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Autore: franci893    23/09/2016    4 recensioni
Battaglia di Hastings, 1066: Guglielmo il Conquistatore sconfigge il re dei Sassoni e viene incoronato re d'Inghilterra. Una volta confiscate le terre ai nobili sassoni, le concede ai suoi cavalieri come ricompensa. Tristyn Le Guen, secondogenito di un conte bretone, riceve in cambio dei servigi offerti un piccolo feudo in Northumbria, regione fredda e montuosa al confine con il regno di Scozia.
Tristyn pensa che ora la strada sia tutta in discesa, ma governare un castello sarà veramente così semplice come pensa?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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16.
 
Appollaiata su una delle sedie nella sala padronale, Lynn aspettava.
L’ora di coricarsi era trascorsa da un bel pezzo e l’oscurità la circondava, avvolgendola in una coltre protettiva al punto che, se non fosse stato per le poche fiamme che brillavano nel camino, non sarebbe riuscita a vedere a un palmo del suo naso.
“Questa me la paga” pensò, fissando in modo truce la porta intarsiata della biblioteca, da cui proveniva un brusio sommesso e concitato. Diverse voci maschili stavano confabulando tra loro.
Poi una pausa. Un borbottio scettico. E infine la porta si aprì.
- Yann e gli altri ti accompagneranno fino al villaggio di Lilburn, da lì potrai prendere la strada che porta a York, dovrebbe essere una via sicura – la voce del marito risuonò nitida mentre usciva dalla stanza insieme a Conrad e Stefan – scrivimi non appena arrivi a Londra. E’ importante che…-
si interruppe di colpo, scorgendola nella penombra.
Lynn si alzò in piedi e si avvicinò al terzetto. Nel vederla Conrad e Stefan piegarono il capo in un rispettoso inchino mentre Tristyn si limitò a lanciarle un’occhiata seccata. Molto seccata.
- Che cosa ci fai qui? Pensavo fossi a letto – le chiese, in tono brusco.
Lei gli rivolse un sorriso educato, ignorando la domanda, e si rivolse invece a Conrad.
- Non potevo lasciarvi partire senza nemmeno avervi salutato – disse.
L’uomo, passato il primo momento di stupore, le fece un occhiolino complice.
- Siete molto gentile, milady. Mi dispiace andare via così all’improvviso ma devo tornare a Londra prima del previsto.
- Spero nulla di grave – osservò lei.
- Nulla che possa interessarti – borbottò Tristyn, frapponendosi tra loro – vai pure in camera, adesso. Ti raggiungo tra poco.
- Posso essere utile in qualcosa? Avete delle scorte per il viaggio?
- La cuoca ha già preparato tutto l’occorrente.
- Allora potrei…
- Non serve nulla! La tua presenza non è necessaria – la interruppe il marito, seccato.
Lynn lo guardò, ferita dal quei modi bruschi.
- Volevo solo essere d’aiuto – mormorò, in tono neutro.
Si rivolse a Conrad, porgendogli una busta sigillata: - So che vi recherete a York, prima di tornare a Londra. Vi sarei molto grata se consegnaste questa a Sir Aidan Clifford. Era uno dei più cari amici di mio padre e sono mesi che non ha mie notizie.
- Mi assicurerò personalmente che arrivi nelle sue mani, milady – disse lui, gentile.
- Grazie. Viaggiate con prudenza, mi raccomando. E sappiate che sarete sempre il benvenuto qui.
Era una frase di circostanza, ma in realtà Lynn era sincera: negli ultimi tempi aveva avuto modo di conoscere Conrad scoprendo che, dietro la facciata di affascinante seduttore, si nascondeva un uomo astuto e intelligente. Non c’era da meravigliarsi che facesse parte dello stretto entourage del re Guglielmo.
L’uomo le rivolse un’occhiata divertita.
- Allora tornerò non appena mi sarà possibile.
Sì, non c’era da meravigliarsi nemmeno che fosse un abile seduttore.
- Bene, abbiamo finito con i saluti? – sbottò suo marito.
Senza rispondergli, Lynn augurò la buonanotte ai presenti e si ritirò nelle sue stanze.
Che insopportabile tiranno.
 
*
 
- Lasciatelo dire, sei proprio negato a fare il marito – disse Conrad, mentre controllava che il cavallo fosse sellato a dovere.
- Qualcuno ha chiesto la tua opinione? – ribatté Tristyn.
- No, ma mi sembrava giusto dirtelo, nel caso non te ne fossi accorto da solo – vedendo la sua espressione corrucciata, Conrad sospirò.
- Si può sapere cosa ti è preso? Non ha fatto nulla di male, stavolta. Voleva solo essere gentile.
- Lascia perdere. Sai com’è fatto – osservò Stefan, in tono piatto.
Magnifico. Non riusciva a capire come facesse, ma sua moglie riusciva sempre a mettergli i suoi amici contro. Alla faccia della solidarietà maschile.
- Sì, lo so – ghignò Conrad.
Prima che potesse togliergli quell’espressione compiaciuta dalla faccia, un piccolo gruppo di cavalieri a cavallo, capeggiati da Yann, si avvicinò.
- E’ ora di andare – Conrad si issò in sella con un balzo – non appena arriverò a Londra, informerò FitzOsborne di quello che mi hai riferito su Gospatric. Se lo riterrà necessario, avvertirà il re. Ti scriverò non appena saprò qualcosa, di più non posso fare – disse.
- E’ già abbastanza. Sii prudente – gli rispose Tristyn.
Il ponte levatoio era stato calato e i cavalli scalpitavano.
- Certo. E tu sii più comprensivo con quella povera ragazza. Altrimenti giuro che torno e me la sposo io – lo prese in giro Conrad.
Diede un colpo di speroni e partì al galoppo insieme agli altri cavalieri.
Tristyn e Stefan rimasero a osservarli, fino a che le loro sagome non si persero nell’oscurità, sparendo alla loro vista.  La notte era fredda ma limpida e, se tutto fosse andato bene, sarebbero riusciti ad arrivare a York prima che incominciassero le prime nevicate.
- Se devi dirmi qualcosa, fallo – borbottò, sentendo lo sguardo dell’amico su di sé.
- Non ho nulla da dirti. Me ne vado a dormire, buonanotte – rispose Stefan, lasciandolo solo nel cortile del castello. La brezza notturna lo fece rabbrividire, eppure non aveva ancora voglia di rientrare. Maledizione, ma cosa gli era preso?
Alla fine, dopo aver passato un tempo incalcolabile a fissare il cielo stellato, decise di andare a letto. Entrò nella camera da letto e si svestì, cercando di non fare rumore.
Si infilò sotto le coperte e si avvicinò alla sagoma immobile accanto a lui. Lynn si era addormentata.
Alla luce flebile della luna, Tristyn studiò il viso di sua moglie e scorse la traccia di alcune lacrime.
“Sono un idiota” pensò.
Chinandosi su di lei, le depose un lieve bacio sulla fronte, come faceva ogni sera, e si coricò accanto a lei. Alla fine, vinto dalla stanchezza, si addormentò.
 
*
 
Il giorno dopo Lynn era ancora risentita per quello che era successo.
Per quanto cercasse di passare oltre, questa volta non riusciva a perdonare Tristyn per come si era comportato con lei, soprattutto perché non pensava di essersi meritata quelle parole scortesi e dure.
Dopo aver consumato in fretta la sua colazione, si preparò per recarsi al villaggio: con l’arrivo dell’inverno, Lynn intensificava sempre le sue visite per assicurarsi della salute dei suoi abitanti, in particolare dei bambini, i più vulnerabili ed esposti alle malattie. Lei non era un medico ma la sua conoscenza delle erbe più di una volta le aveva permesso di rendersi utile, soprattutto nelle occasioni in cui il dottore non aveva potuto recarsi subito a prestare le cure necessarie al malato.
Si coprì con un mantello di lana pesante e si mise a tracolla la borsa contenente alcuni unguenti. Mentre sellava il suo cavallo, vide Stefan venirle incontro.
- Buongiorno – la salutò, con la solita cortesia.
Qualcuno dovrebbe imparare da lui le buone maniere”, pensò acidamente.
- Buongiorno Stefan. Sto andando al villaggio, avevi bisogno di qualcosa?
- A dire il vero no – la guardò, titubante – volevo solo dirti che mi dispiace per quello che è successo ieri sera. Sei stata molto gentile, e sappi che Conrad ha apprezzato moltissimo il tuo gesto.
La ragazza non poté fare a meno di sorridere.
- Mi fa piacere. Ieri volevo solo rendermi utile – fece una pausa – peccato che non tutti riescano a capirlo – osservò, con amarezza.
- Tristyn non è cattivo, lo sai. Solo che ha volte agisce prima di pensare.
- Me ne sono accorta – lanciò un’occhiata al cielo plumbeo – sarà meglio che vada, non vorrei imbattermi in una nevicata – disse, salendo a cavallo con un balzo atletico, nonostante l’impaccio della gonna.
- Dirò a Tristyn che sei uscita. Non fare tardi – l’ammonì Stefan.
- Non preoccuparti, sarà una visita breve.
Da qualche settimana suo marito le aveva accordato il permesso di uscire da sola quando doveva recarsi al villaggio e lei non aveva alcuna intenzione di perdere quella concessione.
Partì al galoppo e in breve tempo raggiunse la casa di padre Godric: l’anziano sacerdote era molto legato a Lynn e la ragazza non mancava di fargli visita ogni volta che ne aveva occasione, non solo per il piacere di parlare con lui ma anche per essere informata su come procedevano le cose al villaggio.
- Sei molto cara a venire così spesso, Lynn – le disse, facendola accomodare vicino al focolare.
- Cerco solo di rendermi utile – rispose lei, con un sorriso.
- Lo so, e tutti te ne sono grati, qui. Sei una buona castellana e la gente ti rispetta. Tuo padre sarebbe orgoglioso di te.
Una fitta di dolore attraversò Lynn a quelle parole ma non lo dette a vedere: con sua grande vergogna, si accorse che non pensava più assiduamente a suo padre come un tempo, né ricordava più con chiarezza i lineamenti del suo viso. I ricordi stavano svanendo, senza che lei nemmeno se ne rendesse conto.
Rimase a conversare con padre Godric ancora per un po’ e poi diresse a casa degli Osbourne, una famiglia che viveva ai confini dell’abitato: qualche settimana prima Gwynn, la moglie del mugnaio, aveva partorito il suo primo figlio ma era rimasta stremata da quell’esperienza.
Con suo grande sollievo, quando arrivò a destinazione, la trovò intenta ad allattare il bambino e, a giudicare dal colorito del suo viso, stava molto meglio. La ragazza fu così felice di vederla che la invitò a fermarsi a bere un tè caldo e Lynn non poté rifiutare in alcun modo.
Mentre aspettava che la bevanda si raffreddasse, contemplò il neonato, momentaneamente deposto in una cesta di vimini. Ora, Lynn non era molto brava con i bambini, soprattutto con quelli più piccoli: le piacevano ma non sapeva mai come comportarsi, per cui si limitava ad osservarli da una certa distanza, azzardando un sorriso di tanto in tanto.
- Avete proprio un bel bambino – disse, educatamente, mentre Gwynn era impegnata a stendere dei panni davanti al fuoco.
- Vi ringrazio milady – le rispose, riconoscente – è piuttosto tranquillo, a parte quando ha fame. Allora si mette a strillare come un’aquila finché non gli dò il latte. Volete prenderlo in braccio?
Assolutamente no!
- Non mi sembra il caso…- iniziò lei, ma la donna, veloce come il vento, le aveva già messo il neonato tra le braccia. Due piccoli occhi scuri la fissarono preoccupati, quasi conoscessero la sua inesperienza in quel genere di cose.
- Dovete tenergli la testolina in alto, così…mettete la mano lì…ecco, perfetto! – esclamò la ragazza, soddisfatta – non è difficile, vero?
Lynn annuì, e passato il primo momento di incertezza, dovette riconoscere che non era poi così complicato come aveva sempre pensato, anzi. Iniziò a cullarlo, un po’ impacciata, e il bambino emise un gorgoglio felice.
- E’ davvero bellissimo – mormorò, sfiorandogli le manine piccole e delicate.
Il piccolo le afferrò un dito e lo strinse, e fu allora che Lynn, per la prima volta nella sua vita, sentì un’emozione nuova gonfiarle il petto, qualcosa che non aveva mai provato prima. Per un istante, immaginò come sarebbe stato tenere tra le braccia il suo bambino. Un figlio tutto suo. E di Tristyn.
Questo pensiero la turbò a tal punto che si immobilizzò di colpo, incapace di prendere fiato. Il neonato, sentendola irrigidirsi, iniziò a piagnucolare spaventato.
- Io…mi dispiace – disse lei, sentendolo agitarsi tra le sue braccia e non sapendo cosa fare.
- State tranquilla milady, dopo un po’ si stanca di essere cullato – la ragazza le lanciò uno sguardo preoccupato – voi, piuttosto, vi sentite male? Siete molto pallida.
In effetti, Lynn non stava affatto bene: le mancava l’aria e le sembrava che tutta la stanza avesse iniziato a girarle intorno all’impazzata.
- Sto bene – rispose, con voce malferma – ora scusatemi ma devo proprio andare.
Si alzò, afferrò la borsa e uscì di corsa dalla casupola, quasi avesse il diavolo alle calcagna.
Fuori l’aria era fredda, ma era talmente agitata che non se ne accorse nemmeno; dovette percorrere qualche metro prima di fermarsi contro un muro diroccato.
Prese un respiro profondo, poi un altro, e finalmente si calmò.
Ma cosa le era preso? Raramente le era successo di perdere il controllo in quella maniera, e tutto a causa di un bambino. Era assurdo! Si impose di cancellare dalla sua mente quello che era successo e decise di tornare al castello. Per oggi la sua visita era durata a sufficienza.
Recuperò il cavallo e prese la strada verso casa, procedendo ad un’andatura più tranquilla: non era un tragitto lungo e il tempo sembrava reggere, per il momento.
Stava quasi per superare la curva che la separava dal cancello principale quando un rumore attirò la sua attenzione. Un rantolio secco, seguito da una serie di colpi di tosse.
Si guardò intorno, all’erta. Quel tratto di strada era circondato da una fitta macchia di vegetazione, formata perlopiù da piante di more e lamponi, che in estate era meta di tutti i bambini del villaggio. D’inverno si trasformava in una boscaglia incolta e sterile e nessuno di solito le prestava attenzione.
Di nuovo quel rantolio, questa volta più prolungato.
L’idea più saggia sarebbe stata quella di andare al castello e cercare aiuto ma Lynn non si reputava una persona saggia. Era impulsiva. Per questo, senza pensarci due volte, scese dalla sella, legò il cavallo ad un albero poco distante e si incamminò in quell’intrigato groviglio di rami e rampicanti. Alcune spine le graffiarono il viso, mentre procedeva con cautela, e finalmente lo vide.
Un piccolo corpo raggomitolato a terra, immobile.
Per un attimo la ragazza temette di essere arrivata troppo tardi, ma improvvisamente una serie di colpi di tosse squassarono quella figura inerme.
Come diavolo era finito lì? Tirando fuori il pugnale che portava sempre con sé – lo stesso che le aveva regalato il fratello anni prima – si fece largo tra i rami e lo raggiunse.
Si trattava di un bambino di sette o otto anni, non di più, il corpo tremante e il viso pallido e incavato. Due occhi esausti si posarono su di lei, quasi gli costasse uno sforzo immane tenerli aperti.
- Ciao – gli disse Lynn, dolcemente, accucciandosi accanto a lui.
Il bambino si ritrasse spaventato, per quanto glielo consentissero le sue forze.
- Non voglio farti male, stai tranquillo. Come ti chiami? – gli chiese.
Doveva portarlo via di lì il prima possibile.
- Briain – mormorò lui. Era chiaro che non si fidava di lei, ma stava talmente male che non riusciva ad opporre troppa resistenza.
- Io mi chiamo Lynn. Vivo qui vicino, al castello di Welnfver – disse.
Il bambino fece un lieve cenno del capo nel sentire quel nome e fu allora che lo riconobbe: qualche volta accompagnava suo padre, un mercante di Norwich che periodicamente si fermava a Welnfver prima di ripartire per la Scozia. Evidentemente, nella concitazione della partenza, il bambino si era allontanato, perdendosi nel bosco. Era un miracolo che fosse ancora vivo.
- D’accordo, che ne dici se ce ne andiamo da qui? Si sta facendo freddo e non è il caso di restare a passare la notte in questo posto – osservò, sperando di persuaderlo.
Maledizione, lei non era brava con i bambini! La soluzione più semplice sarebbe stata quella di caricarselo in spalla e portarlo via, ma sfortunatamente lei non era così forte da poterlo fare.
“Se ci fosse qui Tristyn, saprebbe cosa fare” pensò.
Mai come in quel momento aveva desiderato che suo marito fosse con lei, ed era un evento raro.
Il bambino ci pensò su e alla fine riuscì a mettersi seduto.
- Riesci a mettermi le mani attorno al collo? – gli chiese.
“ Dì di sì, ti prego, dì di sì” pregò.
Il bambino annuì lievemente e in qualche modo riuscì ad aggrapparsi a lei. Prendendo lo slancio necessario, Lynn si tirò su, riuscendo a mettersi in piedi. Nonostante fosse mingherlino, il piccolo era piuttosto pesante. Procedendo a fatica, percorse il sentiero che si era aperta all’andata e riuscì a tornare sulla strada maestra. Il bambino aveva iniziato a tremare vistosamente e la fronte scottava.
Salire insieme a cavallo era un’impresa impossibile: lo avvolse nel suo mantello e in qualche modo riuscì a metterlo in sella.
- Tieniti alla criniera, d’accordo? – gli disse – resisti ancora un po’ e poi potrai riposare.
Prese per le redini, e si incamminò lungo la strada, pregando Dio che il bambino non cadesse giù da cavallo. Alla fine, senza che nemmeno lei sapesse bene come, arrivarono al castello: era appena entrata nel cortile principale quando vide un uomo dirigersi verso di lei.
Le sfuggì un sospiro di sollievo.
Ce l’aveva fatta.
 
*
 
- Perché ci mette tanto a tornare? – borbottò Tristyn.
Era salito sulla torre principale assieme al capo delle guardie per verificare l’efficienza delle difese del castello, e nonostante ascoltasse quello che l’altro gli stava dicendo, non poteva fare a meno di pensare a Lynn.
Aveva trascorso buona parte della notte in bianco, a ripensare a come si era comportato con lei, e per quanto ne soffrisse il suo orgoglio, aveva deciso di scusarsi con lei. Tristyn non amava ammettere di aver sbagliato, ma questa volta aveva davvero esagerato.
- La via d’accesso è sicuramente il punto più vulnerabile – gli stava dicendo l’uomo – tuttavia con un numero adeguato di soldati…- si interruppe di colpo e si sporse dal parapetto.
Tristyn seguì la direzione del suo sguardo e vide una figura esile dirigersi verso il cancello principale, con dietro un cavallo che avanzava a passo lento e ciondolante.
Gli bastò un attimo per riconoscerla.
Si precipitò giù per le scale il più in fretta possibile e corse fuori proprio mentre Lynn faceva il suo ingresso nel cortile principale.
- Lynn! – esclamò, raggiungendola – si può sapere cos’è successo? – chiese.
La ragazza tremava visibilmente e le labbra avevano iniziato ad assumere un colorito bluastro.
- Devi entrare subito dentro, ti verrà un accidente! – disse, slanciandosi il suo mantello e appoggiandoglielo sulle spalle.
- A-aspetta – balbettò lei, afferrandogli le mani. Erano gelide – ho trovato un…un bambino lungo la strada – gli indicò il fagotto riverso sulla sella, da cui spuntava una testolina bionda.
Con cautela, Tristyn lo tirò giù e lo prese in braccio. Due occhi stanchi e febbricitanti lo fissarono.
- Dove l’hai trovato? No, me lo dirai dopo, ora avete bisogno di scaldarvi – l’afferrò con la mano libera e la trascinò dentro il salone principale, facendola sedere davanti al fuoco.
- Aspettami qui – le ordinò – a lui ci penso io. Non muoverti, intesi? –
Senza attendere una risposta, portò il bambino in una delle stanze al piano superiore e lo mise a letto. Tossiva in continuazione e a giudicare da quanto scottava, doveva avere la febbre molto alta.
Aveva accesso il fuoco nel camino, usando tutta la legna che aveva trovato, ma quel ragazzino aveva bisogno di riscaldarsi al più presto. In quel momento la signora Godwyn, la governante del castello, entrò nella stanza, portando con sé delle pezze pulite.
- Oh santo cielo – mormorò, avvicinandosi al letto e lanciando un’occhiata impietosita al suo occupante. Gli appoggiò un panno freddo sulla fronte e cercò di fargli bere qualcosa, ma il ragazzino si scansò, infastidito.
- Abbiamo bisogno di un dottore, e in fretta – disse Tristyn – lo mando subito a chiamare.
- E’ partito stamattina per un villaggio nella valle vicina, non tornerà prima di domani – osservò la donna – e non ci sono altri dottori in questa zona.
- Mi occuperò io di lui.
Entrambi si voltarono e videro Lynn sul ciglio della porta. Aveva ripreso un po’ di colore, ma tremava ancora leggermente.
- Ti avevo detto di non muoverti da lì – le disse, lanciandole un’occhiata severa.
- Sto bene – rispose, guardandolo in malo modo – lui no.
Si avvicinò al letto, sedendosi accanto al bambino.
- Ciao Briain – sussurrò, accarezzandogli la fronte – ti ricordi di me?
Il ragazzino annuì, prima di mettersi a tossire senza sosta.
Tristyn iniziava a stare male per lui.
- D’accordo, ora resta qui e cerca di dormire. Signora Godwyn, ho bisogno di qualche vestito pulito e di panni freschi per far scendere la febbre. Restate voi con lui? – chiese Lynn, alzandosi in piedi.
- Certo, milady – rispose.
Il bambino allungò una mano verso Lynn, afferrandola per la gonna.
- Non andare via – mormorò.
La ragazza si chinò verso di lui, parlandogli con voce dolce.
- Non starò via molto. Tu cerca di dormire, quando ti svegli sarò qui, promesso.
Gli accarezzò lievemente i capelli e uscì di corsa dalla stanza.
Tristyn la seguì a ruota: iniziava a sentirsi soffocare in quella stanza.
- Che cosa vuoi? – gli chiese lei, continuando a camminare.
- Intanto, che ti fermi e mi guardi in faccia quando ti parlo – le prese una mano e la costrinse a voltarsi verso di lui – e poi voglio che tu mi risponda sinceramente: pensi che ce la farà?
- Non lo so.
- Sta molto male, Lynn.
- Me ne sono accorta.
- Posso fare qualcosa? Aiutarti in qualche modo?
Un’ombra passò sul volto della ragazza.
- No. La tua presenza non è necessaria.
Si liberò dalla sua stretta e corse giù per le scale, senza lasciargli nemmeno il tempo di replicare.
 
*
 
Nonostante avesse rischiato quasi di morire congelata, Lynn si sentiva piena di energie, al punto che non riusciva a stare ferma un momento: si alternava tra le cucine, doveva aveva messo a bollire diverse ingredienti per preparare un decotto, e la stanza in cui riposava Briain, accertandosi di volta in volta delle sue condizioni di salute. Era come una scheggia impazzita, tant’è che la signora Godwyn, esasperata da quel continuo via vai, l’aveva gentilmente rispedita in cucina, con l’ordine di tornare solo quando la medicina fosse stata pronta.
- Non dovrebbe mancare molto – mormorò Lynn, china sul paiolo in cui le erbe stavano bollendo già da un po’. Un odore acre e pungente si stava diffondendo nell’aria: più fosse stato forte, più efficace sarebbe stato il decotto.
Dopo aver filtrato il contenuto del paiolo, la ragazza vi aggiunse del miele e del latte, per addolcire un po’ il sapore, e lo portò al piano di sopra.
Il piccolo stava dormendo, per quanto glielo consentisse la tosse incessante, ma si svegliò di colpo non appena Lynn mise piede nella stanza.
- Che cos’è? – chiese debolmente, vedendola avvicinarsi con la tazza in mano.
- E’ un decotto di erbe. Ti farà bene, vedrai – gli disse Lynn, sedendosi accanto a lui.
- Ha un odore schifoso – osservò il bambino.
- Sì, lo so, ma ti assicuro che il gusto non è così cattivo. Dai, ti aiuto a tirarti su – con cautela lo mise a sedere e gli portò la bevanda calda alle labbra. Briain mandò giù qualche sorso, cercò di scansarsi un paio di volte, ma alla fine lo bevve quasi tutto.
Con l’aiuto della signora Godwyn, Lynn lo appoggiò sui cuscini in una posizione semieretta, di modo che potesse respirare meglio, e gli rimboccò le coperte.
- Te ne vai di nuovo? – le chiese lui, vedendola allontanarsi.
- Solo un momento, non preoccuparti.
Poco dopo tornò con una piccola boccetta di vetro.
- Questo – disse, spalmandogli una pomata sul petto – ti aiuterà a respirare meglio. Quando ero piccola ed ero ammalata, la mia balia lo usava sempre e subito mi sentivo bene.
In cuor suo, Lynn sperava che quell’antico rimedio funzionasse anche questa volta.
Con il passare delle ore, tuttavia, le condizioni del bambino non sembravano migliorare: la tosse continuava ad affliggerlo, al punto che ormai respirava con evidente affanno, e la febbre continuava ad essere alta, a giudicare da come delirava nel sonno. Per diverse ore la ragazza continuò a rinfrescargli il viso con panni imbevuti di acqua fredda e a fargli bere bevande calde: la speranza che si riprendesse si affievoliva sempre di più, ma non era ancora disposta a lasciarsi prendere dalla disperazione.
Alla fine, in un modo o nell’altro, il bambino smise di agitarsi e cadde addormentato.
Esausta, Lynn si lasciò cadere su una poltrona accanto al letto: le girava la testa, e aveva le braccia indolenzite.
- Milady, dovreste andare a riposare – osservò la governante, lanciandole un’occhiata preoccupata.
- Voglio restare qui – disse lei.
- Rischiate di ammalarvi anche voi, se continuate così. E allora non sareste di nessun aiuto a quel povero bambino, non credete?
A malincuore, Lynn dovette darle ragione.
- Va bene. Ma per qualsiasi cosa, qualsiasi, non esitate a chiamarmi.
La signora Godwyn le diede la sua parola.
A tentoni, la ragazza raggiunse la sua stanza e, dopo essersi spogliata e rinfrescata, si infilò una camicia da notte e si mise a letto, cadendo addormentata pochi istanti dopo.
 
*

Seduto nel salone principale, Tristyn osservava assente le braci spente nel focolare.
Ormai la sera era calata da un pezzo e la maggior parte degli abitanti del castello si stava preparando per la notte. Lui non andava mai a dormire così presto, e di solito ingannava l’attesa chiacchierando con Stefan e magari bevendo un bicchiere di acquavite.
Peccato che quella sera di Stefan non ci fosse traccia. Chissà dove diavolo si era cacciato.
Sentì alcuni colpi di tosse risuonare secchi nel silenzio della stanza; preoccupato, lanciò un’occhiata al piano superiore. Dubitava che quel bambino ce la potesse fare: ne aveva visti a decine morire così mentre era in guerra, tuttavia era uno spettacolo a cui non ci si abituava mai.
Stanco di stare fermo a non fare nulla, decise di andare a controllare la situazione. Gli bruciava ancora il modo in cui Lynn lo aveva trattato, ma passato il primo momento di rabbia, aveva dovuto riconoscere di esserselo meritato.
In silenzio, entrò nella stanza di Briain e lo vide immobile al centro del letto, il petto che si sollevava a fatica e che veniva di tanto in tanto squassato da un colpo di tosse, il viso pallido e tirato.
- Come sta? – chiese alla governante, seduta in una vecchia poltrona lì vicino.
La donna scosse la testa, avvilita. Una risposta più che sufficiente.
Tristyn sentì un nodo stringergli la gola.
- Dov’è mia moglie? – chiese.
- Sono riuscita a convincerla ad andare a riposare. Ha fatto tutto il possibile per lui, ora non resta che aspettare. Anche se…- la voce si affievolì, senza finire la frase.
Tristyn rimase a osservarlo per qualche istante, in silenzio. Si sentiva inerme, la stessa dannata sensazione che aveva già provato decine di volte dinanzi a qualcosa più grande di lui.
- Avete bisogno di qualcosa? Posso fermarmi io, mentre voi vi riposate – disse.
Al momento, era l’unica cosa che poteva fare.
La donna scosse la testa.
- Siete molto gentile, milord, ma resterò qui. L’ho promesso a lady Lynn.
Rivolgendo un’ultima occhiata al bambino addormentato, Tristyn si accomiatò e si diresse verso la sua stanza: si limitò a slacciare il cinturone e a togliersi le braghe prima di infilarsi sotto le coperte.
Rigirandosi tra le lenzuola fredde, allungò una mano verso il centro del materasso, trovandolo stranamente vuoto: di solito Lynn amava avere il letto tutto per sé, ma questa volta la trovò raggomitolata sul ciglio. Lontana da lui.
Tristyn stava per mettersi a dormire, quando un singhiozzo attirò la sua attenzione.
- Lynn? – chiese, tirandosi su e accendendo una candela lì vicino.
Una luce tremolante rischiarò la stanza e la sagoma di sua moglie.
Stava piangendo.
- Lynn, cosa succede? – si avvicinò, preoccupato.
- Niente – gli rispose– lasciami in pace.
Oh, ne aveva abbastanza.
Senza darle il tempo di ribellarsi, la voltò verso di sé: aveva le guance arrossate, gli occhi pieni di lacrime, le labbra tremanti.
- Perché devi fare sempre di testa tua? – sbottò lei, asciugandosi una lacrima fuggitiva.
- Perché sono preoccupato per te – rispose lui, semplicemente.
Lynn lo guardò, sorpresa, e poi scoppiò in singhiozzi.
Impacciato, Tristyn le diede qualche carezza di conforto sulla schiena, avvicinandola a sé. In risposta, lei lo abbracciò e seppellì il volto contro il suo petto.
- E’ per quel bambino, vero?
Lei annuì, senza smettere di piangere.
- Hai fatto tutto quello che era in tuo potere, Lynn – la consolò.
- Non…non voglio che m-muoia. E’ così piccolo. Non è g-giusto – mormorò lei, tra le lacrime.
- No, non è giusto. Ma purtroppo tu non ci puoi fare niente. Gli hai già dato una possibilità trovandolo e portandolo qui, ora non possiamo fare altro che aspettare.
- Pensi che ce la farà? – gli chiese.
Lui avrebbe voluto essere onesto e dirle ciò che pensava, ma non riuscì a farlo.
- Non lo so. Spero di sì.
- Lo spero anche io.
Rimasero in silenzio per un po’. Tristyn continuava ad accarezzarle piano la schiena, e pian piano sentì i singhiozzi diminuire, fino a cessare del tutto.
- Va un po’ meglio? – le chiese.
Sua moglie annuì.
Tristyn fece per staccarsi da lei ma Lynn non mollò la presa.
- Resta ancora per un po’. Per favore – lo pregò, la voce soffocata contro il suo petto.
- D’accordo. Aspetta solo un momento – si sollevò e spense la candela.
La stanza piombò nell’oscurità.
Infilandosi di nuovo sotto le coperte, la prese di nuovo tra le braccia e la sentì raggomitolarsi contro di sé come un gattino impaurito. Non l’aveva mai vista così vulnerabile.
- Allora buonanotte – mormorò.
Ma Lynn si era già addormentata.


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Ciao a tutti!
Lo so che è passato diverso tempo dall'ultimo aggiornamento, ma in questi mesi di assenza la voglia di scrivere mi aveva proprio abbandonato, avevo la testa da tutt'altra parte, tra università e problemi personali, e non riuscivo a mettere giù niente che mi convincesse. Questo capitolo, assieme al prossimo (che è già in lavorazione) chiude la seconda parte della storia, ci ho lavorato parecchio e spero che il risultato sia buono. 
Ringrazio tutti quelli che continuano a seguire e lasciarmi le loro impressioni, sono molto importanti per me e spero che, nonostante le mie continue assenze, non abbandoniate la storia :)

Un bacione
Francesca
 
 
   
 
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