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Autore: Il_Signore_Oscuro    07/11/2016    3 recensioni
Ragnar'ok Wintersworth un giorno sarà l'Eroe di Kvatch, colui che salverà Tamriel dalla minaccia di Mehrunes Dagon, principe daedrico della distruzione, con il fondamentale aiuto di Martin Septim ultimo membro della dinastia del Sangue di Drago. Ma cosa c'è stato prima della storia che tutti noi conosciamo? Chi era Ragnar prima di essere un Eroe? Lasciate che ve lo mostri.
[PAPALE PAPALE: questa storia tratterà delle vicende di Ragnar. Non sarò fedelissimo al gioco ma ne manterrò le linee generali, anche se alcuni avvenimenti saranno cambiati o spostati nel tempo. Non ho altro da dirvi, se non augurarvi una buona lettura!]
BETA READER: ARWYN SHONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eroe di Kvatch, Jauffre, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Chapter eleven – Rest in peace, my friend.

Il sogno della notte prima mi aveva lasciato stranito: dovevo indagare più a fondo. Il diario di Cardys non era fatto per essere letto, o almeno non più, dopo che la sua anima si era legata alle pagine. Quel libricino, i ricordi che conteneva, era fatto per essere visto e vissuto in prima persona.
L’anima della dunmer, o ciò che ne era rimasto, era divisa in due: una parte buona, la Cardys del passato, ancora innocente e pura, e la parte malvagia, la negromante incontrata a Forte Farragut.
Forse sarebbe stato più saggio disfarmi di quel diario, nasconderlo in un posto dove nessuno potesse trovarlo, ma non ero mai stato saggio: sulla mia saggezza aveva sempre prevalso la mia curiosità. Dovevo risolvere il conflitto fra le due parti e scoprire le ragioni che lo avevano generato.
Comunque, per quanto questa ricerca potesse essere eccitante, avevo una promessa a cui tenere fede.

Mi svegliai di buon’ora per recarmi presso la Gilda dei Guerrieri e parlare con Burz, come Vitellus mi aveva suggerito. L’orco mi indicò una tenuta a nord-ovest di Cheydinhal, facilmente raggiungibile a piedi. Sembrò fin troppo interessato ai motivi che mi spingevano fin lì, ma non gli diedi risposte chiare, deciso a rimanere sul vago: del resto erano pur sempre fatti miei.
Ad accogliermi fu Lord Rugdumph in persona. Come avrei scoperto di lì a poco, quella casa era totalmente sprovvista di servitù, cosa curiosa per una famiglia di alto lignaggio come quella.
Il Lord era il primo orsimer che avessi mai visto arrivare alla vecchiaia: di norma gli orchi morivano in giovane età, per la loro naturale tensione alla battaglia e alla guerra. Rugdumph invece aveva i capelli bianchi, la pelle olivastra schiarita e raggrinzita dal tempo. Le sue guance cascanti mi ricordavano quelle di un mastino, complici le zanne che sporgevano dal labbro inferiore.
Vestiva un farsetto di seta turchina, con bottoni d’argento e legacci d’oro. Le sue scarpe, con la punta all’insù, erano in pelle di camoscio, finemente conciata.
Persino nei modi e nella voce palesava la sua nobiltà; era di certo l’orco più stravagante che avessi mai incontrato.
Mi fece accomodare alla sua tavola, imbandita per la prima colazione. In segno di ospitalità divise il suo pasto con me.
-Cosa ti porta fin quassù, giovane nord?
-Mio signore, perdonate l’impudenza, sono qui per parlare con vostra figlia, Lady Rogbut.
-In merito a cosa, se non sono indiscreto? – Chiese, scusandosi unicamente per cortesia.
Cavai fuori dal taschino della corazza di cuoio l’anello che Morg mi aveva affidato: sopra v’era incisa la stessa rosa presente sugli stendardi del palazzo. Glielo porsi.
-Questo anello – disse, rigirandoselo fra le dita con aria nostalgica, - lo donai alla mia amatissima Gerbuten molti anni fa. Quando ella morì – aggiunse, chiudendo la mano a pugno, - lo lasciò in dono a Rogbut, nostra figlia. Dimmi, giovane nord, sei forse un ladruncolo tornato in cerca di redenzione? – Chiese, con aria sospettosa e diffidente.
-Niente del genere, milord. Sono qui per conto di un amico, per adempiere all’ultima promessa che gli feci prima che… - lasciai che intendesse da sé il seguito.
I suoi occhi si illuminarono, il suo sguardo si fece cupo mentre posava l’anello sul tavolo.
-Oh, Malacath, si tratta forse di Morg, il figlio di nessuno?
Risposi con un cenno sommesso.
-Gli dei serbino la sua anima. La mia povera figliola si strugge da mesi in attesa del suo ritorno, se sapesse ciò che è accaduto…
-Milord, se mi è concesso, - mi schiarii la voce, - ritengo sia più giusto e doveroso che vostra figlia sappia. Il dolore le spezzerà di certo il cuore, ma perlomeno potrà mettersi l’anima in pace, non più consumata dal dubbio.
Rugdumph ci pensò su’ per un po’, poi rispose.
-Hai ragione ragazzo, per quanto mi spaventi vederla soffrire, credo non vi sia altro modo. Oggi stesso manderò degli uomini della Gilda a recuperare il corpo del povero Morg, il ragazzo merita di essere sepolto insieme con i miei avi. Vado a chiamare la mia figliola, perché tu possa darle la notizia. Ti prego solo di avere un po’ di tatto nelle parole che dirai.
-Non si preoccupi, milord. – Lo rassicurai, abbassando lo sguardo.
Cosa avrei potuto dire in una situazione simile? Quali parole avrei potuto trovare, affinché facesse meno male possibile? Risolsi che non c’era un modo giusto e indolore per dirlo, l’unica cosa da fare era dire la verità, pura e semplice.

Morg mi aveva detto che gli esseri umani non sono in grado di cogliere la bellezza di una orsimer, ciò in parte era vero: il viso di Lady Rogbut lo trovavo sgradevole quanto quello degli altri orchi, eppure il suo corpo possedeva una bellezza giunonica e un vigore così raro nelle altre donne: i seni erano pieni e sodi, la veste color borgogna aderiva ai fianchi tonici scendendo giù per il largo bacino, fino alle cosce formose. Le sue spalle erano ampie quasi quanto le mie, eppure possedevano una certa grazia ed eleganza, nel loro essere scoperte sotto le sottili spalline.
Gli occhi d’ambra erano ancora umidi per il sonno da poco interrotto e la sua voce aveva l’insofferenza di un dolore che, protratto troppo a lungo, aveva logorato il corpo e la mente.
-Milady. – Dissi, alzandomi dalla sedia e inginocchiandomi.
-Alzati, straniero. Non ho bisogno di cerimonie. Parla, dimmi semplicemente ciò per cui sei venuto.
Cosa dire? No, non avrei detto nulla. Avrei lasciato che le parole di Morg parlassero per me.
Le consegnai la lettera e posi ai suoi piedi la testa del dremora decapitato.
Gli occhi di Lady Rogbut scorrevano fra le righe, tremando un po’ di più, parola dopo parola, frase dopo frase. Il dubbio che l’aveva consumata si spezzò in certezza e lei scoppiò in lacrime, buttandosi fra le mie braccia. In un gesto istintivo la strinsi, lasciai che soffocasse i suoi singhiozzi nel vello d’orso del mio mantello.
Lord Rugdumph, da tradizionalista qual’era, disapprovava tanta confidenza nei confronti di un estraneo, ma scelse di tacere, comprendendo la situazione. Era come se, attraverso me, quella ragazza avesse un ultimo contatto con l’uomo che aveva amato, ormai perso per sempre-
-È morto con onore … lui voleva che lo sapessi. – Dissi, provando a consolarla.
-Che importa come è morto? Non è più qui, non tornerà.
-Rogbut, bambina mia. – Il Lord suo padre le posò una mano sulla spalla, ma lei si scostò in malomodo.
-Non mi toccare, bastardo! È colpa tua, è tutta colpa tua e delle tue stupide regole sull’onore. Se solo avessi lasciato che ci sposassimo, lui ora sarebbe qui, accanto a me! Mi hai portato via l’unica persona al mondo che per me contasse qualcosa. Ti odio! Ti odio! Ti odio! – Le sue urla erano assordanti, intervallate alle lacrime e ai singhiozzi.
Per quanto riguarda Lord Rugdumph, beh, avevo visto banditi soffrire meno con Durendal conficcata nelle carni.
-Milady, comprendo la vostra rabbia, il vostro dolore, ma non prendetevela con vostro padre. Lui voleva solo proteggervi. Morg non avrebbe voluto che litigaste, è inutile rivangare il passato. Sapete, mia signora, il suo ultimo pensiero è andato a voi quando … quando è arrivata la fine. Ha affrontato la morte con coraggio, senza paura, senza un singolo lamento. Egli vi amava con tutta l’anima.
-Straniero, tu hai visto morire il mio Morg? – Chiese, recuperando un po’ di contegno.
-Sì, mia signora. – Risposi, con gli occhi lucidi. – Egli  ha sacrificato la sua vita per la mia. Se io sono qui, se ho potuto avere la meglio su quella creatura, è stato esclusivamente per merito suo. Se, sapendo ciò, vorrete odiarmi, beh, io lo capirò.
Ci fu qualche istante di silenzio, poi fu lei a riprendere parola.
-Straniero, io non ti odio. Averlo perso mi spezza il cuore, provo un dolore che le parole non possono descrivere. – Fra le lacrime comparve un lievissimo sorriso. – Ma so’ com’era fatto il mio Morg: quell’idiota si sarebbe fatto ammazzare pur di proteggere le persone a cui teneva, coloro che amava e considerava amici. Per questo non riesco ad odiarti, perché Morg credeva che valesse la pena che tu vivessi e io ho sempre avuto fiducia in lui, nelle sue scelte … per quanto questo mi faccia male.
-Milady-
-Ascolta, c’è una cosa che mi devi promettere, straniero. Giurami che farai tesoro della vita che ti è stata concessa, che il sacrificio di Morg non sarò vano. Giuramelo.
-Ve lo giuro mia signora: sui nove divini e i principi daedrici, sull’Impero e il mio sangue di nord, sulla famiglia e sull’onore. – Dissi, con aria solenne.
-Da questo istante sino all’ultimo dei tuoi giorni.
-Da questo istante sino all’ultimo dei miei giorni.
-Il tuo giuramento è un vincolo, possa la tua anima essere dilaniata negli abissi dell’Oblivion, se mai lo romperai.
-Così sia, mia signora. – Conclusi, abbassando lo sguardo.
Lady Rogbut si ritirò nelle sue stanze, congedandosi con un inchino appena accennato.
Avevo tenuto fede alla mia promessa, adesso mi aspettava la Città Imperiale.
Declinai l’offerta di Lord Rugdumph di rimanere per le cerimonie funebri, non sarebbe servito che a riaprire una ferita che appena adesso cominciava a rimarginarsi. Lady Rogbut meritava di celebrare in solitudine il suo dolore, così come desiderava. Raccomandai al nobile di far coprire il corpo di Morg durante le esequie, lasciando intendere che era stato orribilmente mutilato durante lo scontro con il dremora.
Uscito dalla tenuta voltai lo sguardo verso sud-ovest, verso il Lago Rumare e la città che vi era sopra insediata: mi sembrava quasi di intravedere le due antiche torri, svettanti oltre le mura.
Così, con l’animo un po’ più leggero, mi incamminai verso una nuova avventura.


NOTE DELL’AUTORE
Così, con questo brevissimo (e spero intenso) capitolo si chiude la terza parte di  Prologue. Per me, come per Rag, questo è un andare avanti dopo un momento difficile. La morte di Morg per me è stata una delle scene più difficili da scrivere, emotivamente parlando, ma adesso che il nostro nord ha adempiuto alla propria promessa, beh, è tempo di andare!

Un abbraccio,
NuandaTSP
   
 
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