Di
semplici giorni
Quando
la normalità non sai più cos’è!
Capitolo
4
And I see fire
Come ogni mattina da
una settimana a questa parte, quel giorno non trovavo Lily. Non era nel
suo
letto, che in realtà non era un letto… era un materasso poggiato sul
pavimento
con alcune lenzuola e coperte. E un cuscino. Ai piedi del mio letto.
È una serva! È già tanto che mi sia occupato
di dove dormisse.
Comunque, pensai di
trovarla in sala grande a colazione, e invece non si presentò nemmeno.
Non che
io fossi preoccupato. Chiariamo. Ma doveva svolgere i suoi doveri!
Quindi mi
serviva al più presto. Ovviamente non potei cercarla
durante le lezioni, quindi attesi l’ora di
pranzo, ma non si presentò neanche in quel momento.
Girai per la scuola
alla ricerca di quella ragazza difficile da confondere con le altre e
impossibile da raggiungere…
Mi ricordai poi che
l’ultima volta che l’avevo vista guardava fuori dalla finestra di una
delle
torri più alte, e ci avevo messo anche parecchio a trovarla. Avrei
dovuta
punirla.
Girai quindi sui
tacchi per arrivare a quella stessa torre. Percorsi le scale ed arrivai
in cima
dove, come sospettavo, la mia cameriera era li seduta sul davanzale
della
finestra con le ginocchia strette in un abbraccio, che toccavano quasi
il suo
mento e i capelli talmente lunghi e vaporosi che la circondavano
nascondendo
alla mia vista la sua schiena. Mi avvicinai a lei tossendo per farmi
sentire:-
Sei stata qui tutto il giorno?
- Si… - rispose
solo. Quasi calò il silenzio tra noi. Cosa che non era mai accaduta
prima!
- Stai bene? Hai
mangiato? – la guardai un po’ preoccupato dal suo atteggiamento
bizzarro.
- No… Sono stata qui
a pensare… E tu da quando ti preoccupi per me? – mi rivolse uno sguardo
serio,
ma allo stesso tempo molto triste. Notai che i suoi occhi erano rossi e
aveva
grosse occhiaia. Mi sedetti al suo fianco:- Per me puoi rimanerci anche
per
sempre qui. Che ti è preso? Sei meno insopportabile del solito –
guardai il
punto in cui lei rivolgeva lo sguardo.
- Mio fratello… -
rispose mogia.
- Cosa? – le rivolsi
un po’ della mia attenzione.
- E’ a casa… Mi
starà cercando… è da una settimana che sono qui, chissà cosa sta
facendo, cosa
sta combinando. Senza di me lui è come un… un bambino. Non sa
cucinarsi, non sa
cosa comprare, non sa stirarsi le camice, non sa fare niente – sentii
la sua
voce rotta e tremolante.
- Se non ricordo
male quando ti ho evocata tu te ne stavi andando.
- Si, ma… è una
scena… - appoggiò la fronte contro le ginocchia strette a se.
- In che senso – le rivolsi
uno sguardo confuso.
- Lui… Quando io e
lui litighiamo per qualcosa io faccio finta di andarmene, preparo al
volo una
valigetta e me la porto dietro, dormo un paio di notti fuori, da
un’amica e
quando lui si rende conto di aver sbagliato o quando ha bisogno di me
mi
contatta e mi prega di tornare a casa… Così io non devo sopportare le
sue urla e
lui placa la sua ira per tutto il tempo che gli serve… Ma ormai è
passata una
settimana! – rialzò il viso svelando due righe di lacrime che non mi
aspettavo
e le scappò un singhiozzo – E le ultime cose che ci siamo detti erano
orribili!
Una cascata emotiva
stava sgorgando non solo dalle sue parole ma anche dai suoi occhi e non
avevo
idea di cosa fare.
- Ehm… - per una
volta mi sentii impotente di fronte a tutto quel sentimento che
qualcuno mi
mostrava. A pensarci forse non mi era mai successo che qualcuno facesse
tali
scenate di fronte a me.
- Ehi, ehi! Perché piangi
di questa maniera? – scorbutico gli passai tutti i fazzoletti che
potevo avere
in tasca.
- Ma non capisci?! –
quasi mi urlò contro prendendo bruscamente tutti i fazzoletti per
asciugarsi –
Mi manca da impazzire!! – continua singhiozzando.
Pianse per un po’,
ed io non seppi fare altro che accarezzarle piano la schiena, provando
ad
essere comprensivo. Ma guarda te cosa mi
tocca fare!
- Mi spiace… -
sussurrai ad un tratto e lei improvvisamente alzò lo sguardo opaco
verso di me
e soffiò:- E’ la prima volta che chiedi scusa, sai?
Rimasi per un attimo
interdetto:- Cosa?
- Da quando sono qui…
e da quando conosco la tua esistenza credo…credo tu non abbia mai
chiesto scusa…
Dopo pochi secondi
di pausa in cui riflettei sulla questione risposi:- Beh… ti vedo
disperata…
cosa dovrei fare?
- Allora hai anche
tu un cuore – accennò un sorriso, e senza accorgermene davvero feci lo
stesso.
- Non esagerare –
aggiunsi e lei sorrise. Smise del tutto di piangere asciugandosi il
viso per
poi poggiare la testa sulla mia spalla, quasi accoccolandosi a me. Non
sono
abituato a tutte quelle coccole che,
col senno di poi in quel momento non riuscii nemmeno a ricambiare,
talmente mi
erano estranee.
- Ho deciso una cosa…
- aggiunse dopo alcuni minuti catturando la mia attenzione:- Devo
imparare
alcune magie.
- Che?! – quasi saltai
alla notizia. Lei si sollevò dalla sua posizione e con sguardo serio mi
rivelò:- Draco, devo tornare a casa, non posso aspettare tutto l’anno,
ho
bisogno di qualcuno che mi insegni… che mi insegni bene!
- E speri che ti
insegni io?! – chiesi sconvolto.
- N-non so! Qualcuno
deve! Io… io amo questo luogo, non hai idea di come sia incredibile per
me
essere qui, ma devo tornare indietro – si alzò in piedi.
- Non sei nemmeno
una maga! – sbraitai.
- E allora?! Cosa
vuoi che mi importi? Se sono qui è per un motivo! E non solo perché tu
non sei
capace di essere ordinato! – gesticolò, tornando la ragazza agitata di
sempre,
allora mi alzai anch’io seguendola mentre si avviava verso le scale.
- Ehm… - mi bloccai
dal parlare.
- Cosa? – mi guardò
dubbiosa.
- Niente… - la
superai per le scale scendendo più velocemente.
- No! Adesso parli!
Sospirai. Come si fa a parlare a persone così
disobbedienti?!
- Non ne sono sicuro…
ma la Granger pensa che Piton, che mi ha insegnato la formula, mi abbia
insegnato apposta qualcosa che evocasse te.
- Ottimo! Allora non
è una mia invenzione! – mi seguì per le scale.
- Non è detto che
sia così! Io mi fido ciecamente di Piton! – le puntai contro il mio
dito
accusatore.
- Si, si, lo
sappiamo tutti – si smorfiò – Ma io no. Quindi andremo a parlare con
Hermione.
- Cosa?! No! – mi alterai.
- Come no? Certo che
si! La Granger sa tutto! Risolve sempre tutto! Andremo da lei!
- Ma…! – non riuscii
a completare alcuna frase che Lily mi fermò voltandomi verso di lei.
- Tu farai come dico
io o puoi scordarti la schiavetta che sta sotto i tuoi piedi! Perché
non farò
un bel niente finché tu non mi darai una mano!
In quel momento i
suoi occhi verdi parevano fuoco, i suoi capelli fiamme e la sua voce
forte come
il ruggito di un vero leone. Assurdo da pensare, ma mi fece venire i
brividi
lungo tutta la schiena.
Quando ebbi la forza
di rispondere contrassi la mascella e accennai un:- Va bene…
La mezzosangue, come
al solito, era in biblioteca e fu facile trovarla. Lily
non perde tempo quando si tratta di fraternizzare col nemico eh?
- Allora… Ti sembra
una cosa impossibile? – chiese la rossa.
- Mh… beh, nessuno c’è
mai riuscito… Non so che dirti… Farò qualche ricerca se vuoi, posso
provare. La
tua teoria comunque non è del tutto errata! Ho pensato a qualcosa del
genere
quando Malfoy mi ha detto che è stato Piton a volere tutto questo.
- Vi ripeto che non
è sicuro! – mi caddero quasi letteralmente le braccia.
- Non gliel’hai
ancora chiesto? – chiese la Granger stralunata.
- Ovviamente no! Io
mi fido… - non terminai ancora una volta la frase.
- Si, si, ora tutta
Hogwarts lo sa! – rispose in malo modo White.
- Beh dovresti –
insistette l’altra. Io sbuffai scocciato e risposi:- Va bene! Vado a
chiedergli
tutto!
- Malfoy – mi fermò
Grenger mettendomi una mano sulla spalla e guardandomi con uno sguardo
stranamente comprensivo e quasi dolce: - Non vogliamo metterti contro
il tuo
padrino… Noi vogliamo solo capire la verità. Così facendo aiutiamo
anche te,
non solo lei.
Il suo tocco era un
calore che si propagò dalla sua mano lungo tutto il mio corpo fino alla
mia
testa, che divenne più leggera. Non mi ero mai sentito così strano.
Improvvisamente era come se mi trovassi in mezzo a due fuochi, Lily e
Hermione,
ma erano due fiamme molto diverse. La prima rossa ed intensa, materica
e
fisica, la seconda blu, come il fuoco più cocente, quello che ti
scioglie anche
se in apparenza non sembra così pericoloso, quasi spirituale.
Per la seconda volta
un brivido mi percorse la schiena e fui costretto a scostarmi dal suo
tocco.
- Lo so… vado… - e
mi allontanai veloce.
Quando fui davanti
alla porta dello studio del mio padrino percepii una presenza dietro di
me e
prima di bussare mi voltai veloce. Mi sentivo osservato, ma li non
c’era
nessuno! Nessuno!
Troppi film mentali pensai.
Colpa
di White.
Mi girai nuovamente
verso la porta che sta volta era aperta e di fronte a me un uomo cupo
ed
inquietante mi fronteggiava accigliato.
- Che ci fai tu qui?
– mi chiese col suo tono sprezzante.
- Professore… - per
un attimo non riuscii a parlare, poi ingoiai un groppo alla gola e
continuai:-
Dobbiamo parlare.
Angolo
Autrice:
Eh si, mi fermo qui. Ho in mente una gran bella
storia e
spero che piacerà anche a voi, tanto quanto sta piacendo a me. Spero
anche di
ricevere qualche recensioncina ^^ Ho aggiornato di giovedì perché credo
che da
oggi in poi non riuscirò ad essere costante ad aggiornare di venerdì,
quindi
quando potrò aggiornerò prima, sennò dopo… insomma cercherò di
aggiornare una
volta a settimana come da promesso. Ma spero anche di sopravvivere
all’ultimo
anno di università XD in cui dovrò anche lavorare… che casino… vabbene
dai, la
speranza è l’ultima a morire. Il titolo è preso dalla famosa canzone
dello
Hobbit “I see Fire” che ha ispirato questo capitolo più serio degli
altri :) non
preoccupatevi non sarà sempre serio, anche perché io non riesco ad
esserlo
sempre XD
Continuate a seguirmi! Che vi amo troppo <3
Pace e successo a voi.
La ragazza con la sciarpa verde.