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Autore: Cat in a box    07/05/2009    2 recensioni
[…] Ma in seno all’odio si sviluppa l’Amore, e il cupo e il denso dell’animo si stempra nei sentimenti più teneri. Quest’uomo odia molto perché ha amato molto. L’odio è infinito, perché infinito è l’amore, e il dolore è disperato, perché non c’è vendetta uguale all’offesa. Tutto questo trovi mescolato e fuso nel suo mesto racconto, non sai se più terribile o più pietoso. Accanto alla lacrima sta l’imprecazione; e spesso in una stessa frase c’è odio e c’è amore, c’è rabbia e c’è tenerezza; come l’ultimo suono delle sue parole […]. | Attualmente sto correggendo e 'ristrutturando' i capitoli già scritti [ultimo in data 26/08/13].
Genere: Fantasy, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Il trio protagonista, Severus Piton, Voldemort | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Mi sono un po’ affrettata a scrivere il finale, e lo trovo piuttosto ‘tirato via’ (ma non penso di essere l’unica a pensarlo!). Tuttavia, nel prossimo capitolo, prometto di riprendere dal finale e di approfondirlo meglio^^. Spero che la storia vi piaccia, e vi auguro buona lettura!

 

In uno dei paragrafi, ho inserito il titolo di una canzone intitolata ‘The Phantom Of The Opera’. Non è di mia invenzione^^! E’ una canzone realmente esistente, e mi riferisco alla colonna sonora dell’omonimo film di Joel Schumacher. Se volete ascoltarla, vi consiglio di cercarla su YouTube nella versione cantata dai Nightwish o dai Lacrimosa. E’ bellissima…O.O

 

Il risveglio dell’ Angelo dannato

 

 

Mezzo demone e mezza strega…”. Piton stava ancora riflettendo a quelle parole. Erano trascorsi diversi giorni, da quella tremenda nottata, in cui il padre di Adelia li comparve in sogno. Un tormento insopportabile. Aveva persino dovuto cominciare ad assumere infusi di valeriana, per riprendere un ritmo più regolare nel sonno. Dentro, ancora, si struggeva con dolore per la perdita di Verna Bloodmire. La sua tragica morte, lo perseguitava sempre, nei sogni e tal volta anche nella realtà con orrende visioni. Ogni qualvolta guardava Adelia, si sentiva in colpa, come se le avesse inflitto una delle più terribili maledizioni esistenti. E ogni volta, distoglieva lo sguardo da lei per rivolgerlo verso il basso, facendo appello a tutti i suoi ricordi più orrendi che dimoravano nella sua memoria. Adelia era all’oscuro di tutto, ovviamente. Non sapeva della morte di Verna, ma non sarebbe riuscito a tenerglielo segreto per sempre, e prima o poi, l’avrebbe scoperto. Quella stessa notte, dopo il sogno, era andato a parlare con Silente. “Non è stata colpa tua, se la Signora Bloodmire è morta. Non sei stato tu ad ucciderla…”. Li aveva detto. Ma quelle parole, non erano riuscite ad esserli granché di conforto. Aveva bisogno del perdono di Adelia. “Tuttavia, cercherò di fare del mio meglio, in modo che lei non lo venga a sapere. Almeno, non subito. Spero che avrai intenzione di parlargliene, un giorno…”. Aveva concluso, scrutandolo con un’inconsueta espressione austera. Aveva promesso che prima o poi, quando avrebbe trovato il momento giusto, glielo avrebbe confessato. Prima o poi. In quanto al padre di Adelia, non si era ancora deciso se raccontarle del Sogno o meno. Non aveva voglia di mentirle, ma neanche di prendersi la prerogativa di andarglielo a dire così spudoratamente! Come avrebbe potuto prenderla? Innanzitutto, era ben a conoscenza del fatto che Adelia disdegnasse l’unione tra Demoni e Maghi. Se avesse scoperto di essere per metà Demone, non lo avrebbe accettato facilmente, e sarebbe potuto essere un duro colpo per lei. In secondo luogo, sarebbe stato altrettanto complicato, spiegarle che suo padre l’aveva dannata per riportarla in Vita. Alla fine, convenne che non era ancora decisamente il momento di farle luce sulle sue origini. Forse avrebbe dovuto parlarne con Silente, cosa che non aveva ancora fatto. Distolse lo sguardo dal manuale di pozioni che stava leggendo. Quel giorno, il 31 Dicembre, si trovava nella biblioteca in compagnia di Adelia. Erano accomodati allo stesso tavolo, ma Adelia era distante da lui di parecchi posti più in là. Lei stava leggendo un grosso volume, dalla rilegatura bronzea e aveva l’aria di essere un testo molto antico. Riusciva ad intravedere il titolo del libro, scritto a lettere cubitali sulla copertina. Pandemonium: Usque ad Inferos. Era un volume di Demonologia, regalatole da Silente il giorno di Natale. Era parsa piuttosto soddisfatta di averlo ricevuto, poiché Silente le aveva persino assicurato che avrebbe potuto trovarvi qualcosa che l’avrebbe riguardata. Iniziò a scrutare intensamente quel tomo. Era dall’inizio dell’anno, che Albus non faceva altro che farle studiare interi testi di Demonologia e Necromanzia. A quale scopo? Solo in quel momento si ricordò che, effettivamente, Silente non gliene aveva mai parlato. Era sospetto. Questa sua pretesa avrebbe potuto alludere al fatto che quel vecchio Mago, in realtà, conoscesse già qualcosa in precedenza sulle origini di Adelia. E se fosse proprio così? Ne era certo. Aveva sempre negato di sapere qualcosa al riguardo del padre della ragazza, ma per lui mentire e illudere, era sorprendentemente facile. Aveva l’aria di saperla ben più lunga, di chiunque altro. Avrebbe certamente scambiato volentieri due parole sull’argomento. Scrutò l’orologio da parete, alle spalle di Adelia, e vide che si erano già fatte le quattro. Era meglio, per lui, accompagnare Adelia nella sua stanza e poi andare a parlare con Silente.

 

 

Abbassò lo sguardo dall’orologio, e per un po’ esitò a fissarla. Era radiosa come al solito. La lucente chioma corvina, scendeva elegantemente sulle spalle, arrivando fino alla vita sottile. Indossava un completo rosso cardinale, molto vivace, e decorato con bordature di nastrini neri sul corsetto e lungo la scollatura quadrata. Le maniche a campana, terminavano con orlature di merletti a balza bianco crema. Mentre la vaporosa gonna era rifinita ai bordi, con una trama che si arricchiva di merletti e grossi fiocchi neri. Era insolito vederla abbigliata di un colore così vivace. Tuttavia, le si addiceva. Restò a contemplarla catturato, forse anche troppo a lungo, ma dopo qualche istante Adelia se ne accorse. Si limitò ad un furbo sorriso, e tornò alla lettura del suo volume, mentre lui quasi umiliato di essere stato colto di flagrante, spostò lo sguardo altrove. Dopo qualche attimo, richiuse il volume di pozioni che stava leggendo, e lo ripose nell’apposito scaffale dalla quale lo aveva preso. Andò incontro alla fanciulla, e le disse. “Adelia, andiamo.”. “Ma così presto?”. Borbottò lei, quasi seccata. “Ho bisogno di parlare in privato con Silente, e dal momento che sono già le quattro del pomeriggio, penso che vorrai prepararti per il ballo di stasera.”. Divenne ancora più cupa. “Ma Professore, mancano ancora tre ore alle sette. Potrei benissimo prepararmi in quindici minuti, non è che potrei restare ugualmente in biblioteca per ancora due ore?”. Chiese supplichevole. “Niente da fare, andiamo. Ti condurrò nella tua stanza, dopodiché ti accompagnerò al ballo nella Sala Grande, per le sette precise.”. Le spiegò, e fece per andarsene. Adelia lo guardò torva. Richiuse il libro che stava leggendo e lo mise sottobraccio, poi lo seguì mogia. Sospirò. Il fatidico giorno, che tanto temeva era arrivato. Non aveva vie di scampo! Poteva solo sperare in un grave infortunio, che per forza di cose, l’avrebbe costretta a letto. E perché no? ( la sto facendo diventare autolesionista >.< !)Stava rimuginando a come fratturarsi una gamba in modo ineluttabile, quando lungo il corridoio una voce familiare non la assalì, facendola sobbalzare dallo spavento. “Adelia!?”. Si voltò, e vide che a pochi metri da lei, il rosso con le lentiggini la stava salutando entusiasta nel vederla. “Ciao Ron…”. Rispose lei timidamente, sperando che la conversazione terminasse a quel punto. “Come mai sei a Hogwarts!? Credevo che non saresti tornata prima del sette Gennaio!”. Aveva l’aria sospettosa e inquisitiva, di chi stava per estorcere chissà quale tremenda verità dal suo indiziato. Si sentiva fortemente a disagio. “Stasera al ballo potresti…”. Sapeva cosa stava per chiederle, ma il tempismo di Severus, non li fece terminare in tempo la frase. “Dobbiamo tirarla per le lunghe, Signor Weasley? Non ha di meglio da fare oggi, che pavoneggiarsi per il castello come il suo coetaneo Potter!?”. Lo fulminò con un’occhiataccia di rimprovero. “Mi scusi Signore…”. Abbassò lo sguardo, per fissarsi le punte dei piedi. Severus continuava a guardarlo in cagnesco. “Le consiglio di raggiungere i suoi coetanei nella torre di Grifondoro, o mi vedrò costretto a metterla nuovamente in punizione.”. Poi cominciò a parlare talmente piano, che solo Ron poteva sentirlo. “E l’idea di rinchiuderla in una bara piena di acromantule, non mi dispiace affatto.”. Sogghignò sadicamente, mentre Ron si avviava dalla parte opposta del corridoio a passo svelto. Adelia lo fissò sbigottita. In parte, non poteva negare, di sentirsi risollevata di essersi risparmiata ancora un’altra sceneggiata! Se detestava i balli c’era un motivo valido, ed era perché odiava ballare. Non era mai stato il suo forte. Quando giunsero al terzo piano, Severus le ricordò sulla soglia della stanza, che sarebbe venuto alle sette meno dieci per accompagnarla al ballo. Adelia annuì, anche se francamente non voleva parteciparvi. Ma forse, in tre ore avrebbe avuto tempo a sufficienza per infortunarsi prima del ballo!

 

***

 

Albus Silente, si trovava nel suo ufficio. Come suo solito, accomodato dietro ad una spaziosa scrivania in legno secolare, adagiato comodamente su una sedia imbottita. Era intento ad esaminare alcuni articoli e ritagli del giornale dei maghi, quando udì dei passi farsi vicini alla porta del suo ufficio. Dall’andatura veloce e decisa, intuì che senza dubbio doveva trattarsi di Severus Piton. Attese il suo imminente arrivo, riponendo ordinatamente le scartoffie in un cassetto, e non appena ebbe terminato, sentì bussare. “Prego, entra.”. La porta si spalancò, e una scura ombra silenziosa scivolò dentro alla stanza come un fantasma. “A cosa devo il piacere di questa visita, Severus?”. Il vecchio Mago sorrise, da guancia a guancia, come se dovesse sottolineare la sua contentezza. Severus lo scrutò, un po’ allibito per l’affermazione, nonostante glielo dicesse tutte le volte che andava a trovarlo. In quindici anni di servizio come insegnante a Hogwarts, non aveva ancora compreso che cosa ci trovasse di così ‘piacevole’ nelle sue visite. “Ho bisogno di farti alcune domande.”. Silente non esitò un momento, e si affrettò ad offrirgli una sedia. “Ma certo, accomodati.”. Assentì, e con un rapido movimento di bacchetta, fece comparire a mezz’aria due bicchieri pieni di idromele. “Serviti, è una delle migliori annate che ci siano sul mercato!”. Severus afferrò il bicchiere, e sorseggiò un po’ del suo idromele, scrutando la faccia curiosa di Albus. “A che riguardo, sei venuto a cercare delle risposte da me?”. Domandò il vecchio Mago. “Si tratta di Adelia.”. Rispose secco, sorseggiando altro idromele. “Ho scoperto chi è suo padre...”. Silente esitò a rispondere, e si limitò a scrutarlo. “Come l’hai scoperto?”. Perché non gli aveva chiesto direttamente che cosa aveva scoperto? Era insolito. Ma probabilmente, c’erano cose a cui quel vecchio Mago, era già al corrente da chissà ormai quanto tempo! “Erroneamente, Adelia ha pronunciato il suo nome davanti a me, ignara delle conseguenze. Il giorno in cui Verna è morta…”. Esitò un momento, pensando a quella donna orribilmente uccisa da Bellatrix, quella fredda notte di novilunio. “…il Demone che ha maledetto Adelia mi è comparso in sogno…ha confessato di essere il suo legittimo padre…”. Uno sguardo di ghiaccio, era puntato su di lui, dall’inizio di quella affermazione. “Ti ha detto altro, in sogno?”. Chiese quasi impassibile. “Ha detto che devo proteggere sua figlia…”. Disse, pensando alla folta chioma rossastra e ai suoi lineamenti mefistofelici, che per fortuna, non avevano nulla a che vedere con l’aspetto di Adelia. “…io…sono deciso a farlo…voglio proteggere Adelia, a costo della mia Vita.”. Pensò. Fanny che era appollaiata sul trespolo, a pochi metri da Silente, prese a verseggiare. “Come immaginavo…lo Stigmata Diaboli è un sigillo che la tiene in vita, ed è stato l’unico modo che suo padre sia riuscito ad escogitare, prima che sua figlia varcasse per sempre la soglia dell’al di là.”. “Che la tiene in vita? Significa che se il marchio scomparirà…”. Non riuscì a terminare la frase, per paura di ammettere la verità. “Se la maledizione cesserà, lei avrà un’anima completa…questo significa che si potrà ricongiungere all’altra metà della sua anima…all’altro mondo.”. Adelia dovrà morire? Un grande dolore iniziò a pervaderlo nel cuore. Come poteva salvarla? Lui non voleva che morisse…avrebbe dato la sua Vita per lei. “Non è possibile!”. Sbottò ad un certo punto, come se una belva feroce si fosse risvegliata in lui. “Esiste un modo per salvarla!?”. Silente abbassò lo sguardo, e negò scotendo il capo. “Non conosco nessun modo per annullare una maledizione di questo genere o riportare in vita una persona. Tuttavia, credo che Adelia sarà più felice quando avrà un’anima completa…”. Piton rischiò di imbestialirsi a quelle parole. Doveva esserci un modo per salvarla! Così come per ogni veleno c’era un antidoto, egli sarebbe riuscito a trovare anche il modo per impedire che Adelia lasciasse il mondo. “Cerca di comprendere Severus…”. Continuò Silente. “…Adelia non potrà mai essere veramente felice, se non sarà mai completa. Lascia che si ricongiunga al resto della sua anima, e te ne sarà per sempre grata.”. Piton lo guardò minaccioso. “Cerca di non affezionarti più del dovuto a lei…alle volte, l’Amore conduce alla strada più breve per la Pazzia.”. Sprofondarono nel silenzio. Nessuno dei due osò parlare, oltre più di un minuto. L’unico rumore che parve regnare in quel momento, erano le voci degli studenti dei piani sottostanti, presi dall’agitazione per il ballo di quella sera. Lo sguardo di Piton divenne vuoto. “Avrai tutto il tempo necessario per riflettere…”. Iniziò Silente. “…sono certo che inizialmente eri venuto per rivolgermi delle domande, al riguardo dei genitori di Adelia…non è così?”. Severus annuì, con aria distratta e quasi disinteressata. “Bene, credo che sarà necessario partire dagli albori.”. Sostò davanti alla finestra, contemplando il paesaggio imbiancato dalla neve. “La madre, si chiamava Katerine Blackford. Era nata orfana, in circostanze misteriose, e l’unica cosa che si sapeva sul suo conto, era la sua iscrizione dal giorno di nascita a Hogwarts. All’ora io ero appena diventato Preside, ma ancora mi occupavo delle iscrizioni dei nuovi studenti, per cui ho avuto modo di conoscerla. Era una ragazza con grandi ambizioni, nobile e gentile col prossimo. Nonostante l’apparenza, c’era qualcosa che dimorava in lei, una forza benefica che mai avevo avvertito da molti anni. Era diversa dagli altri, così svolsi delle ricerche sul suo conto, e nulla mi lasciò più stupito di quello che scoprì…”. Si voltò verso Severus. “Conosci la stirpe di *Sephiroth?”. Chiese, con occhi brillanti. “I Sephiroth? Una famiglia del mondo magico di mezzi Angeli…sapevo che era solo una favola…”. Sbottò Piton annoiato. “Una favola…”. Rispose scettico Albus, incrociando le mani dietro alla schiena e girovagando avanti e indietro nella stanza. “Katerine era l’ultima discendente della famiglia di Sephiroth. Come già ben saprai, si narrava che questa stirpe fosse riuscita a mescolare il proprio sangue con quello dei Serafini, una delle gerarchie più alte e nobili di Angeli. I figli che nacquero da questa unione proibita, erano certamente maghi e streghe dall’aspetto umano, ma dai poteri straordinari. Governavano gli elementi, dominavano sulla Luce, sublimavano i peccati, guarivano le ferite inflitte da potenti Maledizioni e operavano una magia definita…Celestiale…”. Si interruppe. “E ora, questa stirpe, che fine ha fatto?”. “Purtroppo, l’ignoranza e l’invidia delle altre casate più potenti, tra cui anche quella di Serpeverde, hanno portato morte e distruzione ai Sephiroth. Credendo di aver sterminato tutta la famiglia, l’odio si era assopito per anni, ma non era cessato. Katerine era l’unica sopravvissuta al massacro, penso che per questo motivo, Voldemort l’abbia cercata e uccisa senza alcuna pietà. Voleva dimostrare la sua appartenenza alla casa di Serpeverde...lui si firma in questo modo.”. Severus, che per anni aveva prestato servizio a Voldemort, non era mai venuto a conoscenza di questa storia.

 

 

Ma era il caso di riflettere dopo, aveva altri quesiti a cui trovare una risposta in quel momento. “Che cosa mi sai dire sul padre?”. Silente esitò un momento. “Non lo conobbi direttamente…ma sapevo quello che era…”. Prese una pausa, poi ritornò sul filo del discorso. Non doveva essere un gran piacere parlarne, per lui. “Era un Demone del Basso Inferno, tra le creature più infime e pericolose con la quale un umano possa entrare in contatto. Sono di natura malvagia, e non si possono arrestare…si dice che, qualche volta queste creature infernali, possano assorbire energia dagli umani per rinvigorirsi, trasformandosi per un notte in un Incubus.”. Incubus: dove aveva già sentito questa parola? “Senz’altro avrai sentito parlare di Succubi e Incubi…sono dei parassiti dei Sogni, e si nutrono di emozioni e sentimenti, per vivere hanno bisogno costantemente di far visita agli umani.”. Ne parlò quasi con disprezzo. “L’Incubus che faceva spesso visita nei sogni di Katerine…è senza dubbio il padre di Adelia.”. Suo padre era un Incubus? “Non avevo mai sentito, prima d’ora, che un Incubus potesse innamorarsi di un umano…ma a quanto pare, Adelia ne è la prova inconfutabile.”. Albus si accomodò nuovamente dietro alla scrivania. “Ovviamente, non avrebbero potuto stare insieme, senza infrangere come minimo una dozzina di regole di condotta del codice demoniaco. Il Demone amato da Katerine, dovette rinunciare all’immortalità per lei, diventando per metà un umano…”. Sospirò, come se dovesse ammettere una dura confessione. “Diventando umano, rinunciò a una parte del suo mondo, cosicché potesse varcare la soglia del mondo materiale. Grazie a questa rinuncia, poté prendere in moglie Katerine, e con lei avere una figlia…Adelia, l’ultima discendente di Sephiroth, il cui sangue è stato contaminato da quello di un Demone…”. Severus non diede molta importanza alle ultime crude parole che proferì il vecchio Mago. “Solo grazie a questa rinuncia, poteva entrare nel mondo materiale? Credevo che se un Demone varcasse la soglia del mondo spirituale, diventasse più debole…e assumesse la forma di una specie di evanescenza.”. Rispose, ancora scettico. “Ma dimentichi che Katerine amava un Incubus. Come già ben sai, si nutrono solo dei sentimenti più intesi che un umano può provare. Più un sentimento è potente, e più diventano potenti i Demoni di cui se ne nutrono. L’Incubus era diventato ‘reale’, solo grazie all’Amore profondo di Katerine.”. “Ma ora che Katerine è morta…lui non potrebbe più entrare nel mondo materiale…per cui, non riuscirebbe più a vedere sua figlia, no?”. Convenne con aria dubbiosa. “Non ne sarei così sicuro. L’Amore è un sentimento molto intenso, e può perdurare negli anni, anche dopo la morte della persona che ha amato…”. Esitò un momento, poi prese a parlare a bassa voce, come per essere sicuro che nessuno oltre a Piton, potesse sentirlo. “Quello che ti sto per dire, è solo una mia supposizione, per cui non dovrai rivelarlo a nessun altro…”. Sospirò. “Io penso che l’Incubus abbia stregato Katerine, in modo che lei se ne innamorasse…non è la prima volta che succede, e non mi sorprenderebbe che cercasse solo di illuderla per assorbire il suo potere…in fin dei conti, lei era un mezzo Angelo…perché non avrebbe dovuto approfittarsene?”. “Che prove hai?”. Intervenne ancora, quasi per mettere in difficoltà Albus. “L’Amortentia.”. Sussurrò. “Adelia è allergica all’Amortentia! Evidentemente lo è diventata in seguito all’uso spropositato sulla madre.”. Effettivamente, era ben a conoscenza delle gravose conseguenze che quel filtro d’Amore poteva avere sulla fanciulla. Quella volta che ne aveva solo inalato i vapori, avrebbe sfiorato la morte a distanza di poche ore, se non le avesse dato subito l’antidoto. “Tuttavia, rimangono sempre supposizioni.”. Si voltò nuovamente in contemplazione della finestra. “Non credevo che l’Amore potesse anche uccidere…non così…povera ragazza…è uguale a sua madre, fragile e bella.”. Severus, lì per lì, non seppe cosa rispondere. Provò solo un forte disagio, nel trovarsi in una discussione del genere. Dopo qualche attimo, decise di ritornare sull’argomento ‘padre di Adelia’, dal momento che aveva bisogno di conoscere un minimo sul Demone che li aveva fatto visita in Sogno. “Che altro mi sai dire, sul padre?”. Silente sorseggiò un altro po’ di idromele, per bagnare la gola e rispose. “Suo padre è in grado di padroneggiare perfettamente la Necromanzia, e riesce a riportare in vita i morti e dominare ogni creatura oscura, anche gli Inferius. Voldemort apprezza particolarmente questi poteri…”. Severus intuì perfettamente dove voleva arrivare… “Vorresti insinuare che Voldemort sia interessato a lei?”. Chiese stizzito dall’affermazione. “Oh Merlino! E quale Mago bramoso-di-potere rinuncerebbe mai ad Adelia!? Rifletti…”. Prese una pausa. “Adelia, è figlia di un Demone e di un mezzo Angelo. Non pensi che potrebbe servirsene per i suoi scopi malvagi? Adelia è unica. Ha ereditato i poteri della madre, ed già in grado di utilizzare la magia Celestiale. Non potrei dire lo stesso della magia Oscura, presumibilmente ereditata dal padre, ma penso che abbia solo bisogno di essere risvegliata, per questo bisognerà…”. Piton lo interruppe. “Perché vuoi risvegliare i poteri ereditati dal padre!? Non avrebbe alcun senso contro un mago oscuro!”. “Oh sì che avrebbe senso! Se anche il lato oscuro venisse risvegliato, Adelia sarebbe in grado di utilizzare la magia Universale! Unendo Luce e Ombra, lei riuscirebbe a sconfiggere Voldemort, e a recuperare la propria anima. Ed è quello che sto cercando di fare, dall’inizio dell’anno…da quando l’ho affidata a te...”. Ci fu un momento di silenzio tra i due. Dopo un po’, il primo a prendere parola, fu il Serpeverde. “Il Ministero, è a conoscenza di quello che mi hai detto oggi?”. Fece intendere uno sguardo sospettoso. “No, no! E’ escluso. Tutto quello che oggi ti ho detto, dovrà rimanere solo tra noi due, per cui ti prego di non informare nessuno!”. “Neanche Adelia?”. Chiese, inarcando un ciglio. “Ogni cosa a suo tempo, Severus.”. Sorrise dandoli una pacca sulla spalla. “Nel frattempo, cerca di starle sempre appresso e di non perderla mai di vista. Ora, se non ti spiace, devo assentarmi per dare inizio ai preparativi per la festa. Non credo manchi tanto, per cui penso che ci rivedremo tra un’oretta.”. Piton uscì dall’ufficio, alquanto pensieroso e distratto. Era piuttosto turbato, all’idea che Adelia discendesse veramente da un Incubus, ma era rinfrancato dal fatto che non avesse preso nulla del perfido padre, né di aspetto estetico né di carattere. Ma c’era ancora un lato oscuro che doveva scoprire in lei…

 

***

 

Nel contempo, in una stanza del castello. “Ho provato di tutto! E riprovato più volte…possibile che non funzioni un accidente? Nessuna fattura o incantesimo…”. Esalò Adelia con voce rassegnata, mentre si inginocchiava sul freddo pavimento della stanza. Mancava quasi un’ora e mezza al ballo, e la fanciulla era in preda tra incantesimi e fatture, nel vano tentativo di infortunarsi un arto. Ad un certo punto, si alzò nuovamente in piedi e si sedette sulla sponda del letto a baldacchino. “Possibile che sia così difficile infortunarsi un braccio volutamente?”. Adelia era sconfortata. Batuffolo, al contrario, la guardava divertito e ogni tanto canticchiava per incoraggiarla. Ovviamente, quella innocente palla di pelo non aveva inteso quali fossero le intenzioni di Adelia, per cui era convinto che lo facesse solo per dare spettacolo e farlo divertire. “Che cosa dovrei fare piccolo?”. Chiese la ragazza, fissandolo speranzosa. Per un attimo la pallina rosa esitò, poi si mise a rotolare e piroettare come una ballerina, mentre canticchiava allegramente. “Pare che tu sia più capace di me a ballare…”. Cercò di sorridere. “…se solo mi potessi sostituire…”. Terminata quella frase, si lasciò cadere sul letto, e iniziò a contemplare i scuri drappeggi color verde foglia che pendevano dal baldacchino. Si rilassò all’istante, e cominciò a pensare a cosa le sarebbe potuto succedere quella sera al ballo. Avrebbe mai ballato? E se sì, chi sarebbe stato il suo cavaliere? Sarebbe riuscita a fare pace con Hermione o a mettere in chiaro le cose con Ron? Sarebbe stata colta dai pettegolezzi di quelle oche Grifondoro, o no? E chi poteva saperlo...alla fine, prese un respiro profondo e si drizzò sul busto. “Ho deciso, ci andrò.”. Disse tra sé e sé, mentre la creatura che le rotolava poco fa di fianco, prese a guardarla con sorpresa. “E tu verrai con me!”. Si rivolse a Batuffolo, poi si diresse davanti all’armadio, dalla quale vi tirò fuori un candido abito ancora confezionato. “Almeno farò felice ‘zia’ Verna…”. Aggiunse, mentre poggiava l’abito sulla sponda della poltrona. Sarebbe stato un peccato, non indossare l’abito che con così tanta premura, Verna aveva fatto confezionare per lei. Si scrutò davanti allo specchio dell’armadio, ed esaminò con attenzione alcune ciocche della sua folta chioma corvina. “Cosa pensi Batuffolo: meglio lisci o ricci?”. Chiese mentre si specchiava. Ma la creatura-batuffolo non emise nemmeno un verso, difatti…stava già sonnecchiando beatamente tra i morbidi cuscini del letto. “Sei molto utile…”. Rispose delusa, mentre ascoltava quel curioso ronfo che produceva la sua creatura. Tornò a guardarsi allo specchio. “Ricci!”. Decise infine. Si accomodò su una sedia e cominciò a spazzolarsi i lunghi capelli, che per effetto di un incantesimo sulla spazzola, diventavano via via sempre più ricci. Al fine, i suoi capelli avevano assunto la forma di enormi boccoli neri. Soddisfatta del suo operato, gli raccolse con un fermaglio a forma di giglio bianco e lasciò che alcune ciocche ribelli ricadessero sul viso pulito. Si diede una punta di cipria lungo le gote del viso, per farle sembrare più rosee del solito. Poi, ripassò le labbra con un rossetto scarlatto. Estrasse dall’armadio un piccolo cofanetto rosso, nella quale aveva riposto il ciondolo che Severus le aveva regalato il giorno del suo compleanno. Non appena lo prese in mano, iniziò ad emanare una fioca luminescenza cerulea. Si accomodò sul letto, e con delicatezza se lo mise al collo, poi andò a cambiarsi. Ignara di quanto tempo fosse passato, non si accorse che quell’ora era scivolata via velocemente, tanto che si trovava ancora indaffarata ad allacciarsi il complicato corsetto del vestito. Senza che se lo aspettasse, in quel momento, qualcuno bussò alla porta. “Adelia, posso entrare?”. Era Severus. “E’ già qui? Non sono ancora presentabile…un momento!”. Rispose, affrettandosi ad infilare i nastrini negli ultimi occhielli del corsetto. Passarono altri dieci minuti. “Adelia, sei ancora lì?”. Sbottò Piton, quasi spazientito. “Non riesco a…”. Era ancora indaffarata con quel maledetto corpetto. In quel istante avrebbe voluto che Verna fosse lì, a stringerle i nastrini di quel odioso vestito! Da sola, si sentiva molto impedita. “…non riesco ad allacciare il corsetto…”. Ammise rassegnata dopo un po’. Senza chiedere il permesso, Piton spalancò la porta ed entrò nella stanza. “Ti posso dare una mano?”. Chiese gentilmente. Adelia annuì, girandosi di spalle. “Non riesco ad infilare i nastrini negli ultimi occhielli…”. Spiegò, e in men che non si dica, Severus terminò di allacciarli. “Possiamo andare, ora?”. La fanciulla annuì, e fece proseguire per primo Piton, mentre lei si affrettava a prendere la sua creatura-batuffolo che nascose in una delle pieghe del vestito. Non si era accorto di nulla.

 

 

Adelia lo seguiva appresso, lentamente, mentre scendevano le scale. Non c’era nulla di insolito nel suo abbigliamento, probabilmente perché era vestito come di consueto di nero. Tuttavia, indossava un elegante completo a collo alto, con diversi ricami d’argento. Questi ornavano solennemente le maniche, e i lembi di stoffa che contornavano i bottoni, a forma di testa di serpente. Per il resto, forse aveva i capelli meno arruffati e unti del solito. Mano a mano che si facevano sempre più vicini alla Sale Grande, sembrava che i festeggiamenti avessero già avuto inizio da un pezzo. Adelia deglutì, quando si ritrovò a pochi passi dalla rampa di gradini che scendevano sull’aperto salone. “C’è qualcosa che non va?”. Chiese Severus, quando notò che si era fermata alle sue spalle. “Ehm…no…nulla…”. Prese un respiro, e lo raggiunse. Nessuno dei due parlò, anche se Adelia avrebbe faticato lo stesso a dire qualcosa, per quanto era nervosa di farsi vedere al ballo. Si immaginava la faccia imbronciata di Ron, che la fissava con denigrazione, per farla sentire in colpa ad ogni costo. Non si accorse, nel contempo, che scendeva le scale, delle vivide voci che avevano cominciato ad abbassarsi. Le pareti in pietra della sala rimbombavano di bisbigli e commenti. Adelia non riuscì a riconoscere le voci, ma le sfuggì di udire qualche commento. –E’ bellissima!- . –Ha un abito stupendo…- . –E’ con Piton!- . –Non sarà mica lui il suo cavaliere!?- . –Non ci sarebbe da meravigliarsene! Stanno tutto il tempo insieme…-. Udì dalle persone che le stavano più vicino. Ritenne più appropriato far finta di niente, e per non incrociare gli sguardi sbalorditi e curiosi dei suoi coetanei, abbassò lo guardo. Continuò a seguire il Professore, finché non si fermarono vicino ad un banchetto di dolciumi, dove Silente era impegnato in una vivace conversazione con la Professoressa Cooman. “Le ripeto che quel ronzino…vorrei dire il centauro! Non può continuare ad insegnare la nobile arte della Divinazione in questa scuola! Dovrebbe insegnarla piuttosto ai suoi simili nella Foresta Nera…dove ritengo che sia il luogo più appropriato...”. Erano capitanati nel bel mezzo di quella che sarebbe stata, un’interminabile discussione. “Come le avrò già detto assai altrettante volte: io seleziono il corpo insegnanti, a seconda delle capacità che gli predispongono ad essere idonei, ad insegnare una materia. Non pongo discriminazioni razziali dinanzi ad un insegnante. Le è chiaro?”. Riprese Silente, evidentemente esasperato. “Buonasera, Albus.”. Si intromise Piton. “Ah, siete arrivati! Sono molto contento di vedervi.”. Levò un sorriso da guancia a guancia, poi fece un lieve cenno col capo, per far intendere a Severus di aiutarlo ad uscire da quella disagevole situazione. “Scusa Sibilla, ma ho bisogno di scambiare urgentemente due parole con Albus.”. Fece un leggero cenno di assenso col capo, e poi se ne andò via visibilmente corrucciata e delusa. “Oh Adelia! Sei magnifica questa sera, sono lieto che alla fine tu abbia deciso di partecipare al ballo.”. Di partecipare? Ma se era stata obbligata! Tuttavia, non obbiettò e si limitò ad un leggero inchino e ad un ‘Grazie.’ serrato tra i denti. “Poco fa ti cercava Ron Weasley…”. Appena citato quel nome, sul volto di Piton si dipinse una smorfia di spregio. “…se desideri cercarlo, l’ho visto poco fa abbuffarsi al buffet dei sottaceti.”. Sforzò un sorriso, cercando di non dare troppo a vedere che avrebbe preferito evitarlo. “Certo, grazie.”. Sforzò un altro sorriso. “Non mi dirai che fa parte della tua cerchia di amici?”. Convenne Severus. ‘Amici’? Come se ne avesse sempre avuti, pensò. “Non è precisamente un amico…”. Rispose vaga, suscitando una innaturale curiosità sul Professore di Pozioni. “…lo conosco appena, e credo che mi basti conoscerlo fino a questo punto.”. Aggiunse in fretta. Severus si ammorbidì subito, come se quello che avesse detto lo avesse placato. Non riuscì a spiegarsi il motivo di quella reazione. Che fosse geloso? “Nah, che scemenza…”. Pensò tra sé e sé. Tuttavia, era ancora troppo presto per affrettarsi a certe conclusioni. Poco dopo, il festeggiamento proseguì con un facoltoso banchetto natalizio, e in quella occasione vide Ron a braccetto con Lavanda Brown. Levò un sospiro di sollievo, rassicurandosi che non avrebbe più dovuto avere rimorsi, dal momento che era riuscito a trovare qualcuna con cui partecipare al ballo. Anche se non poteva ignorare le occhiatacce che, di tanto in tanto, le mandava da lontano. In seguito, adocchiò Hermione seguita da Cedric Diggory. Non pareva essere molto soddisfatta del suo cavaliere, e pensò che avrebbe preferito la compagnia di Ron, dal momento che spasimava per lui da chissà quanto tempo! Qualche attimo più tardi, arrivò Harry a braccetto con una bella rossa, che si rivelò presto essere la sorella minore di Ron. Ginny indossava un semplice abito rosa lampone, molto evidente. Mentre Harry era vestito con un elegante frac blu scuro. Insieme erano veramente un bella coppia. Pensò tra sé e sé. Hermione, per l’occasione, aveva indossato un eccentrico abito giallo paglierino che sfoggiava con superbia. Mentre Ron, difficile a dirsi…Adelia non aveva inteso che razza di abito avesse indosso. Aveva, certamente, una trama molto originale che a dir poco sfiorava il bizzarro. Era una specie di ‘frac’ di color marrone pastello, con le maniche orlate di fronzoli bianco crema e con svariati ricami a motivo floreale sulla giacca. In complesso, però era elegante.

 

 

I tavoli, come loro solito, erano divisi a seconda della appartenenza alla casata. Adelia si dovette accomodare al tavolo di Grifondoro, ma riuscì ad insinuarsi in un posticino abbastanza lontano da Ron, e neanche troppo lontano dal tavolo degli insegnanti. Si trovava in mezzo a due ragazzine del primo anno, che quasi non finivano di farle domande al riguardo del ‘perfido’ Professor Piton. Avrebbe quasi sopportato meglio le sceneggiate di Ron! “Ho sentito dire, da un ragazzo del sesto anno, che Gazza rinchiude i ragazzi cattivi nei sotterranei! E Piton pensa ad appenderli per i pollici, altrimenti gli costringe ad ingerire pozioni velenose e a torturarli. Ma è vero?”. Chiese, infantilmente, una delle due ragazze. “Sono voci infondate che girano per spaventare i nuovi studenti…”. Rispose seccata, dalla insensata conversazione in cui si era andata a cacciare. A momenti il banchetto sarebbe terminato, dal momento che erano finalmente arrivati al dolce. Le avrebbe sopportate per qualche minuto ancora, e poi se la sarebbe data a gambe prima che cominciasse il ballo. Ad un tratto si sentì assalire da un formicolio alla gamba. “No, forse non è un formicolio.”. Dovette constatare, quando si ricordò di aver portato anche la sua Puffola Pigmea. Avvertì un leggero solletico alla gamba. “Batuffolo! Vieni piccolo…”. Disse Adelia, tendendo una mano alla sua piccola creatura. “Batuffolo, vieni…”. Insisté ancora, e finalmente la pallina di pelo, zampettando lungo la gonna del vestito, raggiunse la mano della sua padrona. Lei lo avvolse premurosamente tra le mani, e prese ad accarezzarlo. Parve che nessuno, per fortuna, si fosse accorto del piccolo intruso. “Tra un po’ ce ne andiamo…”. Bisbigliò Adelia, rassicurando la sua creatura-batuffolo, mentre la accarezzava. Nel momento in cui, ebbe modo di scrutarla meglio alla luce, osservò qualcosa di insolito. Il pelo aveva un colorito diverso dal solito. Era contornato da striature azzurre, e sfumature di un viola prugna decisamente più scuro di quello di Batuffolo. Ad un tratto sobbalzò. “Ma questo è Arnold! La Puffola di Ginny!”. Pensò. E la sua dov’era finita? Scostò la gonna, ed esaminò ogni piega del vestito, ma di Batuffolo non vi era neanche l’ombra. E ora? La prima cosa da fare, era riportare Arnold alla sua padrona, poi avrebbe pensato a cercare Batuffolo. Sperava solo che non si fosse diretto verso la biblioteca! In quel momento, avvertì un pizzicore alla mano, seguito da un dolore che si irradiava lungo tutto l’indice. Abbassò nuovamente lo sguardo, e notò che Arnold cercava di svincolarsi dalle sue mani, per questo l’aveva persino morsa. Adelia cercò di trattenerlo, ma non ci riuscì a lungo, perché le scivolò tra le mani e scappò via sotto al tavolo. “Oh ci mancava sola questa!”. Sbuffò. “Che cos’è successo?”. Le chiese sospettosa, una delle due ragazze con la quale parlava poco fa. “Oh niente…ehm…credo di aver perso qualcosa…”. Rispose sul vago, continuando a guardare sotto il tavolo. “Che cosa hai perso?”. Insisté. “Nulla che ti possa riguardare…”. Questa volta rispose secca, in modo che la conversazione finisse a quel punto. E difatti, così fu. Qualche attimo dopo, i tavoli vennero sgomberati dalle cibarie, e sparirono dalla sala. Adelia andò a cercare Ginny, e la trovò poco dopo, insieme a Harry. “Ginny, ho bisogno di parlarti.”. Annunciò. “Di cosa si tratta?”. Chiese sorridente. “Ehm…mi è sembrato di vedere Arnold sotto il tavolo…”. Improvvisamente il suo sorriso, venne sostituito da un’espressione amareggiata. “Hai visto dov’è andato?”. Adelia scosse con il capo, per negare. Ginny tirò fuori la sua bacchetta, e la puntò sul pavimento. “Accio Arnold!”. Ma non successe nulla. “Ehm…Ginny, non credo che l’incantesimo d’appello funzioni…c’è molta gente in questo momento…e non potrebbe essere l’unico a chiamarsi Arnold.”. Intervenne Harry. “Non mi resta che cercarlo, grazie per avermelo detto.”. Fece per andarsene, ma Adelia la fermò. “No aspetta! Vengo con te…anch’io ho perso la mia Puffola Pigmea…ho pensato di portarla con me, ma…mi è sfuggita.”. Ammise rassegnata dalla vergogna. “Non ti preoccupare, la troveremo.”. La rassicurò la rossa, e insieme a Harry si avviarono a setacciare tutta la sala. I festeggiamenti stavano proseguendo per il meglio, e a momenti si sarebbe esibito un gruppo Pop/Rock sul palco da poco allestito al centro della sala. Non avevano rimasto molto tempo! A momenti, il ballo sarebbe cominciato e la baraonda avrebbe confuso ancora di più le ricerche. Si erano divisi, per esaminare attentamente ogni centimetro o angolo della sala. Ginny stava controllando le scale e le uscite della sala, Harry i giardini, e Adelia era rimasta in sala a cercare sotto alcuni tavoli che servivano il buffet. “Accio Batuffolo!”. Disse, puntando la bacchetta sotto ad un tavolo. Ma non successe nulla. Allora si chinò, e iniziò a cercare sotto al tavolo, facendosi luce con la bacchetta. Non c’era. Sospirò, e si rialzò in piedi. Stava per dirigersi verso il prossimo tavolo, quando venne fermata nel suo intento da qualcuno.

 

 

“Che cosa stai cercando sotto i tavoli?”. Sbottò il rosso ad un certo punto, quando constatò che Adelia si era accorta della sua presenza. “Ehm…sto cercando la mia creatura.”. Rispose secca, dirigendosi verso un secondo tavolo. “Ah davvero?”. Rispose beffardo. “Magari si è sentito ferito ed è andato via…”. Continuò, cercando ad ogni costo di farla sentire in colpa. Adelia lo ignorò, e iniziò a setacciare sotto al tavolo, illuminando con la bacchetta. “Batuffolo?”. Chiamò, ma non c’era. Si alzò nuovamente in piedi, e fu scontenta di vedere ancora Ron, rimasto lì a fissarla. “Mi hai ascoltato!?”. Insisté ad un certo punto. “Ron, mi dispiace se non ho tempo da perdere…ma sto cercando la mia creatura, e sono abbastanza preoccupata. Ti spiace?”. Cercò di essere gentile, nonostante la seccatura. “Ah, è così quella palla pelosa è più importante! Sì, certo…continua pure a cercare quella palla di pelo ambulante, ma secondo me sarà già stato divorato da Mrs. Purr!”. Adelia si sentiva davvero arrabbiata, e vedendo che Ron era rimasto impalato a guardarla in attesa di una risposa, non poté trattenersi. “Smettila di comportanti come un bambino viziato!”. Sbraitò lei. “Ho capito dove vuoi arrivare: il fatto è che non sei riuscito ad accettare il mio rifiuto, e ora…a tutti i costi cerchi di farmi sentire in colpa!? Beh, sai cosa c’è? C’è che io odio questi stupidi balli, e non mi interessa minimamente che tu sia rimasto ferito…LASCIAMI STARE! NON TI SOPPORTO…”. Era talmente presa dalla collera, che non si era accorta di aver alzato un po’ troppo la voce. Ron esitò a rispondere, poi farfugliò velocemente qualcosa e disse in modo comprensibile. “E’ questo che pensi!? Bene…benissimo! Per quello che mi importa di te, puoi anche andare a…”. “Languelingua!”. Un fiotto di argentea luce, colpì in piena faccia Ron. Adelia lo sentì mugugnare, nel tentativo di parlare, ma senza alcun successo. Si voltò, e riconobbe una elegante e scura figura avvicinarsi a loro. “Signor Weasley! Che cosa era intenzionato a proferire? Qualcosa di offensivo immagino…”. Severus si avvicinò al rosso, guardandolo torvo. Aveva già idea di cosa avrebbe proferito, dal momento che era un ottimo Legilimens, per lui era facile quanto leggere un libro aperto. “Penso che le sia più conveniente imparare a tenere a freno la lingua, prima che qualcuno gliela annodi definitivamente al palato …”. Ghignò sadicamente. Il rosso sembrava impietrito dalla paura, e lo fissava evidentemente spaventato, mentre Piton si avvicinava minaccioso a lui. Adelia, che aveva assistito a tutta la scena, si sentì annodare lo stomaco. L’intromissione improvvisa di Piton, l’aveva trascinata in un profondo stato di disagio. Se avesse potuto, si sarebbe smaterializzata all’istante! Tutti gli occhi presenti in quel momento, era puntati su Piton e Ron, incuriositi e terrorizzati. Severus fece roteare la bacchetta, in un pigro gesto e spezzò l’incantesimo Languelingua. “Al ritorno dalle vacanze, si ricordi di passare nel mio ufficio per la punizione che le spetta.”. Aggiunse. Sembrava che provasse una certa soddisfazione, nel mettere in punizione gli studenti, specialmente i Grifondoro. Osservò Adelia, alquanto allibita per l’inaspettata reazione del suo Professore. Certo, era stato un po’ troppo brusco, e non era per nulla compiaciuta di quello che aveva fatto. Ignorando di essere un po’ al centro dell’attenzione, si avvicinò a Piton, il quale si voltò senza indugio verso di lei. “Adelia…”. Stava già per dirle qualcosa, ma lei li parlò sopra. “Non crede di essere stato un po’ troppo brusco!?”. Qualche istante dopo, l’espressione di Severus cambiò e prese a fissarla torvo. “Se non ti spiace, io sono l’insegnante, quindi io decido come comportarmi con gli studenti. E’ chiaro?”. Sembrava adirato. “Ma che ragione aveva per trattarlo così!?”. Ribatté lei, per nulla intimorita. “Adelia, non contestare il mio metodo di insegnamento, per cui ti consiglio di non proferire altro, se non vuoi peggiorare la situazione…”. “Questo lo chiama ‘insegnare’? A me sembra che lei mi stia minacciando…”. Disse, senza pensarci più di tanto. Quelle parole le erano venute così spontanee, che non aveva fatto caso a quello che aveva appena detto. “Non-mi-contestare!”. Scandì quelle parole, come se volesse a tutti i costi farle recepire il messaggio. Ma la testardaggine di Adelia, la portò oltre il limite. “E’ un comportamento da vigliacchi quello che ha appena mostrato! Attaccare uno studente disarmato…”. Il suo sguardo divenne cupo e incredibilmente freddo e impenetrabile. Non l’aveva mai visto così…“Non chiamarmi vigliacco!”. Rispose lui freddamente, dandole un violento schiaffo, a tal punto da farla quasi cadere a terra. Un istante, e poi un dolore pazzesco si irradiò su tutta la guancia destra, che iniziò a diventare sempre più rossa. Adelia era rimasta attonita, quasi come se non si fosse resa conto di quello che era appena successo. Poi scrutò quegli occhi neri, vitrei e privi di ogni sentimento. Era immobile. Il respiro si era fermato, le parole si erano congelate in gola…poi una calda lacrima iniziò a scenderle lungo il viso. “Non è cambiato…”. Le parlava una voce nella testa. “…è un mostro, e tale e quale resterà!”. Trafitta e addolorata, iniziò ad indietreggiare, poi si voltò e corse in direzione opposta. Bisbigli e commenti iniziarono ad aleggiare in sala, accompagnando le sue orecchie fino all’uscita. Non le importava più nulla, ora voleva solo stare sola con se stessa. Per le scale, suo malgrado, incrociò Ginny che cercò di fermala per chiedere invano che cosa le fosse successo. Adelia non disse nulla, e continuò a correre. Raggiunse il secondo piano, e si rinchiuse nel bagno delle ragazze. Piangente e dolorante. “E’ stato tutto inutile…”. Si rimproverava. “…non dovevo neanche sperare che cambiasse!”. Si sentì divorare da quella voce nella sua testa. Improvvisamente sentì gorgogliare il lavandino, e una evanescente figura biancastra comparve dinanzi a lei. “Ciao Adelia! Sei venuta ancora a trovarmi?”. Strillò Mirtilla Malcontenta. “Perché questa volta piangi?”. Prese a vorticarle intorno. “Mirtilla, per favore…lasciami sola…”. Rispose sconsolata. “Per tua informazione, sei nel mio territorio, quindi ti conviene moderare il tono ed essere più cordiale.”. La canzonò il fantasma. “Perché? Non lo sono stata!?”. Obbiettò Adelia. “Beh…sì, ma non puoi cacciarmi via dal mio bagno! Io abito qui…”. Le disse, sembrando quasi orgogliosa di ‘vivere’ in un gabinetto. “Allora me ne vado.”. Rispose dignitosamente, facendo per andarsene. “D’accordo! D’accordo! Puoi restare, così mi tieni compagnia…mi sento così sola…”. Cercò di convincerla. Alla fine la fanciulla dai lunghi capelli corvini, restò. “Va bene, ma lasciami in pace. Per favore…”. Le chiese Adelia. “Sissignora!”. E se ne tornò nel suo gabinetto otturato, facendo come al solito traboccare l’acqua dal water, con un sonoro –SPLASH!-.

 

 

Ripensò ancora a quella scena. A quello schiaffo. Più ci pensava, e più le faceva male la guancia, anche se non era più rossa. Posò delicatamente la sua mano fredda, sul punto in cui Piton le aveva tirato quello schiaffo. Era un sollievo, sentire contrastare il calore, a quel piacevole freddo-gelido. Si guardò per un attimo allo specchio. I capelli erano scompigliati, e il fermaglio a forma di giglio non riusciva più a tenerli raccolti. Adelia se lo tolse, e lo posò sui bordi del lavandino. I lucenti boccoli neri scendevano in una cascata, sino ai fianchi. I suoi occhi erano ancora un po’ arrossati, ma brillavano come smeraldi, risaltando ugualmente quella rara bellezza che possedeva. Guardava il suo riflesso, e sperava di riconoscere sua madre, nella sua stessa immagine. Era simile a lei, quasi come una goccia d’acqua, se non fosse stato per i capelli mori. Quanto avrebbe desiderato rivederla. Udì delle malinconiche note in sottofondo. Non aveva fatto caso, fino a quel momento, della musica che si sentiva dal pian terreno. Suonava una dolce melodia, con una vena malinconica di note fredde e distanti. Le dava l’aria di qualcosa di così familiare che si avvicinava al suo cuore sconfortato e solitario. Chiuse gli occhi, e si lasciò trasportare da quella funerea litania che risuonava nei corridoi e nelle aule. “Che musica è questa? Come si chiama?”. Pensò, senza accorgersi che lo stava dicendo a voce alta. “Si chiama The Phantom Of The Opera.”. Rispose una voce maschile, dietro di lei. Adelia si voltò sgomenta. “Chi sei?”. Chiese, scrutando spaventata e incuriosita all’unisono, il giovane ragazzo che le stava di fronte. Non si ricordava di averlo già visto. Era poco più alto di lei, ed era di bel aspetto. Aveva lunghi capelli rossi, e pelle bianca quanto la neve. Era vestito in un elegante completo nero, avvolto da un mantello del medesimo colore, sulla quale erano stati ricamati con fili argentati diversi motivi. Una scura maschera a forma di gatto, celava il suo volto misterioso. “Sono il vostro cavaliere.”. Fece un solenne inchino. “Volete concedermi l’onore di ballare con voi?”. Le baciò la mano. “Ehm…io me ne stavo tornando in camera, non…non avevo intenzione di tornare di sotto.”. Rispose, cercando di distogliere lo sguardo. “Così presto? E per quale motivo, una fanciulla graziosa come voi, dovrebbe andarsene così presto a dormire? Voi siete l’anima della festa…”. Insistette. C’era qualcosa nella sua voce, di estremamente strano che la attirava. Fremeva dalla voglia di rispondere di ‘sì’, ma non era sicura di chi si trattasse. Si sarebbe potuta fidare? “Io…io non so ballare!”. Si difese, cercando di allontanarsi. “Per favore.”. Si sentì afferrare dolcemente per il polso. “Sono venuto solo per voi.”. Si voltò verso il misterioso sconosciuto. Questo continuava a fissarla dritto negli occhi, e ciò le creava disagio. “Vi prego…”. Insisté ancora. Si sentì messa a tal punto in soggezione che decise di accettare l’invito, senza pensarci più di tanto. I suoi pensieri erano liberi, e non pensava a nulla. La sua mente era vuota. Il misterioso mascherato la accompagnò a braccetto fino alla sala, dove il ballo era appena cominciato. C’erano solo coppie che danzavano, e la funerea litania stava ancora suonando per lei. Nessuno, parve accorgersi della sua presenza. Tutti erano impegnati a ballare. Si voltò ancora verso lo sconosciuto, ma quando incrociò il suo sguardo di ghiaccio, si voltò immediatamente imbarazzata. “Avete paura di guardarmi?”. Chiese divertito. “N-no…no, io non ho paura.”. Rispose balbettante. Si sentì trascinare lentamente in mezzo alla pista, si lasciò avvolgere da una specie di abbraccio e insieme cominciarono a danzare. Era un ballo lento, e tutto il tempo vorticavano in mezzo alla sala, dolcemente e con grazia. Adelia voleva parlare, ma non sapeva dove cominciare, e sentiva la sua mente così confusa e annebbiata. “Hai gli stessi occhi di tua madre, piccola mia…”. Sussurrò ad un certo punto il ragazzo. “Cosa?”. Chiese lei, sorpresa. “Come fai a saperlo?”. Tentò di svincolarsi invano,e si sentì stringere ancora di più. “Chi sei? Chi sei veramente?”. Il giovane scoppiò a ridere. Nel contempo, Adelia aveva cominciato a guardarsi intorno. Tutti si erano fermati a guardarli, stupiti e confusi. –Ma con chi sta ballando?- . Chiese ad un certo punto, una ragazza. –Non ne ho idea…io non vedo nulla…-. Adelia comprese che gli altri non potevano vederlo. “Chi sei? Perché gli altri non ti possono vedere?”. Chiese, sempre più spaventata. Il giovane continuò a ridere. –E’ sotto un incantesimo! Andate a chiamare Piton! Chiamate Severus Piton!-. Udì in sottofondo la voce di Diggory, mentre la melodia non si fermava. –Da dove viene questa nenia?-. Si chiedevano ancora gli altri confusi. “Dimmi chi sei!!?”. Sbraitò Adelia, cercando ancora di svincolarsi invano. Lui continuava a ridere. La fanciulla afferrò la sua maschera e gliela tolse, gettandola a terra. Improvvisamente la fisionomia, il suo corpo e persino i suoi abiti…iniziarono a mutare insieme. –Guardate! Guardate! Eccolo, è lui! E’ lui!-. Poté constatare che, ora anche gli altri, potevano vederlo. Era Samael. “Sam…”. Provò a nominarlo, ma si bloccò in tempo, ricordandosi che non poteva pronunciare il suo nome davanti a nessuno. “Attenta piccola mia, se nominerai il mio nome, andrò a far visita anche agli altri!”. Rise ancora. “Perché sei qui? Che cosa vuoi da me!?”. Chiese lei, mentre il cuore le batteva talmente forte che sembrava dovesse uscirle dal petto, da un momento all’altro. “Non avere paura di me, piccola mia…non devi avere paura del tuo stesso sangue…”. Che cosa voleva intendere? “Tu non sei del mio sangue!”. Indietreggiò. “Oh sì che lo sono…Adelia, io sono tuo padre…”. Si avvicinò, pronto ad afferrarla. “No! No! Tu non sei mio padre! Io non sono figlia di un Demone!!! MALEDETTO! VATTENE VIAAA!!!”. Iniziò a piangere. “Io non ho mai avuto un padre…non puoi essere tu…mamma me ne avrebbe parlato…”. In quel fragile istante, si sentì avvolgere completamente da due possenti braccia. “Devi accettarlo piccola mia…sangue del mio sangue…mia dolce figlia…”. Si sentì così debole in quel momento, a tal punto da non riuscir nemmeno a reagire, per difendersi. Passarono alcuni istanti, e si creò uno scompiglio totale in sala. Tutti fuggirono terrorizzati. Samael aveva assunto la sua forma primordiale. Aveva possenti e scure ali piumate, pelle bianca quanto l’avorio e una folta chioma rossastra che scendeva sino ai fianchi…era lui. Il Demone dei suoi Sogni, era diventato Reale. Si sentì ipnotizzata dal suo sguardo, a tal punto che perse il controllo sul suo corpo, le voci si attenuarono e la vista si annebbiò. Crollò a terra in un tonfo. “Adelia!”. Udì una voce, così familiare…e così nostalgica. “Sev…”. Mormorò. Era la voce di Severus. “Lasciala andare!”. Urlò lui, mentre la fanciulla si abbandonava ad un profondo letargo. “Severus Piton, sono lieto di conoscerti realmente di persona.”. Rispose il Demone. “Maledetto! Cosa le hai fatto!?”. Tentò di avvicinarsi, ma Samael creò un cerchiò di lingue di fuoco, che attorniarono lui e Adelia. “Non oltrepassarlo! E’ fuoco maledetto, una volta sfiorato, arderai per l’eternità!”. Severus sostò fuori dal cerchio. Non poteva far nulla. “Perché sei venuto nel mondo materiale!?”. Chiese. “Sono venuto per lei…Adelia è mia figlia, e come ultimo desiderio di padre, voglio farle dono di quello che le spetta, prima di abbandonarla…”. Il Demone la fissò con premura, e prese ad accarezzarle la folta chioma corvina. “Abbandonarla?”. Domandò perplesso, Piton. “Io sono un Incubus, e non vivo nel mondo materiale…per cui non potrò prendermi cura di mia figlia…non potrò mai essere un buon padre per lei…”. Sospirò, continuando a fissare Adelia. “Se Katerine, fosse ancora a mio fianco, tutto sarebbe diverso…ma lei mi è stata tolta! E’ morta! E la sua anima non è andata all’Inferno, come io speravo…lei si trova in Paradiso, e saremo così separati per l’Eternità! Voglio che Adelia trascini con sé all’Inferno, colui che me l’ha portata via…”. Stava per avvicinare le labbra al braccio marchiato. “Non farlo! E cosa ne sarà di lei!? Morirà? Vuoi sacrificare tua figlia!?”. Sbraitò, cercando di fermarlo. “Sarà lei stessa a scegliere…ammesso che per lei ci sia qualche ragione per vivere…”. Dopo quelle misteriose parole, posò le nere labbra sul marchio di sua figlia. In quel momento, le fiamme si alzarono, in modo da nascondere quello che stava succedendo all’interno del cerchio. “Mio piccolo giglio in fiore…sei così delicata e pura, che non vorrei sporcarti…ma non avrei scelta. Se questo è l’unico modo per salvarti la vita, allora io te ne farò dono...”. Dopodiché recitò parole incomprensibili, in una lingua antica, terminando la formula con queste parole.

 

L’Amore salverà il tuo destino dalle grinfie della Morte…Angelo dannato…è ora di svegliarti!

 

Dopodiché, Samael scomparve tra le fiamme. E questa volta, scomparve per sempre. “Buona fortuna…Adelia.”. Si sentì mormorare ovunque. Le fiamme si abbassarono, fino a scomparire nel nulla, lasciando il corpo di Adelia illeso, giacere a terra. “Adelia!”. Severus si precipitò verso di lei, e le raccolse la testa sulle sue ginocchia. Sembrava in fin di vita, ma nonostante il pallore, la sentiva respirare. La prese in braccio con molta delicatezza, come se dovesse sollevare una bambola fatta di vetro, e la portò in infermeria.

 

 

***

 

“Purtroppo non c’è una spiegazione logica. Deve aver subito un forte trauma o uno shock, che l’ha ridotta in questo stato quasi vegetativo, di letargo. Tutto sommato, ha un bel colorito e mi sembra più che sana…”. Spiegò Madama Chips rivolgendosi a Silente. “Da quanti giorni dorme?”. Chiese. “Sono cinque giorni!”. Intervenne Piton, che in quel momento si era svegliato di colpo, mentre sonnecchiava sulla sedia accanto al letto di Adelia. “Severus, non puoi continuare così. Vai a farti una sana dormita!”. Lo rimproverò l’anziano Mago. “No! Devo restarle affianco…non voglio lasciarla qui.”. Madama Chips scosse il capo. “I capricorni sono testardi di natura, credo che non ci potrai far nulla, caro Albus.”. Disse la donna, mentre si dirigeva nel suo ufficio ad affaccendarsi con altro. “Non sei riuscito a vedere altro, tra quelle fiamme?”. Domandò Silente. “Nulla. Erano talmente fitte che non sono riuscito a vedere niente.”. Aveva un’aria sciupata. I suoi occhi, erano contornati da un alone violaceo, e la sua pelle era più pallida del solito. “Severus, ti consiglio di dormire un po’. Ci penserà Madama Chips a vegliare su di lei.”. “No!”. Ribatté nervoso. “Va bene, non vedo il motivo di insistere.”. Riprese Silente. “Comunque, volevo informarti che l’Oblivion ha funzionato perfettamente, e nessuno ricorda che cos’è successo la notte del 31 Dicembre.”. Piton si limitò ad annuire, muovendo pigramente col capo. “Al riguardo del padre di Adelia…la mia supposizione si è rivelata essere infondata. In realtà, lui amava veramente Katerine…e amava anche sua figlia. Ha compiuto un gesto estremo, per salvare la vita di Adelia…sacrificando quel poco che restava della sua anima, donandolo a lei. Samael non esiste più…”. Severus lo guardò sbalordito. “Tu sapevi come si chiamava!?”. “L’ho scoperto quando ho letto il nome sul marchio di Adelia. Ma, non c’è più nulla da temere…possiamo pronunciare il suo nome tranquillamente.”. Lo guardò stranito e ancora dubbioso. “Che significa che non esiste più?”. Albus esitò qualche attimo, a rispondere a quella domanda. “Non potrà più tornare…se ne è andato, per sempre.”. “Ma per quale motivo, le ha dato in dono metà della sua anima?”. Continuava a non capire. “Ricordi quando discutemmo al riguardo di risvegliare il lato oscuro di Adelia!? In principio, non era cosa fattibile perché Adelia era ancora troppo pura, per utilizzare le Arti Oscure. Aveva bisogno di un’anima completa per utilizzarlo, aveva bisogno di una coscienza già sporca. Così il padre, ha fatto per lei quello che era più giusto fare. Donarle la sua conoscenza, la sua anima, i suoi poteri…”. Tacquero per un po’. Samael si era sacrificato? E non sarebbe mai più tornato per rivedere Adelia? Chi si sarebbe preso cura di lei? Era così fragile, e sola. Avrebbe voluto farlo lui, ma come poteva se il Ministero si era messo in mezzo? Non era il momento di pensare ad una cosa simile. Pensò. Avrebbe tuttavia protetto la ragazza che amava, ad ogni costo…così come prima di lui, aveva già fatto suo padre. Samael, un Demone buono. All’improvviso li affiorò in mente un dubbio. “Albus, perché pensavi che l’Incubus si volesse solo approfittare di Katerine?”. Chiese sospettoso. “Gli Incubus sono di natura malvagia, nella maggior parte dei casi…”. Prese un respiro. “Mia sorella, Ariana, morì a causa di uno di questi. Le aveva divorato i sentimenti, il cuore…e poi anche l’anima…”. Severus ascoltò sbalordito. Era la prima volta che sentiva quella storia. “Tuttavia, ho imparato che non tutti i Demoni sono malvagi…c’è anche del buono in loro, e ci sono anche quelli che stanno dalla parte dei giusti…come il padre di Adelia.”. Quando terminò, rimasero immobili a fissare la fanciulla dormiente. Aveva un aspetto così roseo e sano. Non sembrava affatto che avesse subito un trauma o uno shock, come aveva detto Madama Chips. La sua Adelia, così delicata e bella, quanto un giglio fiorito in pieno inverno.

 

 

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Persefone Fuxia Ti ringrazio, per aver ancora recensito il capitolo precedente^^. Mi lusinga, il tuo apprezzamento al riguardo dell’alternanza tra le parti drammatiche e quelle più briose. Il mio più grande timore, è proprio quello di marcare troppo il passaggio dalla drammaticità alla ‘comicità’. Tuttavia, sapendo da te della mia buona riuscita nell’intento di sfumare tra le parti, posso levare un sospiro di sollievo^^. Riguardo a Ron, nella mia storia, assume la veste di un ragazzino capriccioso. Difatti, è suscettibile e volendo anche egocentrico. Basta pensare al fatto che se la sia presa, perché Adelia ha rifiutato il suo invito al ballo, e ora cerca di farla sentire in colpa! Hermione è una ragazza intelligente e ammirevole, ma considerando il suo ruolo di scarso interesse nella storia, ho pensato che sarebbe stato più interessante farla diventare invidiosa! Oh, ammiro il fatto che ti sia piaciuta l’idea dell’Amore spirituale tra Severus e Adelia^^. Volevo proporre qualcosa di alternativo, alle solite FanFiction passionali su Severus Piton, e credo di esserci riuscita! Invece, nella parte in cui Piton svela i piani del Ministero su di lei, a dire il vero era un po’ titubante all’inizio. Difatti, Adelia ha dovuto ripetere ben tre volte la stessa domanda, insistendo. Tuttavia, se l’avesse tenuta all’oscuro, sarebbe stato veramente un comportamento da vero cafone da parte sua. Soprattutto perché le aveva promesso di non illuderla e di non tradirla. Sarebbe stato una specie di tradimento, se non gliene avesse parlato. Tra l’altro, il Ministero è corrotto dalla paura dell’incombente minaccia, per cui sarebbe disposto a tutto (anche a sacrificare una giovane fanciulla! Non penso si facciano scrupoli…). E in quanto all’inaspettato finale: avrei scommesso il computer che avrebbe lasciato sconcertato chiunque XD! In effetti, nessuno avrebbe mai destato sospetti su Samael, il demone ‘senza cuore’ che ha dannato Adelia, segnandole un destino pieno di ostacoli e sofferenze. Tuttavia, non è così malvagio come appare, anzi, dannare sua figlia era l’unico modo per portarla in Vita, prima che la sua anima varcasse la soglia dell’altro mondo. Grazie ancora per tutto^^! Baci.

 

alida Non c’è problema^^! Più che altro, penso che dovresti essere tu a lamentarti con me, perché posto quasi ogni morte di papa XD Comunque, mi fa piacere che anche tu abbia apprezzato il capitolo. Adoro giocare su certi aspetti, tra cui misteri dell’occulto e verità da svelare. Credo che sia la parte più ‘saporita’ della storia! E sinceramente, mi diverto abbastanza a scrivere e ad inventarmi sul momento nuovi ‘colpi di scena’. Uh! Stavo quasi per dimenticarmi: l’Amore che Samael prova per Adelia, è decisamente un legame freddo. Certo, le vuole bene come figlia e la vuole proteggere, ma pur essendo un Demone…non è nella sua natura amare! Almeno, non così come ha amato Katerine. E c’è anche da osservare che non si comporta propriamente come una vero padre, e rassegnato che non potrà mai esserlo (senza sua moglie accanto), abbandonerà Adelia…

 

Era da un po’ di tempo che non ringraziavo più i lettori…

 

I miei più sentiti ringraziamenti a: alida, dady94, Dogma, LaBabi, PAMPAM e Vampira_Malfoy per aver aggiunto la storia nei preferiti^^.

 

E in particolare Persefone Fuxia e alida per aver sempre commentato! Grazie^^.

   
 
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