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Autore: LanceTheWolf    22/08/2016    1 recensioni
Korra è tornata a combattere sul fronte del Regno della Terra, con lei alcuni dei compagni di sempre. Una figura sconosciuta è stata in grado di mettere sotto il suo controllo alcuni dei vecchi nemici del passato e questo comporta la necessità di schierare in battaglia vecchi e nuovi amici. A Città della Repubblica continuano le selezioni per i nuovi Furetti di Fuoco.
Genere: Azione, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Iroh, Korra, Lin Beifong, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avatar: Storia dell’erede perduto'
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Cap. XIII: La Tribù del Freddo
Prima parte



Kariq riposava e Ainik lo guardava dormire. Era mattina presto e non aveva né la voglia né il coraggio di svegliarlo dopo la notte appena passata. Sapeva che sarebbe dovuto partire quel giorno e come ogni volta che in quei mesi era successo il cuore le faceva male: ogni volta temeva che non l’avrebbe più rivisto, ma quel ragazzo dell’acqua tornava sempre come aveva promesso e piano, le sembrava, quel dolore si faceva sempre più leggero e la paura che l’uomo che amava non tornasse da lei non si basava più sull’insicurezza del loro legame, ma sulla possibilità che il suo soldatino potesse perdere la vita al seguito del Custode dell’Equilibrio. Da quando lo aveva conosciuto il freddo sembrava essersi affievolito in lei e, quando le era vicino, sembrava sparire del tutto.
Ma com’era andata?
La sciamana aveva detto che il piccolo che portava in grembo era un dominatore del fuoco, proprio come la metà del sangue di quel ragazzo silenzioso.
Era una continuità?
Si lo era. E come tale era un maschietto caparbio e forte, desideroso di vedere la luce. Avrebbe dovuto aspettare ancora qualche mese, ma stava andando tutto bene e quel ragazzo, a cui si era goffamente affidata nel primo giorno che le era stato portato, era forse più entusiasta di lei per l’arrivo di quel piccino.
Sembrava impossibile, ma era così: i serpenti di fiume che erano destinati a sparire con l’avvento del nuovo freddo, stavano invece crescendo proprio sull’appropinquarsi del nuovo inverno. E lei… lei ne era rigogliosa!
Lo vide schiudere gli occhi. Adorava i suoi occhi, non ne aveva mai visti di simili e, benché cosciente che la sua vita fosse sempre stata isolata dal resto del mondo, qualcosa le diceva che erano unici e solo per lei.
-Sei bellissima! - le giunse la voce assonnata del suo uomo insieme a una leggera carezza.
Respirò a pieni polmoni quasi il suo sguardo e la sua voce fossero per lei essenziali come l’aria per vivere.
Lo faceva sempre: diceva cose apparentemente prive di senso, in momenti tanto contrastanti con quelle parole, che non potevano non toccarle il cuore.
Si piegò a baciarlo.
-Si dice buongiorno, tesoro. - Gli disse.
Lui sorridendole allora… -Buongiorno tesoro, lo sai che sei bellissima? - Una breve pausa, mentre lo sguardo si faceva più attento. –Va bene così? - Il tono era morbido e dolce.
-Sì, sì. Direi che può andare. – Gli rispose, prima di posargli un nuovo bacio sulle labbra.
Addormentato era un incanto, ma sveglio… beh, sveglio diventava improvvisamente talmente reale in quel letto, come mai lo avrebbe anche solo sperato qualche mese prima, da farla sentire più viva che mai.
Kariq se la tirò su di sé abbracciandola teneramente, accarezzandola quasi fosse delicata come un cristallo, mentre ricambiava quel nuovo bacio.
Poi, come ogni volta che sapeva di dover partire, scostandosi da lei, si perdeva a osservarla, quasi a studiarne il viso… ogni singolo lineamento. Le aveva detto che era molto, molto, importante per lui; che aveva bisogno di imprimersi la sua dolcezza nella mente, perché così, qualunque cosa orribile avrebbe visto, i suoi occhi gentili l’avrebbero resa insignificante.
Ainik si domandava se fosse vero, ma lo trovava talmente romantico che lo lasciava fare e, a dirla tutta, l’idea di sentirsi tanto necessaria al suo uomo le carezzava l’anima.
Si era perso tante cose belle, le aveva detto, che non voleva perderne altre, neanche per un secondo. E lei, ovviamente, a ogni sua parola si scioglieva neanche fosse ghiaccio vicino al fuoco.
-Siete svegli voi due? – Le arrivò la voce di Tani, mentre entrava nella loro stanza, come suo solito, senza bussare.
Vide il suo amore allargare un sorriso divertito, prima di voltarsi verso la porta.
–Ehi, mai che vi trovo vestiti, ma insomma? – Protestava ancora la sua amica.
-E tu mai che avvisi prima di entrare. - Le rispose divertito Kariq, coprendosi a malapena, più per far cosa gradita alla sua sorella di nido che per reale pudore.
Tani sbuffò, sedendosi pesantemente sul letto accanto a loro. –La colazione è pronta, ma… sicuro che devi partire? Insomma ci sono quelle cose che, avevi detto, mi avresti dato una mano a riparare. -
-Sicuro. Ma le ripareremo insieme quando sarò di ritorno. - Le disse lui, posandole una mano, con fare gentile, tra i capelli e accennando ad alzarsi.
-Ogni volta ho paura che non torni. - Continuò Tani rattristandosi.
-E, ogni volta, ti prometto che tornerò e non ho mai mancato alla parola data, o sbaglio? - Ribatté lui, portandosi seduto, tenendo la fanciulla d’oro sulle gambe quasi fosse una bambina.
Ainik adorava quando lo faceva, era una sciocchezza, ma… la faceva sentire così sua, soprattutto davanti alle sue sorelle.
Sì, doveva ammettere a se stessa che il fatto d’essere anche loro piene di lui, irrazionalmente la ingelosiva, non una gelosia cattiva, no… ma… lei sapeva di essere tra loro l’unica veramente importante per il suo cuore e che, dopo quella lontana notte, aveva avuto sempre e solo lei… come era cosciente di essere stata lei a spingerlo tra le braccia delle sue tre sorelle nella speranza di avere tutte un futuro, ma lo amava troppo per essere razionale. E forse proprio per questo le piaceva talmente quando rimarcava il suo possesso su di lei, tanto da sentirsene orgogliosa e vincente. Vincente, senza aver partecipato a nessuna gara, a nessuna competizione, ma così si sentiva: vincente. Inebriata dalla sensazione di essere prima tra tutte. La prima nel suo cuore.
Kariq la strinse tra le braccia, mentre lei posava silenziosa contro il suo petto. Adorava il contrasto della loro pelle, così diversa, ma proprio per questo così invitante.
-Vero. - Rispose Tani, ritrovando il sorriso e alzandosi per spostarsi con una corsetta verso il corridoio.
Oltre lei, Tani era l’unica a star realmente bene. Questo pensiero la incupì al punto di sentirsi di dover cercare conforto stringendosi maggiormente al compagno.
Lui l’accarezzò, probabilmente ignaro dei suoi pensieri, ma sempre pieno di premure verso lei.
Le sue sorelle erano già piene quando incontrarono Kariq, ricordò la ragazza. La sciamana diede loro un modo per poter concepire comunque, malgrado la situazione già avviata, e la cosa andiede a compimento proprio come speravano, ma… a dire dell’anziana lince, il piccolo che Tani portava in se era sparito a vantaggio della nuova creatura che aveva preso a vivere. Una femminuccia sana e una tenace continuità, proprio come quel fratellino che costudiva in sé, Ainik.
Per Tanaka e Kota invece non era stato così semplice: da poco più di un mese erano cominciati i dolori. La sciamana aveva detto che purtroppo era prevedibile, piccole e deboli com’erano, ma che non avrebbe permesso accadesse loro nulla. Lo stesso non poteva però promettere per i loro piccoli. Tanaka poi… ricordava quel giorno che la trovò inginocchiata in terra che fissava con incredula disperazione le sue mani e le sue vesti insanguinate. Kariq era con lei e fu rapido nel portarla a letto e usare il suo dominio per aiutarla, mentre Tani correva a chiamare la vecchia Hula. Fu una fortuna, disse la saggia lince, che l’uomo si trovasse da loro. Tanaka aveva perso uno dei due piccoli che aspettava, confermarono le levatrici e curatrici del nord chiamate appositamente dalla loro anziana. Le dissero che anche l’altro piccino era a rischio ed era un miracolo che fosse ancora in vita: la sua sacca amniotica era danneggiata e se voleva avere qualche speranza che quel bimbo vedesse la luce, doveva rimanere più immobile possibile. Lei era fuori pericolo per il momento, ma non potevano dire con certezza che non si sarebbe verificato nuovamente, anzi, era più probabile il contrario. La sciamana e le curatrici consigliarono di terminare quella gravidanza sofferente, tanto per Tanaka, quanto per quel piccino, ma il serpente d’argento non volle sentire ragioni. Chiese in lacrime di aiutarla, dicendo che, se avessero badato a lei, anche i serpenti di terra avrebbero avuto la loro continuità. Poco valsero le parole di Hula nello spiegare alla ragazza che finalmente era tutto diverso, che avrebbe trovato un'altra acqua forte in grado di dare giusta completezza al suo spirito…parole al vento, Tanaka la guardava con una freddezza che non era propria alla sua natura, e Ainik per prima le disse che ci sarebbe stata, a costo di cambiarle gli abiti come a una bambola e accudirla come una bambina. Così ci si comporta tra sorelle, disse la più grande di quel nido… sorelle che si sono scelte come tali e come tali dividono lo stesso destino da sempre. Ci vollero giorni prima che la ragazza d’argento tornasse a sorridere.
Ma… anche la giovane Kota aveva dolori. Quanto successo a Tanaka diede la possibilità di intervenire per tempo, prima che tutto degenerasse, ma anche per lei, se voleva portare avanti la vita di quei due piccini, valeva la regola di stare quanto più calma e immobile poteva. Per la prima volta da quando la conosceva, Kota divenne tanto ubbidiente nel seguire quanto detto, seppure contro la sua vivace natura, che dimostrò immediatamente quanto davvero tenesse a quelle creature.
Erano stanche, tutte loro, di vedere, ogni frutto del loro ventre, perire prima o dopo. Ma quei due piccoli… il più debole, disse la prima tra le levatrici che la regina aveva mandato al loro villaggio, stava pesando anche sulla salute dell’altro. Inutile dire che neanche per Kota valsero ragioni, seppur logiche, per terminare volontariamente anche una sola delle vite che portava in corpo. Come poteva scegliere chi salvare e chi no?
Folle?
Forse, ma anche lei avrebbe fatto lo stesso. Rifletteva convinta Ainik.
Era stato già terribile anche solo pensare di freddare i loro corpi per ricevere la possibilità di continuare a mantenere il loro riflesso… per continuare a vivere, ma… ora che li sentivano muoversi in loro, come potevano?
Kariq, ovviamente, era preoccupato per quei piccoli esserini proprio come lei. Per quelli che erano i suoi figli, al di là del come e del perché. Le aveva rivelato d’essere sempre stato convinto che avrebbe finito la sua vita in solitudine, brindando, magari con qualche vecchio compagno sopravvissuto, alla nascita del figlio di qualcun altro e invece… proprio lui sarebbe diventato papà. Era strano, le aveva detto, non si era mai neanche posto questa eventualità in passato. La cosa lo confondeva e lo eccitava al tempo stesso, ma ne era certo: era felice. Era davvero felice!
Kariq si sollevò, tenendola tra le braccia. –Andrà tutto bene. - Disse, quasi a leggerle nel pensiero.
Ainik ritrovò il sorriso, mentre questi cominciava a muoversi verso l’uscio.
-Ehi, non vorrai andare a mangiare così? - Lo riproverò.
Le sorrise divertito: -No, ma voglio anche tenerti in braccio. -
Ainik mise su un finto broncio. –Vestiti! Non esiste che ti vedano così… non che non ti abbiano già abbondantemente visto, data la tua assoluta mancanza di pudore, ma… -
Il suo rimbrotto venne troncato da quel bacio inaspettato, dolce… sempre così deliziosamente dolce…
-Qualunque cosa tu voglia. - Le disse, liberandola dalle sue labbra, quasi fosse un sussurro. –Promettimi solo di non scappare da me, mai. -
-Mai. – Rispose teneramente, baciandolo a sua volta. Conferendo a quell’effusione talmente tanta passione affinché potesse diventare per il ragazzo quel faro che voleva e che gli rammentasse  sempre cosa lo attendeva di ritorno a casa. Per cosa valeva la pena tornare, per cosa valeva la pena non morire, non lasciarsi andare… Mai.

 

Kariq si stava portando al punto di raccolta. Era pensieroso mentre si muoveva per il villaggio dell’Ovest. Erano successe molte cose e, grazie agli spiriti, non tutte negative, anzi…
Com’era andata? Come mai lui si trovava in quel villaggio?
Semplice, lo aveva promesso ed essendo un uomo di parola aveva fatto il possibile per mantenere quanto detto.
“Era un venerdì sera…” Si scoprì a pensare. “Eravamo nuovamente stanziati a Ba Sing Se, come era da sempre. Era quello il luogo che l’avatar aveva scelto per i suoi gruppi speciali. Proprio dove serviva maggiormente: nel Regno della Terra. Mi stavo preparando lo zaino con le quattro cianfrusaglie che ho la pessima abitudine di portarmi sempre dietro e quella bambola dalle vesti tipiche della Tribù dell’Acqua del Nord. Fissai quel giocattolo sorridendo, domandandomi che faccia avrebbe fatto la mia nipotina nel vederla. Era una settimana che eravamo tornati a quelli che erano i nostri alloggi in quella città: quella camerata che si affacciava direttamente sul campo d’addestramento che i Dai Li non erano certo felici di condividere con noi. Ma anche loro, come il Regno della Terra, erano ancora allo sbando. Da polizia d’élite del regno più imponente del mondo erano diventati i galoppini prima di Long Feng, poi addirittura della principessa Azula, abbandonando ogni fedeltà al Regno. In tempi più recenti riacquistarono faticosamente prestigio tornando a servire la corona, diventando a tutti gli effetti la polizia segreta della monarchia sotto la regina Hou-Ting, ma… la regina morì. Soffocata da Zaheer del Loto Rosso. Nuovamente si trovarono in balia degli eventi. Per lungo tempo non si sentì parlare di loro, ma dopo il Congresso delle Nazioni avvenuto qualche anno prima, furono richiamati a servire il futuro Re Wu. Anche quel frangente però fu di breve durata: l’unificatrice deposte pubblicamente il principe e anche il loro esistere sembrò traballare. Fu solo dopo l’intervento dell’Avatar Korra nella sconfitta di Kuvira e del suo esercito e la decisione del principe Wu di istituire la Repubblica che, per volere dell’Avatar, vennero nuovamente assegnati a quello che era stato deciso per loro da sempre. Tornarono così a essere l’élite della sicurezza della città e per ovvie ragioni: la megalopoli era lo specchio del caos che colpiva il loro regno e serviva il pugno duro per far sentire i cittadini al sicuro malgrado tutto, e loro erano la figura inquietante che serviva. Strano, ma vero. Seppure più volte e in più vite avevano tradito l’Avatar, ora proprio l’Avatar necessitava di loro e… anche loro. Avevano così l’opportunità di redimere il proprio nome. Accettarono ovviamente, che sia stato per non rinunciare ai privilegi accumulati negli anni o per reale desiderio di dare nuovo lustro alle loro opere questo non posso saperlo, ma so che, in un qual mondo, si sentivano osservati da noi... Dagli uomini dell’Avatar di cui sapevano davvero poco, ma con cui dividevano quelli che erano stati i loro alloggi esclusivi e il loro campo di addestramento. E non sbagliavano, non del tutto almeno… noi eravamo lì per assicurare all’Avatar non solo un rapido intervento dove necessitava, ma anche per infondere nei Dai Li il giusto timore che li guidasse nella direzione giusta. Il fatto che alcune zone poi fossero del tutto escluse loro non faceva che dar alito ai loro sospetti. Quei sospetti che l’Avatar sperava di creare per tenerli in riga come detto. Ma… poco mi importava in quel momento. Desideravo solo tornare a Città della Repubblica, da quella ragazzina che mi voleva bene solo perché ero suo zio e a cui non interessava sapere nulla di me oltre questo. Sebbene quella città fosse il luogo dal quale eravamo giunti al Nord, era stato per tutti noi del gruppo Yangchen e del gruppo Roku solo un punto di passaggio, ma… quel fine settimana sarebbe stato finalmente il primo di una meritata vacanza dopo la missione appena terminata.
Riposi quella bambola nello zaino, con le dovute attenzioni che si devono al dono per una bambina, se bene lo zaino fosse troppo piccolo e il regalo troppo grande. Fu in quel momento che arrivò il comandante. Mi chiese di convocare Amaranto e Zoe per una missione speciale. Il mio fine settimana in famiglia doveva ancora attendere qualche ora a quanto sembrava, ma se l’Avatar necessitava di noi, era nostro dovere esserci, sempre e comunque.
Ci trovavamo al cospetto del dominatore della Lava e dell’Avatar Korra, quando il primo ci informò che i sovrani delle Tribù dell’acqua del Nord avevano richiesto la presenza di Opal Beifong come intermediario nei primi mesi di convivenza con il Popolo del Freddo e come voce presso il Custode dell’Equilibrio. Non era però un bene che l’errante dell’Aria si muovesse senza scorta alcuna per quei regni gelidi, così la nostra Avatar aveva deciso che le fossero affiancate due Guardie del corpo d’eccezione. Due dei membri migliori del suo esercito personale: i due dominatori dell’Aria del gruppo Yangchen. Ovviamente i ragazzi accettarono senza remora alcuna, affidandosi ciecamente alle parole del nostro comandante che li descriveva come i più adatti in caso di necessità a fronteggiare quel nuovo dominio così eccentrico e duttile. E… normalmente, anche per me non ci sarebbe stato alcun problema ad accettare quella decisione, se non avessi dato la mia parola alle fanciulle dell’albero di tornare da loro.
Ero in quella stanza solamente perché, come capitano del gruppo di cui i due dominatori richiesti facevano parte, dovevo esserne messo al corrente, eppure… per la prima volta nella mia vita mi sano sentito in disaccordo sulla scelta e in dovere d’obbiettare a quella decisione, ma… come? E… perché?
Era solo un sentimento e per nulla sorretto da valide argomentazioni, quindi la ragione subentrò suggerendomi di rimanere in silenzio, turbato, ma in silenzio.
La cosa sembro però passare inosservata dato che al termine dell’assegnazione, il comandante mi chiese di restare. Mi domandò cosa ci fosse che non andasse, e io chiesi a mia volta di poter parlare in maniera confidenziale e non ufficiale. Sia lui che l’Avatar acconsentirono e rivelai loro di desiderare di poter essere tra gli deputati per quell’incarico. Quando però me ne domandarono il motivo, mi trovai senza parole a sostegno della mia richiesta. Fu il comandante Bolin a rompere quel mio silenzio.
-È per le ragazze dell’albero, Kariq? - Mi chiese.
A quella domanda l’Avatar gli rivolse uno sguardo interrogativo.
Mi limitai ad annuire e la sua espressione si fece perplessa.
-Non capisco! Hula mi aveva assicurato che il loro influsso sarebbe cessato lontano dai loro occhi. - Continuò il comandante.
-Sono io a non capire, Bolin. – Intervenne la ragazza al suo fianco.
Mi sentii terribilmente in imbarazzo alle parole dell’Avatar.
-Da quel che ho avuto modo di apprendere, Korra, il Capitano del gruppo Yangchen si è affezionato molto alle quattro ragazze nel vecchio albero, te ne rammenti? Le fanciulle con i tatti da rettile. - Rincarò lui. –La sciamana mi aveva avvisato che per alcune persone trovarsi a fissare lungamente i loro occhi equivaleva a rimanerne ammaliati, ma la loro influenza perdura solo fin tanto vi si rimane accanto. Quindi non so come spiegarmelo. –
-Tengo realmente a loro, Avatar. Non si tratta di una malia. - Intervenni nel discorso. Entrambi si voltarono verso di me. Continuai: -Sono fanciulle adorabili. Non so come definirle diversamente. Sono fragili, eppure molto coraggiose. Sono gentili… - Ok, devo ammettere con me stesso di aver fatto un pessimo discorso d’inizio e i volti interdetti dei miei interlocutori mi davano chiara misura di quanto stessi blaterando a vanvera ai loro occhi.
Poi l’Avatar mi sorrise.
-Fammi capire Kariq, te ne senti responsabile? - Disse e… sì, aveva colto nel segno.
-Sono stato io a chiedere loro di fidarsi, mia signora, e lo hanno fatto, malgrado fossero creature delicate. Malgrado rischiassero molto hanno aperto la loro casa al freddo, pur di aiutarci nella nostra missione… - Ancora blateravo alla rinfusa, ma almeno avevo una direzione adesso e che sembrava sodisfare la Custode, come mi sembrava d’intuire dalla sua espressione improvvisamente molto compiaciuta alla mia bizzarra spiegazione.
Continuai: -Ho promesso loro che, appena ne avrei avuto possibilità, sarei tornato. -
Entrambi mi guardarono come se stessero valutando la cosa. Poi l’Avatar allargò un sorriso enorme verso il suo luogotenente.
-No, Korra. Non pensarci nemmeno. - Intervenne Bolin prima di lasciare che l’Avatar aprisse bocca. –L’aria è l’elemento che occorre in questa missione. Sebbene Kariq sia un’acqua estremamente potente, non è adatto a quanto ci siamo proposti. -
-Lo so. - Rispose la fanciulla. –Ma… Kariq potrebbe risolvermi un problema non indifferente e nel farlo porterebbe a compimento la parola data. Ma più che una missione ufficiale sarebbe una sorta di favore al suo Avatar. - Disse in fine lei, tornando a guardarmi gentile.
-Un favore, signora? -
Al mio domandare lei annuì silenziosa, per poi chiedere a sua volta, notando probabilmente il mio vestire in abiti civili e quel giocattolo da bambina che faceva capolino dal mio zaino. –Stai tornando dalla tua famiglia? -
Ancora mi trovai ad annuirle.
-Bene, salutami tuo fratello. E dì alla tua nipotina che accetto con piacere l’invito al suo compleanno come mi ha riferito il tuo comandante. - Rimasi un secondo meravigliato. Ma lei continuò: -E... sì! Bolin mi ha consegnato il suo bigliettino, se te lo stai domandando. Ma dalla tua faccia deduco che non riponevi troppe speranze in lui. - Sorrise divertita.
Ero davvero meravigliato. Devo ammettere di aver dubitato che il mio superiore prendesse anche solo in considerazione il desiderio di una bimba, ma avevo comunque consegnato lui quell’invito per l’Avatar. Bolin era parso divertito della cosa e non aveva dissentito alla mia richiesta di poterlo far pervenire alla maestra di tutti gli elementi, ma… era talmente inverosimile.
-Facciamo così Kariq. - Riprese lei. –Tu, recati dalla tua famiglia come avevi programmato e lasciami riflettere bene sulla questione insieme al comandante Bolin. Solo una cosa: divertiti. So quanto tieni alla tua nipotina e alla sua famiglia. Sono a conoscenza che tra te e tuo fratello ci sono dei dissapori, ma… sai che se non ti volesse bene e non ti desiderasse nella sua vita tu oggi non saresti qui con noi, vero? Non credo che avrete mai modo di vedere il mondo attraverso lo stesso sguardo, ma sono fermamente convinta che tu sia in grado di poter mandar giù più di un boccone amaro per il bene che provi per quella creatura che sicuramente non ha colpe… per la tua nipotina. Hai recitato la tua parte quante volte sotto il mio comando? Fatti un favore Kariq, per una volta, fallo ancora, ma per te stesso. So che può sembrare ipocrita, ma… sai meglio di me che tuo fratello non cederà mai nelle sue posizioni e non penso che tutto questo astio alle lunghe non arrivi anche alla più giovane dei tuoi parenti in vita. Se tuo fratello non è abbastanza forte da accettare realtà del mondo come quelle che viviamo noi tutti i giorni, forse, semplicemente tu, devi smettere di sventolargliele davanti alla faccia. Harlock non vuole che il suo mondo conosca altre brutture. Adesso che la sua vita sembra aver preso la giusta rotta non vuole ripiombare nell’oscurità del passato e… onestamente Kariq, per quanto anche io ritenga che sia sbagliato guardare il mondo con i paraocchi, non mi sento di dargli completamente torto. È il suo modo di difendere quanto ha di più caro: la sua famiglia. - Ricordo che terminò così il suo discorso.
L’Avatar diceva il vero e già molte volte mi ero fatto lo stesso discorso, ma quello che mi faceva male era sapere che la creatura orribile dalla quale mio fratello voleva difendere la sua famiglia in realtà fossi io.
Potevo capire quanto detto dalla mia signora. Potevo accettare di cercare un rapporto muovendomi a piccoli passi, ma avevo sempre così poco tempo a mia disposizione e Harlock era ogni volta così irritante… ogni volta al termine di una missione morivo dal desiderio di vedere quel viso così simile al mio, e ogni singola volta che scambiavamo anche solo due parole non vedevo l’ora di scappare via da lì per non cedere alla tentazione di spaccargli la faccia. Forse se avessi avuto più tempo per dosare ogni cosa… forse… ma non avevo tempo… non allora almeno.
Chissà, poi, come si erano conosciuti mio fratello e l’Avatar. Me lo chiedevo ogni volta e, ogni volta, non mi riusciva di domandarlo, né all’Avatar, né tanto meno a mio fratello.
Quella settimana, ricordo, passò tra i sorrisi di mia nipote e di mia cognata, intervallati dagli sguardi torvi di Harlock ogni qual volta accennavo anche solo per errore alla parola ‘dominio’ o al mio lavoro. E come suggerito dall’Avatar per una volta non colsi mai l’occasione per discutere con l’uomo così tanto simile a me d’aspetto, tanto era dissimile dal mio modo di ragionare.
Poi fu il turno di quell’invadente di Eizo, seduto sul letto della mia camera d’albergo. Appena uscito dalla doccia, me lo trovai lì con la sua aria canzonatoria, divertito dal fatto che in quell’albergo uno come lui poteva tranquillamente fare il bello e il cattivo tempo senza che nessuno se ne rendesse minimamente conto. Inutile rammentargli che era un albergo, appunto, e non una qualche struttura segreta in cui introdursi e che la gente comune non si aspetta certo che un arciere Yuyan tenti di entrargli in stanza. Nulla da fare, era divertito lo stesso… e infondo andava bene così, ricordo che pensai mentre ancora svestito mi asciugavo i capelli.
-Quindi ti ha mandato il comandante. - Costatai dopo il primo scambio di battute.
-Ah-ha! - rispose lui sdraiandosi, con il suo solito fare incurate, sul mio letto. Per poi continuare: -Ha detto di non tornare a Ba Sing Se. Che noi Yangchen cambiamo luogo di stazionamento. Così ha deciso l’Avatar. Il Loto Bianco sta allestendo quella che sarà la nostra base. Ha deciso che visti i nuovi sviluppi sia meglio che uno dei gruppi dei suoi uomini migliori sia sempre pronto ad intervenire negli spostamenti tramite il portale e certo non può mobilitare ogni volta la forza di polizia speciale della città. Equivarrebbe a sfornire Città della Repubblica di uno dei suoi strumenti migliori contro il crimine organizzato che imperversa in città. - Una pausa per prendere fiato. Per poi… -Certo che Città della Repubblica è proprio un brutto nome, non credi? -
Sorrisi a malapena. –Capisco. Quindi? -
-Quindi… ha detto che dovete finire di discutere di un favore… cose vostre. – Un alzata di spalle, per poi posare un bigliettino sul comodino, prima di scattare in piedi con un colpo di reni. –Ti lascio qui l’indirizzo, della nuova locazione. Non perderlo capitano, ok? -
Annuii in risposta. -Piuttosto… tua sorella? Strano che te ne vada in giro senza di lei. -
-Era qui, ma sentito lo scrociare dell’acqua nella doccia l’ho mandata via! Che ne sapevo su come saresti uscito da lì? -
-Bagnato. – Sorrisi, mentre lo vidi guardarmi torvo alla mia ironia.
-Ovviamente. - Disse divertito, prima di prendere la… finestra e andare. La finestra… ahhh! Per un arciere Yuyan le porte sono un optional!
Poi cosa avvenne?
Mi recai sul luogo in allestimento alla data e all’ora indicata. Anche gli altri del mio gruppo erano lì. La struttura che avrebbe ospitato noi e le nostre attrezzature era a poche centinaia di metri dal portale del Mondo degli Spiriti. Ufficialmente, ci disse l’Avatar Korra, avremmo risieduto lì per controllare attivamente quel passaggio, nella realtà dei fatti, le serviva che in caso di necessità fossimo pronti a recarci al di là di quella colonna di luce per accedere alle rispettive Tribù dell’Acqua del Nord e del Sud.
Terminata quella breve riunione chiese a me e Omari di restare un minuto. Entrambi, neanche a dirlo, acconsentimmo immediatamente a quella richiesta.
L’avatar si rivolse per primo all’uomo proveniente dalla sua stessa tribù: gli disse che sapeva di avergli chiesto molto in quegli anni e quanto la sua bambina gli mancasse. Era un elemento prezioso per il suo seguito, per tale motivo aveva immediatamente accettato la sua offerta di seguirla in passato, ma… si era spesso arrovellata i pensieri sul come concedergli più tempo con la sua famiglia, come riteneva fosse giusto e finalmente si era presentata l’occasione che cercava. Spostando il gruppo operativo Yangchen a Città della Repubblica, terminate le proprie mansioni sarebbe potuto andare a casa dalla sua bambina. Certo, un’ora di viaggio tra spiriti e ghiaccio non era cosa da poco, ma… era il massimo che poteva offrirgli al momento.
Il massimo… Omari era entusiasta della cosa e vantando una conoscenza con l’Avatar superiore a quella di ognuno di noi, di scatto la sollevò da terra di peso, abbracciandola e facendola ruotare con lui per la contentezza.
Korra non solo non obbiettò, ma dalla sua espressione mi sembrò felice per quel suo vecchio amico di famiglia, quanto lui stesso mostrava senza timore alcuno.
Risero per diversi minuti prima che il ragazzone del sud decidesse di mollare il suo Avatar al resto dei presenti, ovvero io, che non avevo ancora ben chiaro il motivo della mia presenza li se non la conoscenza ufficiale dell’operato dei miei superiori rispetto al gruppo che capitanavo, e il comandante Bolin.
Poi ecco arrivare la sua voce, appena qualche secondo dopo: -Riguardo a noi Kariq… -
Accennò lei, guardandomi fissamente. –Ricordi, capitano? Ti parlai di un favore. -
-Ricordo, mia signora. - Risposi.
-Bene. - Riprese. –Qui non solo gli uomini del fuoco del tuo gruppo sono più vicini alla loro Nazione e di conseguenza alle loro case, e lo stesso Omari grazie al portale, anche tu sei vicino alla tua famiglia. Sono convinta che potrai così approfittare del tuo tempo libero per riequilibrare il rapporto con i tuoi cari. Tuo fratello dovrà farsi una ragione, presto o tardi, del fatto che se lavori per l’Avatar sei un uomo dell’Equilibrio e della Giustizia e finirà di associarti esclusivamente ai tristi ricordi del vostro passato e al dolore che vi è stato consumato attorno. - Una pausa, mentre tornava a guardare un secondo Omari, prima di riprendere: -Non negherò a nessuno dei due che il vero motivo della mia decisione di spostare qui il vostro gruppo siete proprio voi. Molti possono non credermi, ma tengo estremamente a ognuno dei miei uomini. A ognuna delle persone che ha messo la sua vita e il suo destino nelle mie mani senza paura, senza ripensamenti. Ogni volta che scendo in battaglia al vostro fianco, so che darete il massimo, che farete l’impossibile per aiutarmi nella mia missione e io non voglio e non posso essere da meno. Vi devo ogni successo ottenuto insieme, vi devo troppo, per non darvene merito. -
Ero in silenzio e anche l’uomo al mio fianco sebbene il sorriso sul suo viso mi dava a intendere che la sua conoscenza della ragazza gli dava una certezza in quelle parole che, al contrario di quanto stava accadendo a me, non ne veniva stupito, ma emozionato.
Ma… come potevo io non meravigliarmi? L’Avatar, la persona più importante al mondo, aveva per noi così tante premure da non potermi sembrar vero.
-Ma Kariq, sono costretta a chiederti quella cortesia che ti ho finora solo accennato. Da qui avrai la possibilità di far visita alle fanciulle del Popolo del freddo come hai promesso loro, anche tutti i giorni volendo. Come per Omari, anche per te vige la regola che terminate le vostre mansioni giornaliere potrete gestire il tempo libero come volete e avrete, per mia intercessione e per il ruolo che ho disposto per il vostro gruppo qui a Città della Repubblica, libero accesso al portale. Solo… vedi Kariq… - Il suo tono si era fatto apprensivo. –I sovrani del Nord mi hanno imposto solo due guardie del corpo per la giovane Beifong. Ma è inutile dire che non sono tranquilla per la sua incolumità, viste le probabili opposizioni che potrebbe scatenare nel consiglio degli anziani come ambasciatrice. La regina non vuole più di due uomini al seguito di Opal, come ho detto, ma tu saresti lì per tuo conto. Capisci cosa intendo? Potresti farlo per me? Potresti essere il mio terzo sguardo in quel regno, pronto a intervenire se ce ne fosse necessità? Ovviamente non ti chiedo di sacrificare il tuo tempo libero, ma solo di tenere gli occhi aperti, solo questo. Se accetterai sarai chiaramente retribuito come preferisci. Chiedimi pure ciò che desideri e, nel limite delle mie potenzialità, ti do la mia parola che esaudirò quanto mi chiederai. -
La Signora degli Elementi era talmente preoccupata, mentre io ero semplicemente incredulo a quanto sentivo. Come poteva solo pensare che potessi rifiutarmi di assecondare quella richiesta, a conti fatti, insignificante rispetto a tutti i vantaggi che stavo già ottenendo da quella situazione?
-Voi non mi dovete nulla, Avatar Korra. - Le dissi. –Sono io quello che continuerà a esservi debitore in eterno. - Ok, forse colto di sorpresa ho un animo un po’ melodrammatico, ma… lo pensavo realmente e lo penso tuttora.
-Bene, allora non mi rimane che ringraziarti, ma sappi che provvederò comunque a trovare il sistema di sdebitarmi, Kariq. Per il momento, se non c’è altro, penso che possiate andare. - Terminò, tornando a sorriderci.
Bolin era ancora lì, alle sue spalle silenzioso: ci guardava con un mezzo sorriso sulle labbra, ma non fiatava, non diceva nemmeno una parola.
Un cenno del capo e stavamo per andare quando: -Ah, Kariq. Scusami, a che ora c’è la festa della piccola Katya oggi? -
Si era ricordata: l’Avatar si era ricordata della mia nipotina.
Quando ero diventato tanto fortunato da aver incrociato il mio cammino con il suo?
Non potevo crederci. Non posso crederci…”
Kariq bloccò il suo pensare trovandosi al limitare di quel bosco.
-Eccoti capitano. - Gli arrivò la voce di Omari… “Il quarto occhio” Pensò divertito conscio degli eventi che avevano portato nuovamente in quel regno anche l’altro dominatore dell’acqua del gruppo di cui era a capo.
Gli sorrise, scorrendo poi con lo sguardo alla ricerca del plotone del Nord; ed eccolo apparire alla sua vista lì, poco distante, in perfetto assetto da marcia. E al loro fianco il generale di tutti gli eserciti di quella terra e le sue ancelle.
Ghignò divertito, scuotendo il capo e volgendosi nuovamente al compagno di battaglia, con tono spavaldo: -L’avventura sta finalmente per ricominciare, vecchio mio! -
 
   
 
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