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Autore: _crucio_swag_    21/08/2016    2 recensioni
Sesto anno ad Hogwarts. Draco si ritrova a dover ingannare Harry oltre ad uccidere Silente. Sembra facile ma un sentimento mai provato prima a cui neanche il re delle serpi sa dare un nome gli impedirà di portare a termine ciò che il Signore Oscuro gli ha ordinato. Riuscirà a cambiare la sua anima? Riuscirà a distinguere ciò che è giusto da cio che non lo è? Riuscirà a sciogliere il ghiaccio che avvolge i suoi occhi e il suo cuore?
Questa storia non sarà delle più felici ma vi posso assicurare che avrà un bel lietofine.
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Note dell'autrice: SONO TORNATA!!!

Vi prego di scusarmi per il ritardo nella pubblicazione del capitolo. Lo so che due settimane sono passate da un pezzo ma ho avuto parecchio da fare.
Esempio: i miei hanno avuto la genialata di mettersi a ridipingere tutto il piano di sopra della casa e ovviamente ho dovuto aiutarli, quindi mi sono rimasti veramente pochi momenti liberi in cui ho potuto continuare a scrivere la fanfiction.

Vi informo che in questo capitolo accadono più o meno le stesse cose che accadono in uno dei veri capitoli di Harry Potter e il Principe Mezzosangue ma ovviamente alcune cose, come avvenimenti o ambientazioni, saranno diverse dato che è inventata da me la storia e che, se scritta come quella reale, non avrebbe più un senso con tutto il resto.

Se avete voglia di lasciare una piccola recensione sarei felicissima, grazie.
Spero che il capitolo vi piaccia.






 

Capitolo 16

Sectumsempra



Harry camminava tranquillamente con le mani in tasca, la testa in alto e il passo sostenuto. Sembrava quasi volesse attirare l’attenzione comportandosi in quel modo, cosa piuttosto strana visto che il Grifondoro cercava sempre di fare il contrario. Ma la cosa in verità più strana non era quella, bensì il crudele ghigno che ormai da giorni aveva stampato sulle labbra e gli occhi freddi, accessi da una qualche nota di odio. Sinceramente, faceva quasi paura guardarlo in faccia. Non riuscivi più a riconoscere il vero Harry, sembrava una persona completamente diversa.
La maggior parte non aveva notato nulla di strano o cambiato in quel ragazzo, del resto faceva le stesse identiche cose e nello stesso identico modo di come faceva sempre, ma certamente il viso rigido e freddo di Harry non sfuggiva mai agli occhi attenti della sua amica: Hermione Granger.
Da circa un paio di giorni si chiedeva il perché di quei strani gesti da parte del suo migliore amico. Aveva anche provato a chiedere a Ron se Harry magari si era confidato a lui dicendoli se c’era qualcosa che non andava oppure se trovava il moro strano in un qualsiasi modo.
Ma quello si era limitato ad un: “No, non c’è nulla che non va, perché? Harry è sempre il solito”
Però lei era praticamente certa che era successo qualcosa e che quel qualcosa certamente non era positivo.
Lanciò uno sguardo al ragazzo moro davanti a lei e accelerò il passo, dato che Harry sembrava non avere intenzione di aspettare ne lei ne Ron. Appena varcarono le porte della Sala Grande lo vide chiaramente rallentare e puntare gli occhi verso il tavolo di Serpeverde percorrendolo con lo sguardo da cima a fondo come se stesse cercando qualcosa, o forse qualcuno. Lo vide scrutare attentamente il centro della tavolata dove sedevano Theodore, Pansy, le gemelle Grengrass, Zabini e altri, poi immobilizzare gli occhi su un posto a sedere vuoto in mezzo al gruppo di ragazzi. Infine lo vide distogliere lo sguardo e ghignare soddisfatto prima di accelerare di nuovo e dirigersi verso i Grifondoro scesi per il pranzo.
Hermione era quasi certa di sapere qual’era la persona che due secondi prima cercava Harry, eppure non riuscì a spiegarsi il motivo di quella strana felicità mista a cattiveria che si era dipinta sul suo volto quando non aveva trovato un certo ragazzo seduto al suo solito posto. Era forse in qualche modo felice di non vederlo? Avevano litigato di nuovo…?
I suoi ragionamenti però vennero interrotti quando sia Ron che Harry cambiarono bruscamente direzione. Ne capì subito il motivo.
Harry gettò le braccia al collo ad una ragazza dagli occhi e dai capelli scuri, che si trovava più o meno al centro della Sala, e Ron subito dietro. “Katie ciao! E’ bello rivederti!” esclamo il moro.
E il rosso subito dietro “Katie, come stai?”
“Sto benissimo ragazzi ma vi prego fate piano. Mi state stritolando!” disse la ragazza mentre sorrideva felice.
I due ragazzi allentarono la presa “Scusaci” mormorarono lievemente imbarazzati.
Katie sporse la testa oltre la spalla di Ron e si aprì in un sorriso ancora più ampio “Ciao Hermione, mi sei mancata un sacco!”
Questa volta fu il turno della Granger di abbracciarla “Anche tu Katie! Scusa se te lo chiedo di nuovo ma: com’è andata, ora stai bene?”
“Certamente! Sono uscita dal San Mungo lunedì, ho passato un paio di giorni a casa con mamma e papà e sono tornata stamattina. Tu come te la sei passata invece Herm?”
“A me è toccato, come sempre, stare tutto il giorno con questi due noiosi e lagnosi ragazzi!” esclamò per poi tirare una simpatica gomitata sui fianchi di Ron e di Harry che ridacchiarono divertiti.
Il moro fece un passo verso la ragazza dai capelli scuri e abbasso la voce. “Senti… la collana… adesso ti ricordi chi te l’ha data?”
Katie Bell sospirò dispiaciuta e scosse la testa. “Mi dispiace Harry ma no. Non ne ho idea. Me lo chiedono tutti ma l’ultima cosa che ricordo è che sono entrata nel bagno delle donne ai Tre Manici Di Scopa”
“Allora sei davvero entrata in bagno come si dice in giro?” chiese Hermione.
“Beh sì, sono sicura di aver aperto la porta quindi immagino che chiunque mi abbia scagliato la maledizione fosse lì dietro. Poi la mia memoria è un deserto fino a due settimane fa al San Mungo”
Harry la guardò incuriosita. “E poi? Non ricordi più nulla?”
“Io… vi giuro che sto cercando di ricordare ma…” si bloccò di colpo e smise di parlare.
“Ma?” chiese Ron, impaziente.
Katie non rispose, aveva lo sguardo fisso in un punto dietro le spalle dei tre ragazzi e il suo viso era arricciato in una smorfia di confusione e concentrazione come se si stesse sforzando di ricordare qualcosa.
Harry si voltò nella direzione in cui la ragazza stava guardando ritrovandosi a pochi metri da un esile figura che se ne stava ferma immobile nello spazio al limitare tra la Sala Grande e il corridoio oltre il portone.
Quello che Potter era sicuro essere un ragazzo Serpeverde, anche fin troppo conosciuto, deglutì e abbassò lo sguardo, infine indietreggiò di alcuni passi per poi scomparire dietro l’angolo con la sua chioma di capelli biondo platino.
Un ghigno si formò sulla bocca del moro involontariamente. “Scusate, devo andare!” disse, per poi farsi largo tra la folla di ragazzini che intralciavano la strada e uscire dalla Sala Grande.
 
 
 
Draco cercava di muovere le gambe il più velocemente possibile provando ad ignorare il dolore delle numerose lesioni che riportava su tutto il corpo, molte delle quali provocate da Harry pochi giorni prima.
Sentì arrivare il suono di una voce alle sue spalle “Toglietevi! Lasciatemi passare!” subito seguita da dei lamenti infastiditi del tipo “Ehi attento!” oppure “Guarda dove metti i piedi!”
E fu subito sicuro di sapere a chi appartenesse.
I battiti del suo cuore aumentarono brutalmente, come il suo passo, e dovette sbottonare il primo bottone del colletto della camicia per diminuire, almeno lievemente, la sensazione di soffocamento che lo stava invadendo.
Dato che dall’agitazione aveva momentaneamente perso il senso dell’orientamento si buttò sulla prima porta che gli capitò a tiro sperando di poter entrare e, per sua fortuna, la trovò aperta. Varcò la soglia e entrò in un bagno, poi se la richiuse alle spalle con un tonfo sperando che nessuno lo avesse sentito o visto. Lanciò un incantesimo insonorizzante alle pareti e percorse a grandi passi il corridoio principale del bagno per poi fermarsi davanti ad un lavandino sormontato da un specchio, con il cuore che rimbombava pericolosamente nel cervello e il respiro più affannato che mai. Cominciò a sentire caldo, tanto caldo, quindi si tolse il maglione grigio che aveva sopra la camicia e lo buttò a terra malamente, senza curarsi del fatto che ora si era sporcato. Dato che i battiti del suo cuore non si decidevano a rallentare prese un paio di respiri profondi poi, cautamente, aprì il rubinetto e si sciacquò il viso.
Senza riuscire a controllarsi scoppiò in singhiozzi strozzati cercando comunque di reprimere le lacrime. Se avesse cominciato a piangere già da subito poi come avrebbe fatto a continuare la giornata?
Ma non ci fu bisogno di fare più di tanti sforzi. Neanche lui seppe spiegare il perché ma nessuna lacrima scivolo fuori dalle sue iridi arrossate.
Sarebbe stato più sicuro se avesse visto le lacrime cadere e picchiettare leggere sopra la superficie del sudicio lavandino ma niente, loro non c’erano.
Si passo una mano sudaticcia sulla fronte, per levare via i capelli che si erano incollati ad essa, e sospirò.
Non ne poteva più.
La causa di tutto il male era sempre lui, solo e solamente lui.
Non ce la faceva più a vedere le persone soffrire inutilmente per causa sua.
Non ce la faceva più a fingere di star bene quado invece moriva dentro.
Non ce la faceva più a sopportare le delusioni che seguivano un tentativo fallito per compiere la missione che gli era stata affidata.
Non ce la faceva più e basta…
Alzò lo sguardo sullo specchio davanti a lui e vide cos’era diventato.
Vide il suo viso e il male impregnato in esso.
Vide le sue orecchie con cui aveva imparato ad udire solamente concetti sbagliati.
Vide la sua bocca con cui era stato solo capace di offendere.
Vide i suoi occhi che utilizzava per lanciare sguardi di disprezzo.
Vide le sue mani che erano brave solo a ferire.
E d’improvviso non udì più i battiti del suo cuore che prima gli rimbombavano in testa.
Perché il suo cuore non aveva più bisogno di esistere, lui non sapeva amare e non avrebbe mai imparato a farlo.
E allora vide anche l’anima che era in lui riempire lo spazio lasciato dal suo cuore inesistente.
La sua era un anima vuota.
Vuota come il suo cuore, che non sapeva amare.
E avrebbe voluto scoppiare a piangere in quel momento.
E lasciarsi andare, liberarsi… come aveva fatto quella volta con Harry.
Ma non poteva. Più che altro non ci riusciva.
E ora capiva il perché.
Se si concentrava poteva quasi sentire le lacrime cadere, non fuori, ma dentro di lui.
Cadere dentro alla sua anima vuota e sbatterci contro.
E ad ogni lacrima non versata quel che rimaneva del suo cuore si logorava sempre più. Distruggendolo.
Alzò lo sguardo sullo specchio davanti a lui e vide cos’era diventato.
Draco Malfoy non c’era più, al suo posto giaceva un mostro.
Un mostro senza cuore e dall’anima vuota.
 
 
 
Stupidi ragazzini! Sempre in mezzo alle palle quando hai fretta!” si ritrovò a pensare Harry mentre, finalmente, riusciva a superare anche l’ultimo gruppetto di Corvonero del primo anno che gli intralciavano la strada e svoltava l’angolo per raggiungere il ragazzo biondo che stava rincorrendo.
Non ne era proprio sicuro, ma gli parve di vedere una porta sulla destra, prima semi-aperta, chiudersi del tutto.
Si bloccò e rallentò il passo cercando di fare meno rumore possibile poi, una volta giunto davanti alla porta del bagno dei maschi del primo piano, accosto l’orecchio cercando di captare un qualsiasi rumore.
Non sentiva nulla.
Allora, cautamente, posò una mano sul pomello della porta e l’aprì di alcuni centimetri. Giusto lo spazio per riuscire a spiare dentro.
Draco Malfoy gli dava le spalle, entrambe le mani erano aggrappate saldamente ai lati del lavandino e aveva la testa biondo platino piegata in avanti. Tremava terribilmente e le sue spalle erano scosse da brividi a intervalli irregolari. Stava… singhiozzando. Eppure Harry non vide e non sentì alcuna lacrima cadere dagli occhi del Serpeverde.
Entrò nel bagno del tutto e si richiuse la porta alle spalle, Draco non parve accorgersi di nulla. Forse era troppo immerso nei suoi pensieri o troppo triste per connettersi al mondo reale.
“Malfoy…” sussurrò il moro in tono sprezzante e con un ghigno cattivo stampato in volto. Di nuovo non si rendeva conto di quanto il Serpeverde stesse male. Era completamente accecato dall’odio verso di lui.
Appena il biondo notò il riflesso di Harry sullo specchio di fronte a lui sussultò e girò di scatto la testa verso l’altro ragazzo rischiando di farsi seriamente male al collo. Mugugnò qualche verso di dolore prima di puntare i suoi occhi di ghiaccio dritti in quelli verde foresta di Harry e, quando vi lesse l’odio intriso in essi, un ondata di panico lo assalì di colpo. Sentì come una scarica di dolore attraversare tutti i grandi e piccoli tagli che il moro gli aveva volontariamente lasciato sulla schiena e sul collo e i ricordi di ciò che era successo l’ultima volta che lo aveva incontrato lo travolsero in pieno. Aveva paura, tanta, troppa paura di Harry.
Come se i suoi peggiori incubi si fossero avverati il Grifondoro cominciò ad avanzare verso di lui percorrendo con lo sguardo ogni centimetro del suo corpo, sembrava quasi volesse mangiarselo. “Allora… ci rivediamo” sibilò.
Draco indietreggiò di un passo ma fu costretto a fermarsi quando sentì il bordo del lavandino premergli sul fondo schiena. Era praticamente in trappola. “Potter, non avvicinarti!” disse cercando di avere un tono più intimidatorio possibile.
“Io faccio quello che voglio” rispose Harry calmo, in un modo quasi inquietante. “Soprattutto con te, tanto sei mio”
Ed ecco che il Grifondoro ricominciava a comportarsi come l’altra volta.
Ovviamente continuò anche ad avanzare. Piano, un passo dopo l’altro, lentamente. Voleva godersi appieno la paura che leggeva sul volto del Serpeverde ogni volta che si avvicinava un po’ di più. Dopotutto non era forse quella la possibilità perfetta per vendicarsi con lui una volta per tutte?
Draco deglutì rumorosamente. Se in quel momento il moro non l’aveva ancora attaccato forse l’unico motivo era perché gli stava tenendo testa con lo sguardo. Infatti, da quando si era accorto che non era da solo in quel bagno non aveva osato staccare gli occhi da quelli pieni di odio dell’altro ragazzo.
Ma quello continuava comunque ad avanzare.
Un nodo si formò nella gola del biondo tanto che cominciò a fare seriamente fatica a respirare. “Pensa, pensa, pensa, fai qualcosa… Insomma Draco! Non puoi startene qui impalato ad aspettare che ti uccida!” continuava a ripetersi in testa. Doveva agire e anche in fretta perché ormai l’altro ragazzo era a pochi metri da lui.
Spremette le meningi cercando di ignorare il panico che aumentava e, per fortuna, la sua testa cominciò a funzionare…
La bacchetta, poteva usare la bacchetta. In quel momento ce l’aveva comoda comoda nascosta nella manica destra della camicia, possibile che non gli fosse venuto in mente prima?
Si, però tutte le volte che negli anni precedenti lui e Harry si erano sfidati a duello aveva sempre vinto quest’ultimo.
Aveva anche un'altra arma: la forza.
Ma era piuttosto ovvio che anche su questo lato avrebbe vinto sempre il Grifondoro.
Già faticava a uscire sano da una rissa con lui (nella realtà), figuriamoci ora che era magro e debole.
Quindi…
Magia contro magia avrebbe vinto Potter.
Forza contro forza lo stesso.
L’unico modo era usare la magia contro la forza, forse così avrebbe vinto lui.
Doveva rubargli la bacchetta, non c’era altro modo.
Ma come fare?
Percorse con lo sguardo il corpo di Harry e alla fine la vide. Vide il manico della bacchetta che spuntava dalla tasca dei pantaloni.
Si accorse troppo tardi che, siccome aveva staccato gli occhi dai suoi, quello aveva accelerato il passo e fra meno di due secondi gli sarebbe stato addosso. Era come immobilizzato al suo posto e non riuscì a muovere in tempo la mano per recuperare la bacchetta.
Non poté fare a meno di serrare gli occhi per la paura quando una mano lo afferrò per il colletto per poi sbatterlo contro il muro. Trattenne il fiato cercando di non farsi sfuggire gemiti di dolore, che lo avrebbero solo fatto apparire più vulnerabile agli occhi dell’altro ragazzo, e aspettando che un pugno, un calcio o un morso arrivassero. Ma invece non fu così. Il Grifondoro parlò soltanto. “Sei stato tu a lanciare la maledizione Imperius e a dare la collana a Katie, vero? Ti conviene rispondermi sinceramente!”
Il biondo sollevò cautamente le palpebre ritrovandosi il viso di Harry a pochi centimetri dal suo. C’era ancora quello strano ghigno che gli aveva visto stampato in faccia l’ultima volta ma assieme c’era anche una smorfia mista tra confusione e stupore, come se stesse cercando di capire ciò che lui stesso stava facendo.
“Si… sono stato io” sussurrò dopo aver constatato che gli conveniva non mentire.
“Molto bene. Ci scommettevo. Chi altro poteva essere stato se non tu? Tu centri sempre” sibilò il moro in tono cattivo ma comunque allentando un po’ la presa sul colletto del biondo.
Draco sospirò, calmandosi un pochino, ma non avrebbe dovuto farlo: quel gesto basto per far agitare di nuovo il Grifondoro che, dopo aver contratto paurosamente i muscoli delle braccia, con una mano ancora sul colletto della camicia del biondo, lo sbatté nuovamente contro il muro con doppia forza di prima.
Il Serpeverde colpì la parete con la testa e la sua vista si oscurò per un attimo. Quando tornò a vedere, almeno parzialmente, Harry stava caricando un sinistro da sferrargli dritto dritto nel naso. A quel punto non pensò, agì e basta.
Praticamente un millesimo di secondo prima che il moro gli sfracellasse il viso allungò una mano e la poggiò delicatamente sulla guancia del Grifondoro che, non si sa perché, si fermò di colpo. Il pugno ancora alzato, a pochi centimetri dal naso di Draco, e la stessa espressione misto tra odio e confusione di prima.
Continua a ripetere che io appartengo a lui? Beh…allora lo accontenterò. Sarò suo!” pensò il biondo prima di avvicinarsi cautamente al corpo del ragazzo di fronte a lui e sussurrargli al orecchio, suadente “Harry, guardami. Sono qui, tutto per te, sono… tuo”. Poi gli prese la testa tra le mani e senza pensarci lo baciò.
Harry spalancò gli occhi quando sentì le calde, umide labbra di Draco sulle sue e si dimenticò completamente di odiarlo. Si dimenticò di tutto e di tutti, in quel momento decise che poteva anche dare un po’ di tregua al ragazzo biondo di fianco a lui, avrebbe avuto comunque altro tempo in futuro per fargliela pagare.
Il Serpeverde sentì improvvisamente un peso sullo stomaco e le gambe tremendamente molli quando il Grifondoro cominciò a ricambiare il bacio. Non voleva ammetterlo nemmeno a se stesso ma quelle braccia calde, quei capelli neri arruffati e quelle labbra rosee gli erano mancate così tanto che quasi non si rendeva conto di stare correndo un pericolo tremendo standogli affianco. Anche se in quel momento Harry sembrava essersi tranquillizzato sapeva per certo che quell’odio che gli leggeva negli occhi ogni qualvolta lo guardava, certamente non era scomparso.
Possibile che uno come Potter gli facesse perdere la testa in quel modo? Cercò di non perdere del tutto la lucidità e di approfittare di quel momento di quiete per pensare ad un modo di rubargli la bacchetta. Purtroppo non gli venne in mente altro che un idea più che imbarazzante, ma era forse l’unico modo per farlo affinché non si accorgesse del suo vero intento.
Prese un respiro profondo e dopo essersi assicurato che la bacchetta fosse ancora nella tasca dei pantaloni di Harry spostò una mano di lui, che in quel momento gli cingeva il fianco, più in basso. Sul suo fondoschiena per l’esattezza. In modo da distrarlo più che poteva.
Quando il moro sentì che la SUA mano era posata sul CULO di Draco si irrigidì al istante. Non ne era completamente certo ma non ricordava di averla spostata lì, forse l’aveva fatto inconsapevolmente. Comunque si riscosse in fretta e riprese a baciare il ragazzo biondo davanti a lui con sta volta una mano sul suo sedere.
Non seppe spiegare il perché ma il Serpeverde sentì l’adrenalina salire a mille soprattutto quando ebbe il coraggio di sussurrare “Si Potter, sono completamente tuo”
Ora che Harry era più che distratto poteva mettere in atto il piano che la sua astuzia da Serpeverde gli aveva aiutato a realizzare. Però c’era un piccolo problemino, il suo viso era praticamente appiccicato a quello del moro e questo gli impediva di guardare in giù per localizzare l’esatta posizione della bacchetta, così fu costretto ad andare a intuito e a casaccio.
Fece scivolare la mano verso il basso percorrendo tutto il fianco del Grifondoro e poi beh… poi fu costretto a tastare tutt’intorno a “quella zona” nella speranza di riuscire a trovare ciò che cercava. Si rese conto di aver… come dire: toccato-dove-non-doveva quando sentì il respiro di Harry mozzarsi e il suo battito accelerare talmente tanto da giungere chiaro fino alle sue orecchie.
Ritirò subito la mano e nel farlo sfiorò il manico della bacchetta che stava cercando. Senza volerlo sorrise maligno e per camuffare quel gesto si affrettò ad avvicinare nuovamente il viso a quello dell’altro ragazzo che nel frattempo, abbastanza sconvolto per dove il Serpeverde aveva toccato, si era staccato da lui. Lentamente, con un tocco praticamente impercettibile, sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni di Harry e prima che l’altro potesse rendersene conto gliela puntò dritta sullo stomaco, costringendolo ad indietreggiare.
Dapprima Harry rimase sorpreso e forse ci rimase anche un po’ male per il semplice fatto che per un momento aveva pensato di piacere veramente a Draco, ma poi si riscosse. Alzò le mani in alto, come in segno di resa, ma ghignò comunque. “Wow, ti credevo più stupido Malfoy” sibilò.
“Stupido diventerai tu se non te ne vai subito da qui!” esclamò l’altro avanzando di un passo e costringendo il Grifondoro a indietreggiare di un altro.
“Calmati furetto, non vorrai mica svenire per lo sforzo”
Draco strinse la presa sulla bacchetta talmente tanto da farla piegare. “E’ meglio per te se taci Potter!”
“Se no che fai? Mi baci?”. Il suo ghigno si trasformò per un momento in una smorfia imbarazzata quando si rese conto di ciò che aveva detto, ma tornò com’era inizialmente poco dopo.
Il biondo invece ci mise un po’ di più a riprendersi. “Se non l’hai ancora capito, San Potter, io ho fatto quella cosa per rubarti la bacchetta. E a quanto pare ci sei cascato in pieno”
Harry ridacchiò sarcastico. “Sinceramente penso che la bacchetta che volevi rubarmi fosse un’altra, o sbaglio?”
Il Serpeverde arrossì violentemente. “Vai fuori di qui!” urlò poi con una vocetta quasi isterica. Cominciò ad avanzare con la bacchetta alla mano sempre puntata sullo stomaco dell’altro ragazzo – che era costretto ad assecondarlo se non voleva finire stecchito sul pavimento – finché quest'ultimo colpì la porta del bagno con la schiena ed entrambi furono costretti a fermarsi.
“Potter, ora girati lentamente, aprì la porta ed esci. Chiaro? Altrimenti, sono piuttosto bravo con la Cruciatus e non penso tu ci tenga tanto a provarla” disse il biondo con voce ferma e autoritaria.
Harry però rimase dov’era. “Non credi sia un po’ sleale così Malfoy? Voglio dire, tu hai entrambe le bacchette io invece non ho niente” disse mentre portava entrambe le mani dietro la schiena e, cercando di non fare rumore, cominciava a svitare lentamente il pomello della porta.
“Tranquillo Potty. Tu te ne vai subito e io non ti faccio nulla, se è questo che ti preoccupa”
“Pensavo foste più leali voi di Serpeverde. Ah no aspetta… tu sei un Mangiamorte. La lealtà non esiste per quelli come te” sibilò il moro tentando di distrarre Malfoy e prendere tempo. Cominciava finalmente a sentire la maniglia di ferro allentarsi.
“Non cambiare argomento. Ti conviene andartene, adesso!” esclamò quello stringendo i pugni e conficcandosi le unghie sui palmi delle mani, rischiando seriamente di perdere la pazienza. “Ti do tre secondi”
“Tre…”
Harry mosse le mani dietro la schiena più velocemente che poteva, certo non era facile svitare un pomello senza muovere le braccia e senza guardare ciò che si stava facendo.
“…Due…”
Ormai dovevano mancare solamente un paio di giri perché si staccasse definitivamente.
“Ti do l’ultima possibilità Sfregiato. Uno…”
Il Grifondoro mandò tutto al diavolo e si girò di scatto verso la porta dando uno strattone alla (piuttosto pesante) maniglia in ferro fino a staccarla definitivamente dal suo supporto. Portò il braccio sinistro dietro alla testa e, pure senza curarsi di prendere la mira, lanciò il pomello dritto sulla traiettoria del viso di Malfoy.
Nello stesso identico istante, il biondo, che era rimasto prontamente allerta, pronunciò uno “Stupeficium!” ma fu costretto a spostarsi di lato per non prendere il pezzo di ferro dritto in faccia e di conseguenza l’incantesimo sbagliò traiettoria colpendo il legno della porta vicino al fianco di Harry, al posto di Harry stesso e lasciando un grosso buco nero e fumante su di essa.
Draco sentì un improvviso calore diffondersi sulla sua guancia destra e quando ritrasse la mano, dopo essersela sfiorata, se la ritrovò gocciolante di sangue: la maniglia doveva averlo colpito di striscio.
Non fece in tempo a pensare al dolore perché un fracasso alle sue spalle lo fece voltare. Vide il pomello di ferro rimbalzare sul lavandino per poi colpire in pieno il rubinetto che saltò all’indietro frantumando lo specchio che andò in mille pezzi. I frammenti di vetro si sparsero sul pavimento con un suono quasi sferragliante mentre una cascata d’acqua scaturiva dal posto in cui, una volta, c’era stato il rubinetto. Il bagno cominciò ad allagarsi velocemente.
“Cazzo! Harry!” si ritrovò a pensare il biondo che si era pietrificato a fissare il casino davanti a lui e si era completamente dimenticato del ragazzo, o forse doveva dire assassino, alle sue spalle. Per la seconda volta in quella giornata si girò troppo in fretta e rischiò di farsi seriamente male al collo ma non più di quanto in quel momento si sentisse la guancia che era stata colpita gonfia e dolorante.
“E poi dici che lo Sfregiato sono io” sibilò il Grifondoro per poi lanciarsi improvvisamente sul Serpeverde con l’espressione più infuriata che mai.
Quello fece appena in tempo a scattare all’indietro e a correre via prima che il moro lo travolgesse, ma ci rimise comunque una ciocca di capelli platinati che, purtroppo, rimasero incastrati nella mano chiusa a pugno dell’altro ragazzo dopo che aveva tentato nuovamente di acchiapparlo per il colletto. Prese a correre il più velocemente possibile e in pochi passi l’avrebbe anche seminato se non fosse stato per il fatto che, da completo deficiente, si era dimenticato del pavimento parzialmente allagato. Non fece nemmeno in tempo a pensare a una qualche imprecazione contro se stesso che da un secondo – quello in cui aveva entrambi i piedi poggiati a terra, su una pozza bagnata – all’altro – quello in cui cadde a gambe all’aria – si ritrovò a sbattere dolorosamente il fondo schiena sulle piastrelle in mattoni della stanza. Entrambe le bacchette, la sua e quella di Potter, che reggeva ancora strette nella mano, volarono via atterrando al centro perfetto della distanza che separava i due ragazzi.
Entrambi si tuffarono contemporaneamente sulle rispettive bacchette e entrambi fecero in tempo ad afferrarne solo una, senza impedire all’altro di recuperare la propria.
A quel punto, presi dal panico, lanciarono il primo incantesimo che gli passò per la testa.
L’espressione “Contro i nemici”, che Harry aveva letto sul libro del Principe Mezzosangue, attraversò improvvisamente la sua mente, ricordandogli la formula dell’incantesimo scritto affianco ad essa.
“Cru…!” urlò Draco balzando in piedi e agitando furiosamente la bacchetta, completamente bagnato dall’acqua che allagava il pavimento.
Ma il moro fu più veloce. “Sectumsempra!” gli urlò sopra e un getto violaceo colpì in pieno il biondo.
Il sangue sprizzò dal suo viso e dal suo petto mentre si accasciava a terra con un tonfo sordo. Il suo corpo rimase immobile per alcuni secondi poi cominciò a muoversi a scatti, scosso da brividi continui. Come quando stacchi la coda ad una lucertola e quella continua a saltellare di qua e di là nonostante il suo proprietario sia altrove.
Potter lo guardava, pietrificato, e ci mise del tempo ad accorgersi di avere ancora il braccio teso davanti a se e la bacchetta saldamente chiusa attorno alle dita. Con un sussulto ritrasse di scatto la mano, come se l’oggetto magico fosse incandescente, e lo lascio cadere e rotolare per terra. “Che cosa ho fatto?” si chiese.
Poi non fu in grado di far altro che cadere in ginocchio di fianco al corpo di Draco e rimanere immobile a guardarlo. Mentre macchie rosso scuro si espandevano sulla sua camicia prima bianco candido e una alone scarlatto si formava tutt’attorno a lui mischiandosi con l’acqua che allagava il terreno sotto alla sua schiena. Lo vide strizzare gli occhi per resistere al dolore mentre il suo corpo tremava terribilmente. Lo vedeva soffrire eppure non poteva fare nulla per aiutarlo, solo guardare la sua vita scivolare via lentamente, secondo per secondo che passava.
Si chino un po’ in avanti, magari per scusarsi, o dire qualcosa, ma gli uscì solo uno strozzato e appena udibile “No… io non…”
Le lacrime cominciarono a scorrergli copiose sulle guance, cadendo a terra in piccoli ticchetti, come pioggia leggera.
 
Possibile che stesse succedendo davvero?
Draco stava soffrendo per colpa sua, per non dire morendo.
I ricordi di ciò che gli aveva fatto, di come lo aveva trattato, si materializzarono più vividi che mai nella sua mente e solo in quel momento si rese conto di come l’aveva trattato, di quanto male aveva inflitto a quel ragazzo che non gli aveva fatto nulla.
Si, certo: l’aveva tradito. Ma l’aveva fatto solo perché l’alternativa a quello era la sua morte. E, quasi dimenticava: se Draco aveva disobbedito alla missione probabilmente sua madre era morta.
Il Serpeverde aveva preferito la morte di sua madre alla sua, pur sapendo che poi non sarebbe più stato trattato come prima, e lui come ricambiava il favore? Picchiandolo, distruggendolo a morsi, distruggendo tutto quello che si era creato tra loro e distruggendo il ragazzo stesso.
Talmente accecato dall’odio da non rendersi conto delle sue azioni.
E poi, perché aveva fatto tutto questo?
Perché è molto più facile odiarlo che amarlo” si rispose da solo “Perché se ami una persona, perderla fa male. Se la odi, non fa male più di tanto. Perché io ho paura di perdere Draco
E ora lo perdeva veramente.
E tutto perché non aveva voluto affrontare i fatti come stavano realmente.
Perché non si era reso conto che Draco era solamente una pedina nelle mani del Signore Oscuro.
Forse da fuori non sembrava, ma Harry aveva paura del dolore.
Si, aveva vissuto con esso per praticamente tutta la vita ma certamente ciò non gli aveva tolto questa paura di torno. Aveva solo aumentato il suo coraggio, niente di più.
E’ per questo che aveva scelto la PAURA al posto del DOLORE, quest’ultimo l’avrebbe solo distrutto.
Ma alla fine la paura l’aveva distrutto ugualmente, anche se in un modo diverso.
Il mostro non era il ragazzo biondo che, ora, giaceva immobile davanti ad Harry.
No, il vero mostro era lui.
 
Allungo una mano verso quella di Draco, stesa inerme lungo il fianco, e la strinse. Per fargli sentire che lui era lì, che lo perdonava, che si rendeva conto di come l’aveva trattato e si scusava giurando che non avrebbe mai più fatto lo stesso sbaglio. Forse non c’era neanche pericolo che lo rifacesse: a giudicare dalla freddezza del palmo del biondo era già morto, o almeno svenuto in una maniera tale da non accorgersi di nulla.
La vista di Harry cominciò ad annebbiarsi a causa delle lacrime che si incastravano sulle ciglia e sulle lenti degli occhiali mentre stringeva ancor di più la piccola mano dell’altro ragazzo, come se l’unica cosa che potesse ancora tenerlo in vita fosse quel contatto.
Quasi non si accorse che due persone si erano precipitate dentro al bagno, attirate dal fracasso. Infatti, dopo che il moro aveva praticamente staccato la porta dai cardini per togliere la maniglia, l’incantesimo insonorizzante lanciato da Draco era automaticamente svanito. Chiunque poteva aver sentito il baccano che avevano fatto.
Una voce lenta, bassa e strascicata gli giunse a mala pena alle orecchie, attraversando i pesanti battiti del suo cuore che gli rimbombavano nel cervello. “Signorina Granger, veda di togliere di torno il suo amichetto o altrimenti ci penserò io e la perdita di un arto non varrà come scusa”
A quel punto la visuale di Harry venne coperta da una chioma di capelli castani e delle mani si poggiarono sulle sue spalle cominciando a scrollarlo leggermente. Vide il viso di Hermione davanti al suo, la sua bocca muoversi come se stesse cercando di dirgli qualcosa, ma non sentì nulla.
La ragazza lo scosse ancora, preoccupatissima. Continuando a muovere le labbra senza far uscire alcun suono, o almeno questa era l’impressione di Harry.
Hermione cambiò metodo e dopo avergli girato attorno gli circondò il petto con le braccia e cercò di tirarlo verso l’uscita ma Potter non ne voleva sapere di muoversi, la sua mano era ancora saldamente aggrappata a quella di Malfoy, quasi sembravano fuse assieme.
Finalmente, dopo più di 5 minuti che la ragazza cercava di smuoverlo in un qualsiasi modo, il moro sentì la sua voce, anche se ovattata. “Harry! Harry ti prego alzati! Dobbiamo andare!”
“No…” gli rispose quello in un sussurro appena udibile.
“No cosa? Per favore, dobbiamo andarcene da qui! Alzati, fallo per me!” esclamò l’altra esasperata.
“No, io resto. Devo rimanere qui, per lui” disse senza muovere un muscolo e con lo sguardo ancora costantemente fisso sulle loro mani intrecciate.
“Harry…” sussurrò Hermione con voce strozzata “Credimi… non c’è più niente da fare… per lui”
Fu a quel punto che il Grifondoro si abbandonò a lui stesso, come una grande bambola di pezza, smettendo di opporre resistenza e lasciandosi trascinare fuori dalla stanza dalla riccia. Sentì le sue dita scivolare via lentamente da quelle di Draco poi, un momento prima di distogliere gli occhi, le vide contrarsi e chiudersi a pugno, come se cercassero ancora un contatto. Ma forse fu solo una sua impressione perché, quando ci ritornò sopra con lo sguardo, quelle erano tornate senza vita e abbandonate mollemente vicino al fianco del biondo.
Vide Piton accovacciarsi vicino al Serpeverde e lo sentì pronunciare una specie di cantilena in una lingua sconosciuta passando la bacchetta sopra alle ferite del ragazzo. Le macchie di sangue che ricoprivano la camicia cominciarono a restringersi su se stesse sparendo completamente.
Non fece in tempo a vedere altro perché venne trascinato di peso fuori dal bagno – Hermione, essendo nettamente più piccola di Harry e non particolarmente forte, non poté fare in altro modo – e portato fino ad un angolino in cui due pareti del corridoio del primo piano si incrociavano.
La ragazza lo poggiò con la schiena contro il muro il più delicatamente possibile. Delicatezza che non rispettò quando, dopo essersi inginocchiata affianco a lui, gli rivolse un occhiataccia e strillò con la sua vocetta isterica da so-tutto-io “Harry James Potter, cosa hai fatto!?”
Quello si raggomitolò su se stesso, nell’angolino, senza curarsi del fatto di essere bagnato e coperto dal sangue di Draco. Le braccia strette attorno alle ginocchia e la testa china in avanti “Io l’ho ucciso…” sussurrò.
Hermione si rese conto di essere stata un po’ troppo brusca, allora cercò di essere più gentile. Gli poggiò una mano sul braccio e disse “Chi hai ucciso? Chi era quel ragazzo steso a terra?” Non aveva saputo identificarlo dato che il suo viso era completamente sfigurato e coperto di sangue.
Harry non rispose, si limitò ad alzare lo sguardo e a puntarlo sulla sua migliore amica.
“Dimmi che non è chi penso io” sussurrò lei sgranando leggermente gli occhi al ricordo della cravatta di Serpeverde che portava il ragazzo martoriato.
Di nuovo il suo amico non gli rispose. Annuì impercettibilmente però. Dopodiché ritornò con la testa tra le ginocchia, singhiozzando.
“Harry, lui cosa ti ha fatto di male per meritarsi questo?”
“E’ questo il punto… Niente, non mi ha fatto niente” rispose il moro.
Poi cominciò ad ondeggiare avanti e indietro, come fanno i bambini quando la mamma gli sgrida, e a mormorare sconvolto e continuamente la stessa identica frase: “Io l’ho ucciso…”
Hermione gli si sedette accanto e di nuovo si pentì per ciò che aveva fatto. Avrebbe dovuto fermare il suo amico quando ancora era in tempo ma invece non l’aveva fatto e molto probabilmente uno dei due ci aveva rimesso la vita. Aveva capito subito che qualcosa sarebbe andato storto quando Harry aveva visto Malfoy sulla soglia della Sala Grande e gli era subito corso dietro. E’ vero anche che aveva provato a inseguire il Grifondoro a sua volta ma non era stata capace di rimanere al suo passo. Lei, piccola com’era, non sarebbe mai riuscita ad attraversare i gruppi di ragazzi che intralciavano la strada come aveva fatto il suo amico e nemmeno si sarebbe permessa di spingerli nello stesso modo per farla passare. Quindi era arrivata contemporaneamente a Piton, che probabilmente passava lì per caso, magari di ritorno dai sotterranei, quando era già troppo tardi e la catastrofe era già avvenuta.
Decise comunque di provare a calmare il moro e di dargli qualche speranza. “Hey Harry… l’hai visto il professor Piton vero?”
Il ragazzo si bloccò un attimo e annuì.
“Ci sono buone possibilità che riesca a salvarlo sai, è un bravo professore. Sicuramente saprà come rimarginare le sue ferite”
Il Grifondoro smise di ondeggiare avanti e indietro ma tenne costantemente lo sguardo basso, puntato sulle sue ginocchia raccolte al petto.
Hermione tirò fuori la bacchetta di Harry, che aveva recuperato dal pavimento un attimo prima di uscire dal bagno, e gliela posò a fianco.
"Grazie" disse quello.
"Di nulla" rispose lei. "Però, vorrei farti un'unica domanda Harry… perché l’hai fatto?” Ed ecco che per l’ennesima volta non riusciva a tenere ferma la sua curiosità e peggiorava soltanto le cose.
Il ragazzo alzò nuovamente lo sguardo su di lei. “Quello che meritava di morire ero io, non lui. Quindi uccidimi, se vuoi… Faresti solo un piacere a tutti se mi eliminassi dalla faccia della terra. Mi chiedi perché l’ho fatto, Hermione?...”
Fece una pausa, il viso bagnato dalle lacrime.
“Perché sono un mostro”
 
Anche se Draco fosse sopravvissuto le sue ferite non si sarebbero mai rimarginate del tutto.
Perché le sue vere “ferite”, quelle sepolte dentro di lui, erano troppo profonde per essere rimarginate.
Aveva scelto di salvare Harry al posto di sua madre. Per un'unica volta nella sua vita aveva seguito il suo istinto oltre che il suo cuore, smettendo di eseguire gli ordini degli altri.
Ma forse sarebbe stato meglio continuare a vivere comandato da quelli che avevano potere su di lui.
Anche se quella non si poteva chiamare “VITA”



 
   
 
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