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Autore: bimbarossa    01/10/2016    4 recensioni
Una festa, un tifone e degli imbucati un po' speciali.
L'ultima occasione per la Compagnia di riunirsi sotto lo stesso tetto prima che ogni cosa cambi per sempre. Perché il domani è già qui, con tutto il suo carico di cambiamenti e sorprese.
Mini-long scritta con tutta la nostalgia che provo ogni volta che guardo "Verso il futuro" e facente parte della serie "Inuyasha-Beyond The Final Act" . Buona lettura!
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Inuyasha-Beyond The Final Act'
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UN IMPICCIO

 

“Ma ditemi un po'? Chi fra InuYasha e Kōga è stato ad uccidere quegli esseri chiamati Paradisee?” Tōtōsai divorava curry come se non ci fosse limite al suo appetito, pietanza che InuYasha era stato ben lieto di lasciargliela, dato che non ne sopportava l'inteso aroma.

“Ovvio che sia stato io, vecchio. Con la mia Tessaiga, “e picchiettò l'unghia sul fodero nero,”ho sterminato quegli uccellacci, liberato Kagome e risolto l'intera vicenda. Tze!”

“Dannato botolo! Non vomitare fanfaronate. Ammettilo che io, il grande capo di tutte le tribù Yōrō, sono stato determinante in innumerevoli occasioni. Devo ricordarti quei due esseri da brividi, Kagerōmaru e Jūrōmaru?” Il solo pensare a quella creatura contorta ed assettata di viscere nata da quel bastardo di Naraku gli fece venire la pelle d'oca.

“Ma sentilo il lupo rognoso! Sul monte Hakurei ti ho dovuto trasportare come un sacco di patate. Mi sono dovuto fare un bagno per il tanfo che mi avevi lasciato addosso.”

Kagome serrò i pugni. Possibile che quei due litigassero in continuazione?

“Fino a che quel dannato Naraku non mi ha strappato i frammenti dalle gambe ero io il più valente tra i suoi nemici e sicuramente avrei potuto benissimo portare in dono la sua testa a Kagome, ne sono certo!” Poi incautamente sbuffò: “Se li avessi ancora avuti, non mi sarei mai ritirato dalla battaglia contro quel dannato, quindi ringrazia quella vecchia sacerdotessa, Midoriko, per avermeli fatti diventare come piombo nelle gambe, e ringrazia la tua Kikyō per lo stesso motivo.”

Miroku, Sango, Shippō e Kirara trasecolarono ansiosi. Tirare fuori Kikyō era sempre un rischio, inoltre quella non era proprio l'occasione adatta per tale presenza ancora così ingombrante.

Osservarono di sottecchi Kagome, che era leggermente impallidita, ed InuYasha che invece si era fatto pensieroso.

Complimenti Kōga, hai mandato in fumo tutti i piani di Kagome, pensarono all'unisono.

Kagome si passò le mani sulla pancia ancora piatta, abbassando lo sguardo, l'allegria completamente sparita.

Non posso più dirgli del bimbo. Non con lui in questo stato. Avanti InuYasha, dì qualcosa di terribilmente triste o nostalgico, oppure chiuditi nei tuoi silenzi pensando al passato. Che aspetti?!

Tuttavia quella serata non aveva cessato con le sue sorprese.

Dopo essere stato per qualche minuto a braccia incrociate assorto in un mutismo assoluto, in apparente stato di profonda e fosca riflessione in chissà quali cupi pensieri, se ne uscì: “Ci ho pensato, valutando il livello della mia e della tua abilità, ma seriamente eh!, e anche se Kikyō non avesse contaminato i tuoi frammenti con la volontà sua e di Midoriko, tu, stupido lupastro non saresti mai riuscito a sconfiggere Naraku, di sicuro non prima di me e del mio Meido, o della Bakusaiga di Sesshōmaru. Saresti stato fregato! Tze!”

Il demone lupo ci mise due secondi di troppo a rispondere a quella provocazione, anche perché si sentiva enormemente sollevato dopo la sua infelice battuta su Kikyō. Ora si rendeva conto che il cagnolino aveva ampiamente elaborato il lutto, e che nel suo animo era presente solo una persona, la stessa che ora aveva ripreso un po' di colore sulle guance accorgendosi di quanto falsate erano state le sue interpretazioni del comportamento di InuYasha.

Si, hai ragione Kōga! Devo ringraziare Kikyō.

L'amore per lei ha aperto la strada per il mio cuore e per la mia anima. Che sono, dopo tanti anni, liberi dalla sua presenza.

Ha tracciato un solco in essi che non si è esaurito con la fine della nostra storia, ma anzi, è stato necessario per trovare Kagome, affinché potessi amarla meglio e non commettessi gli stessi errori, affinché potessi renderla felice.

Kagome, posso immaginare la mia vita senza Kikyō, ma non posso immaginare la mia vita senza di te.

Sei stata l'unica che mi ha amato per quello che sono, ossia un mezzodemone. Se Naraku non si fosse messo in mezzo probabilmente sarei diventato un umano per passare la mia vita al fianco di Kikyō, ma solo ora mi rendo conto che avrei perso qualcosa del mio essere a cui non sono più disposto a rinunciare.

Solo per questo, per questa stilla di consapevolezza, per quel barlume di sentimento che io e te abbiamo condiviso, un amore che mi ha portato a trovarne un altro più grande e da vivere pienamente, io, Kikyō, ti ringrazio!

Si accucciò vicino alla sua Kagome, e si accorse che tremava leggermente; cercò così i suoi occhi scuri, per rassicurarla su tante di quelle cose che lei nemmeno poteva immaginare.

Credi che non mi sia accorto che porti in grembo un figlio nostro?

Sto sveglio la notte per non perdermi neanche un dettaglio, per non perdermi nemmeno un cambiamento che questo nuovo essere porta al tuo morbido e pallido corpo.

Strinse i pugni, deciso sul da farsi.

Hai messo in piedi questa serata per farmi un sorpresa, e se posso renderti felice non mi importa di fingere di non saperlo.

Non mi importa di dover sopportare tutte queste persone, mentre vorrei stare solo con te nel silenzio della nostra nuova casa appoggiando il mio capo sul tuo ventre, per immaginare il battito di mio figlio.

Non mi importa di nient'altro che te. Io Kagome ti...

 

D'ORA IN POI

 

“Kagome, non avevi qualcosa da festeggiare?” la incoraggiò Sango, interrompendo i pensieri del mezzodemone.

La ragazza si schiarì la gola, si alzò in piedi e inchiodò i presenti con occhi infiammati dal sacro fuoco dell'arte oratoria. E' arrivato il grande momento!

“Comincio col dire che non mi aspettavo che molti di voi sarebbero venuti...” fissò quell'ammasso di persone rannicchiate nella sua casetta come sardine in una scatola, mentre si rendeva conto che l'introduzione poteva risultare un po' offensiva, ed il sacro fuoco dell'arte oratoria sembrò scemare ed abbandonarla.

Si sentiva un politico preso in contropiede. Voleva solo condividere la gioia di aspettare un bambino con InuYasha, con i suoi amici, con i suoi compagni di avventura, e dire loro quanto era grata di averli ritrovati dopo tre lunghi anni di assenza.

Chiuse gli occhi per cercare le parole più adatte, mentre attorno a lei tutto era silenzio tranne per la tempesta sopra di loro.

“Non mi ero aspettata che molti di voi sarebbero venuti,” ripeté decisa, guardandoli uno a uno. “Ma credo che sia stato un segno del destino. Perché che ne siate consapevoli o meno questa sarà forse l'ultima volta che tutti quelli che hanno lottato contro la minaccia rappresentata da Naraku si riuniranno sotto lo stesso tetto. Il gruppo come lo conosciamo ora, non esisterà più.” Prima che insorgessero delle proteste, continuò appuntando dolcemente gli occhi sui figli di Miroku e Sango, profondamente addormentati in un angolo in penombra, avvolti in una miriade di coperte (il bonzo si era rivelato una vera chioccia, chi se lo sarebbe mai aspettato da un monaco deviato?!): “Nuovi membri si sono già uniti a noi, ed altri ne arriveranno presto, vero Kōga? Il cambiamento non si può fermare, non siamo più gli stessi di prima, prima di quell'anno passato all'inseguimento di Naraku, periodo in cui abbiamo sofferto, combattuto, lottato fino allo stremo fisico e mentale poiché messi a dura prova da una mente malvagia fino al midollo.

Ma ne siamo usciti più forti, tutti noi, perdendo e guadagnando qualcosa.

Allo stesso modo, da domani, non saremo più quelli che siamo oggi.

Da domani prenderemo strade diverse che ci porteranno lontano o vicino gli uni agli altri, consapevoli che magari subiremo fallimenti, oppure otterremo successi, incontrando nuove persone ed abbandonandone altre.”

La stavano fissando tutti, persino Sesshōmaru, poiché le sue parole, dette con tutto il sentimento ed il trasporto che provava in quel momento, avevano toccato qualcosa di profondo nell'intimo di creature così diverse accomunate dallo stesso destino legato alla Shikon No Tama e a Naraku; Miroku invece, dotato di una vista e di una perspicacia tipica di un hōshi, riconobbe, al di là delle parole, che in quella ragazza venuta da un mondo misterioso attraverso un pozzo, c'era un ardore ed un calore ipnotico che era molto diverso dal mero potere spirituale di una comune miko. Tale forza intrinseca attirava come una calamita, e non si meravigliava che esseri come Kōga, o InuYasha, e persino lui stesso ne fossero stati così attratti, talmente tanto da esserne placati nel loro spirito inquieto. Ad una come lei non si poteva resistere, ed il monaco era sicuro che con il tempo questa qualità così rara, questa qualità prettamente umana di riscaldare il cuore degli altri si sarebbe rivelata determinante per fare di Kagome una miko molto più potente della stessa Kikyō, che in quanto a forza spirituale e a carisma non aveva pari ma che difettava di quello slancio che nell'altra ne costituiva le fondamenta del suo animo.

E che costituiva allo stesso modo quello della bambina chiamata Rin.

La ragazzina condivideva il medesimo impeto; due umane talmente speciali da essere entrate, per questo, diritto nel cuore di quei Demoni Cane così potenti ed orgogliosi, per non uscirne più.

C'era del vero nelle sue parole, ammise tra sé e sé Sesshōmaru. Sentiva la cassetta tremare dalle fondamenta sotto le sferzate del tifone, eppure resisteva ad ogni raffica, risoluta.

Naraku ci ha messo alla prova senza pietà, siamo stati sfidati a superare fisicamente e moralmente tutti i limiti. Perdendo qualche battaglia ma vincendo la guerra.

Eppure è stato più di questo.

E' stato un percorso di vita, un viaggio che ho intrapreso con l'intento di vendicare l'attentato al mio orgoglio che il vigliacco mi aveva arrecato, ma soprattutto perché quell'indegno ha strumentalizzato il legame che ho con Rin rapendola, un viaggio che ha voluto il suo prezzo per ognuno di queste persone, me incluso.

Ma posso dire, alla fine dei giochi, che quello che ho guadagnato è più che valso quello che ho perso.

Pensò a Tessaiga, e a tutto ciò che aveva rappresentato per lui, capendo poi quello che in realtà era, ovvero il potere raggiunto solo tramite il lascito di qualcun altro, non per un suo merito personale o attraverso un particolare sforzo.

Poi pensò a Kagura, Sesshōmaru.

Anche lei era tra le perdite.

Sapeva, o più o meno si immaginava, ciò che aveva provato nei suoi confronti, e l'aveva rispettata per questo, aveva rispettato i suoi sentimenti per lui; e per una piccola frazione di tempo aveva anche pensato che forse avrebbe potuto ricambiarla, se davvero avesse voluto.

In effetti era stato quello il problema.

No Kagura, io e te non saremmo mai stati niente, anche se ho pensato di tentare di salvarti, per farti godere la libertà che tanto cercavi per più di quegli attimi che ti sono stati concessi.

Non saremmo mai stati niente perché io sono...

“Vieni qui Jaken! Ho i brividi. Vieni a scaldarmi!” Rin, seduta vicino a Sesshōmaru nella parte più fredda della casa, stava tentando di abbracciare il kappa che si dimenava come un ossesso gridando che non era una stufa portatile, interropendo per l'ennesima volta Kagome che gli gettò uno spaventoso sguardo di avvertimento. Lo avrebbe strangolato se ci avesse riprovato!

Fu solo un istante e la mokomoko si avvolse attorno alla ragazzina, scaldandola immediatamente.

Rin ne fu piacevolmente sorpresa, e si accucciò in quello che era a tutti gli effetti un abbraccio, costituendo quella morbida pelliccia una parte del corpo di Sesshōmaru stesso, il quale non fece una piega nei tratti del volto, ma dentro di sé si rimproverò di aver costretto Rin a stare lontana dal fuoco solo perché non moriva dalla voglia di sedere tanto vicino a quella banda così chiassosa.

Padron Sesshōmaru, a me non avete mai permesso di avvolgermi nella vostra morbida appendice. Tutto questo è tremendamente ingiusto!

Jaken si arrese all'evidenza di quella verità inossidabile. Il suo padrone aveva anche potuto lasciare la ragazzina umana al villaggio, tre anni prima, ma prima o poi, in un modo o nell'altro, Rin sarebbe tornata con loro, ci avrebbe giurato. Lui non le avrebbe mai permesso di lasciarlo, non senza lottare almeno.

“Anche se non saremo più solo noi, lo spirito del nostro gruppo rimarrà sempre con ciascuno dei presenti, dando un senso ai nostri prossimi legami futuri.

Dicevo che molto probabilmente conosceremo nuove persone. Ebbene,” Kagome incatenò gli occhi a quelli del suo compagno, “tu Inuyasha molto presto farai la conoscenza con qualcuno di speciale. Io. Aspetto. Un. Bambino. Diventerai padre. Non sei contento?! Perché fate tutti quelle facce? Mi aspettavo almeno qualche congratulazione!”

“Ma certo! Ma certo! Congratulazioni Kagome, siamo molto felici per te.” Miroku, Sango, Shippō e Kohaku, nonché Rin che gridò di infantile gioia, le sorrisero con sincera felicità dopo un attimo di silenzioso smarrimento senza alcuna traccia di sorpresa. “Aspettate. Un. Attimo. Voi lo sapevate, verooo?”

”Divina Kagome, sono padre di ben tre figli, è ovvio che me fossi accorto, no?” Miroku e Sango arrossirono imbarazzati.

“A me lo ha detto mia sorella,” si giustificò Kohaku.

“E il ragazzo lo ha detto a me. Io poi l'ho detto a Myōga. Non pensavo ci fosse qualcosa di male!” Tōtōsai si tolse il cerume dall'orecchio sinistro e si grattò la testa.

“A me non lo ha detto nessuno, ma fidati Kagome, tutti noi, vero Ayame? ce ne siamo accorti. Il nostro fiuto non smentisce. Il tuo odore è quasi lo stesso ma anche se infinitesimale un poco è cambiato.” Kōga sembrava sconsolato. “Congratulazioni sorella Kagome, siamo molto felici per te!”

“Ginta! Hakkaku! Grazie mille. Ma allora...” Kagome diventò paonazza come un peperone e si prese il volto tra le mani strillando: “Ma quindi anche tu Sesshōmaru...e tu, tu, InuYasha...lo sapevate!!!”

Il primo interpellato emise più un grugnito che un assenso, che si trasformò in una minacciosa smorfia di avvertimento verso il bonzo quando Rin confidò che lei e il piccolo Shippō lo sapevano perché avevano sentito il monaco affermare che “quando si fanno certe cose è inutile poi lamentarsi”, e che “InuYasha se l'era cercata”.

“Scu...scusa Sesshōmaru, prometto che sarò più discreto la prossima volta!” Miroku si sentiva improvvisamente moolto sudato.

Altrettanto di come si sentiva il mezzodemone, che sembrava fumare dalle orecchie. Sapeva che Kagome era gravida, e la prima sensazione che aveva sentito era stata quella di proteggerla da tutto e da tutti, seguita poi dalla preoccupazione per la sua salute, ed un lieve imbarazzo quando si era accorto che ad ognuno dei presenti sarebbe stato evidente che per arrivare a quel punto lui e Kagome si erano dedicati a certe attività con speciale dedizione.

Ma che cavolo, siamo sposati! Era ovvio che lui e lei...

Ma quello che lo aveva mandato in tilt ora era stata la sua seconda affermazione.

Diventerai padre.

Il fatto che lei aspettasse un bambino lo rendeva automaticamente padre. O forse no?

Forse essere padre era qualcosa di ben diverso dal generare un figlio?

E se si, come si faceva a diventarlo, allora?

Lui e Kagome avevano sicuramente generato un figlio ma InuYasha non aveva la benché minima idea di come si comportasse un genitore.

Non aveva mai avuto un padre, non lo aveva mai visto, se non circondato di luce quando So'unga era stata sigillata per sempre negli Inferi, e con questo non si poteva di certo definire che lo conoscesse.

Si sentiva male, si sentiva come se un peso enorme gli fosse sceso nello stomaco ed il primo pensiero fu di scappare il più velocemente da lì.

“Tu!” L'indice di Kagome svettò contro di lui, quasi avesse scoperto le sue intenzioni e gli volesse impedire di scappare. ”Lo sapevi e non me lo hai detto?!”

La rabbia lo invase e cacciò per un attimo il disagio e la paura.

“Dannata! Come credevi che potessi non saperlo?! Ti ho sempre sotto gli occhi, praticamente ho il tuo odore spalmato addosso, che cavolo pretendevi? Certe cose sono immediate per un han'yō come me, chi pensi che io sia? Mi sei sempre attorno, ti cerco ovunque, la nostra vita è insieme!” sbottò senza rendersi conto di quanto si fosse esposto nelle sue dichiarazioni, che potevano essere un po' brusche e sputate a casaccio, pur tuttavia erano la verità. Avevano ormai allacciato un legame talmente stretto che semmai doveva essere lui ad essere costernato della sua costernazione.

“Non so come hai fatto a non sapere che io sapevo. Tze! Mi sottovaluti sempre!”

“Io mi sono perso! Chi sa cosa e chi non la sa?” Shippō aveva gli occhi che giravano come piccole vertigo.” Mamma mia InuYasha, potresti solo chiedere scusa a Kagome per la tua insensibilità?”
Ma la ragazza in questione era pietrificata sul posto.

Tutte quelle frasi “Ti ho sempre sotto gli occhi” ”ti cerco ovunque, la nostra vita è insieme” avevano reso furioso il battere del suo cuore.

InuYasha sapeva, e per quanto prima le fosse sembrato atterrito, non aveva percepito dispiacere, o disgusto.

E' un mezzodemone anche il nuovo essere che cresce dentro di me. Anzi, avrà solo un quarto di sangue demoniaco nelle vene. Solo ora mi rendo conto che la cosa mi spaventava, mi spaventava che InuYasha si sentisse svilito da questo.

“Senti InuYasha, ma hai rinforzato la casa?” Miroku aveva cambiato improvvisamente argomento; la divina Kagome aveva bisogno di metabolizzare le solite dichiarazioni impulsive che l'han'yō buttava fuori ogni volta che si trovava in contropiede e messo alle strette. ”Io ho martellato tutto il giorno per appesantire il tetto e a mettere assi alle finestre e davanti all'entrata.”

“All'entrata?!”

In quel momento, nel medesimo istante, ci fu un risucchio, e tutto quello che non era attaccato al pavimento volò fuori, cibo, oggetti e persone.

La mokomoko di Sesshōmaru si avvolse lesta a proteggere Rin altrettanto rapidamente dell'abbraccio di InuYasha attorno a Kagome, mentre Sango e Moroku pensavano ai piccoli che si svegliarono piangendo, catapultati fuori insieme agli altri sotto il diluvio battente.

 

STRADE SEPARATE

 

“InuYasha! Ti avevo avvertito! Possibile che non fai mai quello che ti chiedo? Guarda che disastro!”

Una sottile striscia di luce bianco-giallastra stava spuntando ad est, bucando le nubi nere che si stavano allontanando.

Aveva smesso di piovere, e tutti quanti osservavano sconsolati la casa dove fino a poche ore prima si trovavano.

“Dannata, non vedi che ha retto benissimo?! Il tetto è un po' danneggiato ma si può rimediare, no? Tutta questa manfrina solo perché ho dimenticato di sigillare l'entrata, bah! Non ci sono stati né morti né feriti!”

Una decina di paia di occhi lo incenerì all'istante.

“Se tu avessi messo un'asse davanti alla porta non si sarebbe prodotta la corrente d'aria che ha scaraventato tutto fuori. Sei il solito cagnaccio ignorante!”

“Kōga, fatti gli affaracci tuoi una volta per tutte! Se lo avessi fatto voi tutti sareste rimasti fuori a bagno impossibilitati ad imbucarvi alla mia festa, quindi ringraziami!”

“Bene, come vuoi! Noi ce ne andiamo. Sbrigatela da solo. Arrivederci Kagome. Spero che dare alla luce un essere da un simile botolo non sia pericolo per te. Maledetto cagnaccio, non potevi starle lontano con le tue zampacce, vero?”

“Come te lo devo dire che siamo sposati?! Spo-sa-ti. Mettitelo in testa. Io con lei faccio tutto quello che voglio.”

Prima che venissero ancora alle mani Kagome si mise in mezzo, ringraziò Kōga, Ayame, Ginta e Hakkaku, e poi sospirò per il sollievo quando vide le nubi sollevate dai lupi mentre si allontanavano.

“Anche io me vado.” Tōtōsai montò in groppa a Mō-Mō, fece ciao con la manina e partì con un muggito. ”Vi ringrazio per la cena. Come promesso ho rifatto il filo a Tessaiga, vedi di trattarmela bene!”

“Tze, vecchio! Sei scappato! Almeno potevi aiutare a rimettere in ordine. Il solito scroccone. Invece tu Myōga sei rimasto!”

“Padroncino InuYasha, mi duole dirlo ma anche io parto. Verso ovest. Il dovere mi chiama.”

Il demone pulce saltellò sulla hitoe rossa di InuYasha, arrivò al suo naso e cominciò a succhiare, per poi finire spiaccicato come da prassi.

“Ci lasci anche tu, vecchio Myōga?” Kagome aveva la voce afflitta, e non solo per l'imminente partenza del vecchio e minuscolo consigliere, ma anche nel vedere tutte le sue pentole nuove abbandonate in mezzo al prato.

“Si, vado nei Territori Occidentali, i luoghi d'origine di vostro padre, padroncino InuYasha. Devo portare avanti accurate indagini sulla stirpe dei grandi Inu-yōkai a cui voi e il signorino Sesshōmaru appartenete.”

Il signorino in questione, distante poco lontano, ascoltava con il suo superudito, mentre si sincerava che Rin non avesse subito danni per colpa di quello scapestrato di suo fratello.

“Quanto starai via?”

“Almeno un lustro, signorino. Quando ritornerò vostro figlio avrà già fatto i suoi primi passi nel mondo.” Myōga tirò fuori il suo solito fagotto, si soffiò il naso e si asciugò le lacrime che erano spuntate a fiotti. “Sono molto orgoglioso di voi, e lo sarebbe anche vostro padre.”

“Allora arrivederci vecchio mio, fai buon viaggio!” InuYasha non lo avrebbe mai ammesso, ma quella piccola pulce fifona gli sarebbe mancata.

Con un balzo, il piccoletto saltò su una cornacchia che era stranamente scesa in picchiata su di loro, e dopo qualche minuto era già sparito dall'orizzonte.

Perché vecchio Myōga hai deciso di indagare sui Demoni Cane? Cosa stai andando a cercare ad Occidente che abbia a che fare con la mia razza?

Sesshōmaru non ebbe però tempo di seguire questi ragionamenti.

Era contento di essere uscito da quella casa, ora respirava molto meglio. Gli odori umani, lo spazio ristretto, il puzzo di lupo, tutto aveva contribuito a metterlo di cattivo umore, ma in fondo erano tre anni che bazzicava in quel villaggio, quindi entrare in una dimora umana non era stato così lesivo per la sua dignità. Perlomeno è stato meno peggio di quanto mi aspettassi. E poi Rin gli era sembrata così felice che avrebbe fatto questo ed altro per vederla sempre così contenta.

Ora però che la guardava, non gli pareva più molto allegra, e sapeva bene anche il perché.

“Ve ne state andando.”

Non era una domanda. Era una verità sconcertante.

“Si.” Non avrebbe voluto essere così lapidario, ma che ci poteva fare? Stare ancora lì tra quegli umani non era proprio nelle sue intenzioni, anzi, si era fermato anche troppo.

“Rin, non puoi mica pretendere che Padron Sesshōmaru resti qui con te! Lui ha la sua vita da vivere, demoni da uccidere e potere da conquistare, quindi stai al tuo posto.”

Sesshōmaru fulminò Jaken con gli occhi e lo vide ritrarsi.

Era stato conciso, è vero, e forse anche un po' freddo, ma di sicuro non voleva rimetterla al suo posto.

“La prossima volta ti porterò della carta, dei rotoli per scrivere e disegnare, va bene?” Squadrò Kaede che si avvicinava quasi con rancore. Perché gli stava sempre così addosso? Che cercasse di allontanarlo da Rin? Loro potevano godersela ogni giorno, la sua bambina così unica, potevano sentire le sue risate e la sua allegria, potevano istruirla e farla diventare “un genietto della Sengoku Jidai”ma per il Sacro Inugami, lui non sarebbe stato da meno.

“Intanto tieni,” sfilò da dentro la sua armatura un misterioso pezzo di stoffa blu scuro, che fece spalancare gli occhi di Rin e strabuzzare quelli di Jaken. “Mio signore, ne siete sicuro? Quella non è...?”

“L'ho portata per te Rin. La veste di O-Yutori. Ti proteggerà, mantenendo il tuo corpo alla giusta temperatura, che tu sia in un liquido, in un miasma o persino nel fuoco. Adattala pure alla tua misura, ma indossala sempre. Può fare ciò che io non posso, per ora.” L'ultima frase era stata pronunciata bruscamente per nasconderne l'incrinatura, poi velocemente, troppo velocemente per non essere sospetta la cosa, si voltò e fece per andarsene.

“Sesshōmaru-sama, grazie. La metterò sempre. Tornate presto, vi prego.” Rin non piangeva, ma la voce era spezzata quanto la sua.

Kaede lo osservò allontanarsi, algido e bianco, con il piccolo demone verde al seguito che faticava a stargli dietro.

Si ricordò di quel momento di tre anni prima, pochi giorni dopo che InuYasha era balzato fuori dal pozzo Mangia-Ossa senza Kagome, in cui il fratellastro era venuto da lei e con poche frasi smozzicate di chi non è abituato a chiedere niente, le aveva domandato se fosse disposta a tenere la piccola Rin al villaggio.

Tienila con te al villaggio, le aveva quasi ordinato.

Deve sapere cosa può ottenere nella vita. Insegnalelo.

Kaede si chiese quanto fosse profondo e combattuto l'animo di Sesshōmaru in quel frangente, poiché aveva capito che il demone voleva di nuovo la presenza di Rin nella sua esistenza, ma voleva altresì che la ragazzina scegliesse di fare altrettanto in modo consapevole, che fosse per sua volontà, una volontà matura e piena, che non rimpiangesse niente, per godersi totalmente ciò che Sesshōmaru poteva darle in un secondo tempo.

Prima si è risentito con noi perché si è reso consapevole dei suoi limiti. Sesshōmaru è si un demone adulto, colto e potente, ma non può educare, non può crescere questa bambina umana per farne una donna, proprio in virtù del suo disperato desiderio di passare la sua vita affianco a lei. In un estremo atto di generosità che poteva anche non permettersi ha preferito che trovasse da sola le sue risposte, per delle domande che entrambi nemmeno si sono ancora posti.

Oh Sesshōmaru, quanto devi tenerci?!

E tu Rin, ti renderai mai conto di quanto immenso sia il sentimento che questo demone così apparentemente gelido prova invece per te a dispetto di tutto?

Ha il terrore di perderti, Rin, ma lo ha fatto lo stesso, ti ha lasciata qui e rispetterà qualunque decisione tu prenderai. Si è assunto un rischio. Ha messo a rischio il suo cuore e la sua anima per la tua libertà.

Però non credo che debba temere di perderti. Lo vedo nei tuoi occhi, piccola Rin.

Non c'erano infatti dubbi che quella piccoletta determinata avrebbe scelto di seguirlo, una volta abbastanza cresciuta, Kaede ne era profondamente convinta.

Ma in che rapporti sarebbero stati, questo era un mistero. Lui le avrebbe fatto da guida alla stregua di un padre? O si sarebbero amati come compagni sullo stesso piano? L'anziana miko non voleva nemmeno immaginare la possibilità che uno dei due provasse una cosa e l'altra invece un sentimento di genere diverso. Sarebbe stato un totale disastro. Ma c'era ancora tempo. Molto tempo.

“Le ha dato la veste del Gallo d'Acqua?! Non ci credo! Sesshōmaru si è proprio sgelato.”

InuYasha si era avvicinato osservando di sottecchi il puntino bianco che era suo fratello sparire con passo stranamente troppo lento dietro la collina. Sembrava reticente ad andarsene.

Kagome lo guardò interrogativa. “E' il contraltare della veste del Topo di Fuoco,” spiegò, “quella che indosso io.” Si prese due lembi della parte superiore per rendere meglio l'idea, “Erano di nostro padre; non so dove le abbia prese, ma se gliel'ha data deve tenere a lei più di quanto tutti noi possiamo pensare. Insieme a Tenseiga credo che sia uno dei pochi cimeli di nostro padre ancora in suo possesso. Eppure se n'è separato. Per darlo a lei. Incredibile davvero.”

InuYasha si guardò in giro poi aggiunse: “Sono scappati tutti, maledetti! Quando c'è da mangiare ecco che te li vedi precipitarsi dentro casa, ma quando si deve pulire, puff! persino Sesshōmaru se la da a gambe levate!”

Kagome sospirò rassegnata. ”Divina Kagome, vi aiutiamo noi, non temete. La nostra casa ha retto bene, in meno di metà mattina possiamo sistemare la vostra, non è vero mogliettina mia?”

“Certo.” Sango glissò sulle ultime parole di Miroku. “Kohaku, tu è Kirara potete riparare il tetto mentre noi raccogliamo tutto quello che è stato catapultato fuori.” La sterminatrice si mise le mani sui fianchi, e gemette. “Tu guarda che disastro completo! Ci sono scodelle anche lungo l'argine di quel canale. A Kagome verrà un colpo!”

“Anche io vi aiuto! Anche io!” Shippō era l'unico che sembrava possedere la voglia di affrontare quella fatica, tuttavia, come aveva detto Miroku, prima che il sole raggiungesse lo zenit avevano finito.

“InuYasha, ora possiamo parlare?” Se ne erano andati tutti a desinare, e Kagome voleva approfittare di quel momento per mettere in chiaro alcune cose.

L'han'yō produsse un rumoroso singulto. “Dimmi.” rispose però quieto.

“Non mi hai detto niente per quanto riguarda...sai, il bambino.” Arrossì e si strinse l'hakama fra le dita. “Insomma, ti sta bene? Magari è troppo presto, sono tornata solo da pochi mesi e poi...”

“Vuoi stare zitta un attimo?!”InuYasha la guardava con l'ardore negli occhi, dorati ed intensi, pieni di qualcosa che forse neanche lui sapeva esprimere. Si avvicinò a lei adagio ma risoluto, le prese le mani, e abbasso la testa verso il suo volto.

“Kagome,” tirò un respiro lunghissimo, infinito, “ io ti amo.” Fece una faccia come se anche lui fosse sorpreso di averlo pronunciato ad alta voce. O di averla ammessa in generale, quella frase che esponeva così tanto il suo cuore.

Le pupille della ragazza si restrinsero per lo stupore. Non glielo aveva mai confessato. Mai.

“Non l'ho detto a nessuna nella mia vita.” Confermò quasi leggendole nei pensieri. “Nemmeno a Kikyō.”

Guardò le loro mani intrecciate. “Kagome, in questi anni, dopo che il pozzo si è chiuso, ho pensato tanto, nel silenzio dei tramonti, o quando vedevo Miroku e Sango ridere felici con i loro figli. Forse non lo sai, ma almeno ogni tre giorni andavo a controllare che quella via che conduceva a te fosse veramente sigillata, perché una parte di me non ci credeva. Non potevo credere di non vederti più.” Il mezzodemone la prese per le spalle, in una stretta ferrea ma dolce, quasi scuotendola piano. “Se tu pensi che sia troppo presto, bhe smettila di pensarlo!” La attirò verso di sé e soffiò contro la sua guancia. “Non so come si fa il padre Kagome, ma ti giuro che farò del mio meglio. Proteggerò questa nuova vita, facendo degli errori, non lo nego, eppure tu non devi dubitare di questo. Non sei sola. Non sei la sola a volerlo. Capito!?” Sciolse l'abbraccio e la sua solita aria da spaccone prese posto di quella delicatezza insolita. “Tze! Gli insegnerò a battersi, anche con avversari più forti di lui, vedrai che campione che tirerò su!”

“”Ehi, chi ti ha detto che è un lui?! Magari sarà una bambina, una piccola me in miniatura, te la vedi?!” La ragazza non si offese per l'interruzione di quel momento romantico, tutt'altro. Era questo il vero InuYasha, l'InuYasha di cui si era innamorata. Andava più che bene così.

Anzi, era perfetto.

 

MI RITROVERETE

 

Rin passò le dita nella durezza del tronco del grande dio.

La Somma Kaede e Kagome-sama le avevano spiegato che quello non era un normale albero.

Quello era il Goshinboku.

In lui c'erano purezza e sacralità. Ma più di tutto c'era sincerità.

E chiunque vi sostasse nelle vicinanze, proprio come stava facendo lei ora, ne percepiva gli effetti, di modo che questa corrente piena di candore millenario passava dall'antico fusto fino a Rin stessa, che in quel momento di profondo turbamento emotivo riuscì a scorgere i reali sentimenti del suo piccolo cuore.

Aveva perso molte persone, in passato. Sua madre, suo padre, suo fratello. Li aveva visti trucidare davanti ai suoi occhi.

Eppure perdere Sesshōmaru era stata un'esperienza ancora più tremenda.

Aveva pianto per tre giorni e tre notti, senza mangiare, senza bere, senza dormire. Aveva strillato e strepitato, urlato come un animale ferito a morte, si era sentita tradita e si era chiesta se invece non fosse stata lei il problema, se Sesshōmaru non la volesse più perché gli aveva arrecato magari un grave torto senza accorgersene.

Ma ora aveva capito. Strinse la veste blu a sé, come a trattenere l'odore di lui e il suo calore, e quando essa strisciò inavvertitamente all'albero, Rin vide quasi una visione.

Loro due che camminavano insieme, fianco a fianco.

Non l'aveva abbandonata. Lui le voleva bene.

Anzi, poteva quasi azzardare a dire che lei fosse l'essere a cui lui teneva di più fra tutti.

Un giorno.

Un giorno sarebbe tornato a prenderla. Lo sapeva.

 

Per i boschi va, per i monti va,

quando dormi è là, quando sogni è là,

Sesshōmaru viaggia sempre, dove mai sarà,

con accanto lo zio Jaken dove se ne andrà?

Quando Rin si sente sola, lei lo aspetterà.

Sesshōmaru le vuol bene, da lei tornerà.

 

 

 

  
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