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Autore: Miss Halfway    29/08/2016    2 recensioni
REVISIONATA FINO AL CAPITOLO 5
«All'improvviso sentii un soffio gelido spirarmi sul collo, mentre una mano, altrettanto gelida, mi accarezzava i capelli e coi polpastrelli mi sfiorava la pelle. O forse no: quella mano dal tocco glaciale in realtà non mi stava affatto accarezzando i capelli ma me li stava semplicemente spostando delicatamente dal collo per scoprirmi la carotide, sfiorandomi appena. Continuavo a percepire un venticello fresco, nonostante ricordassi chiaramente di aver chiuso la finestra quella notte per via dei lupi che ululavano alla luna e gli spifferi di corrente andavano diffondendo nell'aria un profumo che avevo già sentito e che ormai conoscevo bene.» (cap. 11)
Streghe, vampiri, licantropi... Saranno solo vecchie leggende e sciocche superstizioni? O la realtà, in fondo, cela qualcosa di sovrannaturale? Cosa nasconde la biblioteca scolastica? Chi è il ragazzo misterioso e qual è il suo segreto?
In seguito alla morte della nonna materna, la quale lascia in eredità l'antica Villa dei Morgan, Meredith insieme alla sua famiglia allargata farà ritorno a Salem, sua città natale. Lì comincerà per lei una nuova vita alle prese con un potere sovrannaturale, sogni premonitori, bizzarre amicizie e il coinvolgimento in uno strano triangolo amoroso...
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo
Capitoli:
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3) Una nuova scuola.


      La visita alla prozia Sarah si rivelò inutile. Sia lei sia Mei-Lin Xiang, la proprietaria della drogheria presente al funerale della nonna, seppur dubbiose e timorose, sembravano volermi far intendere qualcosa. Qualcosa che temevano di pronunciare ad alta voce e che io dovevo assolutamente scoprire. Entrambe farneticavano di cose strane, di correnti, di magia e addirittura di stregoneria, ma subito dopo affermavano fermamente di non crederci a queste fandonie e di restarne fuori. Secondo me fingevano come fingevano di non sapere come fosse davvero morta la nonna.
    Tornai sconsolata a casa. Era domenica pomeriggio e c'era una gran noia nell'aria: Joseph aveva trovato lavoro in un ospedale poco fuori Salem, mia madre era a far la spesa, Ashley era a fare shopping perché l'indomani saremo andati a scuola e voleva essere impeccabile e Jeremy zappingava col telecomando in salotto davanti al televisore.
    «Dove sei stata stamattina?» mi domandò con tono scontroso quando mi vide sedermi sul divano insieme a lui.
    «A fare un giro.»
    «Non è che eri a cercare quel tipo di ieri?»
    «Quale tipo?»
    «Quello nascosto dietro l'albero, durante il funerale.»
    Mi ero completamente scordata di quel ragazzo. Chissà chi era o cosa voleva o perché fosse lì nascosto. Era un'altra persona, oltre la prozia Morgan e la signora Xiang, che dovevo tenere d'occhio. Sarei andata a fondo in ogni mistero!
    Il resto della giornata trascorse tranquillo, rimasi a guardare la televisione con Jeremy, mangiai e dormii serenamente tutta la notte. Le pareti lilla sbiadite mi davano un senso di conforto e familiarità, l'aria fresca che entrava dalla finestra mi donava un senso di pace e tranquillità. Sì, ero proprio a casa.
    Dormii come un sasso fino alla mattina dopo. Dovevo essere ben riposata perché l'indomani sarei andata a scuola e dovevo fare bella figura: quella era un'occasione per reinventare me stessa e liberarmi dalla nomina di sfigata che mi aveva perseguitato durante i due anni e mezzo precedenti al liceo di Coral Spring.

    Nei tre giorni che seguirono la notizia del decesso della nonna, prima di trasferirci qui a Salem, mia madre e Joseph contattarono il liceo di Salem e sbrigarono tutte le pratiche burocratiche per non farci perdere giorni di lezione anche perché quest'anno Ashley si sarebbe diplomata. Io e Jeremy invece eravamo al terzo anno.

    Mi svegliai di buon ora e cercai di rendermi il più presentabile possibile. Certo, non sarei stata ai livelli di Ashley che per l'occasione si era rifatta interamente il guardaroba ed era già di per sé bellissima. Purtroppo sapevo bene che l'occhio vuole la sua parte e che se davvero avessi voluto uscire dall'ombra in cui ero stata avvolta durante gli anni della scuola e stringere nuove amicizie, avrei dovuto rendermi almeno presentabile. Solo che non avevo nulla di carino da mettermi e per quanto ci provassi a curarmi e agghindarmi continuavo a considerarmi goffa e impacciata e poco attraente, così mi feci coraggio e...
    «Ashley, non è che potresti prestarmi qualcosa?» dissi entrando nella sua nuova camera già perfettamente riordinata e decorata con peluche, foto appese al muro e premi sportivi vari in bella mostra. Lei mi squadrò dalla testa ai piedi e annuì sbuffando. Frugò un po' nel suo armadio e mi passò un paio di jeans attillatissimi a vita bassa e un maglioncino azzurro scollatissimo.
    «Cosa c'è? Non ti piacciono? Sempre meglio di quel che ti metti di solito.»
    Feci spallucce mordendomi la lingua e andai a cambiarmi e a truccarmi un po'. Era tardi, dovevo ancora truccarmi e fare colazione.
    «Quel maglione non va indossato con una canotta sotto, lo sai? Serve per mostrare le tette e così le nascondi- sottolineò Ashley quando scesi in cucina per mangiare-e poi l'ombretto celeste no, ti prego levalo!» feci finta di non averla neanche sentita. Non avevo tempo di cambiarmi e rifarmi il trucco.
    «Come ti sei conciata?» sbeffeggiò invece Jeremy non appena mi vide. Lo fulminai con lo sguardo e andai a fare colazione. Speravo solo di non fare lo stesso effetto ache agli altri studenti. Avevo fantasticato parecchio in questi ultimi giorni sulla nuova me e sul fatto che sarei riuscita ad integrarmi nell'ambiente scolastico di Salem, che a differenza di Coral Spring era una cittadina di provincia, che non avevo messo in conto che poteva anche andarmi peggio. Potevo venir presa in giro o nuovamente messa da parte. Scacciai quei pensieri e corsi a lavarmi i denti. Eravamo pronti. Prima di uscire mia madre si raccomandò di comportarci bene, di fare nuove amicizie e di studiare sin da subito per non rimanere indietro proprio come se fossimo dei bambini il primo giorno delle elementari.
    La Salem High School non era molto distante dalla nostra casa. Anche la scuola che frequentavamo prima in Florida era piuttosto vicina ma da quando Jeremy aveva preso la patente era raro che qualcuna di noi ci andasse a piedi.
    «Beh siete pronti?» esultai appena giungemmo di fronte all'edificio scolastico. Il loro silenzio faceva presagire quanto entusiasmo potessero avere, ma per me, l'idea di frequentare una nuova scuola, era davvero un vero e proprio nuovo inizio. Persi il conto di tutte le volte che lo ripetei. I miei fratellastri non erano molti emozionati all'idea. Ashley era ancora di umore nero e voleva assolutamente entrare nella squadra delle cheerleader mentre Jeremy, come al solito, era impassibile.
    Mi guardai attorno analizzando ogni centimetro dell'edificio scolastico.
    La struttura era piuttosto grande e di color rosso mattone, con un piccolo prato verde che spartiva il corpo principale dal parcheggio. Sia l'edificio sia il parcheggio erano delimitati da delle mura abbastanza alte che terminavano con un enorme cancello in ferro che dava accesso anche alle auto. Non erano in molti ad andare a scuola in macchina, mi sentivo quasi privilegiata. C'era inoltre un altro giardino interno dove si poteva mangiare all'aperto nei giorni di sole ed infine i campi sportivi nel retro. 
    Per prima cosa andammo in segreteria a chiedere l’orario delle lezioni: io e Jeremy avevamo scelto la maggior parte dei corsi uguali per non essere soli e a disagio, anzi, più che altro ero stata io a scegliere le materie uguali alle sue nonostante non fossero propriamente coordinate con il mio precedente piano di studi. Invece Ashley, che era un anno più grande di noi, non aveva questi problemi di socializzazione, fece presto amicizia con il gruppo delle cheerleader di cui tanto desiderava far parte acquistando fin da subito popolarità, mentre io e Jeremy rimanemmo tutto il tempo insieme, ma senza parlare.
    Trovammo subito l'aula per la prima lezione, quella di matematica, e ci sedemmo vicini aspettando che arrivasse il professore.
    Questo entrò pochi secondi prima che suonasse la campanella: era un bell'uomo sulla quarantina, vestito elegantemente in giacca e cravatta e portava con sé una ventiquattrore in pelle.

    «Buongiorno signori- disse il professor Richardson osservando me e Jeremy -abbiamo alcuni nuovi studenti, due dei quali frequenteranno questo corso. Prego» ci fece cenno di alzarci e ci presentò.
    «Il signor Jeremy Stanley e la signorina Meredith Victoria Spencer. Siete fratelli giusto?»
    «Fratellastri» lo corresse Jeremy, quasi a voler sottolineare il nostro non legame di sangue.
    Il professore fece un mugugnò di sorpresa e poi ci esortò a presentarci. Tutti ci guardavano con aria incuriosita, probabilmente perché era raro che qualcuno si trasferisse dalla Florida al Massachusetts, soprattutto in una cittadina come Salem. Jeremy fu il primo di noi a presentarsi di fronte alla classe. Si avvicinò alla lavagna come gli chiese il professore e fece una breve introduzione di se stesso.
    «Mi chiamo Jeremy Stanley, ho sedici anni e vengo dalla Florida.»
    Il professor Richardson lo guardò per persuaderlo ad amplieare la sua descrizione e raccontare qualcos'altro su di sé. Jeremy fece spalluce come a volergli chiedere che diamine si aspettasse e poi aggiunse solo:«Faccio atletica da dieci anni e mi piace leggere». Il professore gli fece qualche domanda sui suoi gusti in fatto di lettura, sulla parte di programma di matematica a cui era arrivato nella precedente scuola e poi gli concluse dicendo che era spiacente poiché alla Salem High School non si praticavano sport individuali ma vi era solo il basket per i ragazzi e la squadra delle cheerleader per le ragazze.
    Jeremy fece spallucce e tornò a sedersi accanto a me. Era il mio turno. Ero nel panico, iniziavo a sudare freddo e avevo il cuore a mille. Se quella di Jeremy era una descrizione scarna, la mia sarebbe stata ancora più riduttiva.
    Presi fiato e mi avvicinai alla lavagna. Avevo la visuale dell'intera classe di fronte a me e tutti mi guardavano con occhi curiosi in attesa che dicessi qualcosa.
   
«Ciao a tutti. Il mio nome è Meredith Victoria Spencer. Sono nata qua a Salem ma ho vissuto praticamente tutta la mia vita in Florida, a Coral Spring. Di recente la mia famiglia ha deciso di ritornare a vivere a Salem ed ora abitiamo nella Villa dei Morgan vicino alla Riserva. Ho sedici anni, come Jeremy, ed anche a me piace leggere, uscire con gli amici, andare al cinema. Insomma le solite cose.»
    Il professore mi ringraziò per esser stata un po' più esauriente del mio fratellastro e fece anche a me qualche domanda sul programma precedente. Tornai a sedermi, in fondo non era stato poi così traumatico.     
    Dopo matematica, avevamo due ore di letteratura, poi alla quarta ora io avevo lezione di spagnolo e Jeremy aveva lezione di francese. In questo caso non potevo affatto iniziare un altro corso di lingue straniere, avrei dovuto prendere lezioni private e riniziare dall'alfabeto. Nuovamente i professori delle discipline successive ci chiesero di presentarci e a che punto del programma fossimo arrivati. Non eravamo molto più avanti rispetto al programma del liceo di Salem. Ripetemmo le stesse presentazioni per altre due volte in maniera robotica e automatica e sicuramente lo avremo fatto anche i giorni seguenti per le altre materie di cui non conoscevamo i professori.
    Durante la pausa pranzo, io e Jeremy, ci sedemmo ad un tavolo per conto nostro nel giardino interno all'ombra di un albero. Si vedeva lontano un miglio che eravamo nuovi e spaesati, mentre Ashley stava già socializzando a quello che, secondo me, era il tavolo a cui sedevano gli studenti più popolari della scuola.
    A un certo punto si avvicinò a noi un gruppetto di tre ragazzi e una ragazza che ci invitarono a visitare un po’ l’istituto e ci diedero il benvenuto. Sembravano simpatici e disponibili. Ovviamente anche qui a Salem non mancavano gli snob, ma non era il caso di quei quattro ragazzi: i fratelli Alexis e Matt Cooper, George Wetmor e Nicholas Barret. Rispettivamente avevano lei quindici anni e suo fratello diciotto, poi George sedici, che avevo già visto al corso di spagnolo quella stessa mattina, e Nicholas dell'ultimo anno quindi coetaneo di Matt ed Ashley, diciotto anni.
    «Piacere Nicholas, ma puoi... cioè, voglio dire, potete chiamarmi Nick» si presentò stringendoci la mano tutto sorridente mostrando i suoi denti bianchissimi e non mi tolse gli occhi di dosso nemmeno per un istante. Non potevo aver fatto colpo il primo giorno su un ragazzo così! Era impossibile.
    Quando anche gli altri finirono di presentarsi, Nick ci chiese se io e Jeremy volessimo comprare i biglietti per il ballo di primavera che, guarda caso, si sarebbe tenuto proprio fra una settimana e ne approfittò per invitarmi ad andarci insieme. Scioccante. Scioccante perché la mia insicurezza era talmente radicata nella mia testa che doveva esserci per forza qualcosa sotto se un tipo come Nicholas mi avesse appena invitata al ballo. Era impossibile che non avesse già un'accompagnatrice dal momento che il ballo si sarebbe tenuto fra una settimana. M
i prese dunque molto alla sprovvista e inizialmente non seppi che rispondergli. Inoltre dovevo ammettere che fosse davvero carino e nessun ragazzo davvero carino mi aveva mai invitato a un ballo scolastico prima d'allora e questo mi mise ancora più a disagio lasciandomi incapace di pronunciare una qualche risposta o fare un cenno con la testa. Nick mi guardava in attesa di una mia reazione ed io rimasi imbambolata alcuni secondi ad analizzarlo. Aveva un'aria sicura di sé ma senza apparire altezzoso, sembrava gentile e loquace. Era molto alto e ben piazzato, sicuramente superava il metro e ottanta, aveva dei capelli castano chiaro un po' riccioluti e gli occhi celesti. Probabilmente faceva qualche sport. Però, sebbene fosse attraente e di bell'aspetto, aveva un qualcosa che non mi convinceva, o piaceva, nel complesso, avrei perciò declinato l'invito anche per la mia repulsione verso i balli scolastici. Odiavo questo genere di cose, troppo impegnative: vestiti, scarpe, trucco, parrucco, fiori... Questo poteva anche sembrare incoerente dal momento che per anni mi son lamentata che nessun ragazzo attraente mi calcolasse, ma il mio istinto mi diceva di rifiutare.
    «Lei è con me al ballo. Quanto vengono i biglietti?» esultò Jeremy poggiandomi una mano sulla spalla e avvicinandomi a lui prima che potessi rispondere a Nick distogliendomi dai miei pensieri sul suo aspetto. Mi sentii improvvisamente rassicurata e credevo che egli stesso avesse intuito che non volevo andarci e che non volessi sembrare scortese rispondendogli di no per questo aveva inventato quella scusa di andarci insieme.
    «Ma non siete fratelli?» replicò prontamente Alexis, probabilmente era intenzionata ad invitarlo lei.
    «Fratellastri» sottolineò lui, di nuovo.
    «Ah, ok» bofonchiò delusa la ragazza.
    «Beh, finiamo di visitare il liceo?» chiesi per smorzare un po’ quell'atmosfera che iniziava a diventare ostile.
    Ci alzammo e seguimmo i quattro che ci portarono a visitare la scuola partendo dall'esterno dove c'erano i campi sportivi. Il giardino dietro l’edificio era diviso in due e delimitato da una rete: lì si trovavano il campo di basket e l'area dedicata agli allenamenti delle ragazze pon-pon con delle piccole tribune per gli spettatori. Quei campi erano decisamente troppo piccoli ma Nicholas sottolineò quanto fosse forte la loro squadra di basket di cui era capitano:«Dobbiamo solo sconfiggere un'ultima squadra per diventare campioni del Massachusetts!» esultò fiero. Il giardino interno dove ci trovavamo poco prima a mangiare era, invece, adibito a zona ricreativa: c'erano delle panchine e dei tavoli al coperto dove mangiare ed infatti vi si accedeva attraverso la mensa. Dai campi sportivi, rientrammo nuovamente nell'edificio passando accanto agli spogliatoi e ai bagni con le docce. Salimmo ai piani superiori dove stavano le varie aule e i laboratori e poi di nuovo al piano terra in cui stavano la segreteria, gli uffici dei professori, la sede della redazione del giornalino della scuola e la biblioteca. Quella sì che era grande e maestosa, e profumava di antico a differenza della biblioteca del liceo in Florida in cui vi erano soltanto scaffalature moderne e posti a sedere.
    «Qui ci sono anche vecchi libri di incantesimi e alcuni grimori* autentici risalenti al periodo della caccia alle streghe» disse Alexis. Sorrisi sentendo la parola streghe.
    «Sapete, il consiglio di Salem si è battuto molte volte nel corso degli anni per impedire che questi libri venissero venduti e portati in qualche museo di Boston o di New York o peggio, in Europa, a prendere polvere senza che potessero più essere consultati. Sono un patrimonio della nostra città e sono accessibili a tutti i cittadini: chiunque può leggere questi libri» aggiunse.
    «Questa città è famosa per queste cose» commentò poi Nicholas, meno orgoglioso sul passato infausto di Salem rispetto alla squadra di basket che tanto elogiava. Io però già lo sapevo, annuii comunque per sembrare interessata e per rimediare al bidone che gli avevo fatto poco prima.
    «Ti rendi conto che ora sono costretta ad andare al ballo?» sussurrai a Jeremy mentre gli altri proseguivao a raccontare vecchie leggende.
    «Ce ne andremo subito, se vuoi. Volevo evitare inviti non richiesti» mi rispose indicando Alexis con lo sguardo.
    «Ah, quindi l’hai fatto per te?»    
    «Hai visto come mi guardava la ragazzina?»
    Ero quasi delusa. Pensavo volesse salvarmi da Nicholas, non evitare Alexis.
    «Beh, almeno accompagnami a prendere il vestito!»
    «Posso unirmi a voi? Anch'io devo ancora comprarlo!» disse lei entusiasta. Speravo non avesse sentito l'intero discorso. Era evidente che avesse già un interesse per mio fratello, anzi fratellastro come precisava sempre lui, non potevo dunque rovinarle pure questo tentativo di approccio così la invitai ad unirsi a noi. Certo che qui le persone erano davvero sfacciate!
    «Ecco, hai trovato compagnia- disse Jeremy -io posso pure starmene a casa allora.»
    Lo presi per un braccio e lo trascinai un po' distante dal gruppo con Alexis che ci guardava di sottecchi.
    «Non puoi cercare di essere carino? Per favore» lo supplicai.
    «Mmh. Ci proverò.»
    «Voglio iniziare una nuova vita ed avere degli amici!»
    Sbuffò e con aria rassegnata annuì.
    Tornammo dagli altri e George, che era stato silenzioso tutto il tempo lasciando parlare Nick e Alexis, volle raccontarci una vecchia leggenda poco prima che finisse la pausa pranzo e prima dell'ora di ginnastica.
    Tutti restammo in silenzio in attesa che iniziasse a raccontare. Nicholas invece sbuffò affermando di conoscere a memoria questa storia e George, appena ricevette l'attenzione di tutti, si stirò la sua vecchia giacca di pelle, diede un colpo di tosse e si sistemò gli occhiali dalla montatura squadrata prima di iniziare:«Bene, partirò dal principio» asserì.
    Era un tipo strano, decisamente strano: era vestito di nero dalla testa ai piedi, compresa la T-Shirt degli AC/DC un po' sgualcita che indossava, e portava degli occhiali dalla montatura spessa e dalle lenti rettangolari che velavano i suoi grandi occhi verdi nascosti ulteriormente da alcuni ciuffi ribelli che gli uscivano dal berretto. I capelli lunghi e arruffati di un nero corvino opaco gli donavano, insieme agli occhiali, l'aria di un intellettuale un po' trascurato dedito solo alla lettura. Si scrocchiò le dita e il collo, inspirò profondamente e cominciò a raccontarci questa leggenda.
    «Nell'inverno del 1692, Betty ed Abigail Williams, rispettivamente la figlia e la nipote del reverendo Parris della chiesa di Salem, iniziarono a comportarsi in modo strano: non dormivano mai, camminavano strisciando sul pavimento e dicevano cose assurde e blasfeme. I medici inizialmente ritennero che fossero affette dall'isteria ma, con l'andare del tempo, i dottori non riuscirono a dare alcuna spiegazione logico-scientifica a questi comportamenti, fin quando qualcuno non azzardò l'ipotesi della possessione demoniaca. In quel periodo si credeva che l'essere posseduti o indemoniati fosse causato da un maleficio o da una fattura, insomma da una sorta di incantesimo, e la stregoneria era ritenuta un vero e proprio crimine provocato da una persona (una strega o uno stregone) per danneggiarne un’altra e quindi il caso di Betty e Abigail divenne di competenza delle autorità giudiziarie. Bisognava dunque scovare chi avesse compiuto quell'incantesimo e punirlo severamente.
    «Passò però un mese prima che si giunse alle accuse di stregoneria, in un primo momento infatti, il reverendo Parris decise di non rivolgersi alle autorità giudiziarie e di affidarsi a Dio. Poi però anche altre ragazze della città cominciarono a comportarsi allo stesso modo e iniziarono ad accusare diverse donne del villaggio di essere delle streghe che per gelosia avevano lanciato una maledizione sulle ragazze della nobiltà e delle classi più agiate. Venne istituito un tribunale speciale con sede nella Meeting House, cioè l’edificio adibito alla vita pubblica del paese. Le donne accusate vennero arrestate e anche torturate durante gli interrogatori, ma questo non portò alla fine degli isterismi che avevano colpito le giovani altolocate di Salem.
    «La caccia alle streghe continuò e sempre più donne vennero imprigionate, vi erano anche degli uomini accusati di essere stregoni o demoni e furono incarcerati anche loro. Le proporzioni del caso erano nel frattempo aumentate e si erano allargate a tutta la colonia del Massachusetts. Non essendoci un'autorità ufficiale, non era stato ancora possibile iniziare alcun processo. Così, alla fine del mese di maggio, per volere del re di Inghilterra, giunse a Salem il Governatore Sir William Phips per avviare le udienze del processo insieme alla corte composta da sei membri nominati da egli stesso. Si dice tra l'altro che alcuni membri di quel consiglio e che il Governatore stesso fossero dei vampiri che volevano vendicarsi delle streghe le quali, per difendersi dalle accuse di stregoneria, avevano confessato l'esistenza degli esseri della notte rompendo un patto speciale stipulato con la razza dei vampiri. Altre leggende affermano invece che il Governatore e i suoi consiglieri fossero in realtà dei licantropi che stipularono un altro patto segreto con le streghe in modo da eliminare per sempre la stirpe dei vampiri, razza considerata nemica giurata dei lupi mannari. Il patto che coinvolgeva i vampiri, più che altro, era una vera e propria minaccia e prevedeva infatti che delle streghe facessero degli incantesimi in modo tale che questi potessero vivere anche alla luce del sole. Terrorizzate dalla morte imminente, per salvarsi, decisero di spifferare tutto sull'esistenza dei vampiri e unirsi ai licantropi nel vano tentativo che magari la caccia alle streghe si sarebbe placata spostando l'attenzione verso la caccia ai vampiri. Ma non fu così. 
    «Queste comunque sono solo delle leggende che fanno da contorno alla vera e propria storia della caccia alle Streghe di Salem. Il primo processo si tenne il 2 giugno e l'ultimo il 17 settembre e in tutti vi furono dei condannati a morte. Il 22 settembre fu il giorno delle ultime esecuzioni; una leggenda racconta che, mentre il carro che trasportava i condannati si dirigeva verso il patibolo, una ruota si infilò in una buca nel terreno: le ragazze ritenute vittime del maleficio che assistettero alla scena gridarono che il diavolo stesse cercando di salvare i suoi seguaci. L'esecuzione alle streghe accompagnò quella di alcuni uomini, o meglio vampiri, ritenuti anche loro seguaci del diavolo, e, secondo il mito, lasciarono per sempre Salem.
    «Le case delle streghe condannate a morte furono saccheggiate: i loro gioielli, utensili e qualunque altro tipo di oggetto di valore si dice che sia stato portato nella residenza di Sir William Phips, per poi, dopo molti decenni, esser trasferiti al Salem Witch Museum, un museo interamente dedicato alle streghe, mentre i loro libri di magia vennero portati qui dove poi fu costruita questa scuola nel 1850, eccetto uno, che era una sorta di Bibbia delle Streghe che non venne mai più ritrovato. Si pensa che sia contenuto in quel libro l'incantesimo per spezzare la maledizione dei vampiri e dei licantropi. Prima ancora, al posto della nostra scuola l'edificio era utilizzato come manicomio e si racconta che venissero portate le donne che ancora si ritenevano streghe per torturarle, e mi riferisco ai primi dell'Ottocento, quando ormai le condanne al rogo per stregoneria erano ritenute illegali. La leggenda finale a cui volevo arrivare dopo questa lunga premessa è che ogni tanto, soprattutto nelle notti di luna piena, accompagnati dai loro famigli*, gli spiriti delle streghe vengano qui di notte a consultare i propri grimori nel tentativo di tornare in vita e che i vampiri sfuggiti all'esecuzione diano la caccia ai discendenti di quelle streghe per ucciderli e vendicarsi.»
    «La solita vecchia e noiosa storia di George» commentò Nicholas annoiato e un po' infastidito.
    «Non è vero!» si difese lui. Ascoltai tutte le sue parole con attenzione e interesse ed ero curiosa di sapere come faceva a sapere tutte queste cose.
    «Ha ragione, son tutte sciocchezze. Streghe, vampiri, licantropi...mah» bofonchiò Jeremy.
    «Io ci credo invece. Magari non credo all'esistenza dei vampiri o dei lupi mannari o che esistano o che siano esistite delle streghe capaci di fare veri e propri incantesimi, però il tuo racconto mi ha affiscinata, George. Come fai a sapere tutte queste cose?» gli chiesi io. Lui arrossì un po' e intimidito mi rispose che era sua nonna a raccontargli queste storie prima che morisse in un incidente qualche tempo fa. Nicholas scosse la testa e lo guardò con aria di disapprovazione come se si fosse lasciato sfuggire qualcosa di troppo.
    Alle due in punto la campanella suonò: Nick, Matt e Alexis andarono a seguire le proprie lezioni mentre io, Jeremy e George andammo in palestra per l'ora di educazione fisica. 
    «Dunque? Quando andiamo a fare shopping?» ci domandò Alexis prima di congedarci. 
    Proposi di vederci tutti alle cinque dell'indomani alla fermata del bus davanti alla scuola.
    «Va benissimo! Così vi mostrerò anche i luoghi meno noiosi di Salem» rispose lei esultando.
    Gli altri ragazzi rifiutarono: «lo shopping- precisò Nicholas -non è esattamente una cosa da uomini.»

***
   
    Il profumo di sformato e patate al forno si era diffuso in tutta la casa dandomi, al mio ritorno da scuola, il benvenuto e rendendo l'atmosfera domestica accogliente e familiare. Mia madre si era data molto da fare per farci sentire tutti a casa, specialmente aveva premura di Jeremy ma soprattutto di Ashley che era colei, fra noi tre, ad aver avuto un impatto negativo maggiore nel dover abbandonare Coral Spring e di conseguenza il suo ragazzo, i suoi amici, la sua squadra e le sue ambizioni. Sembrava però già essersi ambientata e ritagliata lo spazio necessario all'interno della scuola per mantenere il suo tenore di vita sociale come in Florida. Un po' la invidiavo perché io non ero così e avrei voluto essere come lei ma quella mattina mi ero sentita quasi accolta, non mi ero sentita invisibile e inadeguata, non avevo provato un senso di apprensione nell'andare a scuola. E poi potevo finalemente rilassarmi e godere della mia solitudine e tranquillità nella mia stanza.
    «Che bello essere a casa» pensai varcando la porta d'ingresso.

    La vecchia villa della nonna era stata completamente pulita e rimessa a nuovo: i divani e i cuscini furono rivestiti con nuove federe, le tende e i tappeti vennero fatti arieggiare, gli oggetti antichi di cristalleria e argenteria all'interno delle credenze del soggiorno e i soprammobili e le cornici con le foto di famiglia spolverati meticolosamente, gli oggetti più intimi della nonna come abiti, gioielli ed altri effetti personali furono
riposti accuratamente in una scatola e trasferiti nella cameretta degli ospiti al primo piano e, infine, la sua collezione di erbe, talismani, boccette per pozioni ed altri utensili magici vennero raccolti in una busta da riporre su in soffitta. Avrei voluto portarla io stessa ma, ancora fedele all'ammonimento della nonna, non vi entrai. Sicuramente non ero ancora pronta per conoscerne i misteri contenuti lì.
   
«Beh come è andato il primo giorno di scuola?» domandò mia mamma a cena mentre eravamo tutti riuniti a tavola.
    «Sebbene Salem sembri un paesino un po' arretrato e fuori dal mondo, non c'è male. Domani inizio gli allenamenti con il gruppo delle cheerleaders» esultò la mia sorellastra abbastanza contenta. Finalmente l'aveva piantata di lamentarsi.
    «E a voi piace qui?» chiese nuovamente mia madre rivolgendosi a me e a Jeremy.
    Lui fece una smorfia di disgusto e io annuii. Io risposti estasiata che fossi felicissima di essere tornata e che il primo giorno di scuola fosse andato alla grande. A me Salem piaceva, ero legata a questa città, qui c'erano i miei ricordi d'infanzia e mi faceva sentire più vicina alla nonna di recente venuta a mancare e poi non vedevo l'ora di fare amicizia con tutti, Alexis, Matt, George e anche Nicholas. Ero certa che mi sarei pentita amaramente di non aver accettato il suo invito ma ormai era fatta anche perché non ero proprio alla ricerca di una relazione né di una frequentazione. Dovevo prima superare le mie turbe mentali e i miei complessi di inferiorità.
    Joseph raccontò della sua prima giornata all'ospedale: lavorarci gli ricordava i tempi del suo tirocinio da studente poiché a Coral Spring lavorava in una clinica privata ed ovviamente guadagnava molto di più rispetto al piccolo ospedale di provincia poco fuori Salem, a Lynn, dove aveva trovato impiego grazie a delle raccomandazioni visto che la richiesta di cardiologi non era particolarmente alta. Speravo soltanto che non si ripetesse nuovamente ciò che successe con mio padre, il quale, detestando Salem, decise di ritornare a Coral Spring per poi divorziare da mia madre per stare con un'altra donna. Non avrei sopportato un altro abbandono paterno.
    Anche quella notte trascorse serena come le precedenti: l'unico rumore che spezzava il silenzio notturno era l'ululato proveniente dal bosco dietro casa. Chiusi la finestra ma non riuscii comunque a dormire. Il mio cervello era invaso da emozioni e pensieri diversi che mi tenevano sveglia a ragionare e a fare il punto della situazione. Continuavo a pensare alla storia che ci aveva raccontato George quella mattina, al processo alle streghe del 1692, a sua nonna scomparsa di recente come la mia, alla misteriosa prozia Sarah e alla signora Xiang, come se tutte queste vicende e persone fossero in qualche modo connesse fra loro senza che però potessi trovare un comun denominatore che potesse collegarle logicamente. Poi, finalmente, crollai in un sonno profondo.
    La mattina dopo mi alzai di buon ora anche se avevo dormito poco, mi preparai e feci colazione con tutta calma: mi attendevano due ore di matematica e due ore di storia. Speravo che il fenomeno dei nuovi arrivati fosse superato ma anche il secondo giorno la professoressa di storia, che non aveva ancora conosciuto me e Jeremy, ci chiese di presentarci e ci fece qualche domanda sul programma per testare la nostra conoscenza nel campo della storiografia e noi ripetemmo come un copione le presentazioni già recitate il giorno precedente: «Mi chiamo Jeremy Stanley, ho sedici anni e vengo dalla Florida. Faccio atletica da dieci anni e mi piace leggere» e «Ciao a tutti. Il mio nome è Meredith Victoria Spencer. Sono nata qua a Salem ma ho vissuto praticamente tutta la mia vita in Florida, a Coral Spring. Di recente la mia famiglia ha deciso di ritornare a vivere a Salem ed ora abitiamo nella Villa dei Morgan vicino alla Riserva. Ho sedici anni, come Jeremy, ed anche a me piace leggere, uscire con gli amici, andare al cinema». Ormai molti degli studenti già ci conoscevano perché ci avevano visti e ascoltati durante le altre lezioni. E poi ero stanca di impersonificare la parte della ragazzina banale e di recitare a memoria quelle poche frasi sciocche di presentazione.
    Anche in storia, comunque, io e Jeremy non eravamo molto più avanti rispetto al programma del liceo di Salem. La Professoressa Lewis spiegò per due ore ininterrotte le vicende principali della Guerra di Seccessione, facendomi venire un sonno tremendo, tant'è che pensai che per conoscerne ogni minimo dettaglio insignificante probabilmente la guerra l'avesse vissuta in prima persona.
    Non appena la campanella suonò, io e Jeremy ci dirigemmo insieme verso la sala mensa per fare la fine per prendere il pranzo. Era una giornata particolarmente soleggiata e mentre ci guardavamo intorno alla ricerca di un tavolo libero nel giardino interno, vidi Alexis, seduta con suo fratello Matt e il loro amico George, che con la mano ci faceva cenno di unirci a loro. Nicholas invece non c'era, stava seduto al tavolo dei ragazzi e delle ragazze, a mio avviso, popolari che già notai il giorno precedente, e vidi che conversava amabilmente con Ashley che si atteggiava a vip della scuola.
    Alexis ci domandò cosa ne pensassimo di Salem, della città e della scuola. In realtà sembrava molto più interessata a conversare e a far colpo su Jeremy che non la degnava di uno sguardo e le rispondeva a monosillabi piuttosto che intavolare una conversazione con entrambi. Guardandomi un po' attorno, notai che non vi erano molti bei ragazzi, sì qualche d'uno carino c'era, Nicholas ad esempio era un bel ragazzo, ma nessuno particolarmente attreante o che si distinguesse. Jeremy probabilmente era fra i più degni di nota e rappresentava una novità alla Salem High School ed Alexis, considerando che avevo notato anche altre ragazze che lo osservavano e parlottavano, non voleva farselo sfuggire.
    Io cercai invece di intraprendere una conversazione con George e saperne di più riguardo le vecchie leggende che ci raccontò il giorno prima in biblioteca.   
    «Beh, la caccia alle streghe vi è stata davvero però le altre vicende son semplici...leggende» esitò. Io insistetti nel saperne di più e lui ripeté che gliele raccontava la nonna e aveva fatto qualche ricerca su Wikipedia. Alexis e Matt lo guardarono in maniera bieca come se George avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato.
   
«Ora devo andare. Ho lezione di arte» disse alzandosi in piedi. Io gli risposi che anche io avevo lezione pomeridiana di arte e lo seguii. George mi vide come una palla al piede in quel momento dunque evitai di fargli ulteriori domande ambigue sul processo alle streghe.    
    Dopo la scuola, alle quattro e mezza circa, io e Alexis ci incontrammo alla fermata dello scuolabus. Venne anche Jeremy, quasi sotto costrizione, ma venne anche lui. Cercai di lasciarlo solo il più possibile con lei per quanto non ci tenessi a fare il terzo incomodo ma come al solito Jremy mantenne un atteggiamento freddo e distaccato. La nostra nuova amica ci portò nel centro commeciale più grande di Salem e poi nei negozi d'abbigliamento delle vie del centro che avevo già intravisto quando andai a cercare la prozia Sarah e quando andai a fare shopping con Ashley.
    Eravamo tutti un po' a disagio, soprattutto Jeremy che si vide costretto ad accompagnare ben due ragazze a fare shopping e a farsi corteggiare da una sconosciuta nei miei appuntamenti combinati.
    «Non puoi cercare di essere un po' più carino con Alexis?» gli bisbigliai mentre la ragazza curiosava fra i vestiti di un negozio. Lui per tutta risposta sbuffò e andò a sedersi sui divanetti. Girammo ben altri cinque negozi prima di trovare qualcosa di decente anche per me.
    «Non dobbiamo andare a un funerale Mer, sai?» commentò Jeremy in modo alquanto sarcastico mentre mi specchiavo fuori dal camerino. Ormai avevo deciso: dopo diverse prove d’abito optai per un vestito grigio lungo fino al ginocchio e un paio di scarpe col tacco non molto alto: non volevo essere né troppo appariscente né rischiare di cadere rovinosamente. Poi avevo già speso per comprarmi un abito scuro la settimana scorsa proprio per il funerale della nonna e non ero una fan dei vestiti eleganti.
    Quando andai a pagare, Alexis si avvicinò alla cassa domandandomi se potesse mai interessare almeno un po’ a mio fratello.
    «Ehm...non so. Lui parla così poco. È difficile sapere cosa pensa. Inoltre non ho mai conosciuto o visto nessuna delle ragazze con cui è uscito quindi non saprei proprio dirti che gusti abbia» non sapevo proprio che dire per poterla aiutare in questa impresa quasi impossibile di conquistare Jeremy.
    Verso le nove tornammo a casa. Sentivo nuovamente quella strana sensazione di felicità nel tornare alla villa, sensazione che non percepivo da tempo.
    La casa mi piaceva e finalmente avevo una camera tutta mia, ancora da sistemare però era mia, e pure la scuola mi stava piacendo e mi ci trovavo bene. Le persone invece mi sembravano un po' impertinenti, però alla fine Alexis non era male e magari saremmo potute anche diventare amiche. Anche George, sebbene fosse un tipo strano, sembrava simpatico, e in mancanza di un ragazzo avrei sempre potuto chiedere a Nicholas di uscire. Ma intraprendere una relazione non era tra le mie priorità in quel momento.
    I giorni che precedettero la sera del ballo andarono sempre meglio, avevo fatto amicizia anche con Matt, il fratello di Alexis, e George, mentre Nicholas a causa del bidone che gli avevo dato per il ballo, si stava dimostrando un po' ostile, soprattutto nei confronti di Jeremy. Alexis invece continuava ad assillarmi chiedendomi di tutto e di più sul mio fratellastro, consigli per piacergli e domande sui suoi gusti ma sinceramente sapevo ben poco di lui e di quel che gli potesse passare per la testa.




Angolo autrice.
*Grimorio: è il libro degli incantesimi di una strega.
*Famiglio: per chi non lo sapesse, è il guardiano delle streghe quasi sempre identificato con un animale.
La leggenda raccontata da George l'ho presa da Wikipedia e l'ho romanzata, ai fini della trama, aggiungendovi nuovi particolari.
A presto (:
   
 
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