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Autore: Eilan21    22/10/2016    7 recensioni
Svezia, 443 dC. Con la morte del re, la successione al trono è incerta. La gloriosa Stirpe del Drago, che ha governato la Svezia per oltre trecento anni, rischia di estinguersi e precipitare il paese in un'era di guerre e anarchia. Tutte le speranze di un popolo sono riposte in Arianrhod, l'ultima erede della casata reale, una bambina di soli quattro anni.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Antichità, Medioevo
Capitoli:
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Il rullo dei tamburi saturava l'aria di vibrazioni ritmiche, accompagnando il tramonto che sfumava sulle acque del lago. Arianrhod stava al centro del cerchio di persone, vestita di un abito di pelle che le donne del Piccolo Popolo avevano confezionato appositamente per lei, i piedi nudi, i lunghi capelli sciolti sulle spalle. Decine di facce la osservavano, alcune curiose, altre preoccupate. Tra queste c'era il duca Fjölnir, che aveva protestato di non essere stato consultato per la decisione che Arianrhod aveva preso.

Mia signora, avete preso una decisione avventata” le aveva detto. “Dovevate prima discuterne con me, e con gli altri generali.”

L'alleanza con il Piccolo Popolo ci serve, duca”, aveva tagliato corto Arianrhod.

Cionondimeno sarebbe stato opportuno ascoltare il parere dei vostri comandanti.”

Arianrhod lo aveva guardato freddamente e non aveva risposto. Ancora le riusciva difficile capire perché suo padre avesse considerato quell'uomo uno dei suoi più cari amici. Non le sembrava degno di tanta fiducia. Suo figlio poi era decisamente insopportabile: da quando aveva messo piede sull'isola, non l'aveva lasciata un attimo in pace. Insisteva per accompagnarla ovunque e la inondava di complimenti. Non c'era stata una volta in cui non era d'accordo con una parola pronunciata da Arianrhod. E questo non aveva fatto altro che allontanare ancora di più Gareth da lei. Se solo la vedeva in compagnia del fratellastro cambiava discretamente strada, o si ritirava prima di trovarsi faccia a faccia con loro. Arianrhod non poteva fare a meno di provare una fitta al cuore tutte le volte che questo accadeva.

Domaldr era totalmente diverso da Gareth, quasi il suo opposto. Era insopportabilmente tronfio e pieno di sé. Era quasi incredibile che avessero lo stesso padre. Per questo motivo lei cercava di essere cortese, ma distaccata nei confronti di Domaldr, dissuadendolo il più possibile dal cercare la sua compagnia; ma il giovane sembrava immune alla sua freddezza.

Mia regina...” aveva detto Fjölnir in tono più dolce. “Arianrhod... perdonatemi se mi rivolgo a voi per nome, ma dovete sapere, mia cara bambina, che vi conosco fin dal giorno in cui siete venuta al mondo. Sono stato tra i primi a tenervi tra le braccia, e vi ho vista crescere. Vostro padre vi ha affidata a me, e ho cercato sempre di fare del mio meglio per proteggervi.”

Arianrhod lo guardava ancora senza una parola, ma il suo sguardo aveva perso molto della sua durezza iniziale.

Il duca ebbe il coraggio di continuare.

So che probabilmente mi biasimate per la morte dei vostri genitori adottivi... anch'io mi biasimo, credetemi. Ho una grande colpa da farmi perdonare, e potete stare certa che farò tutto ciò che è in mio potere per riparare. Vi restituirò il trono di vostro padre, e...”

Così potrete farci sedere il vostro figliolo come mio consorte?” chiese Arianrhod, tagliente.

Io... mi dispiace, non immaginavo che Domaldr vi fosse tanto inviso, vi prego di credermi. Ritenevo solo che potesse essere un buon marito per voi, che potesse darvi l'appoggio di cui avrete bisogno presso la nobiltà. Non pensavo di indispettirvi in questo modo, suggerendo a mio figlio di sondare il terreno con voi a riguardo...”

Vostro figlio non mi ha lasciato un attimo di respiro in questi giorni. Se volete il mio perdono, ditegli di smetterla! Se e quando sceglierò un marito, sarà una mia decisione.”

Avete ragione. Parlerò con Domaldr, e state pur certa che non vi importunerà più. Sapete, mio figlio a volte sa essere molto testardo... e viziato. Temo di dovermi accollare gran parte della colpa per questo”, disse con un sorriso amaro. “Ma dovete sapere che lui è il mio unico figlio maschio legittimo, e troppe volte non ho saputo dirgli di no. Non sono stato capace di fare di lui un uomo.”

Arianrhod non poté fare a meno di essere colpita dalla frase che il duca aveva pronunciato. L'unico figlio maschio legittimo. Si chiese se dovesse parlargli di Gareth, ma comprese che quello non era il momento giusto.

Ho paura di essere venuto meno alla sacra promessa che feci al mio re” continuò Fjölnir “e preferirei morire che vivere con questa consapevolezza.”

Arianrhod scrutò il duca negli occhi, senza riguardi per la sua anzianità. Avrebbe voluto leggerci ipocrisia, calcolo o indifferenza. Invece si accorse che l'uomo era veramente addolorato al pensiero di averla delusa. Che tenesse veramente a lei, come affermava?

A proposito” disse il duca. “Vi ho portato una cosa che mi è stata affidata da una persona, quando ci separammo al vostro arrivo in Britannia. Me la diede la donna che ci aiutò a farvi lasciare la corte in segreto. Diceva che un giorno vi avrebbe aiutato a recuperare la memoria di ciò che siete.”

Così dicendo frugò nel suo baule da viaggio e ne trasse un involto, che porse ad Arianrhod. Lei trattenne il respiro senza rendersene conto, mentre lo svolgeva. Pochi secondi dopo si trovò tra le mani la bambola che tante volte le era apparsa nei suoi sogni, la piccola bambola di pezza vestita di un abitino di seta di squisita fattura. Era usurata dal tempo rispetto a quella che aveva sognato, ma non c'erano dubbi che fosse proprio lei.

Ma questa... questa è...”

La vostra bambola preferita” confermò il duca con un sorriso. “Si chiama Bron.”

Bron.

Non vi separavate mai da lei quando eravate piccola, così Hejör, la donna di cui vi parlavo, l'ha presa con sé il giorno in cui scappammo dalla Svezia. Non avrebbe potuto lasciarvela capite? Un oggetto tanto lussuoso avrebbe destato sospetti, e inoltre lei credeva che, quando sarebbe giunto il momento per voi di ricordare il vostro passato, Bron vi sarebbe stata utile.”

Arianrhod se la strinse al petto, con gli occhi lucidi.

Vi ringrazio”, aveva detto in un soffio. E quello era stato il momento in cui aveva cominciato ad intuire perché suo padre avesse dato tanto valore all'amicizia con il duca di Silverdalen. “Mi date la vostra benedizione per affrontare il rituale dunque?”

Fjölnir sospirò. “E sia. Ma se dovesse accadervi qualcosa, qualsiasi cosa, ne risponderanno a me personalmente.”


***


Anche se il duca aveva accettato con riluttanza che Arianrhod si sottoponesse al rituale, continuava a guardarla preoccupato, chiedendosi se non avesse fatto meglio ad opporsi in qualche modo. Ma di sicuro Viviana e Taliesin non avrebbe permesso che si mettesse in pericolo la vita della futura regina.

Sentire su di sé tutti quegli sguardi preoccupati, oppure carichi di aspettativa e di anticipazione, metteva a disagio Arianrhod. Chissà cosa stava pensando Gareth, anche lui presente tra quel pubblico?

Inspirò ed espirò lentamente, cercando di concentrarsi solo sul ritmico suono dei tamburi suonati dal Piccolo Popolo. Le avevano detto che erano gli stessi uomini che suonavano i tamburi da guerra, durante le battaglie.

All'interno del cerchio, di fronte a lei, stavano Viviana, Taliesin e Cynwrig, abbigliati con vesti rituali. Le sacerdotesse che stavano dispiegate come due ali al loro fianco intonarono un canto rituale, che avrebbe dovuto infonderle forza. Decine di torce fiammeggianti erano state infisse nel terreno e rischiaravano la radura tutto intorno a loro.

Cynwrig piantò nel terreno la lancia che teneva in mano, e prese un oggetto che un membro del Piccolo Popolo gli porse. Si avvicinò ad Arianrhod e glielo porse. Si trattava di un coltello cerimoniale, in pietra lavorata, decorato con un fregio dal significato oscuro. Era un oggetto molto bello e, dopo averlo rimirato qualche secondo, Arianrhod lo prese e lo mise alla cintura, perché le sembrava che era quello che Cynwrig si aspettava da lei.

L'uomo attese che un altro membro della sua tribù si facesse avanti, con grande cautela. Quest'ultimo era molto anziano, ma camminava senza esitazioni, tenendo in mano un braciere di terracotta. Dentro di essa ardeva una piccola fiamma, circondata da un olio profumato.

Cynwrig parlò per la prima volta dall'inizio rituale. Pronunciò alcune parole in una lingua che Arianrhod non conosceva, che furono accompagnate da un forte rullo dei tamburi, dal canto sempre più forte delle sacerdotesse, e dalle rombanti acclamazioni del Piccolo Popolo. Per un fugace momento Arianrhod si guardò intorno confusa, e colse lo sguardo di Gareth, diretto solo a lei, e altrettanto confuso e preoccupato. Lei si affrettò a riportare lo sguardo su Cynwrig, turbata. Cosa aveva detto l'uomo? Cosa volevano che facesse se neppure glielo spiegavano?

Ma Cynwig tradusse, prontamente. “Questa fiamma” disse indicando il braciere che l'uomo anziano teneva ancora in mano. “Rappresenta il cuore del nostro popolo, la sua vitalità, la vita che scorre sotto i nostri piedi. Rappresenta il legame che abbiamo con la nostra madre terra. Essa non deve spegnersi mai, o la luce che ci guida sarà anch'essa smorzata.”

Il tuo compito è portare la fiamma fin nel nostro territorio, dall'altra parte del lago, oltre le nebbie, senza che essa si spenga. Dovrai proteggerla a costo della tua vita, e per farlo avrai solo il pugnale che ti è stato consegnato. Sarai sola, e potrai contare solo sulla tua forza, sul tuo coraggio e sull'aiuto degli dei. Lo farai?”

Arianrhod non poté fare a meno di guardarsi di nuovo attorno: lo sguardo di Gareth era ancora su di lei. E quello del duca Fjölnir anche, e lei non poté non notare la sua preoccupazione.

Lo farò. Accetto questo compito”, disse Arianrhod cercando di tenere ferma la voce.

Bene. Ti aspetteremo all'alba nel nostro territorio.”

A quelle parole l'uomo anziano le consegnò il braciere, che lei accolse con mani tremanti. Poi, senza più guardare nessuno, senza più ascoltare i canti, né i tamburi, si voltò e si avviò verso le acque del lago.


Arianrhod cominciò camminando nell'acqua bassa, appena oltre la riva. Il primo contatto con l'acqua non era stato piacevole. Era fredda, e le diede i primi brividi. Quando non fu più in vista della folla, si fermò, riflettendo su come raggiungere il territorio del Piccolo Popolo entro l'alba. Orientarsi col buio sarebbe stato difficile, ma la luce lunare l'avrebbe aiutata a trovare la strada. Da lontano poteva vedere la sponda che avrebbe dovuto raggiungere, ma sapeva di non poter passare via terra, se non fino a un certo punto: le due sponde erano divise da una striscia d'acqua, che avrebbe dovuto necessariamente attraversare. Sperava che non fosse troppo profonda; in ogni caso non era molto larga, e quindi c'erano buone possibilità che riuscisse a superarla senza far spegnere la fiamma. Per raggiungere quella riva avrebbe anche potuto risalire di nuovo la collina e camminare sulla terraferma, ma questo le avrebbe fatto allungare il percorso. No, meglio camminare sul bagnasciuga, costeggiando la collina fino al punto in cui avrebbe dovuto immergersi in acqua per raggiungere la sponda opposta. Lo sciabordio dell'acqua che sollevava camminando era l'unico rumore che si poteva udire nella notte quieta, salvo qualche gufo in cerca di prede e l'ululato di un lupo in lontananza.

Quando fu sulla riva che fronteggiava quella opposta, Arianrhod sospirò. Non le restava altra scelta. La prospettiva di immergersi in quell'acqua scura non l'allettava per niente. Notò un gruppo di canne che spuntavano dall'acqua e, lavorando un bel po' con il coltello che le avevano dato, riuscì a staccarne una non molto grande.

Prima un piede poi l'altro, presto si ritrovò immersa fino alle ginocchia. I suoi piedi affondavano nel limaccioso fondale, e la sensazione non era per niente piacevole. Man mano che si avvicinava al centro, l'acqua diventava sempre più fredda. Arianrhod rabbrividì: ormai aveva il vestito quasi completamente zuppo, e realizzò che, una volta dall'altra parte, avrebbe dovuto accendere un fuoco per asciugarsi, o c'era il rischio concreto che congelasse.

Qualcosa le sfiorò le caviglie e Arianrhod sussultò, rischiando di far cadere il braciere in acqua. Riuscì a intravedere l'ombra di un animale dalla forma allungata che le girava intorno e un brivido di disgusto l'attraverso. Ma strinse i denti e andò avanti, cercando di ignorare il freddo, il fango e le creature che popolavano il lago.

Ad un certo punto il suo piede non toccò più il fondo e lei comprese che aveva raggiunto il limite massimo in cui poteva proseguire a piedi. Doveva mettersi a nuotare, ma dovendo reggere la fiamma con entrambe le mani rischiava di andare a fondo. Finalmente la canna che aveva portato con sé fino a quel momento le sarebbe stata utile. Vi si aggrappò con un braccio, mantenendo le mani unite per tenere il braciere; e dandosi una leggera spinta, si mise a nuotare solo con l'aiuto dei piedi. Non fu un compito facile, e quando finalmente raggiunse l'altra riva era decisamente stanca. Ma almeno la fiamma non era stata toccata dall'acqua che l'avrebbe spenta. Stava per gettare via la canna, quando si rese conto che avrebbe ancora potuto esserle utile. Scelse un posto dove accendere un fuocherello che l'avrebbe in parte asciugata, e una volta che il fuoco prese bene si dedicò a intagliare il bastone fino a renderne appuntita una delle due estremità.

Trascorse diverso tempo prima che si fosse asciugata abbastanza da poter continuare la marcia. Il territorio di Avalon in quel punto era coperto di alberi e piuttosto cupo. Con il bastone sottobraccio e il braciere tra le mani, una sempre più stanca e infreddolita Arianrhod proseguì a lungo, finché non fu troppo stremata e dovette fermarsi. Sapeva che avrebbe dovuto accendere di nuovo un fuoco per tenere lontane le bestie, ma era troppo stanca per mettersi nuovamente a raccogliere legna, e sperava che la fiamma del braciere sarebbe stata sufficiente come deterrente per gli animali. Inoltre avrebbe riposato solo qualche ora, giusto il tempo di recuperare un poco le forze. Con questi pensieri che tentavano di sembrarle rassicuranti, Arianrhod si rannicchiò su se stessa e si addormentò, con la preziosa fiamma accanto a sé.

Il buio era ancora fitto quando venne improvvisamente svegliata da un ringhio. Con un balzo fu in piedi, e si trovò faccia a faccia con due lupi che la fissavano minacciosi, pronti ad attaccare.



Angolo Autrice: Ciao a tutti! Scusate il ritardo con cui ho aggiornato, ma ho avuto qualche problema in famiglia. Comunque niente di grave e ora sono di nuovo qui. E' stato un capitolo non facile da scrivere per me, e non sono sicura di esserne soddisfatta al 100%... comunque ci ho messo tutta me stessa, e quindi spero che vi piaccia :)

E vorrei anche essere riuscita a riscattare un pochino il duca, che non era mia intenzione rendere così antipatico nello scorso capitolo. Quindi spero di averlo reso un po' meglio qui, spiegando le sue motivazioni. E' un uomo ambizioso certo, ma tiene anche ad Arianrhod.

Grazie a tutti voi che continuate a seguirmi, siete fantastic*!


   
 
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