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Autore: Sophja99    06/10/2016    6 recensioni
Sono ormai passati milioni di anni dal Ragnarok, la terribile sciagura che ha provocato la morte di quasi tutti gli dei e le specie viventi e la distruzione del mondo, seguita dalla sua rinascita. Grazie all'unica coppia di superstiti, Lìf e Lìfprasil, la razza umana ha ripreso a popolare la nuova terra. L'umanità ha proseguito nella sua evoluzione e nelle sue scoperte senza l'intercessione dei pochi dei scampati alla catastrofe, da quando questi decisero di tagliare ogni contatto con gli umani e vivere pacificamente ad Asgard. Con il trascorrerere del tempo gli dei, il Ragnarok e tutto ciò ad essi collegato divennero leggenda e furono quasi dimenticati. Villaggi vennero costruiti, regni fondati e gli uomini continuarono il loro cammino nell'abbandono totale.
È in questo mondo ostile e feroce che cresce e lotta per la sopravvivenza Silye Dahl, abile e indipendente ladra. A diciassette anni ha già perso entrambi i genitori e la speranza di avere una vita meno dura e solitaria della sua. Eppure, basta un giorno e un brusco incontro per mettere in discussione ogni sua certezza e farle credere che forse il suo ruolo nel mondo non è solo quello di una semplice ladruncola.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo quattro

La sfida

 

«Spero che ora sarai più propensa a collaborare e a sentire quello che ho da dirti.» Era di nuovo lui. Il ragazzo che aveva incontrato poco prima. Ma come aveva fatto a seguirla e ad arrampicarsi tra i rami dell'albero senza che lei lo avvertisse? Non riusciva a spiegarselo. L'espressione di sorpresa si tramutò presto in una colma di collera e odio.

Nella caduta l'arco le era sfuggito lontano e alcune freccie erano uscita dalla custodia, sparpagliandosi tra la neve, ma la sacca era ancora lì accanto a lei. Con le mani lasciate libere dalla stretta dello sconosciuto, che la teneva inchiodata a terra dalle gambe, prese il coltello ancora sporco del sangue dell'uccello ucciso e con un movimento rapido, prima che lui potesse scorgerlo, lo avvicinò al collo di lui. «Fai una sola mossa e ti sgozzo» sibilò. «E ora lasciami.»

Lui sgranò gli occhi. Non si aspettava una risposta del genere da parte della ragazza, ma la stretta sulle sue gambe non si allentò.

«Ti ho detto di lasciarmi» ripeté, ponendo l'arma ancora più vicina al pomo d'Adamo. Mancavano solo pochi millimetri e la lama sarebbe affondata nella pelle, lacerando tutto ciò che avrebbe trovato davanti.

Quindi, i lati delle labbra si alzarono in un sorriso, lasciandola sorpresa e perplessa allo stesso tempo. Come riusciva a ridere con un pugnale puntato alla gola?

«Sappiamo entrambi che non mi farai niente.»

«Tu non mi conosci» cercò di usare un tono freddo e neutro, ma non riuscì a coprire la rabbia che quella frase le provocò.

«Non ne hai il coraggio.» La sua voce era calma, quasi distaccata, come se stesse vivendo tutto quello da spettatore esterno e non come qualcuno la cui vita era in bilico sul filo del coltello a poca distanza dalla sua gola. Questo non fece altro che farla infuriare di più.

«Ho il coraggio di fare molto peggio» affermò, pur sapendo bene di stare mentendo. Era il suo orgoglio a parlare.

Il ragazzo si avvicinò al suo viso, trascinando con sé il pugnale. Sembrava non avere la minima paura di poter morire da un momento all'altro. La sua vita era in mano a lei, ma confidava ciecamente nel fatto che lei non sarebbe riuscita a farlo, come se la conoscesse meglio di quanto pensasse. «Dimostramelo» sussurrò, il volto a poca distanza dal suo. Poteva sentire il suo respiro caldo solleticarle il viso e creare un forte constrasto con il vento gelido che si era alzato.

Voleva fargli vedere di che pasta era fatta, provargli che aveva il fegato di ucciderlo, ma una parte di lei la frenava. Il suo cuore iniziò a batterle tanto forte, che iniziò a temere che potesse balzarle fuori dal petto in qualsiasi minuto, mentre il sangue le pulsava nelle orecchie. Sentiva una vocina dentro di sé urlare: Fallo. Fallo. Fallo. La mano che impugnava l'arma iniziò a tremarle leggermente. Fallo. Uccidilo.

«Avanti» la sfidò lui. «Uccidimi.»

Uccidilo!

Nonostante ogni fibra del suo corpo fremesse perché spingesse il coltello più vicino e recidesse con un solo gesto la sua gola, lei si allontanò piano da lui, con l'arma sempre tesa e puntata contro di lui come difesa.

Il suo orgoglio gridava, sembrava una belva che si dimenava e ribellava nel suo petto, bramando di uscire, impossessarsi delle sue facoltà intellettiva e prendere possesso del suo corpo per fare ciò che una parte di lei desiderava ardentemente portare a termine. Ma lei aveva già preso la sua decisione.

Io non sono un'assassina.

Il ragazzo rise, vittorioso. «Lo sapevo» disse, senza staccarle un attimo gli occhi di dosso. Forse per controllare che non provasse a scappare di nuovo. «Sapevo che non ti saresti lasciata trascinare dal tuo irascibile istinto.»

«Perché non vuoi lasciarmi in pace?» urlò. Per un momento prese in considerazione l'idea di tirargli un po' della neve che ricopriva il terreno e di cui si erano ricoperti i loro abiti dopo la caduta, ma così non avrebbe risolto nulla. Avrebbe solo fatto l'infantile figura della bambina imbronciata e capricciosa che, dopo essere stata battuta in un gioco, voleva vendicarsi facendo dispetti idioti.

«Te l'ho già detto. Lo farò solo dopo aver parlato con te.»

«Bene. Sono tutta orecchi.»

«Non qui. Non mi prenderesti sul serio.»

«Come potrei anche solo pensare di prenderti sul serio, data la situazione? Sei spuntato dal nulla, non hai smesso un attimo di starmi alle calcagna. Mi sei addirittura piombato addosso!»

Una parte della bocca del tizio si sollevò, formando un sorriso storto che gli regalava un'aria quasi minacciosa, ma sempre molto attraente. «Hai ragione. Allora che ne diresti di lasciarci alle spalle il nostro impetuoso incontro, che non è iniziato nei migliori dei modi, e offrirmi ospitalità a casa tua?» Quindi, aggiunse sottovoce: «Se “casa” si può chiamare.»

Silye aveva sentito perfettamente questa sua ultima frase e gli lanciò uno sguardo di fuoco. Ignorò la domanda che le sorse immediatamente nella testa: Come fa a sapere come è fatta casa mia? «Non offrirei mai ospitalità ad uno sconosciuto, soprattutto uno come te.»

«E allora temo che dovremo rimanere qui fuori al freddo per un bel po'. Almeno finché non accetterai di darmi udienza.»

«Fai pure. Io non ho problemi. Sono abituata a resistere al gelo invernale.»

«Lo stesso io. Sarà una gara divertente a chi cede per primo.»

«Se è questo che devo fare per liberarmi di te, sarà un piacere rimanere qui.»

Lui si allontanò da lei e si stese con i gomiti coperti dal mantello puntati sul terreno, gli occhi fissi su quelli di lei. Silye si mise comoda sull'erba fresca e bagnata. Non si sarebbe arresa tanto facilmente.

 

 

Trascorsero ore semplicemente l'uno davanti all'altra. Non si tolsero gli occhi di dosso, come se si aspettassero che l'altro sarebbe sparito nel nulla, se avessero distolto lo sguardo.

Silye lo guardava con stizza e diffidenza, mentre lui non si toglieva dalla faccia quell'espressione divertita e a tratti canzonatoria. Lei non riusciva proprio a capire il motivo di quello sguardo, che avrebbe sopra ogni cosa desiderato togliergli con un pugno dritto in faccia, né soprattutto della sua presenza lì. Come poteva conoscerla e sapere dove avrebbe potuto trovarla? L'unica persona con cui aveva stretto un qualche tipo di rapporto era stata la sorella del padre, Astrid, che viveva nel villaggio Máni e che erano andati spesso a trovare. Ma, dopo la morte di Arild, aveva tagliato ogni contatto con lei ed ora non sapeva nemmeno se fosse ancora viva. Aveva preso questa dolorosa decisione perché lei le ricordava troppo il padre e la sua vecchia vita, che aveva condiviso con lui. Guardandola, rivedeva lui e tutto ciò che aveva perso, e lei non poteva sopportarlo.

«Puoi almeno dirmi il tuo nome? Solo per dare un'identità allo sconosciuto che mi sta tenendo in ostaggio.»

Lui scoppiò in una fragorosa risata. Silye non voleva altro che togliergli quell'espressione dalla faccia, ora più che mai. «In ostaggio? Forse hai ragione, ma non puoi negare che tu vuoi rimanere qui, perché ti ho sfidata e tu non conosci la parola “sconfitta”.»

«Cosa vai blaterando? È solo colpa tua se non posso muovermi di qui» affermò orgogliosamente, ma conscia del fatto di essere stata punta nel vivo. Era come se quel ragazzo riuscisse a leggerla dentro ed era questo a spaventarla più di tutto.

Lui si limitò a sorridere, fuorviando l'argomento. «Dì prima il tuo nome.»

«Non sai come mi chiamo? E allora come hai fatto a trovarmi?»

«Ovvio che lo so, ma voglio sentirtelo pronunciare» lo disse in un modo tale che le fece capire che per lui tutto quello era solo un gioco. Non colse la sfida e rimase ostinatamente muta per un'altra mezz'ora.

Quel tipo era davvero enigmatico. Di solito Silye riusciva sempre ad inquadrare le persone che derubava ed era diventata piuttosto brava nel farlo, ma con lui non ci riusciva proprio. Questo le creava un senso di impotenza, perché si sentiva alla sua totale mercé. Era lui ad avere il coltello dalla parte del manico, nonostante in realtà la situazione sembrasse capovolta, poiché era lei a tenere stretta l'arma nella mano.

Il silenzio regnava sovrano, interrotto solo talvolta dai versi degli uccelli sopra di loro. Sembrava un macigno che li opprimeva dall'alto e appesantiva.

Silye venne distratta da una goccia d'acqua che cadde sulla mano che reggeva il pugnale e che creava una barriera tra lei e il ragazzo. Solo in un secondo momento capì che non era pioggia, bensì neve. Iniziò a cadere lentamente, prima pochi fiocchi alla volta, che divennero poi sempre più numerosi. Poteva sentirli posarsi sui suoi capelli e indumenti, inumidendoli e lasciandole brividi di freddo. Nonostante questi, non accennò ad abbassare lo sguardo da quello di lui. Doveva resistere, mostrarsi forte, come le aveva ripetuto continuamente suo padre nei loro stancanti ed estenuanti esercizi. Non sarebbe stata un po' di neve, né quell'arrogante ragazzo a farla cedere.

   
 
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