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Autore: Eleanor_    10/08/2016    1 recensioni
Rose Weasley ha quindici anni, è una Grifondoro ed è la figlia di Ronald Weasley e Hermione Granger. E questo lo sanno tutti.
Ha i capelli rossi, gli occhi azzurri, la passione per i guai e per il Quidditch ereditati dal padre.
Il covo di ricci che si trova in testa, l'astuzia e la bontà d'animo, invece, li ha presi dalla madre.
Ma la somiglianza finisce qua.
Non è intelligente come Hermione, né coraggiosa come Ronald.
Rose Weasley non è sola, per fortuna.
Nella sua situazione si trovano quasi tutti i suoi cugini: lo scapestrato James, innamorato da sempre della bella e malinconica cugina Dominique, che si trova in una situazione complicata; Albus, spirito libero intelligente e decisamente affascinante; la dolce e furba Lily, il fratello Hugo, il freddo e apatico Louis, gli instancabili Fred e Roxanne.
Ognuno di loro sa cosa vuol dire avere il peso di un cognome sulle spalle.
E lo sa, scoprirà Rose, anche il biondissimo Scorpius Malfoy, il misterioso, arrogante e sensibile ragazzo che imparerà a conoscere, per un caso più o meno fortunato.
In breve, Rose Weasley sono io e vi voglio raccontare le nostre storie.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: James Sirius/Dominique, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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It’s party time (or maybe it isn’t)  

He doesn’t sleep, so in truth he never wakes up
Another day rushing to his death
Out of breath on the treadmill of the famous
He makes mistakes
 Tells stories to his paintbrush
And when the world finally sees his art,
He wishes that he never would have made it
-Arrows, Fences feat. Macklemore
 
 
 
« Non troverò mai un vestito che mi stia bene, Annabelle! » mi lamento, guardando la mia immagine nel piccolo specchio del nostro bagno.
Non riesco a piacermi in questo lunghissimo abito in stile egiziano.
Jade è in camera nostra, già vestita e truccata, e mi sta acconciando i capelli.
Ho sempre amato andare alle feste con lei, perché non ci facciamo problemi a ballare davanti a tutti, nonostante non mi piaccia, conosciamo sempre nuova gente e nel caso ci stiamo annoiando, ce ne andiamo in giardino con i nostri amici e la scusa di voler prendere un po’ d’aria.
« Qualcosa di sobrio. Non esagerato, non pacchiano e non eccentrico » le ribadisco, me ne rendo conto, per la millesima volta.
Lei mi tira i capelli mentre sta cercando di farmi una treccia, per farmi capire di essere stanca di sentirmi blaterare.
« Tranquilla, ti ho detto che ho ancora un vestito. Se non ti va bene dovrai scegliere uno dei precedenti » aggiunge Belle.
Mi svesto e indosso l’ultimo abito che Belle possiede.
Rimango senza parole, perché è bellissimo: un vestito con le maniche lunghe di pizzo e lo scollo a barchetta totalmente nero, che termina con una gonna a campana. Mi sento un po’ nuda soprattutto nella zona del décolleté, ma visto che devo uscire con un ragazzo, penso che vada bene. A volte anche a Rose Weasley serve vestirsi bene!
Belle annuisce soddisfatta. « Lo sapevo che questo ti sarebbe piaciuto! Sei bellissima. »
Anche Jade è sbigottita e annuisce contenta.
Penso che si sia stancata di lottare con i miei ricci quindi ha raccolto i boccoli in uno chignon bloccato sulla cima della testa.
Scelgo un paio di ballerine che odio ma che sono costretta dalle mie amiche a mettere (soprattutto perché non riuscirei mai a passare ore sui tacchi).
« Manca meno di un’ora » annuncio, meno emozionata di quello che pensavo.
« Ehi, ehi, devi ancora truccarmi. Poi, sarai libera » mi ammonisce Belle.
Alle dieci e venti, finalmente posso lasciare la Sala Comune dei Serpeverde.
Scendo le scale rabbrividendo a causa del freddo e raggiungo il luogo dell’incontro con Chris in anticipo di dieci minuti.
Mi appoggio ad un muro e di tanto in tanto osservo i ragazzi ben vestiti che escono dalla Sala. Le ragazze che indossano i pantaloni, noto, sono molte di più rispetto a quelle con un vestito, e la cosa mi fa andare sempre più nel panico.
Non mi piace attirare l’attenzione: preferisco restare in disparte e indossare del pizzo non è il modo migliore per farlo.
Comincio a torcermi le mani, a battere col piede per terra per il nervosismo, finché non esce Chris, con una camicia bianca e un paio di pantaloni neri molto semplici.
Lo guardo con un sorriso e lui mi bacia sulla guancia. Cavolo, non sono abituata a queste cose, ai ragazzi così diretti e sicuri di sé.
Profuma di sapone e dopobarba, mi piace molto.
Chris si volta e mi precede lungo il Buio verso la Sala Comune dei Tassorosso.
Quando raggiungiamo le cucine, dove c’è più luce, mi guarda bene e sorride.
« Stai molto bene » esordisce.
« Sì, be’, non sei male nemmeno tu » dico, scherzando.
Si fa subito serio e mi guarda profondamente negli occhi. « Rose, voglio che tu sappia che… mi piaci –il mio cuore perde un battito– nonostante io possa dire che quasi non ti conosco. Ma ci tengo a farlo meglio, ecco. »
Io sto zitta per un po’ di tempo, guardandolo negli occhi, senza sapere cosa dire.
Forse col tempo mi piacerà di più. È un ragazzo molto carino e anche intelligente, credo, solo che non so come sia il suo carattere.
Altruista o egoista? Estroverso o timido? Ingenuo o sagace? Umile o esibizionista?
Ma perché non sei Scorpius?
« Va bene, non sai cosa rispondere, è comprensibile, devo averti spaventata parecchio… » riprende in imbarazzo quando capisce che non ho intenzione di rispondere.
« No, tranquillo, solo che, non lo so, non ti conosco bene. Ma posso provarci, sì. »
Lui sembra sollevato da questa risposta.
« Fantastico, mi spiace se ti sono sembrato sfacciato, volevo solo mettere le cose in chiaro. »
Mi invita sempre con il sorriso sulle labbra ad entrare nella Sala Comune, oggi aperta a tutti.
Appena varco l’ingresso, vengo investita da una vampata di calore.
All’inizio passo una bella serata, bevo un punch alla frutta e parlo un po’ con alcuni ragazzi e ragazze di varie Case.
Verso le undici entra teatralmente nella Sala Comune dei Tassorosso Dominique, mano nella mano con Jonathan.
Mi avvicino ai due e saluto Jonah che mi racconta cos’ha vissuto e fatto in America, le esperienze vissute al college, le feste a cui ha partecipato, le materie che ha studiato, le attrazioni che ha visto…
Dom non lo lascia un momento e lo guarda con occhi sognanti, come se, al posto di essere partito per due settimane, se ne fosse andato per anni.
Lui invece è più concentrato sul raccontarmi che il presidente della squadra gli darà un alloggio di cui dovrà pagare solo metà affitto e, appena uscirà da Hogwarts, dopo l’estate, otterrà un contratto di tre anni con i Sweetwater Allstars.
Ad un certo punto scansa malamente Dominique, che va a prendersi un bicchiere di punch, mentre lui raggiunge un prefetto di Corvonero.
Mi guardo un po’ in giro e cerco Chris. Sta parlando con Caleb Unwin, il quale ha appesa al braccio una ragazza davvero bruttina che avrà come minimo tre anni meno di lui; di Jade e Albus non c’è traccia e Mahonei Douglas, l’unica altra ragazza che conosco, sta litigando a bassa voce con Aaron Hadley.
Cammino verso il mio accompagnatore e, mentre sta descrivendo al suo compagno di stanza la sua teoria sul pelapatate più innovativo del mondo o che cavolo ne so io, gli chiedo: « Prendi qualcosa? »
Lui rimane un momento a bocca aperta per elaborare la domanda, poi nota che sono molto seria e accetta, prendendomi per mano.
Nell’aria è diffusa una canzone degli Aerosmith, una di quelle classiche lagne per fidanzatini, così mi allontano dalla pista da ballo e gli verso del succo di zucca, inizio a parlare con lui, a scherzare e ridere, finché non noto una ragazza al tavolo del punch, poco più in là.
« Dom » mi annuncio, quando raggiungo il tavolo.
Mia cugina si asciuga le guance e mi saluta con voce rotta.
« Cosa succede? » mi allarmo, toccandole la schiena.
Faccio segno a Chris di lasciarmi un minuto e lui si allontana.
Lei mi guarda con gli occhi azzurri tristi e lucidi.
« Jonathan non mi ama più. »
Rimango spiazzata.
« Come puoi dire una cosa del genere?! »
« Me l’ha detto lui, Rose! Quando è tornato io ovviamente ero felicissima, così gli sono stata appiccicata tutta la giornata. Troppo appiccicata. Mi ha presa da parte, poco fa, e come se fosse la cosa più naturale e semplice del mondo mi ha detto che ha bisogno di un po’ di tempo da solo, che non sa cosa prova ora come ora. Ti rendi conto?! Sono due anni che stiamo assieme! »
Oh, Godric.
Ci sono solo due possibilità per cui Jonathan abbia potuto dire così a Dom:
1) ha il cervello marinato come un’acciuga sotto sale.
2) ha trovato un’altra ragazza.
Dominique ci tiene veramente tanto a lui: insieme hanno vissuto tutte le prime volte possibili, hanno conosciuto le rispettive famiglie, sono stati rispettivamente il primo amore dell’altro.
« Oh, Dominique, mi dispiace tanto » dico affranta abbracciandola, quando lei ricomincia a piangere.
Mi chiede di accompagnarla fuori e io lo faccio, lanciando uno sguardo disperato a Chris, che mi ricambia interrogativo.
Una volta nell’atrio, Dom si accascia sui gradini e viene scossa da violenti singhiozzi.
Due ragazzi passano di lì in quel momento e per l’ennesima volta, noto che si scambiano sguardi a metà fra il divertito e il critico. Li ignoro e accarezzo il braccio di Dominique, parlandole dolcemente.
« Non fare così, Domi. So quanto Jonathan sia importante per te ma anche tu lo sei per lui! Credimi. Si vede da come ti guarda, da come si comporta quando state assieme. I miei genitori litigano di un continuo e quando erano giovani si sono lasciati per circa tre anni prima di tornare assieme e sposarsi. Non si può mai sapere cosa può accadere in futuro: quindi ti prego, non disperarti. »
« Ma cosa ne sai tu! » esclama, sull’orlo di una crisi di nervi. « Non sei mai stata innamorata, non puoi davvero capire! »
So che lo dice perché è ferita e arrabbiata e sta male, ma quelle parole mi colpiscono in pieno per la loro verità e per la cattiveria con cui le ha dette.
Penso si renda veramente conto di ciò che ha detto solo poco dopo, perché poi alza il viso verso di me e mi dice: « No, io non volevo dirlo davvero, mi-mi dispiace. »
La guardo pronta a dirle le cose più cattive che ho in mente ma poi i suoi occhi supplicanti mi fermano.
« No, hai ragione » dico semplicemente.
E rimango lì, perché non ce la faccio ad abbandonarla. Rimango finché non sta meglio, troppo debole anche io per andarmene o arrabbiarmi con lei.
 
« Stai bene? » mi chiede Chris quando lo raggiungo. « Hai una faccia sconvolta. »
« Sto bene » rispondo con freddezza, lasciandomi cadere su una sedia. « Scusa, sono solo stanca, credo. »
Si siede accanto a me e mi guarda con una mano poggiata sotto il mento.
« Che c’è? » domando.
« Sto aspettando che mi racconti che cos’hai » risponde con semplicità.
Rido e ribatto che non ho nulla.
Lui alza un sopracciglio in senso di scetticismo ed è allora che penso che un po’ mi assomiglia, è decisamente testardo e cocciuto.
Prima di poter dire qualcosa, entrano nella Sala Comune i miei cugini Fred e James con Axel Paciock, Philip Thomas, Lorcan Scamandro, Jeremiah Taft, Joel Weetmore e un sacco di altri ragazzi di Serpeverde, Tassorosso e Corvonero con altrettante casse contenenti, conoscendoli, alcolici.
Guardo l’orologio e mi sorprendo che sia già quasi l’una.
Bevo un goccio di punch, solo il settimo bicchiere, e faccio una linguaccia a James quando mi passa avanti.
« Ehi, Ross! » urla Fred, che ha già alzato abbastanza il gomito a quanto vedo. « Chi è il tizio con cui stai parlando? »
« I fattacci tuoi, Freddie?! » urlo sarcasticamente di rimando.
Lui alza una bottiglia di quello che liquido come Whisky Incendiario e mi urla un brindisi del tipo ‘alla tua storia d’amore’.
Arrossisco fino alle punte dei piedi e mi scuso per quello spettacolino disgustoso.
Chris comincia a ridere e mi assicura di aver visto gente in condizioni peggiori. Continuiamo a parlare, mentre la musica migliora sempre di più e dalla porta entra sempre più gente.
Ad un certo punto, mentre sto discutendo del fatto che le lumache siano sicuramente gli esseri più schifosi al mondo, un paio di braccia super muscolose mi alzano in piedi.
« James, cosa stai facendo?! » strillo, colpendolo alla testa con il bicchiere.
Neanche a dirlo, non mostra alcun segno di fastidio.
« Giochiamo a “non ho mai”, vieni anche tu » sorride, un po’ brillo.
Il suo fiato puzza di birra e Whisky.
« Oh, no no no no, neanche per sogno, l’ultima volta sono stata male per due giorni, Jamie, DUE GIORNI.  »
« Ehi, tu » dice a Chris. « Vieni con noi? »
« Odio quel gioco » ribatte esplicitamente l’altro.
« Freeeeeed! » strilla James.
L’altro cugino deficiente arriva due nano secondi dopo e mi solleva sistemandomi sulla sua spalla, lasciando James a convincere Chris.
Anche se urlo e mi divincolo, lui mi porta comunque verso i dormitori.
Tre minuti e sono seduta in cerchio con un bicchiere di Whisky Incendiario davanti e un’espressione omicida riservata esclusivamente ai due scimmioni.
Con noi ci sono almeno una ventina di ragazzi dal quinto anno in su e di tutte le casate: riconosco Jade, lontanissima da Albus; ci sono poi Roxanne, Jonathan, Louis, Liam Simons, Mahonei, Aaron, Danny Shanks, la Nott, Selwyn, Tristan, Yaxley e Travers…
« Ragazzi, conoscete tutti le regole. Cominciamo da me e poi andremo in senso orario » prorompe Rosier, ridicolo con indosso una polo rosa.
Mi sento estremamente imbarazzata man mano che ci avviciniamo a me, anche se manca ancora decisamente molto tempo.
« Non ho mai ricevuto un rifiuto da una ragazza » mugugna Yaxley quando arriva il suo turno.
Il gioco, sostanzialmente, consiste nel bere ogni volta in cui ti è successa la cosa che il giocatore non ha mai fatto/detto.
Chris, un paio di ragazze alla mia sinistra, beve e lo guardo divertita.
« Senti, ero alle scuole elementari e ovviamente le babbane non capiscono nulla di bei ragazzi » sussurra.
« Invece secondo me sono molto perspicaci » lo prendo in giro.
Continuo a non bere nulla perché parlano solo ragazzi, fino a che non arriva il turno di Scorpius, che non avevo notato fino a quel momento.
È seduto tra la Rookwood e Goyle e non sembra a suo agio in questo momento.
« Ragazzi, non so che dire » dice con arroganza.
Rosier e Travers lanciano un’occhiata a tutte le ragazze della stanza, poi si decidono a parlare.
« Niente scottanti dettagli sulla tua vita sentimentale? » ridacchia il primo.
« Nulla da rivelarci, Scorp? » chiede il secondo.
Scorpius, non dire niente. Non voglio che finisca come a Obbligo o Verità…
La prima e ultima volta in cui ho giocato a “non ho mai” è stato esattamente un anno fa, durante la festa di Halloween del mio quarto anno. Ero ingenua ed essere invitata dai ragazzi di un anno più grandi mi sembrava la cosa più bella del mondo in quel momento. Povera stupida. Se ci ripenso non solo mi sale un istinto omicida verso i miei due cugini che mi hanno invitata a partecipare, ma mi rendo conto di quando devo essere sembrata stupida e piccola ai ragazzi più grandi. È stato davvero imbarazzante quando, l’unica volta che è toccata me, non avendo argomenti interessanti, la cretinata che ho detto è stata " Non ho mai avuto un cane. "
Avrei potuto raccontare qualcosa di decisamente più intelligente.
« Passiamo oltre, sennò perdiamo tutta la sera con lui! » sbotta la Nott.
Rosier si volta con gli occhi appannati verso di lei e sorride, annuendo. La Serpeverde si guadagna anche gli occhi di tutti gli altri studenti addosso.
Oh, qualcuno che guarda Miss Castità, che novità.
« La Nott ha ragione, vai Destiny » grugnisce Warren.
Lancio uno sguardo a Scorpius ma lui sta già guardando da un’altra parte.
Continuiamo a giocare (o meglio, continuano) per cinque minuti, ed è a quel punto che il livello di alcol che hanno in corpo quelle scimmie dal quoziente intellettivo di una noce raggiunge livelli troppo alti e Travers, ubriaco, se la prende improvvisamente con Goyle, la Rookwood e la Nott, perché alla sua confessione di non aver mai preso una sufficienza in Trasfigurazione, i Serpeverde si sono messi a ridere.
Travers si avvicina a loro e prova a tirare un pugno a Goyle che, sconvolto per quel cambio di umore del compagno di Casa, lo blocca con facilità.
Mi alzo in piedi nel caos generale fatto da chi cerca di sedare la lite ed esco dalla Sala Comune, facendo segno a una Jade piuttosto abbattuta di raggiungermi.
Non riesco a fare a meno di notare, però, che appena raggiungo la porta, Scorpius si volta verso di me e mi fissa per qualche secondo.
 
Sono le quattro di mattina e ancora non riesco a prendere sonno.
Sarà per la rabbia (è stato un appuntamento mediocre, rovinato poi da quei microcefali di James e Fred e da quello stupido gioco), la frustrazione (che Chris non mi abbia chiesto di andarcene via quando eravamo ancora in tempo), gli occhi grigioverdi di Scorpius su di me o non so nemmeno io per cosa, ma sono distesa sul letto a fissare il soffitto da ore, ancora con il vestito e le scarpe addosso.
Faccio un profondo respiro proprio quando entra Celeste, senza preoccuparsi di fare silenzio.
Nel momento in cui mi nota assume un’espressione imbarazzata, e mormorando qualcosa che non capisco, si fionda in bagno.
Io la guardo e basta, senza sapere ovviamente cosa dire.
Decido di scendere in Sala Comune quando il quadro della Signora Grassa si sposta ed entrano Belle e Meg, a qualche passo da Mahonei, Aaron, Danny e, separato da loro, Jonathan.
Dominique non c’è, penso abbia raggiunto la sua camera come mi aveva detto, ma Jonathan non sembra particolarmente felice. A detta di Dom, era stato un sollievo per lui lasciarla, anche se a me non pare.
Lily non ha partecipato alla festa, così come Lysander e Hugo.
Percepisco come della malinconia nell’aria, quando i ragazzi mi salutano e se ne vanno nelle loro camere da letto e questo non mi aiuta sicuramente a tirarmi su di morale.
Meg si siede accanto a me, anche lei per nulla stanca, e quando ci stanchiamo di parlare, verso le cinque e mezza, prendiamo le sue carte babbane e giochiamo per un tempo infinito. Mi sembra di tornare bambina, a quando io, Hugo, la mamma e il papà, durante le vacanze estive, giocavamo tutte le sere a carte, divertendoci un sacco.
Hugo si arrabbiava perché perdeva quasi sempre e allora iniziavamo a litigare: io lo accusavo di essere un bambino, e lui di barare. Quando i nostri genitori non ce la facevano più ci chiudevano in camera ma noi continuavamo fino allo stremo delle nostre forze a dirci di tutto. Ho passato la mia infanzia tra coccole e litigi, in sostanza.
Quando non riusciamo più a tenere gli occhi aperti, ci appoggiamo sulle poltrone, troppo stanche per andare fino in camera, e ci addormentiamo, respirando profondamente all’unisono.
Quando mi sveglio è mezzogiorno, il sole è alto nel cielo e la Sala Comune è silenziosa.
Mi alzo dalla scomoda poltrona, su cui avevo giurato non avrei dormito mai più e osservo la mia amica, che sta ancora russando, come James e Fred, rientrati verso le sette, credo, e sprofondati sul divano.
Ho un sacco di fame, così, una volta cambiata e lavata, lascio che Maggie dorma ancora un po’ ed esco silenziosamente, scendendo in Sala Grande.
Quando raggiungo il cancello, mi fermo e osservo quello spettacolo penoso: ci sono solo ragazzini, quelli che non hanno partecipato alla festa, non vola una mosca, e i pochi studenti più grandi presenti, mangiucchiano qualche boccone di cibo senza proferire parola.
Il soffitto è decorato da scheletri appesi e danzanti, zucche con espressioni di terrore intagliate sui bordi e delle candele monche illuminano le tavolate. Mi siedo al mio tavolo, afferrando subito del pane e ingollando della torta salata.
Annabelle è seduta poco distante da me, ma non mi avvicino. Non ho voglia di parlare con nessuno.
Nonostante abbia riposato abbastanza, anche se scomodamente, sono ancora stanchissima.
Per la prima volta da tanto, tantissimo tempo, mi sento bene a stare da sola. Nessuno che mi fa pressioni, nessuno che inizia con le battutine su qualsiasi cosa dica (leggi James e Fred), nessuno che mi urla nelle orecchie ogni secondo, nessuno che mi chiede pareri o giudizi. Il silenzio, penso, è una benedizione.
A rompere quei minuti di tranquillità arriva la persona che meno vorrei vedere in questo momento.
« Ciao Rose » mi saluta Chris.
« Ciao » rispondo monotonamente.
Lui si accomoda accanto a me e io gli lancio uno sguardo altezzoso. Nota subito che ho qualcosa che non va e infatti me lo chiede.
« Nulla » liquido.
Mi prende la mano tra le sue. Sono calde e ruvide.
« Ti prego. »
Gli dico semplicemente che sono stanca.
Tenta di darmi un bacio sulla guancia ma mi scanso con un “no”.
Si alza in piedi e a bassa voce mi dice:  « Ci terrei a uscire con te un’altra volta. »
« Mmmh. »
« Diciamo sabato? »
Ci penso un attimo. « Purtroppo gioco la prima partita di campionato. »
Sì, purtroppo.
« Oh, ma non c’è problema. Dopo che avrai giocato possiamo fare un giro. »
Prima che possa dire qualcosa, si volta e si avvia fuori dalla Sala.
Quando, dopo un pranzo consumato in solitudine, torno alla mia torre, Maggie non c’è più. James e Fred invece sì. E stanno ancora dormendo sul divano.
Senza pensarci due volte, corro in bagno, riempio due bicchieri di acqua fredda e torno giù, avvicinandomi piano.
James è seduto e ha il collo ribaltato all’indietro. Fred è disteso sull’intera zona con la bocca e le braccia spalancate.
Mi piazzo dietro al divano, in modo da riuscire a colpire tutti e due e rovescio il contenuto dei bicchieri sulle loro facce.
L’effetto è immediato. Si svegliano come strappati dai loro sogni, con gli occhi ancora chiusi e in stato confusionale.
Borbottano parole sconnesse come “freddo”, “bagnato” e “dormire”.
Quando finalmente riescono a mettere a fuoco ciò che c’è attorno a loro, compresa me spezzata in due dalle risate, e capiscono la situazione, mi lanciano un po’ di insulti e chiedono spiegazioni.
« Questa era una vendetta per ieri sera. E, tra parentesi, fa passare la sbornia » squittisco, poi torno in camera mia, lasciandoli a invocare Merlino perché mi fulmini.
 
Scorpius mi aspetta al nostro solito tavolo, con un libro in mano e… un paio di occhiali metallizzati e dall’aria costosa sul naso.
« Malfoy?! » esclamo sbigottita.
Non so perché mi sorprendo così tanto di questo fatto, in fondo, ad un secchione del genere non possono mancare gli occhiali da lettura.
Lui alza la testa e in un primo momento mi fa un sorriso freddo, ulteriore segno dei suoi sentimenti per di me. Poi però si accorge di quello che sto cercando di dirgli e si affretta ad infilare gli occhiali nella tasca della sua borsa.
« E poi prendi in giro me perché ho gli occhiali?! » dico seccata.
« Be’, quello è naturale » mugugna lui.
Sembra di cattivo umore, così decido di lasciar perdere quell’argomento, ma mi appunto mentalmente di sfruttare la prima buona occasione per rinfacciarglielo.
« Cos’è successo ieri sera? » gli domando curiosa, prendendo posto.
« Weasley, siamo qui per studiare, giusto? Non per parlare dei fatti nostri » annuncia con una cattiveria inspiegabile.
« Senti, tu… » comincio, non sapendo in realtà come continuare.
« Io cosa? » sputa, con un tono diverso dal suo.
Sembra quasi un’altra persona e per un solo secondo mi ritrovo ad essere preoccupata per lui. Poi però il fastidio per quelle parole, mi fa passare la preoccupazione e quando parlo non provo nemmeno a trattenermi.
« Cos’è, hai gli sbalzi d’umore? Qualunque sia il tuo problema, non permetterti di trattarmi in questo modo. »
Lui mi guarda con aria di sfida per un attimo, poi qualcosa crolla, nei suoi occhi.
« Ti chiedo scusa » mormora inaspettatamente. « Non volevo, sul serio. »
Mi guarda sinceramente dispiaciuto e io dico: « Non importa. »
Poi mi correggo, più ad alta voce: « Va bene, farò finta di niente. »
Lui ride mestamente e lo faccio anche io.
Studiamo fino alle cinque e poi, una volta chiusi i libri, lui si alza in piedi.
Prima che giri i tacchi e si volti per andarsene, non so per quale motivo, lo ringrazio.
« Per cosa, le ripetizioni? Sai che lo faccio perché me l’ha chiesto la McGranitt… » ribatte, scocciato.
Perché mi ascolti, cosa che non tutti fanno ultimamente. Perché mi fai ridere anche se non vuoi e perché sei una persona fantastica e meriti di saperlo.
« Sì. Ma lo stesso, grazie. »
Lui mi saluta, poi va verso la porta e, benché non si giri mai, io continuo a fissarlo.  
 
Esco dalla biblioteca che sono ormai le sei e mezza.
Ho  molta fame (ovviamente), così imbocco subito la strada che porta alla Sala Grande, totalmente diversa da com’era oggi all’ora di pranzo: ora c’è un gran brusio.
Parole, risate, discorsi, sussurri, grida si mescolano al clangore delle forchette, dei bicchieri e dei piatti che vengono mossi o spostati dai ragazzi affamati.
Finalmente riesco ad individuare Dominique e le siedo accanto.
Non ho assolutamente dimenticato ciò che mi ha detto ieri sera, però preferisco fingere che non si accaduto nulla e passarci sopra.
Le chiedo il motivo di tanto chiasso e perché non c’è ancora nulla in tavola. Lei risponde, con qualcosa di simile ad un grugnito, che Wessex deve fare un discorso di estrema importanza e io mi domando cosa ci sia di così importante da dire per cui non abbiano ancora servito il cibo.
Passano pochi ma interminabili minuti, nei quali mi sale al cervello la consapevolezza del fatto che c’è un solo plausibile motivo a causa del quale i professori ci vogliano parlare o, nella peggiore delle ipotesi, fare una ramanzina.
Le mie teorie vengono confermate nel momento in cui il professor Wessex si alza dalla sua sedia. Perché Wessex non si alza mai dalla sedia senza un degno motivo.
« Sonorus » grida, la bacchetta puntata alla giugulare, e la sua voce viene amplificata come se stesse parlando in un microfono con un milione di casse acustiche sparse per la sala.
« Buonasera ragazzi. Vi chiedo di attendere ancora qualche minuto prima di poter cominciare a mangiare » annuncia, con un tono di voce odiosamente neutro. « Vi assicuro che vale la pena di ascoltare quello che devo dirvi, a nome di tutti gli insegnanti. »
« Sì, vale la pena ascoltare un mucchio di letame di drago » scimmiotta Dominique.
« Cosa ti sta succedendo? » chiedo, sorpresa dai suoi modi sgarbati.
« Ciclo, credo. E poi non mi sento troppo bene, ho la nausea e penso di avere anche la febbre. »
Alzo le spalle e riprendo ad ascoltare il professore, che sta dicendo: « …ci dispiace riferirvi che qualsiasi tipo di festa all’interno di una Sala Comune o di un ambiente all’interno e all’esterno dello spazio scolastico è vietata da adesso in poi. »
Tempo due nanosecondi e si alzano grida di protesta, di sconforto, di odio e rabbia verso Wessex e gli altri professori. Con lo sguardo accigliato noto per la prima volta che la McGranitt non siede al suo posto. Anzi, non c’è proprio. Quell’assenza mi mette un senso di inquietudine e mi chiude la bocca dello stomaco.
Tra le urla di disprezzo e le lamentele, Wessex procede, impassibile: « Chiunque verrà implicato in organizzazione di feste private, verrà punito severamente! Queste sono le nostre decisioni, non spetta a voi contestare. Vi abbiamo dato della libertà e voi avete decisamente deluso la nostra fiducia, quindi ottenete solo ciò che vi spetta »
Non è arrabbiato o furioso, sembra solo molto, molto stanco: le rughe attorno agli occhi sono già più marcate di appena una settimana fa.
Quando dice Silencio e torna a sedersi sulla sua sedia alla destra del trono della Preside, non solo pare ancora molto sospetto che non ci sia, ma è anche tristemente vuoto.
Alcuni ragazzi della tavolata dei Tassorosso, gli ultimi che mi sarei mai aspettata, si alzano in piedi e se ne vanno senza mai voltarsi. Li imitano un paio di noi e qualche Serpeverde.
I Corvonero, probabilmente troppo altezzosi o maturi per fare la stessa cosa, se ne stanno seduti impettiti a fissare il cibo appena comparso sui tavoli. Prendo una cucchiaiata di fagioli neri e un po’ di pane, ma sinceramente anche a me è passata la voglia di mangiare. Come possono proibirci di organizzare delle feste?! Non abbiamo fatto, o perlomeno, la maggior parte di noi non ha fatto nulla di male ieri sera!
Va bene, i ragazzi hanno portato delle bevande alcoliche all’interno del castello, ma dubito fortemente che qualche professore se ne sia accorto.
Inoltre, le possibilità che abbiano sentito la musica dalla nostra posizione fino alle loro camere sono esigue, se non addirittura nulle.
Ma io dico, loro sono mai stati giovani, anche se in un epoca molto passata?!
Sono la prima ad ammettere che James, Fred e i loro amici non avrebbero dovuto portare gli alcolici alla festa, soprattutto perché gran parte di loro minorenni, ma per il resto, è stata una serata come tante altre!
Soprattutto, non è giusto che a causa di qualcuno con poco sale nella cosiddetta zucca, tutti dobbiamo pagare le conseguenze delle loro azioni.
Noto solo ora che James e Fred non ci sono, altrimenti, immagino che sarebbero già stati uccisi.
 
Frugo nella tasca del mantello e, notando che ovviamente manca l’mp3, annoto mentalmente di ricordarmene. Una volta in camera, ne approfitto anche per cambiarmi, mettendomi un paio di leggings comodi e un maglione largo. Ripesco le cuffiette e l’aggeggio dal fondo della cartella e agguanto il libro che è posato sul mio comodino. Tentando di non far capire le mie intenzioni né ai Prefetti che si aggirano per i corridoi, né alle mie compagne di stanza, silenziosamente mi avvio verso la biblioteca, una volta fuori dal ritratto.
Ci sono molti ragazzi stasera, e li riconosco quasi tutti come miei compagni di corso di Rune Antiche.
Io però sono davvero stanca di studiare, sono stata solo poche ore fa qui dentro a tradurre testi scritti da autori i cui nomi sono impronunciabili e ora voglio solamente svagarmi un po’.
Come al solito mi sfugge la cognizione del tempo e, mentre penso di essere rimasta seduta ad ascoltare musica e leggere per un’oretta circa, scopro che in realtà sono già le nove e mezzo, e tra poco madama Pince mi scaccerà a calci nel didietro.
« Sapevo che ti avrei trovata qui » sussurra un’appena percettibile voce melliflua.
« Infarto numero due » sospiro, lanciando un’occhiata truce a Scorpius.
Non tolgo la cuffietta dall’orecchia per fargli capire che non ho intenzione né voglia di parlare con lui.
« Anna Karenina… Tolstoj » commenta quasi disgustato leggendo il titolo del mio libro.
Volto teatralmente pagina e continuo a leggere noncurante, anche se i suoi occhi su di me mi impediscono di concentrarmi tanto che devo ritornare sulle parole appena passate circa cinque volte, prima di alzare gli occhi e ordinargli di smetterla.
« Cosa ascolti? » mi chiede, curioso, con le braccia conserte sul tavolo.
Sbuffo e chiudo il libro. « Cosa vuoi da me? » sbotto.
« Sapere cosa ascolti? » ribatte, sarcastico.
« Dico sul serio. »
« Anche io. »
Sento le guance tingersi di rosso e prego chiunque che la poca illuminazione della sala giochi a io favore.
« Senti, io sto davvero bene qua, leggendo e ascoltando musica in silenzio, quindi ti prego, se proprio vuoi stare qui ad ammirarti i mignoli, taci. »
« Non è possibile » dice semplicemente.
« Cosa?! » chiedo, stufa di quel suo essere vago e sfilando le cuffiette dalle orecchie.
« Non puoi “ascoltare musica in silenzio”. O ascolti musica o stai in silenzio. »
« Wow, brillante » commento, riprendendo in mano il libro.
Scorpius non aggiunge altro e si allontana.
Spero vivamente che non riesca a sentire il mio sguardo su di sé.
 
 
 
Note sul capitolo:

Come ho scritto nel precedente capitolo, Jasmine non sarà più un personaggio comune, ho deciso di cancellare i progetti che avevo in mente perché diventava complicato inserirla.
Lei c'è ancora, ma assume un ruolo estremamente marginale e comparirà solo fra molto tempo.


Aaallora, ciao a tutti, come state?
Non ho molto da dire su questo capitolo, quindi lascio a chi vuole i commenti.
Lunedì parto in vacanza e sto via per due settimane, quindi ho pensato che postare questa settimana avrebbe evitato un ritardo immenso.
Grazie mille a cissy1303 che come sempre mi segue e mi fa sapere la sua, a chi ha messo la mia storia fra le seguite/preferite/ricordate e anche ai lettori silenziosi.
Mi raccomando, commentate!
A presto :)

 
  
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