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Autore: Francesca_H_Martin    28/09/2016    2 recensioni
"Era come se attraverso un singolo sguardo, un breve momento che sembrava però eterno, il ragazzo fosse riuscito a percepire tutto il dolore che Lydia stava sentendo in quell’attimo.
La guardava con una dolcezza indescrivibile.
La mano fredda di Stiles si spostò velocemente dalla tasca già stracolma del suo cappotto e si posò delicatamente sulla guancia di Lydia, provocandole involontariamente un brivido che le percorse tutta la schiena fino ad arrivare a quelle cicatrici sul collo.
—Lydia non sei più sola. Ci sono io con te, non avere paura. —
Quelle dita affusolate continuavano ad accarezzarla come se fosse un petalo delicato pronto a lasciare il suo fiore."
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kira Yukimura, Lydia Martin, Scott McCall, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ANGOLO AUTRICE: Salve a tutti e scusatemi ancora una volta per l'attesa. Purtroppo, come già sapete, sono piena di impegni e non ho quasi mai tempo per scrivere, nonstante cerchi in tutti i modi di ritaglirmi un piccolo spazio per la mia passione.
Volevo dedicare questo capitolo a due persone speciali: alla mia piccola Ally e alla mia piccola Kira, e lo voglio fare con una frase presente nel testo, ossia
"“Quando sei triste, figlio mio, ritagliati qualche piccolo momento di felicità. Si trovano anche nei posti più impensabili, più bui…L’importante è ricordarsi di accendere la luce."
Ricordatevi questo...nonostante tutto sembri nero e insormontabile, c'è sempre qualcosa per cui vale la pena lottare ed essere felice <3
Vi voglio bene!
Detto questo, un grazie immenso a chi commenterà e leggerà questo capitolo, non sapete anche con un minuscolo giudizio quanto mi possiate far felice.
Grazie di cuore e buona lettura, spero vi piaccia!




—Lo ammazzo. Giuro che quando esco da qui, lo ammazzo. —
Stiles si trovava ormai già da tempo davanti quella porta, imprecando ogni due e tre a bassa voce e sibilando il nome di Danny, affiancandolo ogni qual volta a un aggettivo strano che all’orecchio di Lydia arrivava sempre come un qualche termine in una lingua simile all’aramaico.
—Stiles, trovo totalmente inutile quello che stai facendo. Dare pugni e calci alla porta come un forsennato di certo non la farà aprire visto che non sei un lupo mannaro e non hai quindi una forza sovraumana. Tantomeno urlare “aiuto” come una femminuccia, sperando che qualcuno ti senta quando sono tutti fuori chissà dove per quella stupida caccia al tesoro, è un tantino… fuori luogo. —.
 Lydia, a differenza di Stiles, era comodamente seduta a terra. Aveva le gambe incrociate, il mento poggiato su una delle sue mani chiusa a pugno e un’espressione decisamente annoiata. Appena pronunciò queste parole, Stiles si voltò di scatto, guardandola come se avesse detto una delle cose più orribili e fastidiose al mondo. La sua faccia era un libro decisamente troppo aperto in quel momento; tutto quel turbinio di emozioni che lo stava sopraffacendo era palesemente visibile sul suo viso.
Lydia capì che era davvero arrabbiato,-oltre dal fatto che i suoi occhi ormai erano diventati due piccole fessure e che l’insieme bocca-naso sembrava quello di un toro imbestialito, pronto a cacciare fumo e a distruggere qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino-dalle orecchie.
Ogni qual volta era furioso le sue orecchie si appiattivano, incollandosi improvvisamente e spontaneamente al viso.
Lydia aveva sempre trovato quel movimento, seppur quasi impercettibile, spassoso.
Con lei capitava spesso e per questo tutte le volte un risolino aggraziato le usciva di bocca, anche se Stiles puntualmente non ne capiva il motivo e quindi diventava sempre più furioso di prima.
Proprio come in quel momento.
—Non c’è niente da ridere, signorina sotuttoio. Visto che ogni tentativo che sto facendo le sembra inutile, che cosa mi propone? — la sua fronte era diventata ormai un insieme di ondine incastonate tra loro e il suo tono era irritante e sarcastico, come al suo solito.
Stiles e il dare del lei ogni qual volta qualcuno lo contraddicesse era ancora più ridicolo del fatto delle orecchie- pensò Lydia, alzando senza un motivo gli angoli della bocca.
Lo conosceva ormai come le sue tasche.
Capiva cosa pensasse solo guardandolo negli occhi, riusciva addirittura a scorgere i suoi più reconditi sogni attraverso quelle iridi fatte di oro colato. Era diventato parte di lei, una presenza incombente e ingombrante quanto un macigno in quel miscuglio fatto di dolore, rosso e battiti che era il suo cuore. Stiles l’aveva risollevato, l’aveva riempito di speranza ed era riuscito piano piano a tramutare quel malessere e quella finta voglia di vivere in gioia.
Stiles l’aveva salvata.
Lydia lo guardò, sospirando lentamente.
—I cellulari qui purtroppo non prendono. La lampadina è fulminata, quindi siamo costretti a stare al buio e per di più mi si è rotto un tacco! Amavo queste scarpe! —
Stiles assunse un’espressione ancora più accigliata e furiosa di prima.
—Siamo rinchiusi qui dentro, in un posto dove non c’è luce e presto neanche ossigeno, e tu pensi ad uno stupido tacco?! — Il suo tono si alzava sempre di più.
Lydia fissò per un attimo il ragazzo e capì immediatamente che qualcosa non andava.
Il petto di Stiles si alzava e abbassava troppo velocemente, era come se si stesse sforzando ad inalare aria. In quel silenzio tombale si sentivano addirittura i suoi respiri affannati: si trovava in un specie di trans. Continuava a guardare Lydia con occhi vuoti, assenti, come se lei non si trovasse davanti a lui o come se fosse proprio lui a trovarsi in un altro luogo, lontano e ignoto.
E come un fulmine a ciel sereno, Lydia ricordò.
“—Soffro di attacchi di panico da quando è morta mia mamma, Lydia. Sai, avevo solo otto anni quando me l’hanno portata via.
Ogni Natale, diversamente dagli altri, non desideravo mai una nuova bicicletta o un videogioco all’ultima moda.
Sai cosa chiedevo invece a Babbo Natale? Lo supplicavo di ridarmi in qualche modo mia madre, promettendogli molte volte di diventare un bambino meno esuberante e più ordinato, proprio come piaceva a lei. O perlomeno, promettevo che ci avrei provato con tutte le mie forze.
Sai, a volte me la ricordi.
Prima che…impazzisse, intendo.
Era dolce e premurosa.
Ricordo che guardava ogni sera con me Star Wars solo per farmi addormentare. Alla fine però era sempre lei ad addormentarsi per prima, circa a metà film.
Era strano, cadeva in un sonno profondo sempre durante la stessa scena.
Mio padre a quell’ora tornava da lavoro e, ogni volta, prima di andare a lavarsi i denti, si fermava sul ciglio della mia porta e ci guardava, sorridendo.
Facevo sempre finta di dormire, non so perché. Forse perché volevo provare quella sensazione di pace per sempre.
 Chiudendo gli occhi puoi immaginare qualunque cosa, quando vuoi.
Ancora oggi chiudo gli occhi e sento. Sento il calore dell’abbraccio di mia madre sotto le coperte, il bacio di mio padre sulla nuca per augurarmi una notte serena e senza pensieri.
Riesco a guardarci da fuori, hai capito cosa intendo? Come se fossi uno spettatore, una persona esterna a tutto quello.
Sembravamo una famiglia felice. Eravamo una famiglia felice.
Ora invece…ho dimenticato quella sensazione. Sto dimenticando il suo volto, sto dimenticando la sua bontà e la sua contagiosa voglia di vivere.
Sai, se fosse ancora viva, ti sarebbe piaciuta tantissimo. Immagino sempre voi due sedute in cucina, con una tazza di caffè in mano, sparlandomi o ridendo per qualcosa che ho combinato.
Immagino lei che, di nascosto, ti chiede di prenderti cura di me perché sono un ragazzo tendenzialmente predisposto ai guai.
Oh Dio, sono messo veramente male, ho immaginato anche una tua ipotetica risposta:
“Signora Stilinski le prometto di fare del mio meglio, ma non penso di poter fare tanto visto che i guai cercano suo figlio. O viceversa. In realtà ancora devo capire chi cerca chi.”- e poi entrambe scoppiate a ridere. Lo so, sono patetico. —.
Lydia aveva gli occhi, in quel momento lucidi e arrossati, immersi in quelli di Stiles.
Trattenne le lacrime che cercavano prepotentemente di uscire da quella prigione color verde foglia e dolcemente iniziò ad accarezzargli il viso, alzando leggermente gli angoli della bocca.
—Stiles pensi di averla dimenticata, ma non è così. Lei è sempre con te…qui.—
La ragazza poggiò con la leggiadria di una fata la sua mano sul petto di Stiles, dove c’era il cuore e  illuminò il ragazzo con uno dei suoi più bei sorrisi di sempre.
Stiles la guardò e le sorrise a sua volta. Un sorriso dolce, diverso da quelli che aveva prima.
—Grazie, Lydia. E grazie anche per prima. Sai… L’attacco di panico, il mancamento d’aria, il bac…—
Lydia roteò gli occhi, poi risorrise.
—Stiles ero qui con te, ricordi?
—Quello che stavo cercando di dire, è…sei…sei…sei davvero intelligente.
—Grazie. —“
 
Lydia ritornò alla realtà, svegliandosi da quello che le era sembrato più un sogno ad occhi aperti che un vero e proprio ricordo.
Vide Stiles accasciato a terra, con le spalle poggiate al muro e con il petto che aveva ormai assunto un ritmo troppo veloce.
Rumori distorti e confusi uscivano dalla bocca del ragazzo, il quale stava tentando in tutti i modi di inalare più aria possibile.
Lydia si soffermò sulle sue pupille: erano così dilatate che sembravano due enormi dischetti da hockey.
La ragazza si precipitò accanto a lui e raccolse il viso tra le sue mani. Iniziò ad accarezzarlo, tentando di mascherare la sua preoccupazione palesemente visibile  dal tremolio del suo corpo.
—Stiles, shhh. Guardami, guardami. —
Stiles, nonostante si trovasse in quello stato, appena sentì la voce di Lydia ritornò alla realtà, concentrandosi su quelle parole.
Era strano come entrambi riuscissero a riportare indietro l’altro; bastava solo una parola, uno sguardo o un tocco quasi impercettibile tra loro, che già tutto diventava magicamente più chiaro, più sicuro.
Stiles la guardò. Nei suoi occhi la tempesta di sabbia si era ormai placata, custodendo solo quel paesaggio scosso e distrutto, tipico del dopo disgrazia.
—Stiles ti ricordi cosa ci faceva fare la maestra quando eravamo tristi o quando ci capitava qualcosa di brutto? —
Lydia si poggiò al muro, spalla a spalla con il ragazzo e delicatamente lo tirò a se, ponendo la sua testa sulle sue gambe incrociate.
Incominciò ad accarezzargli i capelli, proprio come faceva la mamma del ragazzo ogni qual volta si svegliava durante la notte per qualche incubo o per la paura che ci fossero mostri sotto il letto.
Il battito cardiaco rallentava sempre di più ad ogni suo tocco, il petto che aveva ripreso quasi il suo normale andamento.
Lydia aveva un potere speciale su di lui.
 Era una delle poche persone che riusciva a calmarlo, a placare quell’ingarbugliamento di nervi ed ansia-tipiche di lui- presenti in ogni cosa che faceva e che aveva sempre fatto.
—Ci…ci… ci regalava una caramella di zucchero? — la sua voce apparve a Lydia quasi del tutto normale, mescolata anche ad un pizzico di ironia, propria di Stiles.
—Sbagliato. Ci faceva fare il gioco degli animali, ricordi? Dovevamo agire come un animale, dovevamo completamente fonderci con esso e non pensare a niente.
Diventavo sempre una farfalla. Iniziavo a volare per la classe, mi sentivo felice e spensierata. Per questo la sceglievo, per sentirmi libera e per non farmi schiacciare dai problemi che c’erano tra mia madre e mio padre.
Funzionava davvero.
Tu invece ricordi che cosa sceglievi sempre? —
—Sicuramente…sicuramente qualche animale inutile con il quale ero fissato, tipo…un panda. Avevo una fissa per i panda. — Stiles sembrava quasi del tutto tornato in se, a parte qualche piccolo momento di agitazione e tremolio nella sua voce.
—No Stiles. Tu sceglievi sempre il leone. E ricordi perché sceglievi sempre il leone?
Una volta te lo chiesi. Pensavo lo scegliessi perché era il re, il capo di tutti gli animali, la cima della piramide.
Tu mi rispondesti che non era quello il motivo. Mi dicesti: “Sai, il leone non ha paura di niente. Cammina a testa alta sempre, senza nessun timore, senza pensieri.
Il leone è forte e coraggioso.
Si sente il padrone del mondo, pensa che può fare tutto perché nulla per lui è impossibile.
Io invece sono una frana.
Non ho un briciolo della sua forza e del suo coraggio.
Si, vorrei essere decisamente un leone.”- o qualcosa del genere.—.
Stiles era incredulo. Aveva la bocca spalancata e un’espressione alquanto sbalordita. Si stava chiedendo nella sua testa come una ragazza così si fosse ricordata di una cosa irrilevante, detta da lui tanto tempo fa.
Non una semplice ragazza. Lydia, la sua cotta storica, la persona che aveva sempre ammirato da lontano perché mai si era sentito all’altezza di una cosa così tanto bella e preziosa.
Ora invece si trovava tra le sue braccia, ascoltando quelle parole e capendo quindi che tutto quello che aveva pensato fino a quel momento erano state solo sue paranoie, perché Lydia l’aveva sempre ascoltato, nonostante fingesse il contrario.
La vita è imprevedibile, anche quando sembra monotona e noiosa. Basta un secondo, tutto cambia e l’impossibile diventa possibile- pensò Stiles tra se e se, sorridendo come un ebete.
—Non ti risposi al tempo, ma ora voglio farlo. Stiles TU sei coraggioso, e forte, e tutto quello che pensi di non essere, ok? Mettitelo in quella testa cocciuta che ti ritrovi, perché è così! — continuò Lydia, non smettendo di accarezzare e- di conseguenza- arruffare i capelli del ragazzo.
Stiles sorrise e mentre stava cercando di dire un qualcosa alla ragazza, quest’ultima lo interruppe e lo fece mettere in ginocchio, a gattoni.
Stiles la guardava in modo strano.
Cosa voleva fare? Perché si trovavano in quella posizione ridicola?
—Vedo dalla tua espressione che hai dimenticato anche la seconda parte del gioco. Tipico. — Lydia alzò gli occhi al cielo, ma quando li abbassò e li posò di nuovo su di lui, ridevano e urlavano così forte che a Stiles venne la pelle d’oca.
Anche in quella posizione buffa, con il naso arricciato, Lydia era sempre bellissima.
—Arrrrrh! Arrrrrrh! — Lydia incominciò a intonare il verso del leone. Lo faceva con tanta enfasi e convinzione che tutta l’attenzione di Stiles ricadde su di lei, dimenticandosi del resto.
Il ragazzo si soffermò sul movimento della sua chioma riccia, color biondo fragola; Lydia agitava i suoi capelli delicatamente, quasi in modo soave. Quella specie di ruggito, poi,  arrivava alle orecchie di Stiles come una specie di musica dolce, piacevole.
Era come se guardando quei movimenti e ascoltando quel suono, i muscoli di Stiles si fossero rilassati del tutto. Si sentiva in paradiso.
I suoi occhi non riuscivano a non guardare quel meraviglioso dipinto in movimento.
Il cuore gli batteva così forte che aveva paura sarebbe esploso da un momento all’altro: sembrava stregato, perso in chissà quale dimensione ultraterrena.
Lo sguardo e l’espressione che aveva valevano più di mille parole: era incantato, estasiato…felice.
“Quando sei triste, figlio mio, ritagliati qualche piccolo momento di felicità. Si trovano anche nei posti più impensabili, più bui…L’importante è ricordarsi di accendere la luce.”- la mamma glielo ripeteva spesso e, nonostante Stiles pensasse che il diritto d’autore spettasse al mago più grande di tutti i tempi, ogni volta le sorrideva e correva dritto dritto tra le sue braccia.
Lydia era il suo momento di felicità. Lo era sempre stato.
—Stiles non pensare, sii un leone! —
Stiles la guardò di nuovo e per un attimo il tempo sembrò fermarsi all’improvviso.
Erano chiusi chissà da quanto in quella stanza, avvolti dalla penombra e da quel calore soffocante, ma a loro non importava; quello per Stiles e Lydia rappresentava un momento felice, proprio come quelli di cui parlava sua madre.
—Arhhh! Arhhh! —Stiles iniziò a ruggire di conseguenza.
Si trovavano uno di fronte all’altro, urlando con tutta la voce che avevano e ignari di tutto ciò che li circondava.
Erano i leoni più belli e forti che si fossero mai visti.
Quel momento sembrò eterno.
Entrambi si guardavano con una luce brillante negli occhi, nei quali era riflessa l’immagine di una delle persone più importanti della loro vita.
In quel preciso istante non esisteva nessuno Stiles e nessuna Lydia. Coesistevano. Insieme.
Stiles e Lydia.
Due facce della stessa medaglia.
I loro cuori battevano all’impazzata. Il respiro irregolare per la troppa vicinanza, l’ansia e la paura ma anche la gioia e la felicità per la medesima cosa.
Stiles si fermò  improvvisamente e la tirò a se, tra le sue braccia. La strinse forte, tanto forte che Lydia sentì un immenso calore attraversarle le vene e circolarle velocemente in tutto il  corpo.
—Grazie Lydia. Senza di te probabilmente sarei morto per asfissia— sorrise, mentre sussurrava dolcemente queste parole all’orecchio della ragazza.
—Di nulla, Stiles. A proposito, ora che siamo soli… C’è una cosa che vorrei dirti. —
Stiles la guardò con espressione confusa e curiosa.
—Quello che voglio dirti è…—
Puff.
Un rumore assordante si fece eco nella stanza, seguito dalla voce stridula e fastidiosa di Danny.
—Oddio, no. Ho fatto il cockbloker della situazione. Io non faccio il cockbloker della situazione. Possiamo ripetere la scena da capo? Forza, usciamo di qui e facciamo finta che niente sia successo. —.
Tutti i ragazzi guardarono Danny in cagnesco, soprattutto Lydia, che era ancora seduta ad un centimetro di distanza da Stiles.
—Ok, è inutile che mi guardate così. Visto che ormai ho rovinato tutto… Su su, ditemi: avete giocato a “seven minutes in heaven?”, vi siete almeno baciati prima che vi rompessi le scatole? — La sua voce era l’incarnazione della curiosità, così come la sua espressione, più accigliata del solito.
—Danny! — Esclamarono i ragazzi in coro.
—Che c’è? Sono curioso, io! Ok, allora se non volete dirmi questo, almeno datemi qualche spoiler sui dettagli sconci. — Il suo viso era il ritratto della perversione.
—Danny! —
—Ok, ok… Se non volete neanche dirmi questo, almeno ditemi che chiudervi qui dentro è stato utile in qualche modo, che qualcosa avete imparato. Ditemi che non ho fatto una schifosa caccia al tesoro con questi scarsoni, senza i miei giocatori più forti, per nulla. —
Malia improvvisamente gli diede una gomitata nello stomaco, mentre Scott rideva animatamente per la scena.
—Io ho imparato che… mai chiudere Stiles e Lydia in uno sgabuzzino. Potrebbe succedere di tutto, anche l’apocalisse zombie. —Stiles guardò Lydia e sorrise.
—Concordo— aggiunse Lydia mentre cercava di rimettersi in piedi.
—Quindi vi siete baciati! Avete pomiciato tutto il tempo, dite la verità! —
—Danny! —
Stiles si alzò, guardò Lydia e si avvicinò a Danny, dandogli una pacca sulla spalla.
—Almeno morirai di curiosità. Ti è andata bene, vista la voglia che ho di ucciderti in questo momento. —
I ragazzi uscirono fuori la stanza, lasciando Danny solo, nel buio più totale.
“Grazie Danny, grazie per averci fatto chiarire.” “Di nulla amici!”.
Come non detto. Che bel ringraziamento! —
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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