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Autore: Kaleido_illusion    23/10/2016    1 recensioni
Chi non conosce l'indie horror di Ib?
Ma tu lettore, se sei tra quelli che non lo conoscono o volgiono saperne di più, ti invito a leggere delle avventure di Ib, un adolescente, e Garry che per errore o un desiderio espresso e non mantenuto, entrano in un mondo artificiale fatto di pittura e tristezza, popolato da esseri che non dovrebbero esistere, ma che hanno trovato la vita grazie ad un eccellente pittore visionario, Weiss Guertena.
Immergetevi insieme ai protagonisti nell'arte!
Buon proseguimento ...
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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°La Rosa Blu °

Atto.6

 “Garry”

 

 

 

Nella parte poco illuminata del corridoio da cui arrivavano i lamenti, Ib poté vedere una sagoma scura riversa sul pavimento. Si avvicinò in tutta fretta pur rimanendo vigile e sospettosa, intanto che seguiva l’onda di sollievo per aver trovato qualcun altro di “ reale”. Si trattava di una persona di sicuro più alta di lei, sdraiata sulla pancia con le braccia distese vicino al capo e le mani serrate a pugno. Da quel poco di luminosità che litigava con le lame di ombre che li avvolgeva, riuscì ad identificare solo il lungo cappotto che indossava l’altro e una fitta chioma di capelli mossi; in un primo momento sembrò che fosse svenuto, ma un nuovo lamento fecce fare a Ib un salto all’indietro.
<< Va tutto bene? >> chiese alla sprovvista la ragazza, avvicinandosi ancora.
Purtroppo, non ottenendo risposta, fu costretta a formulare nuovamente la domanda scrollandogli la spalla per avvertirlo della sua presenza.
<< Urghhh… fa … male. >> rispose la persona sul pavimento in un sussurro strozzato. Nella sofferenza rilasciò i pugni e si ancorò alle mattonelle sopra la sua testa, come se il solo parlare fosse uno sforzo sovrumano. Nello stesso momento qualcosa cadde sul pavimento, un oggetto grande quanto il palmo; era l’ennesima chiave scarlatta. A Ib balenò subito un’idea folgorante come un lampo tra le nubi minacciose. Per essere in possesso di un oggetto simile doveva trattarsi di qualcuno che si trovava nella sua stessa situazione e per cui erano state imposte le stesse inquietanti regole ed indizi. Doveva essere di sicuro qualcuno che era alla mostra insieme a lei ed era finito intrappolato in quel pazzo labirinto, almeno lo sperava. Altrimenti… poteva essere tutta una messa in scena.
Ib non sapeva che fare: se prestargli soccorso o diffidare. Era paralizzata da una dilaniante dicotomia: da una parte la confortante sicurezza di un’altra persona al suo fianco voleva dire avere una spalla a cui affidarsi nell’affrontare i pericoli futuri; dall’altra, come un arma a doppio taglio, c’era la possibilità che si trattasse di un trucco architettato per ingannarla. Valutò attentamente le alternative, perché dopo i manichini che camminavano, le persone che uscivano dai quadri e tutte le orribili stramberie che aveva visto fino ad allora, non avrebbe retto all’ennesimo brutto scherzo. A conti fatti però, la bilancia pendeva nettamente verso la lista dei contro, che non per quella delle mozioni a favore. Da un lato c’erano tutte argomentazioni molto valide e difficili da tralasciare come ad esempio il motivo per cui si trovasse lì il ragazzo, cosa fosse successo, oltre al fatto che erano sconosciute le sue fattezze, nascoste dal velo nero ed impenetrabile della penombra. Soprattutto quest’ultima osservazione la faceva desistere dall’azzardo di inginocchiarsi e capire cosa avesse quell’uomo che non andava. Se per lo meno avesse visto il suo viso, con un eventuale riconoscimento tra i volti visti di sfuggita tre i corridoi della Galleria, tutto sarebbe stato più semplice e avrebbe messo a tacere tutte le sue paranoie. Chi poteva sapere se invece di una normale faccia, si fosse trovata di fronte ad un viso di porcellana simile a quello delle bambole impiccate?
A quel punto per lei sarebbe stata la fine, letteralmente. Malgrado ciò una piccola e tenace vocina nella sua testa, troppo dolorosa da ignorare, le insinuava il dubbio speranzoso che le sue idee fossero solo castelli in aria, costruiti dalla paura e dall’ansia della situazione irreale. Questa la invitava insistentemente ad aiutare lo sconosciuto, fidandosi del suo istinto nonostante iniziasse a dubitarne. Era stanca e provata, nonostante gli effetti benefici che l’acqua attinta per la rosa le aveva dato, non ne poteva più di quel posto. Le sarebbe piaciuto avere qualcuno su cui contare e fare affidamento, convincendola che tutto sarebbe andato per il verso giusto e sarebbero usciti di lì. Oltretutto l’indecisione non stava affatto migliorando il suo umore. Aveva voglia di mettersi le mani nei capelli ed urlare fino a non avere più voce, finché i polmoni non si fossero svuotati completamente liberandola da un peso, se solo quel gesto avesse significato la fine di ogni preoccupazione. Rimase intontita, mordendosi un labbro per la frustrazione del non saper prendere una decisione ed accettarne le conseguenze.
Fu lo sconosciuto allora, a smuoverla dalla sua indecisione e allontanarla dal baratro, erompendo in un sonoro attacco di tosse come se stesse soffocando, mentre il corpo si contraeva in spasmi dolorosi che irrigidivano gli arti ed incurvavano la schiena. Di certo tutto quel dolore non poteva essere una finzione e se non lo era, lei non se la sentiva di abbandonare qualcuno in difficoltà. In fin dei conti se si fosse trovata nella sua stessa situazione avrebbe voluto che qualcuno la trovasse e soccorresse. Inoltre aveva una brutta sensazione, un subdolo e strisciante senso di ansia che le era rimasto da quando aveva visto il suo nome in quel “ quaderno delle presenze ” anche a causa dei tanti nomi cancellati e ormai prossimi a diventare delle tracce indefinite nel mare di pagine ingiallite. Si impose per l’ennesima volta di usare tutto l’autocontrollo che le restava per gestire al meglio la situazione. Per prima cosa doveva trovare la causa del dolore. Perciò ispezionò superficialmente, e per quanto l’imbarazzo lo permettesse, il corpo riverso. Non trovò nessuna ferita aperta e sanguinante, nulla di nulla, perciò la causa doveva essere diversa e perciò non evidente sul suo corpo. Magari ripercorrendo il percorso da cui era venuto, o scappato, avrebbe trovato degli indizi utili alla causa. Le si prospettavano così due alternative, entrambe valide o forse no: il tornare indietro imboccando il passaggio che aveva intravisto sulla sua destra quando aveva lasciato la biblioteca, oppure continuare per quel corridoio. Un nuovo suono strozzato affrettò i tempi di scelta, propendendo per continuare nella stessa direzione. Oltrepassò l’arco di pietra difronte a sé e proseguì dritto finché non si trovò il passo sbarrato da un manichino nero senza testa e adornato da una cravatta azzurra a sottolineare la mancanza.
La statua faceva da guardia ad una porta alle sue spalle.
“ Possibile che sia passato di qui? ” si chiese Ib osservando la disposizione della figura antropomorfa.
Con un penoso risultato a smuovere la statua dal suo posto che di conseguenza non si mosse nemmeno di un soffio. Era troppo pensante per le scarse forze della ragazza, che si vide costretta a rinunciarvi. Da quel lato non poteva passare e era improbabile che l’altro fosse venuto da lì, perché in quel caso la statua non ci sarebbe stata. Perciò dovette tornare indietro, correndo a perdifiato nella direzione opposta per non sprecare altri secondi preziosi. Ripassando accanto al corpo disteso ebbe appena il tempo di percepire che le sue condizioni si fossero aggravate per aumentare il livello d’urgenza della sua ricerca.
La parte inesplorata si rivelò essere simmetrica alla precedente o quasi, fatta eccezione per un piano rialzato su cui erano posizionati lo stesso modello di tavolino e di vaso incontrarti in precedenza. Lo spazio terminava poi con un vicolo cieco, dopo una piccola sala munita di porta. Si aggrappò all’uscio e si sorprese nel trovarlo aperto. Contro ogni buon senso entrò lo stesso. Una tenda da campeggio con sacchi a pelo e attrezzi vari stipati al suo interno, le diede il benvenuto dall’angolo buio del suo spazio di esposizione. La quiete a cui era abituata era alterata da ringhi sommessi, che costrinsero Ib, colta alla sprovvista, a prendere parte alla scenografia del campeggio.
Si sporse cauta oltre il bordo della parete a cui si era appoggiata per poter vedere il resto della stanza. Nella zona attigua vi era una delle donne dei quadri con mezzo busto fuori dalla cornice e il vestito ceruleo semi inghiottito dalla tela. I lunghi capelli castani formavano una cascata spettinata che si raccoglieva in ciocche serpentine sul pavimento, tanto lunghe da rassomigliare ad uno strascico infangato. La creatura aveva il capo chino, intenta a sfoltire i rigogliosi petali di una rosa blu cobalto. La ragazza finalmente comprese la dinamica degli avvenimenti. La persona agonizzante aveva perso la sua rosa, probabilmente rubata dall’opera vivente, e poi fosse scappata facendo perdere le tracce di sé, mentre il mostro infieriva sul suo bottino. Doveva recuperarla prima che venisse tirato via l’ultimo petalo, altrimenti non  sapeva cosa ne sarebbe stato del suo proprietario. Probabilmente si sarebbero avverati gli scenari ipotizzati per sé ed alcuni visti accadere al fiore dopo che il suo fisico era stato ferite. Da ciò era riuscita a dedurre che la corolla rappresentava il suo corpo e che qualsiasi cosa fosse capitata al fiore o al possessore, si sarebbe ripercosso sull’altro. Intervenne senza perdere nemmeno un secondo a pensare. Si sporse oltre lo spigolo del muro per attirare l’attenzione della donna, che sentendo violato il suo momento di divertimento le rivolse uno sguardo iniettato di sangue e follia, schiudendo la sua dentatura da squalo per la nuova ed indesiderata comparsa..
Il profumo del fiore che l’opera vivente percepiva addosso alla ragazza era molto più invitante e robusto di quello che stava martoriando e quindi, colta dalla smania ossessiva di possedere quel raro esemplare da brutalizzare, si lanciò contro Ib artigliando la moquette rossa con una velocità inaudita. Il suo ringhio famelico raggelò ad Ib, che tuttavia per un riflesso incondizionato ebbe appena il tempo di ripararsi all’esterno e bloccare l’uscita prima che la signorina del dipinto vi si gettasse contro con tutto il suo peso artistico. Nonostante la sua trovata, non ebbe molto di cui rallegrarsi, poiché doveva recuperare lo stelo abbandonato all’interno della prigione improvvisata. Sebbene non se la sentisse di affrontarne la carcerata e attirarsi ulteriormente le sue antipatie, cercò di concentrarsi nella ricerca di una soluzione.
Mentre pensava colpi si spostarono dalla porta al vetro della finestra a nastro adiacente che poco dopo andò in frantumi, facendone riemergere l’essere che protendeva le unghie affilate contro la sua preda, come un gatto affamato davanti una boccia di pesci rossi. Non aspettò di sentire il tonfo del legno che picchiava contro il pavimento mentre cadeva, e si riparò nuovamente dietro la porta invertendo i ruoli da carceriera a detenuta.
Da quello che aveva letto nella biblioteca era sicura, o ci sperava fortemente, del fatto che la donna in blu non sapesse usare le maniglie. Di conseguenza, lasciò andare la maniglia pregando che l’informazione non fosse l’ennesima trabocchetto; poi si precipitò a recuperare la rosa. Era messa davvero male. I petali superstiti, tutti spiegazzati e rigati, erano a malapena attaccati al calice, uno addirittura le scivolò sul dorso della mano per poi infrangersi ai suoi piedi con una aggraziata danza di morte. Sembrava che dovessero cadere tutti da un momento all’altro con la minima folata di vento.
“ Devo sbrigarmi! ” si mise fretta Ib.
Non c’era margine d’errore; doveva tornare subito al vaso per curarla, altrimenti avrebbe perso l’unica possibilità di compagnia in quel viaggio allucinato. Ib salì sullo sgabello che la sua antagonista aveva usato come appoggio per sfondare la finestra e osservò la scena per pianificare una strategia per liberare il passaggio.
Il quadrato con attaccato all’essere strisciava in ogni direzioni mentre la proprietaria graffiava tutto ciò che incontrava, cercando una via di accesso, fortunatamente senza successo.
Forse poteva sfruttare il momento in cui percorreva il perimetro alla base della finestra e sgattaiolare via non appena avesse girato l’angolo che portava ad una rientranza nel muro. Era la sua unica chance, anche perché di armi a portata di mano non ne aveva ed il vetro era fuori questione. Se si fosse ferita avrebbe dovuto pensare prima alla sua di rosa e non alla cugina dai toni freddi, cosa che non poteva permettersi sapendo che in palio c’era la vita di una persona.
Non appena la dama sparì dalla visuale, Ib  piazzò lo sgabello a cavallo della cornice della finestra e si precipitò alla porta con la fretta di chi è inseguito da uno sciame di vespe assassine. Il trambusto attirò il mostro che tornò sui suoi passi come una furia e non appena raggiunse il corridoio, la ragazzina si era già nascosta dietro alla sporgenza della parete. La dama inizialmente sembrò confusa guardandosi intorno famelica. Sentiva la rosa della ragazza tutt’intorno come un aroma per ambienti, ma alla fine optò per irrompere nella saletta dalla porta socchiusa da cui proveniva con intensità maggiore il profumo. Non appena si dileguò oltre l’uscio Ib le sbatté la porta alle spalle e recuperò la seggiola dal davanzale, così che non potesse essere usato nuovamente come mezzo di fuga. Poi ancora con l’adrenalina in circolo rintracciò il vaso della Benedizione eterna.

 
Pochi minuti dopo era tronata difronte allo sconosciuto con la rosa color degli abissi stretta in pugno e la sua ben nascosta nella tasca, pregando che si svegliasse e che il suo atto di coraggiosa disperazione non fosse stato vano.
Il personaggio oggetto delle sue cure prese all’improvviso un respiro profondo come se stesse emergendo da un’apnea prolungata e spalancando gli occhi con uno scatto secco quasi meccanico. Non appena riuscì a focalizzare i dintorni di dove si trovasse e controllare se vi fossero minacce, facendo leva con le braccia, si ritrasse di scatto accorgendosi dalla figura che lo sovrastava.
<< Mostro! Non c’è più nulla che puoi prendere. Stammi lontana!>> fece sentire la sua collera una voce maschile con toni bassi e autoritari.
La ragazza rimase un attimo di stucco, riconoscendo i tratti che aveva sbirciato di nascosto nel silenzio della visita in quello che le sembrava accaduto secoli prima. Davanti a lei c’era proprio il giovane che aveva attirato la sua attenzione al primo piano della mostra. Non poteva credere che tra i tanti partecipanti all’evento, esattamente l’unico che l’avesse sinceramente incuriosita, la stesse osservando da dietro una frangia laterale ribelle e mossa che ricordava era lilla e striata di nero. Purtroppo non riuscì ancora a capire di che colore fossero gli occhi o come apparissero i tratti del viso visti da di fronte, ma sperava che sarebbero rimasti insieme il tempo necessario per soddisfare le sue curiosità. Tralasciando però le frivolezze, non sapeva se esultare dalla gioia per l’incontro miracoloso o voler scappare a gambe levate per l’eventualità che potesse essere riconosciuta e morirne per l’imbarazzo. Nel dubbio ammutolì di colpo tenendo il fiore stretto al petto.
<< A…aspetta, tu non sei Quella. Possibile… possibile che tu sia qualcuno della Galleria? >> chiese incredulo il ragazzo, soffermandosi sulla minuta e immobile figura con gli occhioni spalancati e le mani tremanti, inginocchiata ai suoi piedi. << Certo che lo sei!- gioì lui rassicurato - Oh, grazie al cielo! C’è qualcun altro qui a parte me. Credevo di essere impazzito!>> continuò stupito, abbandonando l’atteggiamento truce.
<< S-stai … bene? >> balbettò Ib, cercando qualsiasi cosa di sensato da chiedere per distogliere l’attenzione dal discorso pazzia poiché non si sentiva ancora fuori pericolo.
<< Sì, ora sì. Grazie. >> le sorrise prendendo la rosa che la ragazza gli porgeva timidamente.
<< Sai come siamo finiti qui? >> chiese di getto sentendosi più sereno e tranquillizzato da un’altra presenza umana.
La ragazza negò con un gesto della testa, visibilmente a disagio e poi gli diede una breve resoconto di quello che le era capitato da quando si erano spente le luci al museo fino a quel momento. Sentiva il bisogno di raccontalo a qualcuno, anche solo per il fatto di sfogarsi, dimenticandosi per un po’ di dove fosse in realtà.
<< Capisco… neanche tu hai idea di come le cose siano arrivate a questo punto. Alla fine sembra che siamo finiti in situazioni molto simili, devo dire; anche per queste rose. Mi compaiono delle ferite addosso quando perde i petali e credevo di essere spacciato. Grazie per avermela riportata >> le raccontò, concedendole un sorriso riconoscente. << Ora, innanzitutto faremmo meglio a trovare un’uscita. Credo che potrei diventare matto se resto qui un minuto di più. Ah! Non ti ho ancora chiesto come ti chiami, scusami sono un maleducato. Beh, io mi chiamo Garry e tu ?>> le chiese affabilmente puntando in quelli di lei l’unico occhio che spuntava dalla chioma ribelle.
Quindi era davvero suo il nome che la ragazza aveva letto nell’albo e che rischiava di dissolversi. - Ib- rispose monocorde, cercando di trattenere lo sconcerto per le nuove implicazioni degli indizi trovati. Era stata sul punto di vedere la fine destinata ai giocatori di quella partita e il peggio era che non erano ancora fuori pericolo.
<< Perfetto Ib, allora pronta ad andare?!>> sentenziò porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
<< Vuoi proseguire con me?>> chiese stupita dall’improvvisa intraprendenza del giovane, ma accettando comunque la stretta dello sconosciuto. Il tocco bastò a rassicurarla, come quando da piccola stringeva l’orsacchiotto di peluche implorandogli di proteggerla dai mostri nell’armadio.
<< Certo che sì, non posso mica lasciare una bambina a gironzolare in un posto così pericoloso.>>
<< Non sono una bambina. Ho quindici anni nonostante l’altezza.>> disse con stizza punta nel vivo.
<< Perdonami, non volevo offenderti.>> si affrettò a rimediare Garry riconciliante, per poi incamminarsi imbarazzato e senza chiederle altro, se non che lo seguisse.
<< Woooooo!>> urlò di terrore finendo con il sedere per terra, quando un quadro gli sputò davanti  dell’acido corrosivo, suscitando il riso soffocato della ragazza. << Mi sono solo un po’spaventato! D-davvero, ecco tutto! Cooooomunque andiamo avanti e fai attenzione, soprattutto alle cose come quella.>> dissimulò il ragazzo, alimentando il divertimento di Ib che cercava di non scoppiargli a ridere in faccia. Aveva visto cose anche di peggiori, che all’altro sembravano non essere capitate, ad eccezione della dama. Comunque dopo aver assistito al suo scivolone, poteva ritenersi ripagata per l’errore sull’età che aveva superato da un pezzo. Senza aggiungere altro, si limitò a trattenere le risa e seguirlo lungo il corridoio.
Alla fine insieme riuscirono a spostare la statua ed aprire il passaggio alle sue spalle con l’ultima chiave che Garry aveva ricevuto e Ib gli aveva restituito.
<< Tu invece come sei arrivato qui? >> gli chiese Ib incuriosita, mentre passavano da una stanza all’altra.  Il bisogno di conoscenza fu più forte del senso d'imbarazzo.
<< A dire il vero non ricordo molto. Come te ero nella galleria e stavo guardando un quadro piuttosto interessante quando le luci si sono spente. Poi mi sono risvegliato che ero già in questo museo, se così possiamo dire. La rosa blu era in un vaso su un tavolino con un mazzo di chiavi accanto e un bigliettino mi raccomandava di prendermi cura del fiore. Ho lasciato la saletta senza la minima idea di dove andare. Ero così confuso, in più avevo l’impressione di aver dimenticato qualcosa di fondamentale, ma non sapevo cosa e tutt’ora mi sfugge. Comunque l’ultima zona che ho visitato è stata quel corridoio, dove ho incontrato la donna in blu. All’inizio pensavo volesse indicarmi la strada e invece… ti risparmio i dettagli, ma puoi immaginarlo. A proposito! Come hai fatto a recuperarla?>> la interrogò preoccupato, ricordandosi solo allora del dettaglio importante che non le aveva chiesto.
<< L’ho trovata in una saletta.>> rimase sul vago per non doverglielo raccontare. Non voleva agitarlo più di quanto non fosse necessario, inoltre se gli avesse rivelato quel particolare, avrebbe dovuto parlargli anche dell’esistenza del libro dei nomi. Perciò voleva che quell’informazione destabilizzasse anche lui, era meglio che almeno uno dei due restasse speranzoso per entrambi. << Era messa male perciò ho trovato un vaso e l’ho curata.>> disse facendo sembrare le sue azioni come la cosa più naturale del mondo ed intanto osservava le iridi azzurre del ragazzo
.
<< Non so ancora come ringraziarti.>>  le disse sincero sostenendo il suo sguardo. Garry sapeva che c'era qualcosa che non andava, ma preferì non insistere, ritenendo più rispettoso non indagare oltre.
Era comprensibile, anche lui non sarebbe andato a raccontare tutto alla prima persona che incontrava, malgrado si trovassero a dover affrontare le stesse situazioni. Se si fosse mostrato troppo incalzante, avrebbe ottenuto l'effetto opposto a quello desiderato e la ragazzina non si sarebbe fidata di lui.
La loro conversazione però si interruppe difronte alle nuove opere che agghindavano la stanza.
<< E queste cosa sono?!>> si allarmò Garry, tendendo ogni muscolo del corpo in posizione di difesa. Era convinto che da un momento all'altro potessero balzare via dalla parete e iniziare l'inseguimento, perciò Ib decise di intervenire prima che Garry impazzisse per il dubbio.
<< Sono il prossimo indovinello. Da quando sono qui ogni stanza è un rebus da risolvere per passare alla successiva. Non credo che ci faranno nulla questi. Tranne le donne con gli abiti non ci sono altri quadri capaci di inseguirci.>>
<< Devi averne passate tante, eh?>> la scrutò pensieroso il ragazzo, rilassandosi un pò e concentrandosi invece sulla ragazza. Capì che allora le sue supposizioni fossero vere.
La ragazza nel tentativo di rassicurarlo si era lasciata sfuggire proprio ciò che non voleva rivelargli e per il disagio distolse lo sguardo puntandolo sulla statua più vicina, una delle due mani scheletriche protese verso l’alto.

<< Quindi è così che funziona.>> mormorò lui fidandosi delle parole dalla compagna,<< D’accordo, vorrà dire che adesso li risolveremo insieme e non dovrai più preoccuparti di affrontarli da sola. In due è meglio, no?>> le chiese tendendole il palmo aperto per sancire nuovamente l’accordo e, stavolta, nel modo giusto. L'unione faceva la forza, il ragazzo ne era sempre stato convinto e allora più che mai.
Ib rimase di stucco per la sorpresa e la contentezza. L'altro non poteva immaginare quanto la sua proposta la confortasse e alleggerisse il peso che si era portata dietro fino a quel momento.
Non rimase imbambolata a valutare i pro e i contro quella volta; afferrò la mano del ragazzo con gli occhi che le pizzicavano per le lacrime ringraziando silenziosamente quell'incontro fortunato.

   
 
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