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Autore: _MorgenStern    09/11/2016    0 recensioni
La Metropoli non li ama, la Periferia non è abbastanza.
La legge non è giusta, i sentimenti non seguono ragione.
Scappare è estenuante, vivere è una sfida.
Non conoscono la libertà, ma possono crearla.
-
[Droid!Shiro/Keith]
-
{ Una CyberPunk!AU di Voltron che aggiorna. Ogni tanto.
Rating soggetto a modifiche.
Ispirata principalmente alle canzoni di Scandroid. }
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Digital dreams thrive in the moonlight 
I’m only flesh, circuit, and bone 
I walk these empty streets alone

 

 

Perché sta sanguinando? È un droide, per la miseria, i droidi non sanguinano!” Keith non sa se il fatto che il suo tono di voce sia così acuto sia dovuto allo stress di ciò che è appena avvenuto o al vedere le sue mani coperte di sangue.
Sangue di un droide.
Un droide che ha appena cercato di ucciderli e che poi si è scusato, piantandosi un pugnale nella gola e che ora sembra di nuovo spento, una pozza di liquido rosso a tingere ogni cosa sotto di lui.

Niente di tutto quello che sta succedendo ha senso!

“Lo fanno, se costano abbastanza.” le dita di Pidge non sono mai state così veloci su una tastiera, gli occhiali illuminati dalla luce degli schermi che ha spostato sul tavolo per cercare di sfondare l’impenetrabile software del robot. Non riuscire a crackare qualcosa lo fa impazzire.

L’ennesima occhiata truce di Lance al droide non viene ignorata da Keith, che non sa esattamente cosa fare o dire, le mani a premere sul silicone aperto e sanguinante.
“Lascialo spento” le dita ancora a massaggiarsi il collo, il ragazzo non sembra per niente intenzionato a riavvicinarsi al tavolo.

“Come se potessi decidere, dannazione-…” ancora qualche minuto e Pidge crollerà, lo si sente benissimo dal suo tono di voce.
Keith è più che sicuro che gli sforzi dell’amico siano inutili: un HR1800 che sanguina deve avere un sistema troppo sofisticato anche per le sue infinite conoscenze tecnologiche; e forse è meglio così. Chissà che codici hanno usato per proteggere i dati che conserva. Chissà perché i suoi costruttori si sono impegnati tanto a renderli inaccessibili.
Keith non è sicuro di volerlo sapere.

“Beh, almeno fallo piantare di sanguinare” non c’è altro che fastidio nella voce di Hunk, che passa un altro straccio a Keith e piazza quelli che ha tra le mani sulla pozza ai piedi del tavolo. “Sta macchiando qualunque cosa. E non si ferma”
Normalmente si preoccuperebbe delle condizioni dell’essere ferito, ma averlo visto attaccare Lance gli impedisce di provare qualunque cosa assomigli alla pietà.

“Secondo te non l’avrei già fatto, se capissi come diavolo fare?!” Pidge è frustrato, terribilmente frustrato, e l’urlo che rivolge ad Hunk non causa altro che un sospiro. Nessuno di loro vuole attaccare un amico, ma la situazione non è delle migliori.

Keith, il silicone ormai freddo stretto tra le dita, si sente terribilmente in colpa. È stato lui a voler portare quel coso alla base, è stato lui a convincere Hunk a spostarlo.

Eppure, lo rifarebbe.
È comunque un HR1800 e forse, con un po’ di pazienza e fortuna, Pidge lo disattiverà e potranno venderne i pezzi.

Anche se, a dirla tutta, Keith non è più così sicuro di volerlo vendere.
La quantità di sofferenza che ha visto in quegli occhi grigi, che ha sentito nella voce artificiale…non sono cose che dovrebbero appartenere ad un droide.
Non sono cose che dovrebbero appartenere a nessun essere senziente, sintetico o umano che sia.
Non sono cose per cui quel volto è stato creato. Di questo ne è certo, mentre sospira e stringe la stoffa sul collo del robot, pregando che smetta di sanguinare.

“Ragazzi, ci penso io, ok?” lo sguardo che rivolge agli amici è quasi una supplica: vuole rendersi utile, smettere di vedere le facce tese e sull’orlo del panico degli altri, risolvere almeno qualcosa.

Non c’è una vera e propria risposta se non lo sguardo di Pidge, che smette di digitare e lo fissa, ma è la voce di Hunk a porre la domanda che tutti stanno pensando.
“…a fare cosa, di preciso? Aspettare qui da solo che si svegli e ti ammazzi?”

“Non vuole-…ammazzarci” è stato difficile dirlo, dato che non ha una concreta motivazione a supportarlo, e vedere l’espressione sul volto del resto del gruppo lo fa sentire ancora più stupido.
“…lo ha-…detto anche lui, no?”

“E tu ti fidi di quello che dice questo coso?” il tono di voce di Lance è a metà tra il ferito e il disgustato, e Keith sa che quello che sta dicendo è vero.
“Proprio tu? Fidarti di un droide?”

Lo sa che è sbagliato, lo sa benissimo da solo, ma non può farci niente.
Odia con tutto se stesso la Metropoli e tutto ciò che ne deriva, intelligenze artificiali e sofisticatissimi droidi in primis, ma non ha mai visto nulla di simile e ha bisogno di capire cosa ha davanti.
Distruggerebbe ogni robot, lo farebbe a pezzi e lo scioglierebbe negli acidi delle vecchie industrie, ma deve capire cosa può aver ferito questo. Forse vuole imparare a renderli tutti così, sofferenti e privati della voglia di vivere una vita che non dovrebbe appartenere loro.

Sa che non sono queste le motivazioni.

È terribilmente assurdo, ma ha bisogno di togliere il dolore dagli occhi di questo strano HR1800 che fino a poco prima avrebbe smontato.

“…due minuti. State di là, bevete qualcosa, che ne so. Se si accende ve ne accorgete subito, no?”

 

 


Non è sangue normale, più cerca di pulire più ne è certo, ma per lo meno il droide ha smesso di sanguinare sul pavimento della base.
In piedi davanti a lui, Keith continua a passare lo sguardo dagli occhi vitrei e immobili al pugnale appoggiato a portata di mano, ancora rosso e viscido, le voci ovattate degli altri che gli arrivano dalla sala accanto. Pidge non ha minimamente intenzione di cedere e si è preso un campione di sangue da analizzare, le telecamere e i cavi ancora sul droide.
Keith si sente un cretino e sa che quello che sta facendo non è sensato, che potrebbe davvero morire da un momento all’altro. Un secondo, forse due, e il suo stesso pugnale potrebbe aprigli la gola.
Eppure, sente che non succederà. Non si è mai fidato di niente che venisse dalla Metropoli e quello che ha davanti non fa eccezione, ma questa non è una questione di fiducia. È più-…

“Mi spiace.”

Lo sta guardando.

È acceso.

È acceso e lo sta guardando e gli ha appena detto che gli dispiace.

Keith sa benissimo che dovrebbe chiamare gli altri, che dovrebbe mettere mano al coltello e prepararsi a difendersi, ma non riesce a fare altro se non fissare le iridi preoccupate che ha davanti, i muscoli congelati e inutili.
“…di cosa?”

L’HR1800 sospira, la pelle sintetica si estende come se fosse viva, come se fosse calda. E forse lo è davvero.
“Non volevo ferire nessuno” non ha senso che un droide simile riesca a fare un’espressione così sofferente ad ogni parola, come se avesse paura di far del male a ciò che gli sta intorno solo parlando. Le palpebre si chiudono un paio di volte, in un gesto che sembra fin troppo naturale.
“Non so dove sono. Dove siamo?”

“…non-…non sei nella posizione di fare domande.” Keith dubita che gli sarebbe potuta venire in mente una frase meno intelligente: quel coso potrebbe fare tutte le domande che vuole e ucciderli prima, durante e dopo l’interrogatorio, distruggendo più o meno tutta la base.
Ma il remissivo silenzio che riceve come reazione lo incoraggia vagamente a continuare.
“…cosa diavolo sei?”

“Numero di fabbricazione 158AJ7; HR1800-i; Sperimentale; processori Alfa-Del13G4; Estensione Hox Applicata; Libero” la sequenza di numeri e parole non ha molto senso per Keith, e dubita che riuscirà a ricordarli per dirli a Pidge. Dannazione. Perché nessuno è ancora venuto a controllare? Le telecamere dovrebbero essere accese…

Le parole che gli sfuggono di bocca qualche secondo dopo non hanno ragione di essere dette. Non da lui. Non ad una cosa che dovrebbe odiare.
“…non hai-…un nome?”

Il droide sembra sorpreso. Solo per un momento, ma l’emozione è più che chiara sul suo volto, e Keith si sente sempre più idiota.
“Non ne ho uno da tempo. L’ultimo che ho in memoria è Takashi Shirogane. Shiro.”

Shiro.
Il nome si adatta perfettamente al suo aspetto, Keith non sa bene il perché, e ci sono molte altre domande che sa di voler fare ma è ora di dare il droide in pasto a Pidge.
“…resta qui. Non ti muovere. Non provarci.”

Il lieve cenno d’assenso che riceve è vagamente rassicurante, ma sentire il suo vecchio cauto buonsenso tornare mentre fa un passo indietro verso il corridoio, gli occhi ben piantati sul robot, è molto meglio. Forse in fondo non è del tutto impazzito, non ancora.

“Non voglio fare del male a nessuno, Keith. Credimi.”

“Beh, non è quello che hai dimost-…”

 

Un attimo.

 

Keith?








 


{ Sono riuscita ad aggiornare solo ora causa EFP che mi vuole male, perdonate!
Lo so che i miei capitoli sono lenti. Lentissimi. Leeeeeeentissimissimi. Prometto che dal prossimo migliorerò!

E spero di aggiornare prima di sabato prossimo!
See ya~

Chapter Lyrics: Scandroid - Empty Streets }

  
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