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Autore: Il_Signore_Oscuro    11/10/2016    3 recensioni
Ragnar'ok Wintersworth un giorno sarà l'Eroe di Kvatch, colui che salverà Tamriel dalla minaccia di Mehrunes Dagon, principe daedrico della distruzione, con il fondamentale aiuto di Martin Septim ultimo membro della dinastia del Sangue di Drago. Ma cosa c'è stato prima della storia che tutti noi conosciamo? Chi era Ragnar prima di essere un Eroe? Lasciate che ve lo mostri.
[PAPALE PAPALE: questa storia tratterà delle vicende di Ragnar. Non sarò fedelissimo al gioco ma ne manterrò le linee generali, anche se alcuni avvenimenti saranno cambiati o spostati nel tempo. Non ho altro da dirvi, se non augurarvi una buona lettura!]
BETA READER: ARWYN SHONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eroe di Kvatch, Jauffre, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Chapter three – Dear Mother, Night has come. Just keep to sleep.

Quando riuscii a muovere anche un solo dito, fu come se il mio corpo si fosse risvegliato da un lungo torpore: l’incantesimo di paralisi mi aveva tenuto bloccato per soli cinque minuti, eppure mi erano sembrate ore.
Erano ancora vividi, nella mia mente, gli occhi di colui che era stato il mio migliore amico ma che adesso era sparito per sempre dalla mia vita, cavalcando chissà dove, avvolto da un mantello e un cappuccio scuro. Dalle stalle di Weynon potevo sentire distintamente i corni che davano l’allarme, mentre piccoli manipoli di guardie si riversavano fuori dalle porte della città in ogni direzione, alla ricerca dell’ormai latitante Lucien Lachance.
Remus Bruiant, Jemaine Bruiant e altri tre uomini, non meglio identificati, giacevano in una pozza del loro stesso sangue, con la gola tagliata, nei pressi del quartiere della Grande Quercia. L’unico testimone era un giovane capitano di ventura, tale Audens Avitius, che aveva identificato l’assassino nella persona di Lucien, fornendo una identikit così dettagliata da dimostrare la sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio.
In qualche maniera non potevo evitare di sentirmi, almeno in parte, responsabile di quella tragedia. Se avessi continuato a vivere la mia vita tranquilla nelle baracche del Priorato, apprezzando semplicemente ciò che avevo, invece di desiderare qualcosa di più, forse tutto questo non sarebbe accaduto: Lucien non sarebbe diventato un assassino e io non avrei perso per sempre un amico e un fratello; è una colpa che mi perseguita ancora adesso, nonostante molto tempo sia passato da allora.

Iniziò tutto qualche settimana dopo aver accantonato l’ingresso nella Gilda dei Maghi e con esso il progetto di acquistare la tenuta di Arborwatch. La mia vita continuava fra lavoretti occasionali (non avendo più l’età per raccogliere l’elemosina) e l’addestramento con la spada insieme con Jauffre e Vitellus, oltre poi all’esercizio magico con Lucien e Angalmo.
Tutto, insomma, procedeva come aveva sempre fatto. Finché una mattina, svegliandomi, non trovai sul comodino accanto al letto un rotolo di pergamena: recava il sigillo in ceralacca della quercia di Chorrol, adottato solo per i documenti ufficiali. Ovviamente non esitai ad aprirlo e gli occhi quasi mi schizzarono dalle orbite, quando, scorrendo fra le righe, lessi:
“Attestato di proprietà della tenuta di Arborwatch,
con la presente, Orok Gro-Goth, dispensiere della lor signoria il Conte e la Contessa Valga di Chorrol e unico e legittimo proprietario della tenuta poc’anzi citata, cede il possesso della stessa, e ogni diritto a essa correlata, ai seguenti soggetti:
Brunja Wintersworth, Ragnar’ok Wintersworth e Lucien (sedicente) Lachance. Costoro avranno pari diritti e doveri nella gestione, nella manutenzione e nell’eventuale vendita della tenuta di Arborwatch.
Firmato
Orok Gro-Goth”.
Io, mia madre e Lucien tutto a un tratto eravamo i proprietari di Arborwatch! Avrei urlato di gioia, non fosse stato per il fatto che non avevo la minima idea di come questo fosse accaduto. Però avevo un sospetto: qui c’era lo zampino di Lucien.
Lo cercai nella sua cabina ma non c’era, anzi, era sparita anche tutta la sua roba, così come quella di mia madre. Fu quando mi affacciai fuori dalla finestra che li vidi salutarmi, entrambi entusiasti e con i bagagli già belli che pronti.
Ce ne saremmo andati dal Priorato e avremmo avuto una casa tutta nostra, ma prima dovevo scoprire come Lucien si fosse procurato quel documento. Colsi l’occasione quando venne ad aiutarmi a mettere via le mie cose.
-Come hai fatto? – Chiesi.
-A far cosa? – Ribatté lui, facendo lo gnorri.
-Non fare l’idiota, sai perfettamente di cosa parlo.
A quel punto non poté trattenere un sorriso, mentre riponeva una copia di “Sangue Immortale” in uno dei miei sacchi di iuta.
-Diciamo che è il risultato di una partita a carte finita bene, ieri sera, alla Quercia e il Pastorale.
“La Quercia e il Pastorale” era una delle locande più frequentate della città, lì c’ero andato con Therese, la puttana bretone con cui l’avevo fatto per la prima volta: mi sognavo le sue labbra morbide e il suo profumo di mandorlo ogni notte. Avendo ormai associato l’evento a quel posto, non potevo fare a meno di provare un certo imbarazzo ogni volta che lo sentivo nominare, ricordando l’impaccio fra le lenzuola, confortato dal bellissimo sorriso di Therese.
Vedendo che non parlavo, distratto da quei pensieri, Lucien sciolse la lingua e cominciò a raccontare.
-Sapevo che Orok ha una passione smodata per il gioco e per il vino, dopo un paio di boccali e qualche incantesimo sottobanco, l’ho convinto a giocarsi la proprietà. – Sorrideva con aria furbesca, ma qualcosa ancora non mi convinceva.
-E tu? Cosa hai in messo in palio?
Esitò un po’, poi alzò il dito e lo fece girare descrivendo un piccolo cerchio con l’indice.
-Il Priorato?! – Non potevo crederci, doveva essere completamente impazzito.
-Esatto, ho frugato fra i cassetti di Jauffre e ho trovato le carte che ne attestavano la proprietà, poi ho scritto un altro documento mettendoci la sua firma e il gioco era fatto.
-Vuoi farti arrestare per caso?! – La cosa che più mi sconvolgeva era la tranquillità con cui me l’aveva confessato, come fosse una vanteria. – E se avessi perso? E se qualcuno ti avesse scoperto?! Che avresti fatto?
-Ah, sta tranquillo. Ho bruciato quel foglio subito dopo e comunque non potevo perdere.
-Come puoi esserne sicuro? – Chiesi, fortemente scettico.
-Quell’orco era ubriaco come una spugna e poi ho usato la magia.
-Potevano comunque scoprirti! – L’avrei pestato, tanta era la rabbia che avevo in corpo in quel momento.
-No, nessuno poteva scoprirmi.
-Lucien io non ci sto ad ottenere le cose così, io me le devo guadagnare – Gettai i vestiti sul letto, invece che riporli nel baule.
-Io l’ho fatto per te.
-Non uscirtene con queste cazzate adesso.
-Non sono cazzate! – Insistette. – L’ho fatto per avere un posto da poter chiamare finalmente casa, dove non fossimo ospiti; l’ho fatto perché ho visto come stavi dopo la faccenda della Gilda. Ormai quel che è fatto è fatto, Arborwatch è nostra.
-Sì, ma non così. – Dissi, deciso a non dargliela vinta.
-Che importa il come? Il fine giustifica i mezzi, l’importante è che ora abbiamo ciò che sognavamo da tanti anni. E poi – si schiarì la voce – vorresti dire a tua madre che non se ne fa più niente? Avresti davvero il coraggio di farle una cosa del genere?

Lucien sapeva dove colpire, in questo non lo batteva nessuno. Brunja, mia madre, non la vedevo così felice da tanto, anzi, forse non l’avevo mai vista felice prima di allora. Il sotterfugio di Lucien mi spaventava, mi disgustava e mi faceva rabbia, ma per amore di mia madre scesi a compromessi. Se solo avessi insistito di più, se solo non mi fossi lasciato convincere e non avessi scelto la strada più facile ma quella più onesta e giusta, come invece mi era stato insegnato.
Salutammo Jauffre e gli altri del Priorato con le lacrime agli occhi, ringraziandoli di tutto ciò che avevano fatto per noi in quegli anni e promettendo che saremmo passati a trovarli il prima possibile.

Arborwatch era grande, anche per tre persone, era bella ma vuota, se non per il letti e il mobilio essenziale. Arredarla richiese qualche settimana ma alla fine diventò la casa dei nostri sogni. Ci si stava bene ed eravamo felici, nonostante i rapporti fra me e Lucien fossero diventati gelidi: non potevo perdonarlo per aver messo a rischio, per aver ingannato, le persone che ci avevano accolto quando non avevamo nulla. Era più forte di me.
Ma quando vidi il suo umore farsi più nero, credetti che dipendesse dal mio forzato silenzio e nonostante ce l’avessi ancora con lui, decisi di perdonarlo. Quella tristezza, però, non dipendeva solo da me, purtroppo, ben presto scoprii che c’erano in gioco altre questioni che credevo, e speravo, si fosse lasciato alle spalle molto tempo prima. Mi decisi ad affrontare il discorso quando lo vidi guardare fuori dalla finestra, ma con gli occhi persi nel vuoto, come coperti da un velo.
-Si può sapere che ti prende? – Gli chiesi.
Lui non rispose subito, si voltò verso di me come se lo avessi distolto da una profonda meditazione, notai che i suoi occhi erano rossi e umidi: doveva aver pianto da poco.
-Niente. – Disse, in un tono che non era convincente né pretendeva di esserlo.
-Ti conosco, cosa c’è che non va?
Si voltò nuovamente verso la finestra, come per indicarmi qualcosa o qualcuno, e quando mi sporsi vidi Rena Bruiant intenta a parlare con un giovane Imperiale, un ragazzo che non avevo mai visto prima in città. Realizzai che il cattivo umore di Lucien doveva dipendere da un eccesso di gelosia nei confronti della ragazza, nonostante si fossero lasciati da tempo.
-Pensi ancora a lei? – Chiesi, preoccupato.
-Umpf – sbuffò, in un sorriso amaro – non ho mai smesso.
-Sono passati mesi e mesi da quando avete rotto. Non credi sia il momento di andare avanti?
-Andare avanti dici? Noi non abbiamo mai rotto, Rag, continuavamo a vederci di nascosto ma adesso…
-Lucien, cosa succede? – Chiesi, stufo di quelle frasi enigmatiche e inconcludenti.
-L’ha promessa in moglie! Suo padre, l’ha promessa in moglie al figlio del fratello. Un matrimonio fra cugini per non disperdere l’eredità! – Le lacrime gli scivolarono sul volto ma non singhiozzò, la sua voce era solo leggermente incrinata. – Ma non è solo questo, suo fratello Jemaine e suo padre Remus hanno assoldato dei soldati di ventura per assicurarsi che la verginità di Rena resti illibata fino al matrimonio, quei bastardi vogliono la mia testa – si coprì il volto e iniziò a singhiozzare rumorosamente – devo andarmene da Chorrol o sarete coinvolti anche voi, ne sono certo. Suo fratello deve avermi visto e deve averlo detto a suo padre. Io, io-
-Ehi, Lucien, cerca di calmarti. – Lo consolai – È solo per spaventarti, non possono torcerti un capello! Le guardie li sbatterebbero, tutti lì come stanno, in gattabuia e getterebbero via la chiave. Ho un’idea, vieni con me, raccontiamo al capitano della guardia tutto quanto, così non dovrai più temere nulla.
-Oh, Ragnar, è per questo che sei mio fratello: sei ancora puro e il male di questo mondo non ti ha ancora contaminato. – Sorrise, con aria malinconica ma senza distogliere lo sguardo dalla finestra. – Il denaro compra la coscienza, l’onestà e il silenzio di molti uomini e si da’ il caso che i Bruiant di denaro ne abbiano parecchio e sappiano come usarlo.
-Si sistemerà tutto, vedrai. – Gli diedi una pacca sulla spalla, anche se quella faccenda mi turbava profondamente.
-Sì, si sistemerà tutto … ogni cosa andrà al suo posto. Tutto andrà come deve andare e noi saremo felici, sì, noi saremo felici. – Disse a mezzavoce, ma sembrava parlasse più con sé stesso che con me.
Avrei dovuto capirlo in quel momento, ma non lo feci. Lucien aveva ragione: ero ancora puro, buono, troppo ingenuo per anche solo arrivare ad immaginare ciò che sarebbe accaduto.
Quella notte ero nel mio letto, perso fra le righe di Sangue Immortale, quando Lucien, avvolto da un incantesimo dell’invisibilità, entrò in casa Bruiant sgozzando con il suo pugnale d’argento Remus e Jemaine; in un ultimo atto d’amore lasciò in vita Rena e il suo promesso. Sceso in strada, attirò nell’oscurità due dei quattro soldati di ventura, prendendo la loro vita allo stesso modo, lontano da occhi indiscreti. Anche il terzo cadde sotto la sua lama, ma stavolta il Capitano Audens Avitius lo vide e, forse per un errore di calcolo o per un caso fortuito, riuscì a scampare a Lucien e non perse tempo ad avvertire le guardie della città, impegnate nella loro solita ronda notturna. Ci fu un gran baccano: la gente urlava, gli ordini risuonavano da un angolo all’altro delle strade, il tintinnio metallico delle armature in movimento e poi il frastuono creato dai corni, suonati per avvertire tutti di stare all’erta e ai civili di restare nelle proprie case. Fui distolto dalla mia lettura e non mi ci volle molto per capire cos’era successo, quando vidi che Lucien non era più nella sua camera. Mia madre dormiva, troppo profondamente per accorgersi di tutto il trambusto che improvvisamente animava la vita notturna della città.

Nella mente si affollarono i pensieri, ma uno si impose sugli altri “Trovare Lucien”. Non sapevo bene a che scopo, forse per convincerlo a spiegare la situazione, dentro di me ero sicuro che non avrebbe scontato più di qualche mese nelle prigioni; infondo se aveva commesso un crimine l’aveva fatto per difendere la sua sicurezza e incolumità, questo doveva pur valere qualcosa. Ci ragionai su’: se voleva lasciare la città c’era un unico posto da cui prima sarebbe passato, un’unica compagna che avrebbe portato insieme con sé.
Sgattaiolai da casa attraverso la porta sul retro, approfittai del caos generale per uscire da Chorrol e correre, quanto più veloce possibile, verso il Priorato di Weyon e le sue stalle. Come avevo previsto Lucien era lì, in sella a Mere e pronto a partire. Le sue mani grondavano sangue che, ancora fresco, insozzava le redini rendendole viscide e appiccicose.
-Ragnar, non dovresti essere qui. – La sua voce non era mai stata così cupa e … glaciale. Provavo un forte disagio, accresciuto dal cappuccio e dal mantello nero che avvolgevano la sua figura.
-Lucien, qualunque cosa tu abbia fatto andartene non è la soluzione, se spiegherai a tutti la situazione sono sicuro che-
-No, Ragnar, ormai è troppo tardi per le spiegazioni. Torna a casa adesso.
-No, non ci torno a casa senza di te! – Non avevo la minima intenzione di dargliela vinta questa volta.
-Non costringermi a fare cose che non vorrei.
-Perché? Che vorresti fare? Tagliarmi la gola come hai fatto con i mercenari e i Bruiant? Sono tuo fratello, Lucien! Tuo frat- Non avrei dovuto provocarlo in quel modo.
Non ebbi il tempo di completare la frase che un lampo di luce verde mi colpì in pieno petto, facendomi stramazzare a terra senza la possibilità di muovere un singolo muscolo. Mi aveva paralizzato con un incantesimo.
-Addio, fratello. Cerca di essere felice. – La sua voce tremò un’ultima volta, prima che lanciasse Mere al galoppo: lontano da me, lontano dalla sua famiglia, lontano da tutto ciò che Lucien Lachance era stato fino ad allora.

Quando mi ripresi tutto ciò che volevo fare era tornare a casa. Non piansi, non subito almeno; dovetti varcare la soglia di Arborwatch prima che le lacrime mi invadessero le guance, appannandomi la vista. In una sorta di gesto istintivo, quasi a voler provare che tutto non era stato che un sogno, entrai nella sua camera: ovviamente era vuota, ma fu allora che notai uno dei libri dal titolo graffiato via, poggiato sul comodino in bella vista.
Era un piccolo libricino, non più di qualche pagina, ma ebbe il potere di farmi gelare il sangue nelle vene. C’era scritto:

“Non disonorare la Madre Notte. Fare ciò significa invocare l’ira di Sithis.

Non tradire la Confraternita Oscura o i suoi segreti. Fare ciò significa invocare l’ira di Sithis.

Non disubbidire o rifiutare di eseguire un ordine di un superiore della Confraternita Oscura. Fare ciò significa invocare l’ira di Sithis.

Non rubare a un Fratello Oscuro o Sorella Oscura. Fare ciò significa invocare l’ira di Sithis.

Non uccidere un Fratello Oscuro o Sorella Oscura. Fare ciò significa invocare l’ira di Sithis:”

Richiusi quel libricino e lo rimisi dove l’avevo trovato, ammutolito da quello che avevo appena letto. Lucien non l’aveva neanche nascosto, voleva che lo trovassi, che sapessi la vita che aveva scelto. La Madre Notte, Sithis, erano le entità venerate dalla Confraternita Oscura: una setta di spietati sicari e assassini che uccideva per denaro o per semplice divertimento.
Era la setta più famosa e temuta di tutta Tamriel, un morbo che la affliggeva ormai da secoli.
Dopo aver letto quei pochi versi, per la prima volta mi sentii davvero solo, abbandonato dalla persona che mi era più cara al mondo. La magia dentro di me, come spesso mi capitava, interpretò le sensazioni che si agitavano nel profondo e si palesò in una nuova forma: l’evocazione. Uno scheletro animato comparve davanti ai miei occhi, come se la magia tentasse disperatamente di colmare quel vuoto dentro di me che mi riempiva, mi consumava, mi divorava.
   
 
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