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Autore: Sophja99    27/09/2016    6 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo tre

Lo sconosciuto

 

Davanti a lei c'era un uomo. Anzi, sembrava più un ragazzo. Nonostante il fisico massiccio e abbastanza muscoloso, che si poteva intuire anche attraverso gli indumenti, i tratti del viso erano giovani e privi di qualunque ruga o difetto. I capelli biondi si allungavano in grandi e ordinati ricci fino a poco sotto le orecchie, mentre da quella distanza non riusciva a distinguere se i suoi occhi fossero castani o gialli. Qualunque colore avessero, ciò non cambiava il fascino che Silye non poteva negare che lui emanasse. Ma era pur sempre uno sconosciuto, di cui non poteva in alcun modo fidarsi. Non incontrava mai nessuno in quei boschi, poiché nessuno era tanto stolto da sfidare i pregiudizi comuni e le avversità che si incontravano ad ogni angolo da avventurarsi così a nord, fino ad arrivare ai piedi dei ghiacciai Kala. Ed ora si ritrovava davanti questo tizio, che non sembrava portare alcuna arma, né viveri con sé ed indossava solo un leggero mantello nero a proteggerlo dal vento gelido che si infiltrava tra le foglie degli alberi alti e antichi. Certo, neanche lei portava indumenti troppo pesanti: un semplice abito lungo e rosso e una mantella scura, ma ciò perché ormai si era abituata al clima rigido tipico di Midgard e riusciva a sopportarlo facilmente anche in inverno inoltrato, rimanendo fuori casa, lontana dal rassicurante calore del fuoco nel camino, a caccia più tempo di quanto vi si trattenessero la maggior parte dei cacciatori.

Un movimento del giovane la fece riscuotere dall'analisi che stava facendo di lui, cercando di capire perché quello sconosciuto si trovasse lì. Di certo, non per cacciare, non portando alcuna arma con lui, ma non poteva neanche essere di passaggio. Nella direzione in cui stava andando, cioé i monti del nord, non vi erano centri abitati e non era consigliabile andarci in quel periodo, con l'inverno alle porte. E se anche fosse in viaggio avrebbe portato con sé almeno una borsa dove tenere i soldi, il cibo e l'acqua. Sembrava fosse venuto appositamente per lei, ma questo non era possibile. Lei non aveva più stretto rapporti con praticamente nessuno dopo la morte del padre; aveva sempre badato a sé stessa da sola, e non aveva mai visto quel ragazzo in vita sua.

Si era leggermente avvicinato a lei, con un piede davanti all'altro. Silye indietreggiò e la sua mano corse alla custodia di freccie dietro di lei. Fu più un riflesso naturale, anche se si accorse con fastidio che era inutile, poiché aveva gettato a terra l'arco. Identificò la sua posizione, continuando a tenere d'occhio il ragazzo. Non riusciva a capire se dovesse identificarlo come un possibile nemico o solo una persona innocua e per questo era sulla difensiva.

Con un movimento fulmineo Silye raccolse l'arma, che fortunatamente non era finita troppo lontana e si mise subito sulla difensiva.

Vedendo il suo atto, quello trasalì e alzò le mani in segno di resa. «Tranquilla, non sono un pericolo.»

«Questo sta a me deciderlo» ribatté, stringendo forte l'arco.

Una parte di lei voleva solo tirargli una freccia in fretta e farla finita, ma non voleva uccidere un innocente. Lei era una ladra, non un'assassina. Tuttavia, se avesse visto anche solo un movimento sospetto, si sarebbe difesa come meglio credeva. Forse avrebbe fatto meglio a fuggire, ma non poteva sapere quali fossero le sue intenzioni, se l'avrebbe seguita e aggredita in seguito.

«Hai fatto scappare la mia cena» sapeva che una frase del genere non avrebbe aiutato, ma l'offesa e l'irritazione per avergliela fatta sfuggire dalle mani bruciavano ancora.

«Scusa. Non mi ero accorto del cervo.»

Lei sbuffò.

«Allora? Cosa vuoi?» domandò, stufa di quella situazione. Voleva solo andare a casa e cuocere la carne degli uccelli. I morsi della fame iniziavano già a farsi sentire dopo aver mangiato quasi niente per tutta la mattina, eccetto per quel minuscolo pezzo di pane.

«Parlare con te.»

Parlarmi? Cosa voleva questo sconosciuto da lei? Forse era una trappola. Avrebbe cercato di indurla a fidarsi di lui, di renderla più vulnerabile, e ne avrebbe approfittatto. Ma dove voleva arrivare di preciso? Un mucchio di domande senza risposta le vorticavano nella testa e l'unica opzione che le sembrava la più plausibile da fare in quel momento era scappare. Iniziò a indietreggiare e girare un poco la testa sia per vedere la strada che avrebbe preso sia per continuare a controllare il ragazzo. Se avesse provato ad aggredirla o colpirla, avrebbe potuto sfruttare la sua agilità per evitare di essere presa. Non credeva di poter eguagliare la sua forza in uno scontro fisico, ma di certo non si sarebbe lasciata mettere i piedi in testa tanto facilmente. Sapeva bene come difendersi.

Lui dovette accorgersi dei pensieri che le ronzavano nella mente dagli sguardi che lanciava attorno a sé e dal modo con cui aveva cominciato ad allontanarsi di pochi centimetri. «Aspetta!» provò a gridare, ma lei si era già messa in fuga.

Iniziò a correre a perdifiato, come quando veniva scoperta a rubare soldi o gioielli ed era costretta ad allontanarsi in fretta prima che riuscissero a catturarla i soldati del Konungr, cioè del re, denominati Liði.

Aveva passato intere giornate a correre per il bosco, prima con il padre, poi da sola, proprio per prevenire di essere acciuffata da questi. Sarebbe stato un gioco da ragazzi lasciare indietro quel tizio che sembrava un vero e proprio sprovveduto. Non sarebbe sopravvissuto nemmeno un giorno in quelle regioni. Fore avrebbe potuto usare i muscoli e la sua forza per cacciare e anche crearsi una propria arma, di cui era privo, ma anche così dubitava che sarebbe rimasto in vita a lungo.

Non sentiva nulla dietro di sé, nessun calpestio dei piedi sul terreno, e da questo dedusse che aveva provato a seguirla, ma si era poi arreso, o che non era neanche partito.

Sorrise nonostante il respiro stesse diventando sempre più rapido e pesante. Cercò di tenerlo sotto controllo, inspirando dal naso ed espirando dalla bocca, come si era abituata a fare. Avrebbe potuto resistere per ancora un'ora alla stessa velocità, sebbene il vestito rappresentasse un impedimento e fosse molto più scomodo dei pantaloni che preferiva di gran lunga indossare. Molte volte si era esercitata correndo con un abito, semmai le si fosse presentata l'occasione concreta di farlo, come in quel caso.

Cominciò a rallentare. Ormai era impossibile che lui fosse riuscito a raggiungerla; aveva frapposto troppa distanza tra loro. Si ritrovò a ridere per la stupidità di quel ragazzo. Come credeva di poter competere con lei, la più scaltra ladra di Midgard? Se davvero voleva parlarle, avrebbe dovuto batterla e costringerla con la forza ad ascoltarla, perché lei non avrebbe obbedito contro la propria volontà e non si sarebbe piegata davanti a un tizio qualsiasi.

La corsa divenne una camminata veloce. Ora che aveva eliminato il problema, si guardò intorno, chiedendosi se avrebbe fatto in tempo a cacciare un altro po' o se fosse meglio tornare subito a casa per evitare di imbattersi nuovamente in quel ragazzo. Mentre rifletteva su queste cose, non si accorse dell'ombra che si calò su di lei, facendola cadere in avanti e bloccandola con le gambe. Silye sbatté la testa sulla terra e, quando se la andò a toccare la ritrovò bagnata. Temette che fosse sangue, ma poi vide che era solo neve. Si scostò i capelli dal viso per guardare in faccia il suo assalitore.

   
 
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