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Autore: BeatrixLovett    23/10/2016    1 recensioni
Scabior la gettò a terra e Beatrix atterrò sulle ginocchia.
La ragazza alzò lentamente la testa per vedere colui che aveva davanti. I suoi occhi non avevano mai visto veramente il mondo, non si erano mai soffermati sullo splendore della natura o sulla bellezza di una persona. Quel naso non aveva mai gradito il profumo della dolcezza. Quelle labbra non si erano mai mosse in un sorriso amabile, in una risata di gioia o in un bacio. Il male era davanti a lei, fatto uomo.
Genere: Dark, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Famiglia Lestrange, Famiglia Malfoy, Mangiamorte | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Lucius/Narcissa
Note: Cross-over, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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Capitolo 10

Rivelazione


 
Scivolarono fuori da un camino e si ritrovarono stesi a terra.
Lo sconosciuto, ancora incappucciato, fu l'unico a rimanere in piedi, cominciò a fare incantesimi al camino e accese il fuoco, per evitare di essere seguito.
I ragazzi si guardarono intorno. Si trovavano in una casa, precisamente nel salotto. Era una stanza ampia, in pieno stile inglese, arredata con mobili dai toni scuri.
«State tutti bene?» domandò l’uomo, togliendosi il cappuccio e scrollando i biondi capelli ricci che gli arrivano alle spalle.
I ragazzi si erano tutti alzati, solo Grace era rimasta a terra, tremava e teneva la testa giù.
«Grace?» la chiamò Erik che era stato il primo ad accorgersene, ma la nominata non rispose, farfugliava tra sé e sé: «Era... davanti... a... me...» strinse i pugni, «…...ha detto che voleva il mio potere... ha detto che...lei non le serviva...Elaine...non... » Grace alzò la testa, aveva il viso rigato dalle lacrime, «L'ha uccisa... e non ho fatto niente...»
«Non è colpa tua... come potevi...» le sussurrò Jenny.
«Noooooo!»
L'urlo di Grace fu straziante, scoppiò in singhiozzi.
Beatrix la strinse, sapeva che nulla l'avrebbe calmata. «Stupeficium» sussurrò puntandole la bacchetta alla schiena. Grace svenne.
«Perché lo hai fatto?» chiese Cloe.
«Era l'unico modo» rispose lo sconosciuto, rispondendo per lei. S'avvicinò e posò una mano sulla fronte di Grace. «Ha la febbre alta...» dichiarò, allungando le braccia per tirarla su.
Beatrix continuava a tenerla, non aveva intenzione di lasciarla.
«Ricordo che mi avete detto che non avete un posto dove andare... » spiegò l'uomo, «Sta male. Ha bisogno di cure e di riposo. Non mi sembra saggio uscire fuori dopo tutto quello che è successo. E inoltre ora siete ricercati...» guardò i ragazzi, sopratutto Beatrix continuando «Non ospito sconosciuti in casa mia tutti i giorni, ma in questo caso non vedo alternativa...potete restare fino a che lei non si riprenderà, ma ovviamente la decisione spetta a voi...»
I ragazzi si guardarono.
«Comprendiamo il disagio che ti provochiamo...ti ringraziamo per la tua proposta...» cominciò a dire Jenny, dopo un lungo silenzio.
Beatrix guardò Grace che tremava ancora nonostante fosse svenuta. «Accettiamo» disse, interrompendo bruscamente l'amica.
Beatrix lo seguì, non del tutto tranquilla. Le sembrava strano che uno sconosciuto aveva rischiato la vita per salvarli e che ora li ospitasse in casa sua, senza chiedere nulla in cambio.
Uno scalino dopo l'altro arrivarono al piano superiore dove c'era un lungo corridoio e alcune porte chiuse. L'uomo le chiese di aprire l'ultima a destra, lei lo fece.
L'uomo adagiò Grace sopra un letto a due piazze. La camera era semplice, non molto arredata e probabilmente nessuno ci aveva mai dormito prima.
Beatrix si sedette sul letto, accanto all'amica. Rimproverava a sé stessa di aver anche solo pensato di scambiare Grace con la loro vita, al Ministero. Si sentiva strana, come se piano piano si stesse trasformando in un essere senza sentimenti come Voldemort e i Mangiamorte.
Lo sconosciuto le porse uno straccio umido. Lei lo prese, premendolo sulla fronte di Grace, pulendole il viso incrostato da sangue e lacrime.
«Questo le farà abbassare la febbre» sentì dire. L'uomo le stava porgendo un bicchiere riempito a metà di un liquido effervescente.
Grace riprese i sensi e Beatrix glielo fece bere.
L'amica si addormentò subito dopo, sussurrando parole sconnesse.
«Adesso ha solo bisogno di riposare.» concluse l'uomo, facendo capire alla ragazza che era ora di lasciarla.
Beatrix tolse le scarpe a Grace e la mise sotto le coperte, controllò un'ultima volta la stanza prima di chiudere la porta e seguire l'uomo giù per le scale, in silenzio.
Ritornarono in salotto. I ragazzi erano ancora in piedi che parlavano tra loro, ma si zittirono non appena li videro arrivare.
«Potevate sedervi, vi assicuro che i divani non mordono.»
I ragazzi sorrisero e presero posto.
«Come sta?» chiese Cloe preoccupata, mentre Beatrix si sedeva accanto a lei.
«Il peggio è passato. Ora dorme.» rispose brevemente, tenendo gli occhi bassi.
«Mi rendo conto che vi starete chiedendo se fidarvi o meno di me. Non spetta a me dirlo, ma vi garantisco che non ho intenzione di farvi del male, altrimenti mi sarebbe bastato lasciarvi nelle mani di Yaxley...» disse sedendosi su una sedia al contrario, appoggiando le braccia sullo schienale.
«A proposito... perché lo hai fatto?» chiese Erik investigativo, ma Helena intervenne: «Non fraintendere, ti siamo grati per averci salvato, ma ci è sembrato strano... hai rischiato molto...»
«Avete tutte le buone ragioni per volerlo sapere. La verità è che mi trovavo lì perché volevo uccidere il Ministro Yaxley» lo disse talmente a bruciapelo da far rimanere i ragazzi di sasso, «Una cosa che mi ha sorpreso è che di solito a quell'ora Yaxley si doveva trovare nel suo ufficio, mai prima di oggi aveva mai svolto un'esecuzione in prima persona. Cos'aveva di tanto speciale la vostra amica?»
«Niente... cioè...voglio dire... è una mezzosangue!» rispose Helena, ma Cloe chiarì: «E ha pronunciato il nome.» «Ah... capisco...» lo sconosciuto rimase in silenzio e in contemplazione per qualche secondo, poi si riscosse e continuò: «...comunque vi ho visti entrare con i Ghermidori e vi ho seguiti. Quando quei due scagnozzi vi hanno lasciato nell'aula e sono usciti li ho uccisi e ho preso le bacchette. Sono riuscito ad entrare nell'aula senza essere visto, prima dell'inizio dell'udienza...»
«Una cosa non capisco... se davvero volevi uccidere Yaxley come mai non lo hai fatto? Era davanti a te!» chiese Cloe, senza staccare lo sguardo dall'uomo davanti a lei.
«Semplicemente perché così sarebbe stato troppo semplice...» l'uomo sorrise, «Non ci sarebbe stato gusto e poi ho rivalutato il mio piano... cosa succederebbe se lui morisse? Assolutamente niente... Lui lo rimpiazzerebbe con un altro dei suoi scagnozzi... oh, grazie Sally...»
Nella stanza era entrata una piccola elfa domestica con due lunghe orecchie appuntite all'insù, aveva un aspetto pulito e ordinato e, al contrario di tutti gli altri elfi domestici, indossava un vestitino verde. Era un'elfa libera e ciò voleva dire che non prendeva ordini da quell'uomo, ma lo serviva per propria volontà, questo diede una prova ai ragazzi di potersi fidare di lui.
Sally appoggiò un grande vassoio sul tavolino al centro, c'erano dei panini imbottiti e sei bicchieri riempiti di succo.
«Ciao!» la salutarono i ragazzi, in coro.
Lei ricambiò con un sorriso e chinando la piccola testolina verso l'uomo chiese: «Posso fare qualcos'altro?»
«Basta così, Sally. Vai pure a riposarti. Grazie. »
L' elfa fece un profondo inchino ed uscì dalla sala.
L'uomo allungò una mano, prendendo un bicchiere e bevve. Così anche i ragazzi si servirono e iniziarono a mangiare.
«E voi invece? Come siete finiti al Ministero? Non eravate a Hogwarts?» chiese lui.
«Sì...eravamo a Hogsmeade e, come ho già detto, Grace ha pronunciato il nome di... Tu-sai-chi...» spiegò meglio Cloe.
«Grace? Si chiama così quella ragazza?» chiese l'uomo sorpreso.
«Ah sì, scusa... non ci siamo neanche presentati... io sono Jenny...»
I ragazzi si presentarono uno alla volta e quando toccò a Beatrix, l'uomo la fissò più a lungo rispetto agli altri.
«Tu invece?» chiese Helena.
«Sono James. Preferisco non dire il mio cognome, visto che non ho più alcun legame con la mia famiglia. Mi hanno ripudiato perché ho scelto di diventare un Auror, anziché unirmi a loro... »
Beatrix alzò lo sguardo su di lui, studiandolo a lungo, incuriosita da quanto aveva detto. Forse poteva trovare in lui un aiuto per fare la sua scelta?
L'uomo si accorse del suo sguardo e lo ricambiò, poi riprese: «Toglietemi una curiosità...ma se è stata la vostra amica a dire il nome, perché vi hanno presi tutti?»
«Ci siamo opposti...» rispose Erik.
«Ho tentato di uccidere Greyback... anche Beatrix... a dire il vero, lei c'è andata più vicina...» aggiunse Helena, «Stava per ucciderla... ma poi si è distratto...»
Beatrix era stufa di essere soggetta a quel continuo sguardo e ai discorsi.
«Oltre alle nostre bacchette, i due tizi che hai ucciso al Ministero avevano un pugnale dalla lama d'argento?» chiese Beatrix, cercando di cambiare discorso e ricordandosi del pugnale che le aveva preso Greyback.
«No» rispose James.
«E l'altro che è scappato?»
«Chi?»
«Hai detto che ne hai uccisi due. Erano in tre che ci hanno portati al Ministero.»
«Allora probabilmente se n'era già andato... io ne ho visti solo due... e due ne ho uccisi.»
Silenzio. L'orologio suonò le tre di notte.
«Direi che è abbastanza per oggi... ora dovreste riposarvi...» consigliò James, guardando l'orologio, «Sopra ci sono tre camere, Sally deve aver già aggiunto dei letti... » L'uomo s'alzò e i ragazzi fecero lo stesso, allora aggiunse: «Vi chiedo soltanto di non usare la magia per alcun motivo. Ho protetto questa casa con incantesimi di difesa, ma potremmo comunque essere rintracciati dal Ministero. Non vi chiedo di darmi le vostre bacchette, ma posso fidarmi di voi?»
I ragazzi annuirono.
«Ci puoi contare!» assicurò Cloe.
Beatrix seguì i suoi amici, non vedeva l'ora di tornare in camera da Grace per vedere come stava. O forse era una scusa, forse voleva solo evitare di rimanere sola con lui. Notò invece che Cloe era rimasta indietro e stava parlando con James. Probabilmente ringraziamenti per l'ospitalità e bla bla bla. I soliti discorsi che faceva Cloe e probabilmente anche qualche avance, conoscendola.
Notò anche che lui alzò ancora lo sguardo verso di lei e Beatrix, infastidita, fingendo di non essersene accorta guardò davanti a sé e salì gli scalini il più rapidamente possibile.
S'avvicinò all'amica che era sdraiata supina e respirava normalmente. Le tastò la fronte, era ancora calda, ma non bollente come qualche ora prima. Tranquillizzata Beatrix si tolse le scarpe e si sedette a gambe incrociate, nella parte libera del letto, accanto a lei. Sciacquò lo straccio di prima e le passò il panno sul viso, mentre lo faceva sentiva le palpebre farsi sempre più pesanti, ma non voleva, non doveva dormire. C'era qualcosa che non le quadrava. Non si fidava di quell'uomo. Le sembrava che nascondesse qualcosa che non avesse detto tutta la verità. Era molto strano e misterioso.
Solo in quel momento si rese conto di quanto le faceva male lo stomaco, la spalla le andava a fuoco e forse aveva una costola incrinata. Beatrix si sdraiò perché il dolore era davvero forte. Stendendosi si rese conto di essere stanca morta.
“Chiudo gli occhi solo per qualche secondo. Non dormirò.” pensò, mentre posava la testa sul cuscino.
Un sussurro nel suo orecchio. Si svegliò.
Si mise seduta sul letto, cercando di guardarsi intorno, ma attorno a lei non c'era altro che oscurità e non voleva accendere la luce, per non disturbare l'amica.
Tese le orecchie in ascolto di un nuovo suono, ma non arrivò. Forse lo aveva solo immaginato.
Eppure non si mosse, aveva la sensazione che qualcuno la stesse osservando.
All'improvviso sentì di nuovo la voce che la chiamava, lontana.
Questa volta si alzò. Scalza, superò le varie porte e giunse nel corridoio. «Mamma!» chiamò, ma la sua voce rimbombò nel vuoto, tra le fredde e lisce pareti, nel lungo ed oscuro androne. L’eco si fece sempre più forte, assordante da spaccare i timpani. Si portò le mani alle orecchie. Pensò che fosse impossibile che non ci fosse nessuno nel corridoio, con un tale baccano tutti si sarebbero svegliati, uscendo. Allora una terribile verità le affollò la mente cioè che tutto stava accadendo solo nella sua testa. Sconvolta dalla paura, si voltò per tornare nella sua stanza il più in fretta che poteva, ma non vedeva nulla senza occhiali, non distingueva le forme e non riusciva a capire in che posto si trovasse e come ci fosse finita. Spostò le braccia davanti a sé, arrancando, cercando il muro per appoggiarsi. La terribile certezza di essere spiata non era mai passata. Tastandosi, cercò la bacchetta, senza trovarla, mentre dei passi si facevano più vicini.
Cominciò a correre senza sapere dove andava, persa nella follia della sua paura. Sentiva il cuore batterle in gola.
Due occhi rossi spuntarono nel buio, davanti a lei, come due fari nella tempesta.
«No…no… » urlò, voltandosi, ma qualcun altro le aveva già sbarrato la strada.
Non riusciva a respirare, si sentiva strozzare da mani invisibili, urlò con tutte le sue forze, ma dalla sua bocca non usciva che un sussurro.
«Non ti fermi per uno spuntino? »
Un sorriso malvagio. Due denti appuntiti spuntavano dalle gengive, brillavano nel buio. Poi i denti si sporcarono di un liquido rosso e denso. Sangue. Il suo sangue.
La prima cosa che fece fu guardare accanto a lei. Grace dormiva ancora. Tuttavia questo non riuscì a tranquillizzarla.
Era vero. Era sicura che il suo sogno era realmente accaduto. Lo sospettava dal primo giorno: i Carrow erano vampiri.
Gli studenti erano in grave pericolo, ogni notte i due fratelli uccidevano qualcuno.
Era orribile da sapere e tanto più non poter fare niente.
Si bagnò il viso e rimase per un po' a guardare lo specchio davanti a lei, vedeva il suo riflesso avvolto nel buio e si chiedeva se non fosse così anche all'interno. Il suo cuore, la sua anima. Si sentiva sempre più oscura.
Aveva paura, una tremenda paura che la divorava.
Si rese conto che il giorno prima aveva sfiorato la morte per ben due volte e in quel momento divenne qualcosa che sarebbe arrivata presto, era dietro ad ogni angolo. Ora erano ricercati.
Quale dolore aveva provocato a sua madre? Perché aveva agito in quel modo tanto sciocco?
Il cuore le batteva all'impazzata, non riusciva più a stare li ferma. S' infilò le scarpe e facendo attenzione a non svegliare Grace uscì dalla stanza.
Si ritrovò nel corridoio. Andò verso le scale, per scendere. Non sapeva dove sarebbe andata o cosa avrebbe fatto, desiderava solo uscire da lì.
Avanzando s'accorse che una delle porte era socchiusa. Incuriosita, spiò dalla fessura. C'era una scrivania con diverse carte ordinate sopra, uno scaffale dall'altro lato, la stanza sembrava essere vuota. Vinta dalla curiosità e dalla necessità di sapere qualcosa di più su quell'uomo, entrò.
Era uno studio. Beatrix s' avvicinò alla scrivania per esaminare i documenti. Accese una piccola lampada sul tavolo. C'erano diverse cartelle e fascicoli. La ragazza li consultò uno alla volta, leggendo la didascalia sull'etichetta. “Brown”, “Wood”,”Turner”, “King” erano cognomi e aprendo la cartellina c'erano foto, descrizioni e informazioni su ogni persona. Su alcune foto era stata disegnata una “X” rossa.
“Malfoy”, “Lestrange”. Beatrix stava per prendere la cartellina di Bellatrix, quando si bloccò. “Todd” lesse.
L'aprì tremante e vide le foto dei suoi genitori seguite da descrizione e informazioni che nessuno poteva sapere, se non chi aveva vissuto con loro. Girò parecchie pagine prima di trovare anche la sua foto e molte moltissime informazioni che solo chi l'avesse pedinata poteva conoscere. Posti che frequentava, hobby, modo di vestire, comportamento, amici... c'era l'elenco di soli cinque nomi ed erano coloro che dormivano tranquillamente nelle camere accanto.
Questo voleva dire che i suoi dubbi riguardo quell'uomo erano fondati. Già li conosceva, sapeva tutto di loro, ogni più piccolo e banale dettaglio. Aveva mentito.
Beatrix chiuse la cartella di scatto, si voltò per correre ad avvertire gli altri, a svegliarli per andarsene, ma vide che la porta era stata chiusa. Era sicura che quando era entrata l'aveva lasciata socchiusa.
Beatrix si girò sguainando la bacchetta, ma questa le volò via dalle mani ancora prima di accorgersene.
«Vi ho salvati da morte certa... vi ho dato una casa... l'unica cosa che vi ho chiesto in cambio è di fidarvi di me... e tu?»
«Io non mi fido di te!» sussurrò Beatrix, in tono cattivo.
«Me ne sono accorto...» disse lui, avvicinandosi.
«Smettila di fingere! Non ci hai salvati, tu ci stavi cercando e questi lo dimostrano!» urlò la ragazza indicando i documenti sopra la scrivania.
Lui continuava ad avvicinarsi a lei, aveva una strana espressione dipinta sul volto. Spaventosamente seria.
«Cosa sono questi? Chi sei tu?» continuò lei con voce ferma, senza arretrare.
«Lo sai» rispose l'uomo, fermandosi a pochi centimetri da lei.
«Non so chi tu sia, né cosa tu voglia da me. So solo che qualcosa mi ha spinto a non crederti sin dall'inizio... qualcosa mi fa odiarti...»
Lui cercò di prenderla, ma lei riuscì a scappare dalla sua presa. Gli tirò un pugno in faccia e si voltò cercando di scappare.
«Svegliatevi! Ragazzi svegliatevi, scapp...» urlò con tutte le sue forze, ma all'improvviso si sentì afferrare da dietro e una mano le tappò la bocca.
Lei cercò di divincolarsi e di mordere la mano, ma non ci riuscì.
«Basta, ora devi ascoltarmi, Beatrix... devi farmi parlare... ti lascio, ma non urlare...»
La ragazza non appena si sentì libera, si voltò.
«Ti assicuro che tu e i tuoi amici non avete niente da temere da me... quello che ho detto è la verità... » aggiunse lui, mentre un livido gli stava comparendo sulla nuca.
«Allora perché quelli, perché tutte quelle informazioni su di me e la mia famiglia?» controbattè Beatrix, senza farsi impietosire dalle condizioni del ragazzo.
«Perché...» James fece una lunga pausa di silenzio, sembrava che dovesse trovare le giuste parole, sembrava che si stesse per liberare da un peso che portava da anni in silenzio, «Mi mancate, sopratutto tu e la mamma...»
Beatrix lo guardò divertita, «Cosa?» scoppiò a ridere.
Lui la prese per il polso, «Ti pare un gioco Beatrix? Ti sembra che stia scherzando? Smettila con questa scena, non capisco perché continui a fingere, a ignorarmi!» disse infuriato, fissandola con i suoi occhi color nocciola.
La ragazza spaventata s'allontanò da lui, facendo un passo indietro.
«Ti sei dimenticata di me?» chiese James, nel suo sguardo c'era la disperazione più profonda, «Cosa ti hanno fatto?» allungò una mano verso di lei, mentre le lacrime gli rigavano il viso. Beatrix non sapeva cosa fare, era incredula e spaventata da come la situazione fosse cambiata così drasticamente.
«Non puoi esserti arresa così...» disse James, avvicinandosi di più a lei, «...devi provarci, ritrova i tuoi ricordi Beatrix, non puoi aver dimenticato... » le prese il viso tra le mani.
«Mi dispiace, non... »
La testa le scoppiava. La disperazione di quell'uomo la faceva stare male. Si sorprese a piangere a sua volta. Poi un flash di luce bianca e spalancò gli occhi.
Sopra un prato fiorito era steso un telo su cui sedevano un ragazzo e una bambina.
«...e ti viene messo il Cappello Parlante sulla testa, non devi fare nulla, lui è molto saggio, sarà lui a scegliere la casa a cui appartieni…» spiegò lui.
La bambina lo guardava sognante, «Perché non possiamo andarci insieme?» chiese.
«Perché sono più grande di te, sono al quarto anno. E quando tu andrai al primo anno, io avrò già finito da un anno. Aspetta, tra cinque anni arriverà il tuo turno!» disse sorridente.
La bambina si rabbuiò, «Mi scriverai? Tornerai presto?»
Il ragazzo continuava a sorridere, colse una margherita da terra e la diede alla piccola, «Conserva questo fiore. Quando partirò inizierà a perdere i petali, ma quando il giorno del mio arrivo sarà più vicino ricresceranno »
La bambina rise e si lanciò sul ragazzo abbracciandolo, caddero a terra e si misero a ridere entrambi.
La scena si dissolse come fumo e cambiò.
Un ragazzo di qualche anno più grande era al cospetto dei genitori, poco distante un viso di una ragazzina spiava la scena da una porta socchiusa.
«Non accadrà mai che mio figlio diventi un auror... toglitelo dalla testa…» gridò un uomo livido dalla collera. Era suo padre, Sweeney. Era un po' più giovane, il viso era comunque marcato dalla durezza dei lineamenti e aveva lo stesso taglio di capelli, ricci, corti e neri con una ciocca bianca che si distingueva dal resto. «E se cercherai di opporti sei libero di andartene da questa casa!» concluse guardandolo colmo di disprezzo con i suoi occhi azzurri.
La madre che fino a quel momento era rimasta in silenzio, si avvicinò al marito e mettendogli una mano sulla spalla per calmarlo, disse: «Perché non possiamo…»
L'uomo la guardò storto maligno e senza farla finire di parlare, sbraitò: «Fa silenzio! La nostra famiglia ha l'onore di discendere da Salazar Serpeverde, il Signore Oscuro è fiero di noi, delle nostre origini e del mio lavoro. Non permetterò che uno sciocco ragazzo con le sue idee strampalate rovini tutto!»
Nellie staccò la mano dal braccio dell'uomo e fuori di sé urlò: «Per te conta solo VOLDEMORT...ma non pensi a nostro figlio?!»
Il marito la guardò in modo spregevole e le tirò uno schiaffo.
Il ragazzo scattò in difesa della madre, ma si arrestò nel sentire le ultime parole di Sweeney.
«Quale figlio, noi non abbiamo nessun figlio!»
La donna si portò le mani alla bocca orripilata, gli occhi sgranati e le lacrime che le bagnavano le guance.
Nebbia.
«Ti prego, non te ne andare! » urlò la ragazzina in lacrime, mentre inseguiva il fratello che sembrava non avesse voglia di dare addii, ma ad un tratto si fermò, si chinò e avvolse la sorella in uno stretto abbraccio.
«Non me ne andrò, se tu lo vorrai, io resterò qui…» indicandole il cuore,
La bambina lo guardò sorridendo con il volto bagnato, non capendo bene quello che volesse dire, « … per sempre?» Lui annuì e ripeté: «Per sempre!»
Beatrix tornò alla realtà, al posto del ragazzo trovò un uomo, il fratello che aveva e che gli era stato portato via, nascosto, cancellato. La sua mente venne affollata da tanti ricordi di quel breve tempo che aveva passato insieme a lui. Si ricordò anche di quando suo padre le aveva cancellato la memoria, cancellando per sempre l'identità di un figlio che non avrebbero mai dovuto avere.
La ragazza abbassò lo sguardo tirando fuori, da sotto la maglia, il ciondolo che portava al collo e che aveva sempre nascosto.
«Non capivo per quale motivo mi piacesse. Era una semplice pallina di vetro con dentro un fiore senza petali. L'ho sempre portato con me...» la ragazza sollevò la testa, mostrando al fratello il ciondolo. La piccola margherita all'interno ora era ricomposta.
Tutti e due sorridevano e piangevano come bambini. Non c'era bisogno di parole. Bastava non lasciarsi più.
 
 
   
 
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