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Autore: BibyD95    26/08/2016    1 recensioni
"Lucy? Vieni Lucy, seguimi..."
Davanti a lei la bambina sorrideva. I capelli castano chiaro cadevano in morbidi boccoli sul corpetto rosso.
Lucy fece un passo avanti e lei le tese la mano. 
"Vieni con me..."
"Chi sei?"
La bambina si girò e iniziò a correre. 
La seguì mentre la nebbia densa si trasformava in una strada e intorno a loro si innalzavano ricchi palazzi signorili....
“...c'è una storia che devi sapere...”
 
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cristina Calfucci, Federico Auditore, Lucy Stillman, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAP 4 - UN MORTO NELLA CANTINA DI UNA NOBILDONNA

 

Vegliarono il ragazzo per tutta la notte,  fino alle prime luci dell’alba, quando la febbre finalmente scese. Tuttavia Federico continuò a rimanere incosciente, come anche il giorno dopo e quello successivo.
Tutto adesso era più semplice perché Antonio, il padre di Cristina, si era trasferito a Bologna proprio la sera dell’esecuzione. 
Succedeva spesso che andasse lì per affari. Qualche volta Cristina era anche andata con lui,  ma stavolta non si sarebbe trattato di un viaggio di qualche settimana: Antonio voleva portare via la figlia dalla città per evitarle altri dispiaceri ed aiutarla a dimenticare tutto quello che era successo. 

Era partito dicendo alle due donne di raggiungerlo appena fossero state pronte: avrebbe poi mandato dei servi a sistemare la casa in un secondo momento.
In casa Vespucci c’erano quindi solo loro tre e per il momento erano al sicuro.
Nessuno sarebbe venuto a cercare un morto nella cantina di una nobildonna.
Cristina non aveva idea di cosa avrebbe fatto quando lui si fosse svegliato, tuttavia non si allontanò quasi mai dal suo capezzale, alternandosi con Matilde.
 
Federico strizzò leggermente le palpebre, poi lentamente le alzò. Sopra di lui c’era un soffitto di mattoni rossi a volta.
Era in un letto. 

Sospirò: che sogno strano aveva fatto. 
Lentamente si mise a sedere e si passò una mano sugli occhi, massaggiandosi il naso.  
Si guardò intorno: adesso riusciva a distinguere meglio ciò che lo circondava.
Sgranò gli occhi, iniziando a girare la testa a destra e a sinistra. 
Non era in camera sua: era in una cantina. 
La porta si aprì e lui si voltò di scatto.                                                        
- Federico! - Cristina corse ad inginocchiarsi accanto al letto. 
Il ragazzo continuava a guardarla come un animale braccato,  respirando velocemente,  quasi a fatica. 
- Federico calmati! Calmati! - disse mettendogli le mani sulle spalle. 
Lui continuava a guardarsi intorno frenetico - Federico,  mi riconosci?! - disse alzando inconsciamente la voce e mettendogli una mano delicata sulla guancia per costringerlo a guardarla. 
Due occhi resi scuri dalla penombra della piccola cantina si fissarono in quelli chiari della ragazza. 
Rimase a guardarla per qualche secondo, come a ripescare nella memoria un ricordo lontano.                                                
-…Cristina?- la sua voce era poco più che un sussurro.

Lei tirò un sospiro di sollievo. Annuì e si lasciò scappare un mezzo sorriso - …bentornato nel mondo dei vivi…- disse facendo scivolare le mani a stringere quelle gelide del ragazzo. 
Federico sembrò calmarsi un’pò. -…Cosa è successo?...Come…sono arrivato qui?- chiese respirando però ancora profondamente.

- Sei svenuto sotto la mia finestra…- iniziò Cristina - …avevi la febbre ed eri ferito…sono quasi quattro giorni che dormi…- spiegò. 
Lui annuì.
- Mio padre? - chiese. 
Cristina prese fiato ma le mancarono le parole.
-…Federico io….-
Il ragazzo la guardò stranito per qualche secondo, poi ebbe un lampo di consapevolezza e chiuse gli occhi
 -…non era un sogno…-
- Mi dispiace tanto…- Cristina gli prese la mano -…non ho idea di come, ma tu sei ancora qui… grazie al cielo…- concluse.
Il ragazzo non disse nulla, forse non comprendendo appieno la situazione.  -…Mia madre…Ezio e Claudia? - chiese dopo un silenzio che a Cristina parve un’eternità. 
Doveva aspettarsi quella domanda
- Io…non lo so…-
Erano cinque giorni che non usciva di casa - Però,  adesso che ti sei svegliato…posso andare a cercarli…- la sua voce cercava di essere rassicurante e speranzosa.
Lui non rispose, girò la testa ed annuì, perdendo il suo sguardo nel vuoto. 
- Mi dispiace tanto Federico…davvero,  non sai quanto…- fece piano senza staccare gli occhi dal volto del ragazzo. 
Federico annuì ancora. 
- …Adesso ti faccio portare qualcosa da mangiare…-
Non ricevette risposta.

Si sedette sul letto e gli posò una mano sulla spalla. 
Stavolta il ragazzo la guardò: uno sguardo triste, ma non disperato come lei immaginava.
 -Li troveremo vedrai… ne sono sicura…-
Quelle parole erano la speranza di entrambi infondo.
Gli strinse le spalle, per poi alzarsi ed uscire dalla stanza, lasciandolo solo.
 
Dopo aver avvertito Matilde del risveglio del ragazzo,  Cristina prese il mantello ed uscì di casa.
Avrebbe rivoltato anche l’intera città se necessario, pur di trovare gli Auditore superstiti.
 
 
Cristina si chiuse alle spalle il grande portone di Casa Vespucci: erano quasi due giorni che frugava ogni angolo della città.
Niente. 
Nemmeno una traccia, o qualcuno che sapesse qualcosa. 
Maria,  Ezio e Claudia sembravano essersi dissolti al freddo di quei primi giorni dell’anno.
Ormai era inutile continuare a cercare: due giorni dopo sarebbe arrivato il carro che le avrebbe portate a Bologna e lei non poteva più rimandare la partenza.
Ripose il mantello e scese direttamente in cantina. 
Sulle scale incrociò Matilde che risaliva - Non ha mangiato nulla nemmeno oggi... - disse preoccupata -… io non so che cosa fare -
Cristina fece un sospiro e scese.
Nei due giorni successivi al suo risveglio,  Federico non aveva quasi toccato cibo.
Ora, comprendendo anche il tempo trascorso in prigione, e quello passato dormendo, il suo digiuno doveva protrarsi da almeno cinque giorni.
La febbre lo aveva indebolito, come anche la perdita di sangue per la ferita al braccio: se continuava di questo passo metteva in serio pericolo la sua vita,  che già una volta era stata graziata.
 
Cristina entrò nella stanza e si sedette accanto al letto.
Federico le dava le spalle e sembrava dormire, ma il respiro veloce tradiva il fatto che fosse sveglio.
 - Nessuno sa niente, è come se fossero spariti nel nulla… -
Rimase qualche secondo in attesa della sua risposta che non arrivò.
- Non hai toccato cibo…se continui così…Federico guardami…- disse piano.
Lui non si voltò. Cristina allora si alzò e girò attorno al letto per guardarlo in faccia.

Aveva gli occhi bassi e le lacrime gli rigavano le guance.
-Non ho saputo proteggerli…io…io non ci sono riuscito…-
La sua voce era spezzata.
La ragazza si inginocchiò e lui alzò gli occhi umidi: alla luce della candela Cristina si accorse per la prima volta che Federico aveva gli occhi verdi. Un verde scuro e intenso, che si schiariva leggermente ai contorni.
Senza pensare lo strinse a sé mentre lui iniziava a singhiozzare violentemente.
- Io volevo…dovevo fare qualcosa. Li dovevo fermare, Cristina! Lo avevo promesso a mio padre…dovevo proteggerli, ma non ci sono riuscito…Appena sono entrato in casa loro…Io…io sono svenuto e non… Oh Cristina ti giuro che volevo fare qualcosa…volevo proteggerli…ma non ce l’ho fatta…non ci sono riuscito…-
Lei continuò a stringerlo e lasciò che si sfogasse.
Sapeva che era il minimo dopo quello che gli era successo.
-Non è stata colpa tua…non avresti potuto fare nulla - per lei quelle non erano parole di circostanza -  E’ stato qualcosa più grande di te, di noi…non lo potevamo evitare… e purtroppo non possiamo cambiarlo. Quello che conta ora è che tu stia bene…-
Lui sembrò calmarsi pur continuando a respirare pesantemente.
- Però adesso qui non sei al sicuro. Domani mattina io e la mia governante partiamo per Bologna: vieni con me. Lì non correrai rischi. Almeno finché le acque non si saranno calmate…-
- Ma Cristina…io devo trovarli…devo proteggerli…-
Cristina lo guardò negli occhi.
- Ti prometto, ti giuro che farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti a ritrovare la tua famiglia. Ma non puoi restare qui, né tantomeno muoverti da solo. Sarebbe troppo pericoloso! A Bologna avresti tutto il tempo di rimetterti e organizzare le ricerche...-
Lui scosse la testa poi tornò a guardarla: sapeva che aveva ragione.
Era consapevole che nella sua attuale condizione l’unica cosa sensata da fare era scappare. Se voleva ritrovare la sua famiglia doveva per prima cosa restare vivo e per farlo doveva allontanarsi il più in fretta possibile da Firenze: al resto avrebbe pensato poi.
Prese un respiro profondo
Poi annuì.
 
- Perché lo stai facendo Cristina? -
Lei era già sulla soglia e si voltò
- Per quanto ne sai, potrei essere davvero un traditore…perché mi stai aiutando?-
Cristina sorrise - Perché ti conosco e so che non lo sei…e poi sei mio amico...-
L’ombra di un vago sorriso guizzò sul volto ancora spaventosamente pallido di Federico.
- …adesso ti prego, mangia qualcosa e riposati: domattina si parte presto…- disse lei per poi voltarsi e iniziare a salire le scale.
- …Grazie…- la voce di lui la raggiunse quando era già a metà della rampa e non poteva più vederla.
 
Arrivata alla porta che immetteva nel corridoio, Cristina si sedette sugli ultimi gradini.
 
“Perché mi stai aiutando?”
 
Nonostante ciò che aveva detto, sapeva che non era solo per pura amicizia.
Per quanto non volesse ammetterlo, la sua motivazione era tremendamente egoista: se Federico ritrovava la sua famiglia lei ritrovava Ezio.
Nascose il volto tra le mani e prese un respiro profondo.
L’amore rende folli.
Quanto era vero.
Era solo per amore di Ezio che stava aiutando suo fratello. Solo per la speranza di poterlo rivedere avrebbe fatto uscire dalla città un condannato a morte, col rischio di essere scoperta.
Sentiva che per lui avrebbe davvero fatto qualsiasi cosa.
Si alzò e si strinse nelle spalle, poi si diresse verso le scale del primo piano.
Quasi accarezzò il corrimano della scala mentre saliva: quella sarebbe stata l’ultima sera che avrebbe passato nella sua casa fiorentina per molto tempo e lei lo sapeva.
 
Matilde nella sua camera stava riponendo le ultime cose nei bauli.
- Federico viene con noi a Bologna…-
La donna si fermò e la guardò stranita - Siete impazzita bambina mia? -
-No sono seria…- rispose la ragazza tranquilla, prendendo una delle gonne e riponendola in un cofano aperto -…nella lettera Papà ha detto che mandava Guglielmo a prenderci no? Non penso per lui sia un problema avere un passeggero in più…e poi da quanto non viene a Firenze? Otto, nove anni? Non lo conosce nemmeno Federico, figuriamoci se sa che è stato condannato a morte…-
Fin qui il suo ragionamento filava. Se ne sorprese anche lei: in realtà la decisione di portare il ragazzo a Bologna la aveva presa solo pochi minuti prima nella cantina...
- Oh cielo, Guglielmo non lo saprà ma le guardie sì! -
- Le guardie lo hanno visto morire una settimana fa Matilde, vuoi che lo cerchino ancora!? Anche io se mi raccontassero che qualcuno è riuscito a sopravvivere ad un’impiccagione non ci crederei…-
- Vergine Santa, Cristina! Se lo trovano Uberto Alberti taglierà la testa anche a noi oltre che a lui per assicurarsi che siamo morti sul serio! -
- Andiamo Matilde non essere tragica! Abbiamo i permessi per uscire dalla città firmati da mio padre e dal Magnifico: le guardie li controlleranno, vedranno le firme e non ci guarderanno nemmeno in faccia. Cosa ne sanno loro? Possono essere venuti in due da Bologna no? -
- Ci farete uccidere Bambina mia…- Matilde si sedette pesantemente sulla sedia
- E cosa vorresti fare? Lasciarlo qui? -
La donna la guardò per qualche secondo, poi scosse la testa.
Per quanto avesse insistito, l’autoritaria Matilde Andriani era perfettamente consapevole che la sua testarda pupilla non avrebbe cambiato idea: quando Cristina si metteva in testa una cosa, riusciva sempre a farle fare ciò che voleva.
- Ecco appunto…- la ragazza chiuse il cofano e si sedette sul letto - Lo porterò al sicuro Matilde, anche a costo di doverlo chiudere in baule coperto dalle mie gonne! -

Si guardarono per un istante e poi entrambe scoppiarono a ridere.





L’AngoloDiBibi
Ebbene sì gente: non sono morta, rapita daglia alieni o emigrata in Papuasia senza connessione internet. Sono ancora qui, a distanza di quasi 3 mesi (settimana più, settimana meno) ad aggiornare questa storia. Impegni vari, ultimi esami e laurea alle porte (come anche la quasi totale assenza di feedback p.p) non hanno certo aiutato la mia cronica incostanza e pigrizia, ma meglio tardi che mai.  
Che dire? Tutti pronti a partire verso la Città dai Tetti Rossi.
Come d'abitudine, grazie a tutti quelli che leggono e che arrivano fino all'ultimo capitolo.
Grazie che sarebbe ancora più grande se mi lasciassero anche qualche impressione, o almeno battessero un colpo per far sentire la loro presenza e farmi sapere che sono curiosi di sapere come continua questa storia...
Alla prossima!
Bibi
  
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