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Autore: _Cthylla_    11/10/2016    3 recensioni
| Golden Age | Young Kozmotis Pitchiner (soprattutto nel primo capitolo) | AU | OCs
L'epoca in cui era la Casa Lunanoff a governare si è distinta per la prosperità presente in ogni parte del regno. La Golden Age è stata un florilegio di grandi eroi dorati e di Case nobiliari, note come "Costellazioni", i cui componenti erano nobili di sangue quanto di cuore.
Ciò è quanto è passato alla storia, quel che la maggioranza dei pochi superstiti è in grado di ricordare. Ma se quei ricordi riguardassero soltanto la parte conosciuta della storia in questione? Se ci fosse stata una parte oscura che quasi nessuno ha potuto o voluto vedere?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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= “Dare fendenti alle montagne” =


 
 
 
 
 
«quindi a breve rientrerai come High General».
 
L’aspetto di Kozmotis era molto migliorato: le occhiaie erano scomparse, non aveva più alcuna ferita ed anche l’aria folle era scomparsa. Se una persona qualunque lo avesse guardato lo avrebbe giudicato perfettamente in sé, ma per Grimmers, che lo conosceva bene da anni, era piuttosto evidente che le cose non stessero così…
 
«sì. Anche se quel demonio di certo avrà provveduto a mettermi contro tutti i miei uomini».
 
E quel che aveva appena detto lo dimostrava.
Era ovvio che tutta la psicoterapia del mondo non avrebbe fatto tornare Kozmotis l’uomo che era, perché la perdita subìta era troppo devastante, lo sarebbe stata per chiunque.
Aveva superato la fase peggiore, ritrovando un po’di equilibrio -al momento non lo vedeva in condizioni da mettersi a picchiare le guardie del re Lunanoff pur di raggiungere gli Aldebaran e tentare di fare lo stesso a loro- ma non stava bene, e se il dottore aveva veramente detto che a breve sarebbe potuto tornare operativo le opzioni erano due: o Kozmotis sapeva fingere molto bene, o il dottore era un incompetente.
Lui però non aveva voce in capitolo e, nonostante quel che stava dicendo, Grimmers sapeva che Kozmotis non desiderava altro che poter tornare a fare il suo lavoro. «magari non sarà tragico come pensi».
 
«hai ragione» disse Kozmotis «sarà molto peggio, soprattutto perché, anche se il comando verrà restituito a me, il generale Nahema mi “supporterà”» mimò le virgolette con le dita «con le proprie armate, e devo farmene una ragione, perché quel tonto di re che ci ritroviamo pensa sia proprio una grande idea!»
 
Grimmers giocherellò con un sigaro per qualche istante, prima di accenderlo. «forse non ha torto» disse, senza crederci particolarmente: non tanto per Nahema, quanto per l’atteggiamento dello stesso Kozmotis. «magari conoscendo Lady Nahema-»
 
«scoprirò che è più orribile di quanto già io pensi? Sì, è estremamente probabile» Kozmotis incrociò le braccia davanti al petto «non tirare nuovamente fuori l’idea che possa essermi sbagliato, Rich, o anche solo che esista veramente una Silk: tu non c’eri quando ha sollevato quella cicatrice finta che le deturpava la guancia e ha scoperto la voglia, io invece sì, e sono certo di quello che ho visto e sentito».
 
«Koz…» Grimmers sbuffò una piccola nuvola di fumo «posso farti una domanda senza che tu te la prenda?»
 
«sono circa sette mesi che mi stai ospitando qui, in casa tua, prima per evitarmi di dover vivere dirimpetto alla strega» ossia Spear «e in seguito per…beh, perché temevi che in quella casa piena di ricordi di persone morte mi suicidassi, immagino. Quindi sì» disse «direi che tu possa farmi domande, e che io non abbia il diritto di prendermela».
 
«la domanda è…se temevi che Silk-»
 
«Nahema» lo corresse il generale.
 
«quello che è. Se temevi che fosse una traditrice, perché l’hai interrogata senza testimoni?!»
 
Dopo qualche istante di immobilità, Kozmotis  fece cenno di passargli il sigaro. Seppur perplesso, Grimmers gli diede retta, non capendo bene cosa volesse farci, considerando che non fumava.
Almeno fino a quel momento, in cui Kozmotis fece un tiro e divenne preda di una tosse tale che sembrava piuttosto un principio di soffocamento.
 
«ma che diamine fai?!» sbottò il colonnello, riprendendosi il sigaro «preferisci soffocarti che rispondermi?!»
 
Kozmotis tossì ancora. «n-no, mi era solo venuta voglia di capire che avessero di speciale quei cosi, per piacerti tanto. Per la cronaca, non l’ho capito nemmeno adesso».
 
«non hai ancora risposto alla domanda».
 
«che vuoi che ti dica, Rich?!» all’anima del “non prendersela”, il generale si alzò di scatto dal gradino sul quale era seduto «la mia capacità di valutare le persone fa schifo, e a quanto pare è da idioti pensare che i miei soldati, tutte persone che conosco -o pensavo di conoscere- siano innocenti fino a prova contraria e meritino una chance. Sono stato un coglione di prima categoria! “il secondo High General più amato della storia”! “il Generale Dorato”! Mi sono sentito chiamare persino “l’Eroe degli Eroi”!» esclamò, con una risata amara «da tutti amato, da tutti rispettato! Io ho cominciato a crederci. Sono stato così stupido da iniziare a pensare che le cose stessero così per davvero. La carriera andava a gonfie vele, il mio esercito mi amava, il popolo mi amava, la mia famiglia mi amava, Spear ormai era diventata poco più di un minuscolo fastidio, e credevo che il fronte -e la mia stessa persona- fossero sufficientemente lontani e al di fuori da chissà quali complotti dei nostri cari nobili delle Costellazioni. Credevo di aver vissuto da ragazzino abbastanza guai e sofferenze per tutta la vita» disse «sono stato così ingenuo da pensare che ormai la strada fosse tutta in discesa. Ovviamente sbagliavo, ed è stata la mia famiglia a farne le spese. Questo è quanto».
 
Dopo un paio di ultime boccate, il colonnello spense il sigaro contro il gradino. «sono stati i Dream Pirates a fare quel che hanno fatto, Pitch, la colpa è loro».
 
«gli esecutori materiali sono loro, sì, ma i mandanti sono da questa parte della barricata, anche se perfino tu stenti a darmi ascolto» disse Kozmotis, in tono d’accusa.
 
«non c’è cosa nella galassia che desidererei di più che poterti dare completamente ragione e combattere al tuo fianco a spada tratta, Pitch, tu questo lo sai!» ribatté l’uomo, con gli occhi nocciola pieni di compassione «ma se davvero è tutto un complotto, finora hanno agito in modo da legare le mani a chiunque: è la tua parola contro la loro e purtroppo, per quanto io possa crederti, non possiamo dimostrare niente».
 
«puoi dimostrare che Nahema non era nel territorio dei Vega nel periodo in cui diceva di esserlo, perché tu invece c’eri davvero! E non l’hai vista!»
 
Grimmers sospirò. «ne abbiamo già parlato: il territorio dei Vega è esteso, e il fatto che non fosse dov’ero io non significa che non fosse lì affatto. Per non parlare del fatto che io sono un tuo amico, è risaputo, vivi con me da mesi, è risaputo pure questo…»
 
«e tu vuoi lavartene le mani. Anche questo inizia ad essere risaputo» aggiunse freddamente Kozmotis.
 
«non voglio lavarmi le mani di nulla, perché non c’è nulla di cui siano sporche» replicò Rich, quasi con lo stesso tono «io ti ho aiutato per quanto ho potuto e non me ne pento affatto, ma non posso fare altro. Di noi due basti tu, a dare fendenti alle montagne!»
 
«“dare fendenti alle montagne”!» ripeté Kozmotis, incredulo «quindi lo ammetti!»
 
«cosa, Kozmotis, cosa?!» il colonnello si alzò e lo raggiunse «che la tua è una battaglia inutile contro il niente? O che se anche tu avessi ragione, e in realtà questo “niente” fossero i nobili delle Costellazioni, avresti comunque perso in partenza perché non li si può colpire in alcun modo?!»
 
«ah no? Non li si può colpire in alcun modo, dici?! Vallo a ripetere ai figli di Lord Taurus, allora!» sbottò Kozmotis «vallo a dire a loro, no?! Ah, già! Non puoi, perché nonostante tutto il potere di Taurus i suoi figli sono morti come la mia! O magari puoi andarlo a dire a Lady Vliegen Scorpio… se, contrariamente a tutta la nobiltà del regno, tu sai dov’è!»
 
«aspetta un attimo: tu vorresti prendere come esempio un’assassina di bambini?!!» trasecolò Grimmers «ti rendi conto di quello che stai dicendo?!»
 
«Vliegen Scorpio è un mostro» affermò Kozmotis con sicurezza «e sarebbe folle appoggiarla o dire il contrario. Se l’è presa con dei ragazzini di tredici anni per qualcosa, chissà cosa, che il loro padre le ha sicuramente fatto» perché non metteva in dubbio che Taurus, degno amico di Nahema, avesse fatto qualcosa per provocare quella -smoderata- reazione «è stato un atto imperdonabile, in particolare dal mio punto di vista, come puoi intuire. Però ha dato una dimostrazione molto forte e molto chiara del fatto che non sono invulnerabili come si pensa che siano, che è possibile contrastarli, che è possibile colpirli duramente E farla franca: dopo quasi sette mesi in cui tutti le stanno dando la caccia non sono stati ancora in grado di trovarla, nonostante le loro risorse».
 
«primo, è ancora possibile che riescano a trovarla» iniziò a elencare Rich, sollevando l’indice affusolato «secondo, tutto quel che ha fatto è dimostrare che i nobili possono colpirsi solo tra loro e solo se possiedono soldi a sufficienza e armi all’uranium» disse, e sollevò il medio «terzo, Vliegen Scorpio ha mollato tutto quello che aveva per fuggire rapidamente, cosa che non mi risulta tu voglia fare, sbaglio? Non è il modo migliore per ricominciare, Pitch» Grimmers scosse la testa «non è proprio il modo migliore. Oppure, visto questo… forse dovresti… insomma, se anche Spear se n’è andata…»
 
«ma ceeerto, solo perché quel demone ha abbandonato la sua tana io dovrei fare lo stesso! Sì, forse potrei prendere in considerazione l’idea di andarmene a mia volta… per cercarla e spezzarle l’osso del collo con le mie stesse mani!» esclamò «casa mia viene trovata, e lei guarda caso ottiene denaro sufficiente per compare una nave, potersi permettere di lasciare il lavoro e andarsene chissà dove. Questo dopo aver fatto quella scenata al funerale, guarda caso proprio prima di quel dannato processo. Se a questo aggiungiamo il fatto che ha conosciuto tanto Taurus quanto Nahema anni fa, quando l’hanno mandata a fare il medico nella loro armata, mi sembra piuttosto ovvio che fosse in combutta con loro».
 
Ormai se n’era convinto e poco importava che in realtà, se Spear l’avesse sentito dire certe cose, avrebbe preso un candelabro e glielo avrebbe fatto ingoiare.
 
«mi hai già parlato di questa teoria, e mi spiace, ma non ci credo nemmeno un po’. Demone degli Abissi sì, ma fino a un certo punto!»
 
«lei sapeva, te lo dico io!» esclamò il generale «spiega tutti gli “avvertimenti” che mi ha dato negli anni. Ha fatto di tutto per tenermi lontano da Aleha asserendo di volerla “proteggere”, la sola spiegazione plausibile per le sue azioni è questa. Ma non è riuscita nel suo intento, e mi odiava non solo al punto da non fare nulla di concreto per aiutare me, ma addirittura da scegliere di sacrificare Aleha ed Emily Jane per aiutare Nahema a distruggermi!»
 
«magari sapeva cosa stava per succedere, ma aveva in mano le stesse prove che tu hai ora, e di sicuro se ti avesse detto di più non le avresti creduto lo stesso. Quanto al resto, continuo a essere scettico…soprattutto per il fatto che lei non sapeva dove fosse casa tua».
 
«Aleha potrebbe averglielo detto in una delle lettere, mi fidavo e non leggevo quel che scriveva a sua sorella, e tu sei uno scettico cronico, quindi non fai testo. Le cose stanno sicuramente così, è talmente chiaro! Ma arriverà il giorno in cui anche lei avrà quel che si merita» dichiarò «e quanto a Nahema, se ha tanta voglia di distruggermi e prendere stabilmente il mio posto dovrà passare sul mio cadavere. Non intendo cedere, non gliela darò vinta così facilmente: sarò pure un banale sasso sul suo cammino, per lei, ma prima o poi imparerà che certi sassi sono troppo difficili da rimuovere, e che inciampando su quello sbagliato si può anche cadere».



 
 
 
***
 
 
 
 
I progetti di Nahema per il primo giorno di “riposo” dopo sette mesi passati a capo dell’Armata Dorata, inizialmente, erano diversi.

Aveva pensato di tornare su Aldebaran I, così da vedere di persona il figlio di Nihil Aladohar e Faeliria Orion, il piccolo Haverail, il quale aveva appena un mese di vita.

Non era il suo primo nipote, i suoi fratelli Ralonrin e Nuro si erano dati molto da fare in quel senso, ma sarebbe stato il primo che avrebbe visto in un momento abbastanza vicino alla nascita. 


Oltre a questo c’era anche il fatto che Haverail fosse frutto di quasi quattro anni di tentativi andati a vuoto, tanto che i due coniugi avevano iniziato a temere che dalla loro unione non sarebbe mai nato nulla, motivo per il quale il suo arrivo era fonte di gioia ancora maggiore, tanto per loro quanto per Nahema stessa. 


Pensare che in principio aveva approvato solo parzialmente quel matrimonio, a suo dire un po’ “insicuro” perché Aladohar era realmente innamorato di Faeliria da una vita!

Per il popolo e per alcune delle altre famiglie nobili delle Costellazioni, il matrimonio era qualcosa che si basava principalmente sull’amore, ma non per gli Aldebaran. Bastava pensare al matrimonio ormai prossimo di suo fratello Nihil Iruhu Aldebaran, appena quattordicenne, con la sedicenne Vaendiliel della Casa Altair. Erano stati fatti conoscere e frequentare sin da piccolissimi, in attesa che Iruhu raggiungesse l’età minima consentita per sposarla, ed era arrivato il momento.

Probabilmente quel periodo della Golden Age sarebbe passato alla storia come prospero e pacifico -almeno all’interno del regno- in cui regnavano giustizia e buoni sentimenti…a parte alcune eccezioni. Oh, quant’erano ossessionati i Lunanoff da questa manfrina dei “buoni sentimenti”!

Ma quando si era al dunque ognuno in casa propria faceva quello che voleva, e per quel che concerneva tutto il resto Nahema si chiedeva ancora se tutti coloro che erano coinvolti nel loro complotto per prendersi il regno erano realmente tanto bravi da non farsi scoprire, o se semplicemente i Lunanoff -e le nobili famiglie che per vari motivi non lo erano- si rifiutavano di aprire gli occhi.
 
Una nascita e un matrimonio di convenienza comunque erano due buone notizie, e tutti loro sentivano di averne un gran bisogno, dopo quel che era accaduto mesi prima.
 
Nonostante tutti quanti si fossero impegnati al massimo, l’omicidio di Shaun e Shauna era tuttora impunito: non erano riusciti a trovare né Vliegen, né l’assassino a cui era stato assegnato il lavoro.
Spariti.
Volatilizzati.
Non c’era traccia di nessuno dei due, come nessuno dei due sembrava avere altri “collegamenti” da sfruttare per trovarli, o per costringerli a uscire allo scoperto.
Un alone di mistero attorno a un assassino era abbastanza normale, ci poteva anche stare, ma che non si riuscissero a trovare informazioni su una plebea qualunque era semplicemente assurdo. Era come se Vliegen avesse utilizzato un’identità fittizia, come lei aveva fatto con “Silk”: non risultava avere parenti, né essere stata vista in altri luoghi se non la dimora degli Scorpio a Duskfell. Sembrava che fosse stata creata appositamente per sposare un nobile, fare quel che aveva fatto e poi scomparire nel nulla, come se tutta quella situazione, o tutta la realtà stessa, non fosse altro che una sottospecie di tragicommedia malfatta scritta da un autore alle prime armi che si dilettava a tirare fuori personaggi improbabili come quella.

Ad ogni modo, tornando al discorso principale, Nahema aveva finito per accantonare temporaneamente l’idea di tornare a Thanoushiradryas, e aveva deciso di posticipare di qualche ora il rientro a palazzo per compiere una deviazione di non poco conto. 

Sua sorella Nihil Kehazilia, appena quindicenne, si era accompagnata al titano Typhan circa otto mesi prima. Era accaduto tanto per una questione di convenienza -avrebbero pur dovuto mettere la figlia di Pitchiner da qualche parte!- quanto per volontà di Kehazilia stessa. 
Nonostante la considerazione che gli Aldebaran avevano del matrimonio, Nahema doveva ammettere che la decisione di Kehazilia -giovane quanto bella- di sposarsi con un titano vecchissimo e cieco l’aveva leggermente sorpresa…ma probabilmente, agli occhi di sua sorella, il fatto che Typhan fosse anche una specie di semidio estremamente potente metteva in ombra tutto il resto. Stando a quanto diceva Aladohar, Kehazilia si reputava “troppo, per un nobile qualunque”.

Nahema riconosceva che la sua era una famiglia di persone superbe, chi più chi meno: erano stati abituati sin da piccoli ad avere sempre tutto e subito, a dare ordini e vederli eseguiti, e a vedere gli altri inchinarsi nel salutarli. Un po’di superbia dunque era inevitabile, ma Kehazilia sembrava esserlo sin troppo. 
Forse era stato un bene che fosse diventata la signora di quei territori piuttosto lontani dal regno dei Lunanoff: la sua non era una tracotanza che potesse essere dissimulata come, in tutto quel contesto, richiedeva il buonsenso. 

Atterrò direttamente nel cortile interno del palazzo. Fino a otto mesi fa, quella costruzione non eccessivamente imponente non c’era neppure: una creatura come Typhan non necessitava di strutture simili, e considerava “casa” tutti i terreni di sua proprietà. Aveva costruito quel posto appositamente per la sua nuova famiglia, cui invece tutto ciò era necessario, almeno per il momento.

 
Già…una cosa ancor più sorprendente della decisione di Kehazilia, era che un vecchio semidio potesse provare solitudine, tanto da lasciarsi corrompere dalla promessa di una moglie e una “figlia”. Meglio così, rendeva tutto più semplice, ma la cosa faceva quasi ridere.

Una volta scesa dalla nave venne accolta da grossi esseri antropomorfi senza volto, semitrasparenti e brillanti come se avessero avuto delle stelle al proprio interno. Così come aveva fatto per il palazzo, Typhan aveva creato per Kehazilia dei servi senz’anima -ma per fortuna con una specie di cervello- che le obbedissero in tutto e per tutto e l’assistessero in qualunque cosa avesse bisogno.

«voglio vedere mia sorella. Portatemi da lei».


Gli esseri rimasero immobili solo per un istante, poi, senza opporre alcuna resistenza, la scortarono da Kehazilia. Nahema si chiese se le avessero obbedito perché sapevano chi era, o se semplicemente erano stati fatti per dare ascolto a qualunque Aldebaran, o qualcosa di simile. Non che avesse importanza, a dire il vero. 

«…farai meglio a metterti in testa che il tuo santo padre non verrà mai a prenderti. Mai. Non c’è proprio ragione per cui dovrebbe farlo, hai un carattere terribile, e come se non bastasse sei anche bruttina: troppo pallida, con delle occhiaie terribili e i capelli troppo spenti. Nelle condizioni attuali, anche se fossi stata di sangue nobile -o se un matrimonio fosse stato nei progetti- sarebbe stata dura farti fidanzare con chicchessia. Non hai stile, non hai eleganza, né un minimo di alterigia: i tuoi genitori hanno fatto proprio un pessimo lavoro, persino per dei plebei».

Benché fosse solo una voce femminile proveniente da dietro una porta chiusa non c’erano molti dubbi su chi fosse a parlare, né sulla persona cui tutte quelle dolci considerazioni erano rivolte. 
A Nahema sembrava di essere vittima di qualcosa simile a un dejà vu, con protagonista una versione doppiamente stronza -come altro definirla?- di mamma Nihil Iyra.

Più volte Aladohar le aveva detto che Kehazilia somigliava alla loro madre, ma solo ora capiva veramente quanto. 
Spalancò la porta con una spinta decisa. «salve, sorella» esordì «ti trovo in perfetta forma».

Kehazilia sollevò un sottile sopracciglio, nero/blu come la folta chioma setosa, rivolgendo lo sguardo alla sorella maggiore. «salve a te, Nahema. Altrettanto. Non mi aspettavo una tua visita» disse, senza particolare calore. La differenza d’età e gli impegni avevano fatto sì che le due sorelle non si frequentassero quasi per nulla; quindi, nonostante Kehazilia seguisse i piani della famiglia, non si poteva dire che tra loro due fosse presente un grande attaccamento. «e tu saluta come si conviene, bestiola che noi sei altro. Non hai neppure un briciolo d’educazione, sei proprio un caso disperato!» 

Se Kozmotis Pitchiner avesse avuto una vaga idea di come veniva trattata sua figlia, avrebbe dato di matto ancor più di quanto avesse già fatto. Emily Jane Seraphina Pitchiner era smunta e sciupata, con un misto tra astio e abbattimento negli occhi arrossati.

Nahema pensò che probabilmente passasse ancora molto tempo a piangere, tanto per la disperazione quanto per la rabbia, e come darle torto?

La bambina si avvicinò a Nahema, ma non ci furono inchini, né saluti in genere. «questa è l’armatura dorata di papà, e quello è il suo mantello. Mi ha detto che solo lui può metterli, perché sono dell’High General of the Galaxies. Perché ce li hai tu?» 

«non sei una bestiola, sei peggio» commentò Kehazilia «loro possiedono un briciolo di buone maniere in più. Ma ci penserò io a te, dammi solo un altro po’di tempo e vedrai!» dichiarò «perdonala, sorella, è ancora una selvaggia».

Nahema minimizzò la cosa con un cenno, e si accovacciò all’altezza della bambina. Non era affatto bruttina come diceva Kehazilia: fortunatamente per lei aveva preso dalla madre, anzi, a dirla tutta la sua magrezza la faceva somigliare di più alla zia. Gli occhi dorati però erano indubbiamente del padre, e c’era anche un “qualcosa” nella sua espressione che ricordava molto il caro generale. «ce li ho io perché al momento sostituisco il tuo papà. Per lui questo non è un bel periodo, e qualcuno deve pur proteggere il regno, come penso tu capisca».

Sì, era qualcosa che Emily Jane poteva capire, ma non la faceva stare più tranquilla.

 
Da quando i Dream Pirates avevano distrutto casa sua, dal giorno in cui aveva visto sua madre precipitare fuori da quella finestra, svegliarsi ogni mattina era diventata una condanna. Emily Jane non faceva che aggrapparsi alla speranza che suo padre sarebbe venuto a prenderla presto.
Typhan la chiamava “figlia” e la trattava piuttosto bene, ma lei aveva già un padre, e Nihil Kehazilia -da lei rinominata “la strega maligna”- col suo comportamento vanificava tutto quel che di buono Typhan, quando c’era, faceva per lei.
Sembrava che le velleità familiari del titano fossero solo part-time, motivo per il quale Emily Jane era sotto l’attacco di Kehazilia in maniera quasi costante. Le parole orribili che le rivolgeva facevano sembrare quasi un sollievo i momenti di completa solitudine in cui, a volte, la lasciava.
E ora era arrivata anche quella lì, con l’armatura di suo padre. Che lo sostituiva! Come se qualcuno ne fosse in grado!

Già, ma se lui al momento non era a combattere, cosa stava facendo? Perché non era ancora arrivato? Forse la strega maligna aveva ragione, e non la stava neppure cercando. «se non fa il generale allora cosa fa?» domandò «perché non mi viene a prendere?»

Cercava di fare la dura, ma la nota disperata nelle sue parole era perfettamente udibile.

“cosa fa tuo padre? Cerca di convincere gli psicologi che lo seguono che è pronto a riprendere il suo posto, e purtroppo per lui sta per essere accontentato. Ho dato ottima prova di me come High General. È tempo che lui dia la sua…pessima, ovvio, perché è ben lontano dall’essere pronto. Tutto andrà come deve andare” pensò Nahema. 

Era una situazione “strana” persino per una persona come lei.

Solitamente lo sconforto altrui non le faceva né caldo né freddo, anzi, nel caso di Pitchiner poteva dire persino di rallegrarsene in quanto vantaggioso per i suoi piani; trovarsi faccia a faccia con una bambina di neppure sette anni distrutta, che aveva perso tutto in un attimo soltanto perché figlia dell’uomo sbagliato, era un po’diverso. 
Accantonò presto la cosa, però: quella di Emily Jane non era la prima vita devastata in nome dell’ambizione degli Aldebaran, e tantomeno sarebbe stata l’ultima. «tuo padre non sa che sei qui. D’altra parte non è che si sia dato da fare per cercarti, posso assicurartelo».

Emily Jane strinse i pugni, decisa a trattenere le lacrime. «non è vero». 

«purtroppo è così. Tu, per vari motivi, al momento sei l’ultimo dei suoi pensieri. A volte mi viene quasi da pensare che ti creda morta o qualcosa del genere, per come si comp-»

All’improvviso Nahema sentì qualcosa colpirla dritto su una guancia.

Nulla che potesse farla vacillare, ma la botta era quasi riuscita a farle voltare la faccia.
Schiaffeggiata…da una bambina?
Sul momento le parve un affronto inaccettabile, ma l’istante dopo cambiò idea. Quel che aveva fatto a Emily Jane Pitchiner avrebbe meritato molto più di uno schiaffo, e Nahema era troppo onesta con se stessa per non rendersene conto. «hm. L’ho quasi sentito» commentò, rialzandosi.

«NON È VERO!!!» gridò Emily Jane «mio padre mi troverà, lui mi sta cercando, e quando saprà come sono trattata vi punirà t-»

La bambina non riuscì a finire la frase, perché due dei servi senza volto la sollevarono senza alcun garbo.

«in questi mesi mi sono sforzata di sopportare sia te, sia la tua completa inciviltà…gli Dei sanno se l’ho fatto!» esclamò Kehazilia, con un’espressione quanto mai dura sul suo giovane viso «ma che tu abbia osato alzare le mani su mia sorella, la primogenita di una famiglia di arciduchi, è intollerabile».

«lasciatemi!» gridò Emily Jane, divincolandosi inutilmente.

Nahema aveva una bruttissima sensazione. «cos’hai in mente?»

«mio marito mi ha fatto promettere che avrei trattato questa selvaggia come fosse stata mia figlia. Ciò significa crescerla come se fosse un’Aldebaran, con tutto quel che comporta. Dovresti conoscere le conseguenze di azioni come quella che ha compiuto questa bestiola».

A quel punto Nahema capì dove voleva andare a parare, e si stupì quando vide la sorella modellare senza particolare difficoltà qualcosa di terribilmente somigliante ad una frusta, fatta di una strana materia luminosa. Sembrava che Typhan, oltre a munirla di palazzo e servitù, l’avesse dotata di alcuni poteri e le stesse insegnando anche qualche trucchetto. «Kehazilia, è una bambina».

«anche tu e Aladohar lo eravate, eppure la giusta dose non vi è stata risparmiata, se non sbaglio» ribatté la ragazza.

«non è un’Aldebaran e, promessa o non promessa, non puoi trattarla come se lo fosse. Come tua sorella maggiore e parte lesa, voglio che tu sorvoli su quanto è accaduto».

Kehazilia si avvicinò a Emily Jane, dando quasi l’impressione di fluttuare nel suo lungo abito dorato. «come tutrice di questa piccola bestia e signora di queste terre, io non intendo assolutamente ascoltarti».

Il primo schiocco della frusta risuonò sonoro nella stanza, e ancor di più il grido di dolore straziante di quella povera bambina. 
Il secondo fu ancora peggiore. Contrariamente ad Iyra, brava a infliggere frustate che causavano dolore ma non lasciavano altro se non brutti segni rossi che sparivano dopo un paio di giorni, Kehazilia aveva tutta l’intenzione di imprimere in modo profondo e indelebile la sua lezione sulla pelle di Emily Jane, lacerando vestiti, pelle e psiche.
Il rumore del terzo colpo fu quasi del tutto soffocato da quello degli strilli e i pianti. Nahema non sapeva dire se fosse peggio questo, o l’aria imperturbabile con cui Kehazilia inferse il quarto.

Superando lo sbigottimento la sua mano destra a quel punto scattò da sola, bloccando a metà strada il polso sottile di sua sorella. «è sufficiente, anzi» allontanò bruscamente Kehazilia dalla sua vittima «è anche troppo. Non può reggerne altri, non di questo genere!»

«la punizione prevista è di dieci frustate, e tu non hai l’autorità di impedirmi di continuare!» protestò Kehazilia, che in seguito gemette, sentendosi quasi stritolare il polso.

«se avessi voluto la morte della bambina, a quest’ora sarebbe stata sottoterra con la madre. Lei deve rimanere in vita, e quanto più possibile illesa. Per il resto ricorda: avrai sposato una specie di semidio, ma sei un’Aldebaran, e io sono a capo della nostra famiglia. Ho tutta l’autorità che serve» affermò Nahema «e l’avrò sempre, che ti piaccia oppure no. Il sangue non è acqua, e per vari motivi preferirei che mantenessimo un buon rapporto, Nihil Kehazilia» concluse, lasciandola andare «ora di’ ai tuoi servi che lascino andare la bambina, e falla medicare».

«una punizione è una punizione, non vedo che valore possa avere se poi le sue ferite vengono curate immediatamente!» ribatté la ragazza, mentre i due servi lasciavano cadere a terra la povera Emily Jane.

«non dubito che per una persona che non ha mai preso colpi di frusta, o così mi dicono, sia facile parlare. Benissimo, se tu non vuoi farla medicare lo farò io stessa nella mia nave. Uno dei tuoi servi verrà con me, così che in seguito possa accompagnarla nella sua stanza. Per oggi eviterai la sua compagnia e, quanto al modo in cui la tratterai in futuro, mi sono spiegata poco fa. Tu» si rivolse a un servo «solleva la bambina e seguimi».

«è vergognoso che un’arciduchessa si faccia colpire da una piccola plebea senza protestare!» esclamò Kehazilia «credevo fossi diversa, Nahema. Più autorevole».

«infatti lo sono, quando e con chi serve. La crudeltà inutile è una cosa diversa, e lei ne ha già passate abbastanza. Ti saluto Nihil Kehazilia, e spero che i nostri incontri futuri, perché ce ne saranno, siano migliori di questo».

Uscì senza degnare Kehazilia di un’ulteriore occhiata, e senza aspettare una risposta, seguita dalla creatura senza volto che, come lei aveva ordinato, trasportava Emily Jane.

 
Quest’ultima al momento quasi del tutto immobile e silenziosa, tanto da somigliare a una bambola di pezza con la schiena martoriata. 
Anche nella nave le cose non cambiarono, ed Emily si lasciò manipolare senza proteste, anche quando Nahema le scoprì la schiena. L’unica cosa che faceva capire che era viva era il respiro corto e spezzato.

«ho mentito a mia sorella. Probabilmente avresti potuto reggerle tutte e dieci, fisicamente parlando. Il fatto che tu sia piccola e magra non deve ingannare: credo che tu abbia il nerbo di Kozmotis, e non è un male» da una valigetta d’acciaio, Nahema tirò fuori una fiala che conteneva uno strano liquido blu luminescente, con cui imbevve del cotone. «questo farà sparire immediatamente il dolore, e renderà la guarigione un po’più rapida. Gli intrugli di mio padre a volte hanno quasi del miracoloso. Quasi. Credo che dovrò anche metterti dei punti, ma neppure questo ti farà male. Poi ti fascerò. Servo» Nahema guardò l’essere senza volto «nei prossimi giorni cambierai le sue fasciature fino a quando le ferite saranno scomparse».

Anche in seguito la bambina non disse nulla, però man mano che il liquido veniva applicato sulle sue ferite riprese a respirare in modo più regolare, e iniziò a tremare leggermente.

«ora metto i punti. Cerca di restare ferma, d’accordo?»

«portami da papà» disse Emily Jane, in un mormorio quasi inudibile «portami via. Non lasciarmi qui. Portami da lui…portami da papà, ti supplico…»

Furono le ultime parole che disse prima che la sua voce si spezzasse, e crollasse in un pianto dirotto.

Qualcosa portò Nahema -Nahema!- a sollevare una mano per fare addirittura una carezza a quella povera creatura ma, com’era accaduto prima con l’indignazione per lo schiaffo ricevuto, cambiò subito idea. Sarebbe stato un gesto inutile, nonché -conscia del proprio ruolo in quella vicenda- ben poco coerente. «io non posso proprio portarti via, quindi resterai dove sei. Tranquilla, Kehazilia non ti frusterà più» disse, auspicando di avere ragione «però una cosa posso farla. Posso dire a tuo padre che sei qui».

«davvero lo farai?» le chiese Emily Jane, con una flebile luce di speranza negli occhi.

«sì. Hai la mia parola che, quando verrà il momento, gli dirò dove sei. A quel punto deciderà lui cosa fare».

Tanith, invisibile e intangibile, rise silenziosamente. “Quando verrà il momento” significava “quando avrò preso il posto di tuo padre e forse anche il regno”, quindi molto probabilmente ci sarebbero voluti anni prima che il povero generale avesse notizie di sua figlia.

Non dubitava che Nahema avrebbe mantenuto la parola, prima o poi, ma intanto lei avrebbe potuto pasteggiare tranquillamente col dolore dei Pitchiner rimasti. 

“non mi sorprenderei se quel che ha detto Nahema causasse ulteriore tormento alla piccolina. Finirà col pensare che suo padre sia stato informato, ma abbia deciso coscientemente di abbandonarla. Certe persone sono così brave a distruggere le famiglie altrui!”

Così pensò Tanith, nel suo allegro compiacimento…e non aveva idea di quanto avesse ragione.

 
 
 
 
 
 
Ed ecco spiegato perché Emily Jane ha qualche problema a lasciare che le persone guardino la sua schiena nuda. In LLD2 ne avevo dato un accenno, qui è spiegato un po’meglio.
Per quel che concerne il titano Typhan -al quale in un mio head canon ho dato la possibilità di assumere forme più “comode” quando ha a che fare con le persone- io mi sono sempre chiesta perché, pur sapendo benissimo chi fosse Emily Jane, non l’abbia mai restituita al padre e l’abbia tenuta con sé chiamandola “figlia”: egoismo, immagino. Viene fatto intendere che desiderasse una famiglia, quindi in questa AU già che c’ero gli ho affibbiato anche un’adorabile moglie.
A voi i commenti, e alla prossima,
 
_Dracarys_
   
 
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