Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Christine Enjolras    25/09/2016    1 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Joly

‘Umh… sembra che la lingua abbia un colore normale… non vedo particolari macchie, né placche in gola… ottimo. E il battito cardiaco? Non vorrei mai che un infarto mi cogliesse di sorpresa!’ constatò tra sé Joly, posando lo specchietto che aveva sempre in tasca e mettendosi due dita sul polso. Non stava seguendo minimamente la lezione: era troppo preso a controllare di non avere una qualche malattia mortale per prestare attenzione al professore e al suo interessantissimo discorso introduttivo su cosa avrebbero imparato quell’anno. Per sua fortuna il laboratorio di scienze era enorme e lì in fondo, dietro a immensi contenitori di vetro contenenti diverse sostanze chimiche che Joly era sicuro avrebbero potuto intossicarlo in qualche maniera se li avesse fatti cadere, nessuno si sarebbe mai accorto di lui. Del resto era un tipo piuttosto tranquillo, non esattamente uno di quei ragazzi a cui si fa attenzione, eppure sempre molto allegro e gentile con tutti.

Fu mentre contava i battiti del suo cuore che sentì dietro di sé la porta aprirsi leggermente.

“Bossuet! Mi hai fatto perdere il conto! Ora devo ricominciare tutto da capo!” sussurrò ad alta voce Joly, stoppando il timer del suo cellulare che aveva impostato per essere sicuro di prendere i battiti giusti.

Bossuet, come lo chiamavano i suoi amici, rimase lì a guardarlo con un’espressione sorpresa e incredula assieme. “Oh buongiorno anche a te, Joly! Sì, io sto bene e in vacanza tutto okay, grazie per avermelo chiesto. Ovvio che anche tu mi sei mancato moltissimo!”

“Stavo contando i miei battiti al minuto e, come ti dicevo, ho perso il conto! Ma che ci fai qui?”

“Come cosa ci faccio qui?! Non riuscivo ad aspettare stasera prima di vederti, ecco che ci faccio qui!” A quel punto, Joly recuperò in fretta il telefono che aveva lasciato sull’immenso bancone di mattonelle bianche e uscì di soppiatto insieme a Bossuet: il suo professore era troppo impegnato a decantare le meraviglie dell’apparato digerente per accorgersi di tutto quello che stava accadendo, così i due ragazzi chiusero la porta dietro di loro.

“Non ci siamo visti neanche un giorno in questo mese e mezzo! Mi sei mancato da morire!” disse Bossuet, appoggiandogli una mano sulla spalla.

Joly si guardò attorno. Bene: nessuno stava passando.

“Anche tu mi sei mancato moltissimo!” Detto questo, Joly si buttò tra le braccia di Bossuet e si strinse a lui: a vederli, si capiva benissimo che tra loro c’era più di un’amicizia, ma in una scuola gestita da un vescovo non è esattamente consigliabile ostentare questo tipo di rapporto.  Ancora abbracciato al suo ragazzo, Joly proseguì: “I miei genitori hanno voluto che passassi le vacanze a casa di mia nonna…”

Bossuet doveva aver sentito l’indecisione nella sua voce, tipica di chi sta dicendo una mezza verità, perché disse: “Sei tu che hai voluto rimanere là il più possibile, vero?”

A quel punto Joly si staccò dal suo petto, ma rimase comunque aggrappato alle sue braccia robuste, guardò lo sguardo quasi accusatore di Bossuet e si sentì costretto a dargli spiegazioni: “Beh… l’aria di mare fa molto bene alla tiroide e quindi…”

“E quindi hai preferito piantarmi in asso per la tua malattia immaginaria alla tiroide, giusto?”

“Beh non si può mai sapere… la salute prima di tutto…” si guardarono in silenzio: Bossuet sembrava essersi indignato dopo aver sentito questa frase. “Ce l’hai con me?”

Joly aveva due tali occhietti da cucciolo che Bossuet non poté fare altro che sospirare, spostare quel suo caratteristico ciuffo castano, tirarlo a sé con la mano sulla sua guancia sinistra e baciarlo sull’altra dicendogli: “Mi dici come faccio a prendermela con te, io?”

Stettero ancora un po’ a guardarsi negli occhi in silenzio: un mese e mezzo era davvero tantissimo tempo per loro.

“E tu? Che hai combinato quest’estate?” riprese Joly come se nulla fosse successo.

“Beh sono stato a Marsiglia qualche giorno coi miei genitori. C’era un sole che spaccava le pietre!”

“Ti sei ricordato di portare il cappello tutti i giorni, quest’anno? Mi ricordo ancora quando l’anno scorso ti sei completamente bruciato la testa studiando al parco per le ultime verifiche!” Come dare torto alle preoccupazioni di Joly? Bossuet era completamente calvo, ma di quella condizione sembrava quasi andarne fiero: girava tranquillamente con la sua pelata ben esposta ed erano poche le occasioni in cui indossava il cappello o la bandana.

“Eh eh… no. Mi sono scottato il primo giorno e ho passato gli altri a letto a causa dell’insolazione che mi sono preso: 39 di febbre. Tornato a casa mi sono slogato una caviglia mentre passeggiavo per Montmartre con i miei, e sono rimasto a letto un’altra settimana. Ma la buona notizia è che cammino ancora sulle mie gambe!” Ecco: questo era Bossuet. Sfortunato come pochi al mondo, Bossuet aveva imparato a ridere di tutto: riusciva sempre a vedere il lato positivo anche quando le cose tendevano al drammatico.

Quei due erano praticamente complementari: se in un temporale che li coglieva all’improvviso Joly vedeva la possibilità di prendersi una broncopolmonite, Bossuet trovava un’opportunità per rinfrescarsi un po’ e godere della meravigliosa vista dell’arcobaleno. Nonostante fossero molto diversi, non potevano essere più affiatati: ormai erano quasi due anni che si frequentavano ed erano rimasti uniti come il primo giorno.

“Io non capisco come tu possa essere ancora vivo, sai?” disse Joly, guardando Bossuet leggermente sconvolto.

“Che ti posso dire? Si vede che nella mia sfiga sono molto fortunato!” gli rispose, scoppiando in una sonora risata; Joly gli tappò la bocca prima che qualcuno potesse sentirlo e sembrò che solo in quel momento Bossuet realizzò di essere a scuola.

“Ti ricordi che dovremmo essere a lezione e non qui fuori, sì?”

“Ora sì” confermò le supposizioni del suo ragazzo Bossuet. “Oh, a proposito! Ho incrociato Grantaire nei corridoi, venendo qui. Non mi ha neanche notato: secondo te è possibile che sia in balia dei postumi di una sbornia?”

“Dipende: era vicino alla classe del professor Mabeuf?” A Joly veniva da sorridere: con Grantaire erano amici da due anni circa e vivevano nella stessa residenza per studenti, quindi, vedendosi ogni giorno, oramai si conoscevano bene.

“Beh sì, ma che cosa c’entra con…” Solo mentre parlava, Bossuet sembrò realizzare a cosa stesse pensando Joly: “Aaaaaaaah è verooooo! Ora mi spiego perché non mi ha visto passare! Era troppo distratto, il nostro amico!”

Scoppiarono entrambi a ridere, cercando di tenere basso il volume della voce.

“Ma, ora che ci penso: c’è qualcun altro in classe, o siete tutti in giro?” disse Joly, asciugandosi le lacrime che gli erano uscite mentre cercava di soffocare la risata.

“Non saprei. Beh quel secchione di Combeferre sicuro! Volevo passare a salutarlo, ma non credo che uscirebbe dall’aula solo per vedermi!” gli rispose Bossuet, mentre sulla sua faccia appariva un’espressione che a prima vista si sarebbe giudicata indignata e offesa, ma Joly sapeva che in realtà nascondeva molto affetto.

“Ma tu cosa ci fai in giro, ora che ci penso? Non hai lezione?”

“No. Il professor Javert sta sistemando le ultime pratiche col preside e quindi non è ancora arrivato a lezione. C’è un nuovo studente, lo sapevi?”

Joly non rispose. Guardava il suo ragazzo con uno sguardo preoccupato quando gli disse: “Cioè… tu hai avuto il fegato di uscire durante la lezione di Javert?”

Bossuet fece spallucce, non capendo cosa ci fosse di preoccupante, e disse: “Non durante la sua lezione: lui non era in classe!”

“Ma ti sei forse bevuto il cervello?! E se arrivasse mentre tu sei qui a parlare con me?! Hai idea di quanti guai potresti passare?!” Joly sembrava arrabbiato mentre pronunciava queste parole, ma in realtà era solo preoccupato: considerando quanto era sfortunato il povero Bossuet, come minimo avrebbe dovuto trascorrere un mese ad aiutare Feuilly nelle pulizie, dopo le lezioni.

Bossuet lo fissò per qualche secondo con gli occhi spalancati, immobile come fosse stato appena pietrificato dall’avvertimento del suo ragazzo. Riprese vita improvvisamente: afferrò Joly per le spalle e lo tirò a sé per baciarlo, e prima di correre via come una scheggia gli sussurrò dolcemente “Ci vediamo alla fine delle lezioni, piccolo!”

Nonostante Joly fosse preoccupato che qualcosa potesse andare storto, era stato molto felice della sorpresa che gli aveva fatto Bossuet: in fin dei conti, anche se era occupato a controllare di non essere malato, tra un controllo e l’altro guardava l’orologio del suo telefono, contando i minuti che mancavano alla fine della giornata.

Con il sorriso stampato sulle labbra, Joly tornò in classe e si rimise a contare i suoi battiti cardiaci, che ora, grazie all’incontro con Bossuet, poteva sentire molto più nitidamente.

   
 
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