Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Rohhh    01/11/2016    2 recensioni
A chi non è mai capitato di sentirsi troppo diverso da qualcuno e non provare ad andare oltre quelle apparenze? Ashley ha 21 anni, è una studentessa universitaria seria e posata, ha due sorellastre e una madre che sente troppo diversa da lei. In vacanza dal padre conosce Matt, il figlio della sua nuova compagna, ribelle e criptico, lui con la propria madre ci parla appena. Quell'incontro cambierà il modo di vedere le cose di entrambi e farà capire loro che non è mai troppo tardi per recuperare un rapporto o per stringerne di nuovi con chi non ci aspettavamo.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 35

 

Matt non aveva deciso di chiamare Ashley in un momento di debolezza e nemmeno per assecondare il bisogno di risentire la sua voce, fosse stato anche solo per qualche minuto.

No, non era stato quello che l'aveva spinto verso un gesto che chiunque avrebbe considerato pericoloso e da autolesionisti, ma giurò che, nel momento esatto in cui le aveva sentito pronunciare quelle quattro o cinque parole che in totale gli aveva rivolto, aveva desiderato solamente che avesse continuato a parlare, che il suono della sua voce avesse potuto risuonare ancora per molto, e poco importava che gli arrivasse tramite un asettico telefono e che risultasse leggermente distorta rispetto a come era abituato a sentirla di presenza.

Aveva riconosciuto subito ogni minima sfumatura, dall'incertezza mista a paura e ad un pizzico di curiosità del suo 'pronto' iniziale, al lieve tremore quando aveva risposto alla domanda sul suo arrivo a casa.

Matt l' aveva intuita la sua strategia di utilizzare brevi e concise parole proprio per evitare di dilungarsi troppo e fare così trapelare le sue emozioni, Ashley lo faceva sempre quando si ostinava a voler nascondersi, quando il lato riservato del suo carattere si imponeva sul resto, attuando una specie di autodifesa, ed erano quelli i casi in cui lui finiva per stringersela in un abbraccio, anche senza una ragione precisa, solo perchè sentiva di doverlo fare.

E lei lo aveva compreso presto che da lui non aveva bisogno di difendersi, poteva mostrarsi così com'era, anche se a volte si sentiva fragile e vulnerabile, e quando si perdeva tra le sue braccia alla fine di parole ne uscivano tante e sempre meno incerte e timorose.

Perchè lui non era come gli altri per Ashley.

Anche al telefono, quando aveva udito quel sussulto nella sua voce, aveva provato lo stesso impulso di abbracciarla e aveva stretto forte il pugno della sua mano libera nel rendersi conto che quella era la prima volta in cui non avrebbe potuto farlo.

Si chiese dove fosse in quell'istante, se alzata in piedi contro il vetro di una finestra o magari rannicchiata sul letto con le ginocchia al petto, come tante volte l'aveva sorpresa nella sua camera, assorta tra i suoi pensieri prima che gli rivolgesse un sorriso quando si accorgeva di lui.

Non poterla vedere o toccare, non sapere che espressione avesse il suo viso, che aveva imparato a decifrare alla perfezione durante quella convivenza forzata, lo rendeva irrequieto e disperato e lo faceva sentire solo, soprattutto. Maledettamente solo.

Lui, che per una vita intera si era circondato solo di quei quattro amici fedeli, come un lupo solitario, trovandosi spesso più a suo agio quando era in compagnia di sé stesso, adesso soffriva la solitudine.

Com'era buffa la vita!

La voce di Ashley, però, non esaudì i suoi desideri, non continuò a parlare, Matt potè sentire solo il suo respiro pesante alla fine, e poi il nulla.

Aveva staccato la chiamata di botto, senza salutarlo.

Matt rimase seduto sul bordo del letto, curvo, coi gomiti poggiate sulle gambe e la testa bassa a fissare il pavimento sotto di lui, deluso e smarrito.

I capelli gli erano ricaduti davanti agli occhi e gli intralciavano in parte la visuale. Aveva ragione sua madre, forse stavano diventando troppo lunghi e doveva accorciarli, come gli ripeteva instancabilmente da quando era solo un ragazzino, ma lui non ci aveva mai fatto attenzione all'aspetto fisico o al look. A differenza di molti suoi coetanei tutti in tiro, odiava perdere tempo a sistemarsi per compiacere gli altri, a lui bastava passarsi le dita tra le sue ciocche bionde e scompigliarle un po' per sentirsi a posto, li aveva sempre lasciati crescere scapigliati e al vento, liberi e un po' ribelli, la metafora di ciò che, in fondo, era anche lui.

Le sue mani erano ghiacciate e ancora più pallide rispetto al colore della sua pelle, già molto chiara, come se il suo cuore avesse rallentato di colpo i battiti e stesse pompando meno sangue lungo il corpo. Una reggeva ancora il telefono, l'altra non aveva mollato per un secondo quel piccolo pezzo di carta, l'unica traccia che gli era rimasta di lei ed il vero motivo per cui aveva deciso di rischiare e di chiamarla.

Le poche parole scritte a penna, dove si incolpava di non aver osato, avevano continuato a martellargli in testa fino a fargliela scoppiare.

Continuava a pensare che Ashley l'aveva cercato quella mattina e lui non si era fatto trovare, era scappato come un codardo per risparmiarsi il dolore di vederla partire sotto ai suoi occhi, senza che potesse fare nulla.

Immaginava la delusione nei suoi occhi davanti alla sua stanza vuota, a quanto altro male doveva averle procurato e al coraggio che aveva tirato fuori nel fargli avere quella frase, con cui addirittura invece di insultarlo, come avrebbe meritato, si addossava la responsabilità della loro situazione senza speranza.

D'improvviso si era sollevato dal cuscino, risvegliandosi dallo stato di catalessi in cui era piombato, aveva rovesciato il contenuto della sua tracolla sul letto freneticamente, cercando in mezzo alle altre cose il suo telefono, che non usava spesso e che non teneva mai a portata di mano.

Quando l'aveva recuperato aveva cercato col cuore in gola il suo nome e senza riflettere oltre aveva premuto il tasto verde.

Non sopportava pensare che Ashley si stesse tormentando, dandosi colpe che non esistevano, doveva intervenire se voleva togliersi quell'ossessione dalla testa e aveva agito d'istinto.

Ma lei aveva riattaccato, gli aveva sbattuto il telefono in faccia e Matt doveva ancora decidere come prenderla.

Di sicuro lo odiava, provava disgusto per lui, e come darle torto?

Quante volte, durante le loro interminabili chiacchierate, le aveva detto di buttare sempre fuori ciò che pensava, di affrontare i problemi e di comunicare, anche quando si trattava di dire delle verità che facevano male o spaventavano e lui che cosa aveva fatto?

Il contrario di tutto!

Non le aveva detto che la amava finchè ne aveva avuto la possibilità e anche se era stato per proteggerla, per evitarle di soffrire di più in quella relazione senza futuro, questo non lo faceva stare meglio.

'Coglione, non era questo quello che volevi?Che ti odiasse e ti dimenticasse?' una voce prese a risuonargli in testa, di continuo.

Sì, lo voleva, ma non aveva fatto i conti col suo dolore o quanto meno, non pensava avrebbe fatto così male. E dopotutto che ne poteva mai sapere lui di amore, ne era stato immune per anni e adesso si era fatto fregare come un cretino, si era indebolito e aveva abbassato tutte le sue difese.

Mandò affanculo in un istante tutti quelli che continuavano a ripetere che l'amore rendeva forti e capaci di sollevare le montagne, mentre lui stava uno schifo e non riusciva neanche a rialzare la testa.

Avrebbe voluto stordirsi, anestetizzare la mente e il fisico da quella sofferenza insopportabile, una bella sbronza, ecco quello di cui avrebbe avuto bisogno, una di quelle colossali che ti distruggono e non ti fanno pensare più a nulla e che non si prendeva da un bel po' ormai, e l'avrebbe di sicuro fatto se solo fosse riuscito a muoversi da quella stanza buia, illuminata solo dalla sua lampada sulla scrivania, ma il suo intero corpo era come immobilizzato.

Anche piangere forse sarebbe andato bene, ma i suoi occhi, completamente asciutti, non si ricordavano più nemmeno come si faceva.

Il rumore della chiave che girava nella serratura della porta d'ingresso gli fece debolmente sollevare lo sguardo verso il corridoio.

Non aveva nemmeno il coraggio di incontrare Gregory, non dopo il comportamento miserabile di quella mattina nei confronti di sua figlia, chissà che opinione meschina si era fatta di lui, era riuscito a rovinare anche quello, alla fine.

Il rumore dei tacchi di sua madre gli fece tirare un sospiro di sollievo, li sentì muoversi veloci e farsi sempre più vicini, doveva avere una gran fretta di raggiungerlo perchè non stava nemmeno passando dalla sua camera per posare la borsa e mettersi delle scarpe più comode, come sua abitudine.

Infatti la vide poco dopo affacciarsi alla porta, trafelata e un po' ansante per le scale appena salite, con ancora indosso la giacca e la borsa: il suo primo pensiero era stato suo figlio.

Monica aveva fatto i conti con l' ansia tutto il giorno a lavoro. Matt non le aveva risposto al telefono e non aveva idea di dove si fosse cacciato con quello stato d'animo pietoso. Nonostante lui avesse quasi 23 anni non poteva fare a meno di preoccuparsene come quando di anni ne aveva 15, e lo aspettava sveglia, convincendosi che fosse rabbia la sua e non apprensione per quel figlio scapestrato e indomabile, che non voleva ammettere di amare più di sé stessa.

I suoi occhi sgranati per l'angoscia si addolcirono immediatamente quando lo vide lì, tutto intero e all'apparenza tranquillo.

«Matt, santo cielo, sei qui! - esclamò sollevata, portandosi una mano sul petto e tentando di riprendere fiato, allentando il colletto della camicia – non hai risposto alle mie chiamate, si può sapere dove eri finito, stamattina?» gli domandò, entrando e accendendo la luce del lampadario.

«Sai che non guardo quasi mai il telefono, sono solo stato un po' in giro» fu la sua semplice risposta.

Monica gli si avvicinò, gettò la borsa sul suo letto e si abbassò lievemente per guardarlo in viso, Matt la fissò con uno sguardo sospettoso e vagamente infastidito, probabilmente non aveva voglia di subire un interrogatorio, ma lei era preoccupata ed era sicura che quella calma apparente celasse in realtà un tormento.

«Proprio quando Ashley doveva partire» aggiunse, mentre prendeva posto accanto a lui.

Matt non rispose, ma con un gesto rapidissimo nascose il foglietto che aveva in mano nella tasca dei jeans.

Monica gli pose un braccio intorno alle spalle e gliele accarezzò con amore, osservò il suo profilo serio e accigliato, la linea dritta del suo naso e la curva delle labbra, particolari entrambi che aveva preso da lei, gli unici sul suo viso in mezzo a colori che non le appartenevano e il suo istinto materno esplose, insieme a quello di proteggerlo.

«Hai mangiato?» gli chiese, notando la sua aria un po' dismessa.

«Qualcosa» rispose distratto, senza nemmeno guardarla, continuando a fissare quel pavimento così attentamente, nemmeno fosse un'opera d'arte.

Monica si guardò intorno disorientata, suo figlio sembrava aver perso tutti i progressi fatti in quel mese ed essere regredito al Matt scontroso e freddo, difficile da gestire come un animale selvatico, solo che stavolta non ce l'aveva con lei, probabilmente solo con sé stesso o con le circostanze.

Sospirò e gli carezzò un braccio, indecisa su cosa dire o come comportarsi in quell'occasione, timorosa di rompere in mille pezzi quel cristallo troppo delicato se avesse calcato eccessivamente la mano.

«E senti...insomma – cominciò a balbettare, rigirandosi le mani sudate l'una nell'altra – come ti senti? Intendo, dopo che Ashley, dopo che lei...» provò a chiedere ma Matt le troncò il discorso sul nascere.

«Non mi va di parlarne» ribadì schietto, facendole intuire che non avrebbe accettato ulteriori domande.

«Ok – si rassegnò Monica, gli diede un'ultima stretta sulla spalla, poi si alzò e si diresse verso l'uscita – allora ci vediamo sotto per la cena» gli raccomandò.

«Non scendo, mangio qualcosa direttamente qui» la informò, senza scomporsi.

Monica si voltò allarmata. «Perchè no? Matt non puoi isolarti!» ribattè, era proprio quello che temeva, che si rinchiudesse nella sua tristezza proprio in quegli ultimi giorni che gli erano rimasti da trascorrere lì per poi partire, e lei non l'avrebbe rivisto per mesi e mesi e non voleva che andasse via in quelle condizioni orribili, voleva prima accertarsi che si fosse ripreso, almeno un po'.

«Invece posso, non mi va di cenare con voi, e poi scommetto che Gregory non sarebbe felice di vedermi» spiegò lui, Monica abbassò lo sguardo, avrebbe voluto negare quell'affermazione ma non ci riuscì del tutto.

«Ma cosa dici...» provò a smentirlo con voce flebile, ma il suo debole tentativo non fu per nulla convincente e lui se ne accorse.

«Ha ragione comunque, me lo merito dopo quello che ho fatto stamattina» ammise duramente.

Monica indietreggiò, poi si tirò dietro la porta per chiuderla ma prima lanciò un'ultima occhiata a Matt, che era rimasto seduto nella stessa posizione, con gli occhi sempre bassi.

«Io so perchè non c'eri oggi quando Ashley se n'è andata, e ti capisco, vedrai che lo capirà anche lui» lo rassicurò prima di andarsene, Matt sollevò finalmente la testa e stavolta Monica parve scorgerci una luce, poi chiuse la porta.

Rimase assorto altri interminabili minuti, poi si sdraiò nuovamente a letto.

Non riusciva a reagire per adesso, non sapeva davvero da dove cominciare per uscirne.

 

«Ehi Phoebe, cosa c'è?» la voce di Peter giunse all'orecchio della sua fidanzata con il consueto tono pacato, ma la bionda ci riconobbe anche una leggera sorpresa. Si erano sentiti nemmeno un quarto d'ora prima ed evidentemente non si aspettava un'altra sua telefonata a così breve distanza di tempo.

«Amore, ascolta, mi dispiace tanto, ma stasera non posso venire a cenare da te, c'è stato un cambiamento di programma, diciamo» lo informò Phoebe, mentre appoggiava la schiena al muro del corridoio, poco distante dalla sua camera.

Peter notò che parlava a voce bassa come se non volesse farsi sentire da qualcuno, inoltre il suo tono era quasi mesto e la cosa lo insospettì parecchio, Phoebe normalmente era un vulcano di positività ed energia e spesso aveva messo a dura prova i suoi timpani quando rispondeva al cellulare.

«Cos'è successo?» chiese, non nascondendo una punta di preoccupazione.

Phoebe tossicchiò per schiarirsi la voce «Si tratta di Ashley» disse, e risultò così melodrammatica da fare allarmare Peter.

«Che ha? Sta male? Mi avevi detto che era arrivata a casa e che era tutto ok!» prese a chiedere, agitato.

Phoebe per fortuna lo tranquillizzò all'istante.

«Non sta male in quel senso, solo che – cercò le parole adatte per spiegare qualcosa che, in realtà, non aveva ben chiara nemmeno lei – credo che abbia subito una delusione d'amore o qualcosa del genere ed è distrutta, credimi non l'ho mai vista ridotta peggio di così» affermò infine, coprendosi con la mano la bocca mentre parlava, per evitare che qualcuno, o la stessa Ashley potesse sentire il modo in cui l'aveva descritta.

Peter rimase in silenzio per qualche secondo, davvero per quanto si stesse sforzando non riusciva a immaginare Ashley che soffriva amaramente per amore, la conosceva da quando era una ragazzina e gli era noto il suo distacco nell'affrontare le poche situazioni sentimentali in cui si era trovata coinvolta. Solo un anno prima ricordava di non averle visto mostrare nemmeno un briciolo di dispiacere o tristezza per la fine della sua storia con Richard e, anche se lei era maestra nel dissimulare le sue emozioni, non ci sarebbe comunque riuscita fino a tal punto.

«Ma, sei sicura?» le domandò, lasciando trasparire interamente la sua perplessità.

Phoebe sospirò «Sì, lo so, ti giuro che sembra assurdo anche a me, ma a quanto pare è proprio così! - gli confermò, allungando il collo verso la rampa di scale per controllare che non ci fosse nessuno – credimi, l'ho trovata in un mare di lacrime, non riusciva a smettere e solo a fatica sono riuscita a estorcerle qualche informazione e tra i singhiozzi ha accennato a un ragazzo!»

«Ok, a chi devo spaccare la faccia?» provò a suonare minaccioso Peter, atteggiandosi a fratello maggiore geloso e protettivo.

In effetti per lui Ashley era come la sorella minore che non aveva ed era sinceramente affezionato a lei, pensarla in lacrime per colpa di qualcuno che aveva calpestato i suoi sentimenti lo faceva infuriare, ma chi lo conosceva bene sapeva che era una persona talmente mite e tranquilla da non essere capace di fare male a una mosca.

Per quel motivo il suo goffo tentativo di risultare intimidatorio fu talmente poco credibile da costringerla a soffocare le risate.

«Non credo ci sia bisogno di arrivare a tanto, tranquillo – lo rassicurò, col sorriso ancora sulle labbra – però non posso abbandonarla in questo stato, devo starle vicino stasera, quindi purtroppo non posso venire a casa tua, amore» lo informò dispiaciuta.

«Non fa niente Phoebe, ci vediamo praticamente tutti i giorni e tra poco abiteremo sotto lo stesso tetto. Adesso pensa a tua sorella, e fammi sapere come sta, va bene?» le disse, dolce e confortante come al solito.

Phoebe sorrise, riusciva sempre a farla sciogliere quando le parlava così «Grazie Peter, ti amo» gli sussurrò, aspettò che anche lui ricambiasse e poi staccò la chiamata.

Ritornò in camera, ansiosa di sapere cosa ci fosse sotto la disperazione di sua sorella.

La trovò lì, che si abbracciava le ginocchia, col viso di una bambina smarrita e ferita. Davvero era rimasto poco della Ashley seria e imperturbabile che ricordava.

Le fece davvero così tanta tenerezza da non poter resistere.

Si sedette accanto a lei e le accarezzò una guancia, poi allontanò i lunghi capelli dal viso, incrociò le braccia al petto e si mise in posizione di ascolto.

«Allora, sorellina, adesso puoi raccontarmi tutto!» esclamò.

Ashley abbassò lo sguardo, tremendamente in imbarazzo.

Non era riuscita a tenersi tutto dentro, era esplosa perchè quel fardello che portava era troppo pesante e la stava soffocando. Quando si era trovata davanti Phoebe e aveva sentito il suo abbraccio dolce e familiare aveva ceduto, rivelando il suo segreto per colpa di quel tremendo bisogno di sfogarsi, ma adesso non sapeva da dove cominciare.

«Non c'era bisogno che annullassi il tuo appuntamento con Peter, io me la cavo» farfugliò, con le labbra poggiate sulle ginocchia.

«Ma la vuoi smettere? Sei mia sorella e ti voglio così bene da non sopportare di vederti così a pezzi, oltre a romperti le scatole il mio compito è anche quello di aiutarti, no?» prese le mani di Ashley e gliele strinse calorosamente e finalmente sul viso della sorella vide spuntare un accenno di sorriso.

«Quindi ti sei innamorata?» le chiese cauta, consapevole di dover essere delicata con Ashley quando ci si inoltrava nel territorio inesplorato dei suoi sentimenti.

Ashley non rispose ma arrossì vistosamente, rendendo più colorato il suo viso, già strapazzato dalle lacrime e dalle sue mani che le avevano asciugate via con poca cura.

«E chi sarebbe il fortunato o forse dovrei dire lo stronzo che ti ha ridotta così?» sbottò, anche se cercava di rimanere impassibile, la sua solidarietà verso la sorella le impediva di affrontare la vicenda in maniera totalmente imparziale.

«Non è uno stronzo! - scattò immediatamente Ashley, pronta a difenderlo da quell'accusa perchè Matt con lei non si era mai comportato così e forse, se l'avesse fatto, quella separazione le sarebbe risultata più semplice da accettare – è una storia piuttosto lunga, in realtà» disse poi, abbassando nuovamente la voce e anche lo sguardo.

Phoebe alzò entrambe le sopracciglia, stupita dalla reazione della sorella, poi le si accucciò a fianco e continuò a pungolarla con le sue domande.

«Abbiamo tutto il tempo, tranquilla! E dunque, chi è questo ragazzo?» insistette.

Ashley arrossì forse più di prima e si strinse nelle spalle, a disagio, come se volesse sprofondare.

Phoebe contrasse la fronte: ma davvero era così difficile per lei dire chi fosse, pensò tra sé e sé, mentre si rassegnava a dover aspettare chissà quanto per ottenere l'identità di quel misterioso tipo.

«Beh, però non giudicarmi, ok? E soprattutto non dire niente alla mamma per ora, intesi?» ci tenne a premettere prima di rivelare l'oggetto dei suoi desideri.

«Oddio Ashley, che ansia! Non sarà mica uno più grande di te di qualcosa come 20 anni? O forse un avanzo di galera, un delinquente?» cominciò a tempestarla di domande, seriamente sconcertata.

«Ma no, no! – la rassicurò Ashley, vide Phoebe tirare un sospiro di sollievo – è solo che non so come potrebbe prenderla la mamma»

«E perchè mai? Lo sai che è di mentalità molto aperta, anche se si trattasse di un tipo strambo non si scandalizzerebbe mica!» cercò di incoraggiarla, sinceramente non ce la faceva più con tutta quella suspance e tra poco avrebbe distrutto le sue unghie lunghe, mangiucchiandole, se continuava così.

«Il fatto è che... vedi lui è... - poi finalmente Ashley prese un lungo respirò e usò tutta l'aria di getto per formulare quella frase – lui è il figlio della fidanzata di mio padre, ti avevo detto che abitava con noi»

Ashley si fermò a osservare la sorella, la vide rimanere interdetta per qualche secondo, poi spalancare i suoi occhi azzurri e fare una smorfia di incredulità con le labbra.

«Wow, cavoli! Matt, no? É così che si chiamava?» le domandò Phoebe, facendo appello a tutta la memoria che si ritrovava, Ashley annuì, senza più forza di parlare.

Phoebe cercò di farsi tornare in mente le poche informazioni che Ashley aveva dato su quel ragazzo e dalla descrizione che si ricordava non avrebbe mai e poi mai immaginato che a sua sorella sarebbe potuto interessare da quel punto di vista, ma evidentemente nella vita tutto era possibile.

«Beh, forse è una situazione un tantino poco comune, ma dai, niente di così sconvolgente, Ashley! La mamma è rimasta in buoni rapporti con Gregory, perchè mai dovrebbe prenderla a male anche se fosse il figlio della sua nuova compagna?»

Ashley abbassò lo sguardo, poi aprì la bocca.«A proposito della mamma, devo parlarle, sono stata troppo ingiusta con lei in tutti questi anni, le ho negato il mio affetto, non le ho mai permesso di avvicinarsi davvero a me e voglio che tutto questo cambi! Però adesso mi sento così male che non riesco ad affrontarla, non sono pronta e... non voglio che si preoccupi di nuovo dei miei silenzi, delle mie facce tristi, possiamoi8 andare via da qui, da qualche altra parte?» le chiese supplichevole.

Phoebe sorrise: le era già venuta in mente un'idea.

«Che ne dici di una bella cenetta solo io e te? Ti ricordo che ho una casetta nuova di zecca da farti vedere e, che ne dici di approfittare e passare una serata da sole, senza scocciatori?» le propose, raggiante in viso, Ashley annuì convinta.

Phoebe poi andò a prendere i suoi trucchi migliori per occultare le chiazze rosse che il pianto aveva lasciato sul viso di Ashley in modo da non destare sospetti nel resto della famiglia e una volta finita quell'operazione le due sorelle scesero a informare Nancy della loro serata e uscirono, lasciandosi dietro le lamentele della povera July, zittite solo dalla promessa di Ashley di dedicarle tutta la mattina, il giorno dopo.

 

«É meravigliosa, Phoebe, complimenti! Sono felicissima per voi due, davvero!» commentò Ashley, dopo aver ammirato la casa di Phoebe e Peter, nella quale a breve si sarebbero trasferiti.

Non era invidiosa di lei, era impossibile esserlo, però provò per un attimo a mettersi nei suoi panni e a pensare quanto dovesse essere terribilmente bella la prospettiva di iniziare la vita con la persona che si amava, mentre lei l'aveva già persa ancor prima di poterla cominciare.

«Innanzitutto spegni questo, non vogliamo scocciatori e sì, sto parlando proprio di quella spina nel fianco di Tyler – affermò Phoebe, afferrando il suo telefono e staccandolo senza pietà, la sua antipatia verso l' eterno spasimante di sua sorella era nota a chiunque e la bionda, dal canto suo, non faceva nulla per nasconderla – e adesso voglio che mi racconti tutto dall'inizio, sfogati! - la esortò, mentre insieme iniziavano a preparare la cena, impegnate tra pentole padelle e ricette da seguire.

Ashley lo aveva creduto impossibile, ma aiutata dai sorrisi contagiosi di Phoebe, e distratta dalle tante cose da fare con lei e anche da qualche sua battuta che alleggeriva l'atmosfera, riuscì a togliersi quell'aria sconsolata dalla faccia e a tirare fuori tutto il racconto della loro storia senza scoppiare di nuovo a piangere.

Fu come una liberazione in un certo senso, e mano mano che andava avanti nei particolari, si sentiva più leggera, come se stesse gettando fuori dal suo corpo dei pesi invisibili.

Erano talmente tante le cose che erano successe in quel lasso di tempo che le due ragazze cucinarono, cenarono, lavarono i piatti e pulirono la cucina e ancora Ashley non aveva finito di raccontare.

Ormai era un fiume inarrestabile di parole e Phoebe la ascoltò pazientemente, come forse non era mai successo, e le vide brillare gli occhi tutte le volte in cui lo nominava e illuminarsi di luce propria.

Giurò di non avere mai visto così viva ed entusiasta Ashley, sembrava quasi un'altra persona e capì che quel ragazzo le aveva sconvolto davvero la vita e che lei lo amava intensamente, e trovò molto ingiusto che alla fine avessero dovuto separarsi in quel modo.

Lei proprio non riusciva ad accettare che finisse così, un po' come quando guardava quei film strappalacrime che tanto le piacevano e finiva per piangere a dirotto quando non c'era il lieto fine sperato, senza riuscire a rassegnarsi e finendo per imprecare contro il regista. Sua sorella le sembrò la protagonista di uno di quei film e la cosa suonava estremamente romantica ma anche tanto deprimente.

Quando Ashley terminò il suo racconto erano passate delle ore e le due si erano accoccolate sul divano.

«Però non è giusto, Ashley! Insomma, avrei potuto accettare che vi foste lasciati per incompatibilità di carattere, perchè era stata solo un'avventura estiva o per qualsiasi altro motivo, ma non per la distanza. Cioè, non sentivo una storia più triste dai tempi di Romeo e Giulietta, forse?» dichiarò seria Phoebe, facendo ridere Ashley per il modo drammatico in cui l'aveva detto e per quel paragone illustre e anche un po' azzardato con gli innamorati più famosi della storia.

«Mi manca da morire Phoebe, non so come fare, non riesco a credere che adesso sia da qualche parte ma non con me, io proprio ci provo ma..» scosse la testa, senza riuscire a finire la frase perchè le parole le rimasero incastrate in gola.

La maggiore le sollevò il viso e glielo accarezzò.

«Magari non è ancora finita, tesoro, magari potete ripensarci» cercò di darle una speranza.

«No, non c'è più niente da fare, oggi lui mi ha chiamata e io... non sono stata capace di dirgli niente, gli ho chiuso il telefono in faccia, ti rendi conto? Sono stata una stupida senza coraggio e chissà adesso cosa sta pensando di me! Magari mi odia e forse sai, è meglio così, in fondo» si rabbuiò.

«Sù, non fare così!» la consolò Phoebe, accarezzandole i capelli.

«Ti ricordi quando prima di partire mi hai dato dell'acida, consigliandomi di fare più sesso? Beh, l'ho fatto ma non mi pare che sia cambiato tanto, anzi sono peggiorata, direi proprio che ti sbagliavi!» rinfacciò Ashley alla sorella, che per tutta risposta scoppiò a ridere al ricordo di quella specie di battibecco tra loro due, e poi la squadrò dalla testa ai piedi.

«Invece avevo ragione, mi sembri molto più aperta, ti sei persino confidata con me, prima non l'avresti mai fatto se non dopo miliardi di miei tentativi – le disse, perdendo lo sguardo davanti a sé, per poi passarle una mano sulla guancia – e poi hai anche la pelle più liscia, visto?»

Ashley scoppiò a ridere di cuore senza neanche accorgersene, Phoebe sorrise soddisfatta.

«Ma smettila, che stupidaggini dici?» riuscì a dire, quando le risate si furono calmate.

«A proposito, non mi hai ancora detto com'era a letto!» le sussurrò maliziosa, avvicinandosi pericolosamente a lei.

«E non ho intenzione di farlo!» urlò Ashley, rossa fino alla punta dei capelli, su certe cose era davvero esageratamente riservata.

A quel punto Phoebe le si buttò letteralmente addosso e prese a punzecchiarla facendole il solletico, minacciandola di non smettere se non le avesse risposto finchè, tra risate e grida generali, finirono entrambe giù dal divano.

Ashley aveva il fiatone per la finta colluttazione con la sorella e per il troppo ridere.

Si fermò a prendere fiato e si accorse che grazie a Phoebe aveva acquistato un po' di buonumore. Con la sua spensieratezza ed euforia era riuscita a infonderle allegria e a farle passare dei momenti felici, nonostante tutto.

Era presto per dire di stare meglio e di essersi lasciata alle spalle Matt, decisamente troppo presto, ma si chiese se non fosse quella la maniera giusta per iniziare, concentrarsi su altro, stare in compagnia e parlare, sfogarsi.

Il pensiero di doverlo dimenticare, come si fa con le mode, le mise addosso una tristezza immane, ma sapeva di non avere altra scelta.

Quando le due sorelle tornarono a casa era già notte e Nancy e July dormivano.

Ashley si affacciò dalla finestra della sua stanza prima di coricarsi, fuori il vento soffiava freddo, nel suo paese le temperature erano nettamente inferiori rispetto a quello di suo padre e la differenza si percepiva eccome.

Si strinse nelle braccia e le strofinò un po' per procurarsi del calore, ma lasciò che il vento le carezzasse il volto e le scompigliasse i capelli. Guardò il cielo nero, punteggiato di stelle e una morsa al petto insinuò quel barlume di serenità a fatica ritrovata.

Inevitabilmente le venne in mente lui, pensò a cosa stesse facendo in quell'esatto momento, se fosse con qualcuno, se fosse arrabbiato, triste o se non gliene importasse già più nulla di lei.

Si chiese se Monica fosse accanto a lui e se suo padre stesse riuscendo a trattarlo come se non fosse successo niente.

Lei aveva accanto le sue sorelle, sua madre e Sophia, con cui ancora non aveva avuto modo di sentirsi ma che avrebbe contattato al più presto. Ma lui?

Sapeva che tendeva a isolarsi, a chiudersi in sé stesso, peggio di quanto fosse abituata a fare lei, ed ebbe paura che rimanesse solo, senza nessuno a pensare a lui.

Quel pensiero la sconvolse e le tolse il fiato per un attimo. Provò l'istinto irrefrenabile di sentirlo, di vederlo, di sapere che stesse bene e realizzare di non poterlo fare la fece sentire un inutile e misero puntino nell'universo.

Il nero sconfinato del cielo cominciò a pesarle troppo, si sentì quasi mancare e chiuse di getto la finestra, tirando la tenda per non vedere più nulla.

Due braccia gentili la sorressero da dietro, si voltò e vide Phoebe, che le sorrideva.

Chissà come, doveva avere intuito quel suo piccolo attacco di panico.

«Va tutto bene, Ashley» la confortò e lei ricambiò appena quel sorriso e sperò che anche Matt in qualche modo fosse riuscito a trovare un sorriso così che lo confortasse.

Giunse segretamente le mani al petto e pregò.

Si infilò sotto le coperte, per passare la prima notte lontana da lui, in un letto che sembrava troppo grande e vuoto adesso che non doveva dividerlo con nessuno, non contò più le volte in cui si girò e rigirò senza pace, col pensiero fisso a lui, senza sapere che anche Matt stava facendo la stessa identica cosa.

Non era uscito dalla sua stanza se non per prendere qualcosa da mangiare, aveva incrociato Gregory che gli aveva solo fatto un cenno con la testa, senza parlargli, come se fosse diventato un estraneo per lui e quel particolare gli aveva fatto tanto male e si aggiungeva al dolore che già provava per aver perso Ashley.

Non sopportava più quella casa, non sopportava più di passare davanti alla sua stanza e vederla chiusa, ogni luogo lì dentro gliela ricordava tremendamente e a volte aveva avuto le allucinazioni, rivedendola in giro, come se fosse un fantasma.

Si era richiuso subito in camera sua e dopo aver fumato un paio di sigarette, le uniche che parevano calmarlo almeno un poco, aveva preso la sua decisione.

Non avrebbe aspettato quei pochi giorni in più che mancavano, l'indomani se ne sarebbe andato, sarebbe tornato da suo padre, nella sua caotica ed enorme città, dove era facile perdersi e confondersi tra la folla e diventare nessuno.

E così voleva essere, nessuno, solo un numero in mezzo a tanti, invisibile, voleva perdersi, annullarsi e allontanarsi del tutto da lei e da ciò che gliela ricordava.

Era l'unica scelta razionale per sopravvivere, al momento.

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Rohhh