
verso la strada.
Per qualche motivo, il sorriso di Elisio gli parve tirato.
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«Ci sono così tanti Pokémon qui!»
Non appena avevano messo piede nell’edificio cui erano diretti Augustine si era
agitato incredibilmente, saltando da una parte all’altra per accarezzare e
abbracciare quanti più Pokémon possibili. Gli era risultato divertente vederlo
così preso, quasi fanciullesco, mentre lui stesso aveva concesso qualche
carezza ad un paio di Litleo che gli si erano fatti vicino, finendo poi a
giocare fra le zampe di Pyroar.
«Hai una vaga idea di cosa vorresti?» - Lo interpellò, non ottenendo però
risposta. Aveva il viso affondato contro alla pelliccia di un Ninetails e
rideva come un matto, mentre questi muoveva le sue code a scompigliargli i
capelli.
«Ci vorrà un po’ di tempo, temo.» -
Sentì Aegislash borbottare, mentre tuttavia il suo occhio scandagliava
frettoloso la stanza. Sapeva chi aspettava.
«La stai cercando, vero?» - Chiese, cambiando argomento come se nulla fosse,
gli occhi poggiati sulla giovane dama che si stava apprestando ad entrare, i
lunghi capelli castani raccolti dietro alla nuca ma lasciati sciolti davanti.
Il compagno spettrale, allo stesso modo, parve guardare in quella direzione,
rimanendo però deluso nel vedere che non c’era chi di suo interesse.
«No. Non so di cosa tu stia parlando.»
- Allontanò la sua domanda come si farebbe con un insetto eccessivamente fastidioso,
sparendo senza aggiungere altro nell’ombra. Lo conosceva sufficientemente bene
per sapere che stava mentendo.
Proprio mentre il Pokémon se la batteva la giovane parve accorgersi di lui e
gli rivolse un cenno di saluto, avvicinandosi un po’ di fretta dopo aver
sollevato gli orli della gonna. Le avrebbero detto che era disdicevole mostrare
così le gambe, ma non c’erano tutori lì a fermarla, e di certo non le avrebbe
fatto lui una lezione di galateo.
«Principe Elisio! Non mi aspettavo di trovarvi qui. Non siete accompagnato da
Aegislash?» - Le sue parole furono seguite da un lieve inchino, subito
ricambiato dal rosso.
«Lady Diantha. Ho accompagnato il mio nuovo servitore affinché possa scegliere
un nuovo Pokémon.» - Fece una piccola pausa, ovviando con lo sguardo verso
l’unico altro umano presente lì dentro, a parte qualche garzone sulla porta. -
«Aegislash era qui fino a un momento fa. Credo volesse stare un po’ da solo.»
La giovane parve annuire appena, un’espressione indecifrabile sul viso. Lasciò
cadere l’argomento dello spettro poco dopo aver mormorato che Gardevoir non
aveva potuto accompagnarla per motivi di salute, preferendo tornare a parlare
del servitore.
«Sembra molto curioso. Come si chiama, se posso permettermi? Ricordo che
eravate proprio voi a dire cose come “Non voglio stringere un patto vincolante,
mai e poi mai!”»
Rise, nel sentire la propria voce imitata malamente, e così fece anche la
giovane donna, seppur in maniera molto più femminea e leggiadra. Era una
creatura davvero incantevole.
«Il suo nome è Augustine. È figlio del consigliere di palazzo. Le circostanze
mi hanno spinto ad assumermi la responsabilità della sua vita.»
Gli occhi chiari della donna parvero capire, a giudicare dalla luce che li
animò mentre annuiva con il capo.
Diantha era una bellezza rara, tanto delicata quanto gentile. Proveniva da un
altro luogo, e le sue residenze erano ben lontane da palazzo, ma spesso i
doveri nobiliari la portavano a corte, facendoli incontrare. Molti vociferavano
che si sarebbero sposati, visto l’alto lignaggio della sua famiglia, ma Elisio
preferiva non ascoltare e non porsi interrogativi su una questione che
preferiva sorvolare.
«Credo che abbia trovato ciò che cercava.» - La sentì mormorare, con un piccolo
sorriso sulle labbra, gli occhi ora impegnati ad osservare il moro. Anche
Elisio voltò il proprio sguardo, vedendosi correre incontro il ragazzo con un
Pokémon fra le braccia.
«È … È la cosa più bella che io abbia mai visto! Voglio lei!» - Gli parve quasi
un bambino, mentre alzava fin quasi al suo naso un Lampent, evidentemente una
femmina. Vide la creatura agitarsi appena, palesemente contenta, e non poté
fare a meno di sorridere lievemente, osservandolo tirarsela di nuovo contro al
petto con fare protettivo.
«Se è lei che vuoi, per me va bene.» - Entrambi parvero esultare, a giudicare
dal modo in cui la stretta delle sue braccia sottili si intensificò sulla
figura nera del Pokémon, anch’esso gongolante.
Solo allora Augustine parve notare la giovane al suo fianco.
I suoi occhi chiari si spalancarono incredibilmente e il volto impallidì fino a
diventare esangue.
{Post Scriptum:
In questo capitolo, finalmente, iniziano a prendere forma alcuni misteri
precedentemente oscuri.
Mi sto divertendo a svelare a poco a poco questi intrighi, cercando di plasmare alla mia storia.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che abbia aumentato la vostra
curiosità!
Ci si vede al prossimo appuntamento~
Ps: Ditelo, non vi aspettavate che Aegislash fosse cromatico! :D