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Autore: ballerinawoodoo    25/09/2016    0 recensioni
Prima di iniziare, ci tengo a precisare che questa storia è vera ed è la mia. Ho deciso di raccontarvela perché è così incasinata e folle da sembrare una commedia. O una tragedia, dal mio punto di vista. Però è vera e di certo diversa dalle altre. Vi ho incuriositi? Bene, buona lettura!
Dal testo:
- Cosa vuoi da me ancora? Non ti sei già divertita abbastanza? - singhiozza con il viso nascosto dietro le ginocchia e le braccia attorno ai capelli rossi, come una barriera che la protegga dal dolore che sta provando. Che io le ho inferto.
- No, io volevo scusarmi. - Alza immediatamente il viso dai leggins e mi fissa con gli occhi spalancati. È la prima volta che le chiedo scusa, ma non la prima che avrei dovuto farlo. Eppure non le basta. Quattro paroline non guariscono una ferita, neppure se sono state pronunciate faticosamente. Perciò decido di aprirle il mio cuore, come avrei dovuto fare già da tanto tempo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Le braccia di Alex avvolsero dolcemente ma con tenacia i miei fianchi e le sue labbra mi accarezzarono timidamente l'orecchio mentre sussurrava: "Cosa ho fatto di sbagliato?". Non mi sciolsi nelle sue braccia come sempre, ero ancora troppo arrabbiata. "Fai sempre così, attiri l'attenzione su di noi per farti bello davanti agli altri, mentre io vorrei solo un po' di tranquillità!" gli urlai in faccia, attirando più attenzione di prima. "Ma amore, che vai pensando? Ero solo felice di vederti!" Notò che la mia espressione inferocita si stava ammorbidendo in una perplessa e tornò all'attacco con un'irresistibile faccia da cucciolo: "Mi sei mancata tanto quest'estate..." Sospirai e gliela detti vinta. Avevo ancora dentro di me il sospetto che il motivo fosse un altro, ma mi feci abbracciare e abbozzai un sorriso di pace. Entrai in classe solo all'ultimo secondo per evitare che tutti mi chiedessero di sedersi con me e presi posto in fondo all'aula, vicino alla finestra, isolata il più possibile. Quando la professoressa entrò in classe tutti si zittirono, perciò mi voltai sorpresa e notai che non era sola, ma era affiancata da una splendida ragazza magra e sottile, bassina come me, con una cascata di capelli rossi che le ricoprivano tutta la schiena fino al sedere. Non riuscii a vedere subito il colore dei suoi occhi perchè aveva il volto candido rivolto verso il pavimento, ma notai che erano circondati, sia sopra che sotto, da una linea di matita nera, mentre le gote e le labbra delicate erano pallide. Indossava una camicetta con i fiori e una gonnellina svolazzante. Ai piedi, delle ballerine rosa chiaro con tanto di fiocco. La osservai per qualche secondo e non riuscii ad evitare di scoppiare a ridere. Era ridicola! Vestita come una bambina e con un'espressione così innocente e spaesata che mi faceva venire voglia di buttarla fuori dalla scuola anche prima di farle conoscere il duro e crudele microcosmo in cui passiamo le nostre mattine ogni giorno. Una principessina come lei non poteva che fare una brutta fine in questa scuola di stronzi superficiali in cerca d'attenzione e mi veniva da ridere solo all'idea che entrasse in contatto con persone come me ed Alex, o peggio Sabrina Ferorilli. Non credo sinceramente che esista un essere umano peggiore di lei: non è solo una saputella spocchiosa e antipatica che si vanta di aver partecipato una volta ad un'orgia, è anche una lecchina di quelle che ti fanno venire i conati di vomito solo a guardarle. Io sono consapevole di essere una stronza di prima categoria, che si crogiola nei problemi degli altri perchè non ha niente di meglio da fare, ma almeno ho la decenza di non desiderare tutte le attenzioni che invece ricevo, mentre la Ferorilli ci prova persino con gli insegnanti pur di avere il suo nome sulla bocca della scuola intera per un po' di tempo. Mi fa abbastanza schifo. Lo sguardo dell'intera classe si voltò verso di me, che stavo ancora ridendo come una pazza, e di conseguenza anche gli altri si unirono a me, mettendo profondamente a disagio sia la professoressa che la nuova arrivata, la cui faccia s'imporporò fino a raggiungere il colore dei capelli. Era chiaramente così imbarazzata da desiderare di correre via in lacrime, ma a me non interessava. Ve l'ho detto che sono stronza. Una volta esaurite le risate, la professoressa la presentò alla classe, ma ormai aveva perso ogni possibilità di piacere a qualcuno a causa mia: "Ragazzi, lei si chiama Sofia Abbruzzi e si è appena trasferita nella nostra scuola. Sofia, prego siediti pure vicino a Matera." concluse facendo un cenno nella mia direzione. Mi irrigidii all'istante e guardai male Sofia per tutto il tragitto fino al mio fianco. Lei ignorò il mio sguardo, si sedette leggera e silenziosa, invadendo il mio spazio personale con un intenso profumo di lavanda e sistemò le cose sul suo banco. Ero arrabbiata, anzi infuriata. Non riuscivo a credere che avessero fatto sedere quella nullità rossa vicino a Martina Matera! Come. avevano. osato. Sbattei furiosamente i libri sul banco e fingo di ascoltare la lezione, ma la verità era che non riuscivo a togliermi dalla testa il pensiero che non fossi ancora riuscita a vederle gli occhi. Che poi cosa avrebbe dovuto importarmi se non sapevo il colore dei suoi occhi, non mi interessava nulla di lei. Però volevo saperlo. La guardai di tanto in tanto con la coda dell'occhio, ma lei era sempre china sul suo quaderno a scrivere appunti. Alla fine delle prime tre ore di lezione, mi girai di novanta gradi e incominciai a fissarla apertamente. Sapevo che si sarebbe girata e mi avrebbe mostrato i suoi occhi. Purtroppo non andò come previsto: chiuse il quaderno con un colpo secco e corse via dall'aula con in mano il piccolo cellulare rosso e un paio di auricolari. Era veloce, ma se avessi voluto sarei riuscita a seguirla, in fondo quella era la MIA scuola e nessuno meglio di me la conosceva. Però non avevo nessunissima intenzione di correrle dietro, perciò raggiunsi Alex nel corridoio del nostro piano e sfogai la mia rabbia in un caldo bacio appassionato. La mattina passò tranquillamente ed io ero sempre più arrabbiata. Si può nascondere un tatuaggio, un piercing, un paio di scarpe forse, ma non i propri occhi! Come cavolo faceva a non farsi guardare mai in faccia? Dio, avevo voglia di prenderla e strattonarla pur di vedere i suoi stramaledettissimi occhi, ma temevo che mi avrebbero preso per pazza se l'avessi fatto. Al suono dell'ultima campanella capii quel era il suo piano: pensava che se non avesse interagito con nessuno, nessuno le avrebbe dato fastidio. Un buon piano che mi faceva comodo, perchè così non ero costretta a fingere che m'importasse qualcosa della sua esistenza. Questa volta fui io a correre via dalla classe con lo zaino in spalla. Stranamente avevo voglia di stare sola, perciò non raggiunsi il mio ragazzo e non gli chiesi di riaccompagnarmi a casa, ma scesi le scale in punta di piedi, come faccio sempre, e mi feci tutta la strada per casa da sola, assorta nei miei pensieri. Stavo giusto pensando a quanto avrei voluto essermi ricordata di comprare gli auricolari nuovi, visto che gli altri si erano rotti, per poter ascoltare un po' di musica che sentii il tocco lieve di una mano sulla spalla. Capii di chi si trattasse ancora prima di girarmi, il profumo di lavanda l'aveva smascherata. Con mio sommo stupore Sofia mi guardava con gli occhi spalancati, sorridendo. Aveva ancora una mano bianca poggiata sulla mia spalla e un foulard azzurro nell'altra. "Ti è caduto questo, prima in classe, e ho cercato di chiamarti per ridartelo, ma sembravi piuttosto pensierosa e non mi hai sentita. Beh, tieni." Io continuavo a fissarla, immobile, dritto negli occhi. Verde smeraldo, era questo il colore. Degli occhi così grandi e dolci non credo di averli mai visti. Dopo qualche secondo la sua bocca sottile si aprì in una risata argentina e lei si avvicino a mettermi il foulard al collo. Lo annodò, sfiorandomi il collo con le dita fredde e provocandomi mille brividi, poi arretrò di un passo, sempre sorridendo, e ammirò l'opera, soddisfatta. "Ti sta bene questo colore, s'intona ai tuoi occhi." aggiunse in un sussurro imbarazzato, poi concluse con un "Beh, a domani Mar!" seguito da un saluto con la mano e si girò, facendo svolazzare la gonna e saltellando per tutta la strada, con i riccioli rossi al vento. Una volta girato l'angolo mi sembrava di poter sentire ancora il suo profumo. Stordita e confusa, scollai i piedi dal marciapiede e continuai la strada, ammutolita e pensierosa più di prima. Che diavolo era appena successo?
   
 
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