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Autore: antigone7    09/11/2016    1 recensioni
Delia ha sedici anni, un carattere sfrontato e solare, una parlantina un po' eccessiva, un mucchio di nuovi amici e un solo acerrimo nemico: Matt Patterson è l'unica persona che fa uscire il suo istinto omicida. Crescendo, però, si accorgerà che l'odio è un sentimento troppo spesso sottovalutato e che, a volte, le cose non sono esattamente come potrebbero sembrare a prima vista.
Avevo davanti due occhi grigio-azzurri che mi scrutavano sospettosi; e io, dannazione, avevo un debole per gli occhi grigi. Inoltre, il portatore di questi occhi era un ragazzo alto, biondo e davvero, davvero molto bello. Mi sembrava di avere di fronte il Principe Azzurro in persona: mancavano il cavallo bianco e il mantello celeste e, forse, gli avrei detto di chiamarmi Cenerentola.
Come ho già specificato, però, questa mia prima impressione durò un attimo. Il tempo che lui aprisse bocca e avevo già cambiato totalmente idea. Probabilmente avrei dovuto capirlo già dal suo modo di guardarmi, sdegnato e infastidito, o dalla posizione svogliata con tanto di mani nelle tasche dei jeans, che era un completo stronzo.
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Marie's and surroundings'
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8. What's important to me



L’estate prima del mio ultimo anno di liceo passò talmente in fretta che fu quasi un trauma accorgermi che era finita. Winthrop era dotata di un porto e delle spiagge carine, che in alta stagione si riempivano di turisti e ragazzi in cerca di avventure estive, occasione che non mi lasciai sfuggire.
Portavo con me nella “caccia al turista” David e una recalcitrante Jude, che era sempre poco propensa a conoscere gente nuova. Josh ogni tanto si univa a noi, ma aveva appena cominciato a frequentarsi più seriamente del solito con Olivia, una ragazza di un anno più grande che a settembre sarebbe partita per andare al College dall’altra parte del paese, quindi cercava di godersi più tempo possibile in sua compagnia prima di doversene separare. Audrey, invece, continuava a vedersi con Toby, il ragazzo del Prom, e sembrava piuttosto felice. Matt lavorava part-time in una gelateria del centro e, anche se David lo invitava spesso, si faceva vedere molto di rado, giustificandosi col fatto che spesso aveva i turni serali. Non mi lamentai.
Come l’anno precedente ad agosto passai due settimane in California con i miei genitori e tornai una decina di giorni prima dell’inizio della scuola. Feci a malapena in tempo a mettere piede in casa – preoccupata per la miriade di compiti che avevo lasciato indietro e convinta di dovermi segregare per tutta la settimana – che David stava bussando alla mia porta trafelato.
Entrò abbracciandomi come se fossi appena tornata dalla guerra.
“Deels, tesoro, che bello vederti!”
“Ehi, calmo. Sei venuto a casa mia, non è che ci siamo incontrati per caso.”
“Mi sei mancata!”
“Sono stata via quindici giorni, Dave.”
Lui si staccò dall’abbraccio e mi guardò con occhio critico. “Niente cose strane ai capelli?”
“Mm, no, ho rifatto la tinta scura, avevo la ricrescita.”
“Puoi permettertela solo perché sei abbronzata, tesoro, tra due mesi sembreresti Mercoledì Addams.”
“Grazie, Davie.”
“Sono sincero,” si giustificò lui, facendo spallucce. “Saresti splendida anche in versione Mercoledì Addams, se ti può consolare.”
“Sei il solito lecchino.”
“È che mi sei mancata!” ripeté accorato il mio amico, tornando ad abbracciarmi brevemente.
Appena riuscii a liberarmi dalle sue grinfie lo scrutai sospettosa. “Tutte queste feste per il mio ritorno sono troppe persino per uno come te,” commentai stranita.
Dave alzò gli occhi al cielo con fare teatrale. “Ok, mi hai beccato! Devo assolutamente raccontarti una cosa che è successa in tua assenza, o rischio di scoppiare.”
A dire la verità non lo avevo esattamente beccato; il suo comportamento mi era parso strano, sì, ma non ero io quella intuitiva tra noi due: David aveva solo colto la palla al balzo e aveva approfittato della mia perplessità per decidere di parlarmi. Mi trascinò senza troppi complimenti in camera mia, fermandosi solo per salutare educatamente mia madre in sala.
“Dee, mi devi aiutare a risolvere una situazione,” esordì una volta nella mia stanza, buttandosi a sedere sul mio letto e guardandomi con due occhi profondamente indecisi.
“Di che si tratta?”
“Prima devi promettermi che non ne parlerai con nessuno. Almeno finché non avremo deciso come procedere.”
“Finché non avremo deciso come procedere? Stai cominciando a preoccuparmi sul serio, Dave.”
Mi sedetti sul letto a gambe incrociate e rivolta verso di lui, che a sua volta ruotò per stare girato dalla mia parte.
“Sputa il rospo, su,” lo incitai quindi, ormai incuriosita.
“Sul serio, non lo dirai a nessuno?”
“Certo, so mantenere un segreto.”
Lui mi lanciò un’occhiata scettica e io sbuffai, offesa.
“Va bene, parlo troppo, ma so controllarmi quando ce n’è bisogno, cosa credi? Non è come se parlassi a vanvera con tutti di qualsiasi cosa, compresi i segreti dei miei amici. Sono pazza, ma solo fino a un certo punto. E comunque stiamo andando fuori tema, cos’è che mi devi dire. Sono sicura che non è così grave come lo stai facendo sembrare, insomma, stai esagerando per…”
“Toby l’altra sera ci ha provato con me.”
Rimasi con la bocca leggermente socchiusa, cercando di assimilare le parole del mio amico ma, come ho già detto, non sono certo un esempio di intuito, perciò alla fine aggrottai le sopracciglia e scossi la testa.
“Toby…?”
“Mm-mm.”
“Non stai parlando del Toby di Audrey, vero?”
“Quanti altri Toby conosci?”
“Cosa… Cosa diavolo vuol dire che ci ha provato con te?” capitolai infine, in confusione totale.
“Secondo te cosa vuol dire?” si stupì David. “Sul serio, Delia, sei sicura di stare bene? Sembri un po’ fuori fase, la California deve averti fuso il cervello.”
“A me sembra che sia tu quello col cervello fuso. Toby non sta con Aud?”
“Sì, scema. Perciò quello che ti sto raccontando è un segreto.”
“Ma perché, ad Audrey non l’hai ancora detto?”
David mise su un’espressione colpevole che mi rese superflua una sua risposta: era evidente che non aveva avuto il coraggio di parlare con la nostra amica in comune.
Sospirai arricciando il naso, scompigliata.
“Senti, non sapevo cosa fare!” si giustificò lui, mettendo le mani avanti. “Non farmi sentire ancora più in colpa, sono venuto da te per un consiglio.”
“Non voglio farti sentire in colpa, Dave, io non…” Mi bloccai per riordinare le idee e ricominciai dall’inizio. “Senti, partiamo daccapo. Sei sicuro che ci abbia proprio provato?”
“Dipende,” rispose lui facendo spallucce, e io partii in quarta, già più sollevata.
“Ecco, vedi! Magari è stata solo un’impressione, non ti sei…”
“Dipende se per te tentare di baciarmi significa provarci oppure no,” continuò David, facendo una faccia spaventata.
“Ha provato a… Vuoi dirmi che vi siete… Ma come diavolo è potuto…?”
“Calmati Dee, sembri Berries durante una delle sue crisi.”
“Non fare il pacato adesso, sai, due minuti fa sembravi in preda a una crisi di panico in piena regola. Sei un pazzoide.”
“Ma io sono in panico!” esplose lui, allargando le braccia. “Ne ho il diritto! Non so che cosa fare!”
“Ehi, ok, non schizzare ora! Raccontami bene cos’è successo.”
“Non è molto complicato. Sabato sera eravamo al Platinum e stavamo ballando e bevendo un po’ e divertendoci. Poi sono uscito un attimo con Matt e ho trovato una mia amica, mi sono fermato a chiacchierare. Quando Matt è rientrato Toby era uscito, mi ha chiesto di seguirlo, mi ha portato in un posto un po’ appartato e ha provato a baciarmi. Mi sono scansato e sono rientrato. Ero così sconvolto che poco dopo sono andato a casa. Fine della storia.”
Uno dei particolari del racconto mi aveva colpito più degli altri, così mi ritrovai a fare una domanda stupida. “C’era anche Matt?”
“Ci ha raggiunti quando ha finito il turno in gelateria, l’ha fatto anche le altre sere.”
“Davvero?”
Mi sembrava strano, nel periodo in cui io ero a Winthrop non era uscito molto spesso con noi. Quasi mai, a dire il vero.
“Sì, davvero. Ti sembra una cosa rilevante, Dee? Capisco e supporto la vostra storia di odio-amore e bla bla bla, lo sai bene, ma ti stai perdendo il punto focale della faccenda che, per la cronaca, stavolta non è Matt.”
“Ma quale odio-amore! Ti sei bevuto il cervello,” esclamai scandalizzata.
David alzò un sopracciglio sospettoso.
“Ok,” continuai, cambiando argomento. “Non hai fatto niente di male, McPharrell, ma Aud deve sapere cos’è successo. È pur sempre il ragazzo con cui si frequenta.”
Il mio amico abbassò la testa sospirando. “Lo so, lo so, ma non ho idea di come fare a dirglielo.”
Lo vidi piuttosto abbattuto e cercai di tirarlo su. “Non hai fatto niente di male,” ripetei, sottolineando le mie parole con una carezza sul braccio.
“So anche questo, ma…”
“Cos’è che ti preoccupa?”
“È che io e Toby ultimamente abbiamo legato abbastanza, non vorrei che avesse pensato fosse lecito provare a baciarmi.”
Lo guardai con tanto d’occhi, incitandolo a spiegarsi meglio. David mi raccontò che lui e Toby si erano spesso trovati bene a parlare nell’ultimo periodo, scoprendo di andare parecchio d’accordo. Ovviamente Dave non aveva mai fatto niente con malizia, al contrario: sapeva che Toby era il ragazzo di Audrey, quindi etero, quindi al massimo un amico.
Ci riflettei un attimo su, mi stesi sul letto e David, accanto a me, fece lo stesso, ascoltando il mio silenzio. Alla fine giunsi alla soluzione che mi sembrava più sensata.
“Ascolta, Dave, facciamo così. Hai detto che i prossimi giorni Toby non c’è, giusto?”
“Me l’ha confermato Audrey. Sta in campeggio tutto il weekend con la sua famiglia, mi pare.”
“Ok, perfetto,” commentai, guardando pensierosa il soffitto. “Allora domani sera usciamo tutti insieme. Purtroppo io durante il giorno non posso, ho un mucchio di compiti da fare ancora, mio padre non mi farà mai uscire. Ma il sabato sera posso guadagnarmelo.”
“Mi darai una mano?”
“Certo, McPharrell, sono dalla tua parte.”
David si sporse sul letto per abbracciarmi di nuovo. “Grazie Dee. Sei la migliore.”
“Povera Aud. Sarà un brutto colpo per lei.”
Lui annuì, abbattuto. “Quella ragazza è proprio sfigata nelle scelte sentimentali.”
Rimanemmo qualche secondo in silenzio, poi mi venne in mente una cosa.
“Senti, se inviti anche Matt… Non dirgli che ci sono anch’io, per favore. Anzi, digli proprio che sono ancora in California.”
Il mio amico mi guardò stranito, poi scrollò le spalle, probabilmente troppo preso dai propri pensieri per far caso ai miei.
“Come vuoi, piccola paranoica,” rispose lanciandomi una frecciatina.
Magari mi sbagliavo, ma avevo la sensazione che il rampollo di casa Patterson stesse cercando di evitarmi. Era l’occasione giusta per scoprirlo.

La sera successiva uscii di casa principalmente preoccupata per Audrey, ma un piccolo brivido alla base del collo mi ricordava che forse avrei rivisto Patterson. Non riuscivo a capire se avessi voglia di vederlo oppure no. Tendenzialmente le mie viscere e la mia testa dicevano di no, che non avevo per niente voglia di vedere quello stronzo; ma c’era una parte di me che si sentiva offesa per lo snobismo con cui mi aveva trattata nell’ultimo periodo e che voleva rinfacciargli la cosa. Ero piuttosto combattuta.
Ma quella sera stavo uscendo per rivedere i miei amici dopo la vacanza in California e, soprattutto, per risolvere una possibile crisi, quella che vedeva coinvolti Audrey, David e Toby in un insolito e imbarazzante triangolo sessualmente ambiguo.
Fu quello che successe, anche perché quando arrivai al Platinum di Patterson non c’era nemmeno l’ombra, perciò sospirai di sollievo e mi concentrai nella faccenda scottante di Dave. Gli avevo promesso che l’avrei aiutato ma, ovviamente, toccava a lui parlare con Audrey, su questo non c’erano dubbi. Gli feci da spalla e lo incoraggiai e appena arrivò Aud lo guardai andare da lei per parlare, con l’accordo che se avesse avuto bisogno del mio aiuto avrebbe dovuto farmi un cenno e io sarei intervenuta. Nonostante il suo carattere apparentemente aperto e sereno, David era piuttosto insicuro in questo genere di situazioni.
Restai al tavolo da sola con Josh, poiché Jude doveva ancora arrivare. Josh mi guardò solo un attimo confuso quando gli altri due si allontanarono, ma non fece domande indiscrete, quindi mi misi a chiacchierare con lui e nel frattempo tenni un occhio fisso su Aud e Dave che parlavano in un angolo.
Passarono pochi minuti e arrivò pure Jude che, dopo avermi salutata e avermi chiesto della vacanza, lanciò uno sguardo preoccupato a Josh.
“Come stai tu, Parker?” gli chiese subito, sedendosi con noi.
“Bene.”
“Olivia è partita?”
“Ieri.”
Merda! Ero talmente presa dal problema di David che mi ero dimenticata che Josh era appena stato costretto a salutare la ragazza con cui aveva passato l’intera estate. Ero una pessima amica, meno male che c’era Jude.
“Sei sicuro di stare bene?”
Josh annuì di nuovo e io mi sentii stranita. Non sembrava il tipo da struggersi per una ragazza, non l’avevo mai visto innamorato probabilmente, pareva più abituato a divertirsi e a spezzare cuori lui stesso. Eppure aveva l’aria di essere effettivamente un po’ abbattuto: forse non si sarebbe strappato i capelli, ma era evidente che a questa Olivia teneva davvero.
“Ho bisogno di divertirmi,” disse invece Josh. “Non c’è Matt? Il barista qui è suo amico, gli dà sempre da bere.”
Sbuffai, ricordando la prima serata al Platinum in cui avevo avuto a che fare con Patterson, quando mi era sembrato che mi facesse gli occhi dolci. Come no.
“Oh, eccolo lì!” esclamò di nuovo Josh, lasciandomi di stucco.
Quando mi voltai, infatti, sulla porta del locale era appena apparso Matt Patterson, con tanto di scarpe distrutte e sguardo grigio annoiato. Josh gli fece un cenno con la mano e lui lo notò, avvicinandosi subito al nostro tavolo. Appena i suoi occhi incontrarono i miei, però, mi parve per un attimo indeciso e il suo passo rallentò quasi impercettibilmente. Ma io l’avevo beccato, dannazione.
“Ciao,” salutò con sicurezza quando ci raggiunse.
Jude e Josh gli risposero allegramente, io mi limitai a un sorriso tirato e un cenno del capo.
“Tutto bene?” chiese lui, in generale. Poi, senza aspettare una risposta, continuò. “Non c’è McPharrell?”
Josh gli indicò Dave con la mano. “È là che parla con Audrey,” spiegò celere.
A quel punto anche Jude drizzò le antenne e, dopo aver guardato gli altri due, mi lanciò un’occhiata interrogativa. Le feci segno con la mano di aspettare, che avrebbe saputo tutto dopo, non me la sentivo di spifferare io ciò che era successo. Nel frattempo Josh stava domandando a Matt, ancora in piedi di fianco al tavolo, se fosse possibile avere qualcosa da bere dal barista che di solito lo serviva senza problemi; Patterson annuì e si voltò per andare verso il bancone e io, come azionata da una molla, mi alzai di scatto.
“Vengo con te!” esclamai.
Matt mi guardò, per la prima volta da quando si era avvicinato a noi, con un’espressione vagamente stupita, ma non disse niente, così lo seguii mentre pensavo a come agire.
“Vuoi una birra anche tu?” mi domandò quando arrivammo di fronte al banco, attendendo che il suo amico si liberasse per servirci.
Notai che non si era nemmeno girato a guardarmi e mi innervosii ancora di più, perché non capivo se lui fosse improvvisamente diventato ancora più stronzo del solito o sei io fossi improvvisamente diventata paranoica.
“Sì,” risposi concisa.
“Jeff, tre birre per favore,” disse allora Matt sporgendosi sul bancone.
“Tu non bevi?” gli chiesi stupita: sapevo che le altre due birre erano per Jude e Josh.
“No, ho già bevuto un paio di birre coi colleghi prima di venire qui.”
“Devi guidare?”
“No, sono a piedi.”
“E perché non bevi, allora?”
“Hai dimenticato di prendere la pillola contro la curiosità stasera, Gray?” sbottò lui, ma più che infastidito il suo tono sembrava divertito ed esasperato.
“Dalla tua rispostaccia dopo solo tre battute immagino di esserti mancata da morire, principino.”
Lui ridacchiò e si appoggiò con la schiena al banco, voltandosi finalmente a guardarmi.
“Pensavo fossi ancora in California,” disse dopo qualche attimo di silenzio.
“Lo so,” risposi stupidamente io, distratta per un secondo di troppo dai suoi occhi grigi.
Matt mise su un’espressione dubbiosa. “Lo sai?”
Sospirai, incerta, maledicendo me stessa per la mia lingua lunga; ma sapevo che alla fine la verità sarebbe saltata fuori, parlavo sempre troppo.
“Ho chiesto io a David di dirti che non c’ero.”
Patterson alzò un sopracciglio. “E perché l’avresti fatto?”
Decisi di sganciare la bomba per vedere come avrebbe reagito, presi fiato e parlai velocemente. “Perché mi hai evitato per tutta l’estate. Ho pensato che se avessi creduto che stasera non c’ero saresti uscito. E infatti, eccoti qua.”
Il suo sopracciglio alzato ebbe solo un lievissimo tremore, quasi impossibile da notare, tanto che pensai di essermelo immaginato, dopodiché, a sorpresa, Matt scoppiò a ridere di gusto. Rimasi immobile, indecisa se offendermi o continuare il mio copione per cercare di smascherarlo, anche se parte della mia sicurezza stava volando via.
Corrucciai la fronte. “Che ci sarà di così divertente?”
Lui continuò allegramente a ridacchiare mentre tentava di spiegarmi. “Non sei mai stata del tutto a posto, ma pensare che ti abbia evitata di proposito per tutta l’estate… Stai rasentando la follia, Gray.”
“Non credo proprio che…” cominciai decisa, ma venni interrotta dalla voce del barista.
“Matt, le tue birre.”
Lui ringraziò e fece per tirare fuori il portafoglio, ma l’altro gli fece un cenno con la mano. “Per stavolta offro io. Meredith ed io stiamo andando a vivere insieme, stasera si festeggia!”
“Tu e Meredith? Bel colpo, amico!”
“Grazie. Ora torno al lavoro, divertitevi.”
Patterson prese una birra dal bancone e me la porse, poi si girò per recuperare le altre due. Non sembrava molto intenzionato a ricominciare il discorso che era stato interrotto dal barista, ma non desistetti, cocciuta come al solito.
“Quindi non mi stai evitando?”
“No. Avevo una cotta per lei quand’ero bambino, sai?”
“Chi?” chiesi, confusa dall’improvviso cambio d’argomento.
“Meredith. La ragazza di Jeff,” spiegò quindi e, vedendo che non ne venivo a capo, indicò dietro le sue spalle il barista.
“Che c’entra ora?”
“Niente. Mi faceva da baby sitter da piccolo ed ero innamorato di lei. Ora vanno a vivere assieme.”
“Che storia strappalacrime,” commentai acida, nervosa per essere stata interrotta di nuovo.
“Sei piuttosto stronza. Ti ho appena aperto il mio cuore,” fece lui sarcastico, mostrando un mezzo sorriso.
“Come no.”
“Invece sì.”
“Tu non ce l’hai un cuore, Patterson.”
“Da ragazzino ce l’avevo. Avevo una cotta per Meredith.”
“E questa Meredith rimarrà per sempre il tuo unico amore?”
Lui sembrò pensare a qualcosa, lo sguardo perso nel nulla, poi si riscosse e mi osservò di nuovo, gli occhi incredibilmente seri. “Chi lo sa.”
Sospirai rassegnata. “Portiamo le birre agli altri, va’.”
Proprio mentre mi giravo per tornare al tavolo Matt mi toccò lievemente un braccio per fermarmi. Non me l’aspettavo, tanto che reagii sussultando e rovesciai sul pavimento un po’ della birra che avevo in mano, poi imprecai poco elegantemente mentre controllavo di non essermi sporcata.
“Perché diavolo l’hai fatto?” lo insultai.
“Io ti ho solo sfiorata, sei tu che sei saltata per aria!”
“Ho preso paura. Senti,” continuai, anticipando la sua battuta sarcastica, “ho capito l’andazzo, sono tre mesi che praticamente non ci vediamo ma non è cambiato un cavolo tra di noi, continuiamo a non sopportarci, forse è il caso di…”
“Perché pensi che ti abbia evitata?”
“Mi… mi hai evitata, quindi?” balbettai, presa alla sprovvista.
Sospirò, avvicinandosi di un passo. “No, ti ho chiesto solo perché lo pensi.”
Spostai gli occhi per cercare di evitare i suoi, ormai troppo vicini per i miei gusti. “Non… non è che…”
Dovevo cercare una risposta in fretta, ma in realtà non sapevo più cosa dire, le sensazioni dei giorni precedenti sul fatto che mi avesse appositamente scansata durante l’estate stavano svanendo sotto il suo sguardo caldo e vagamente curioso. Mentre facevo vagare gli occhi oltre la spalla di Matt in cerca di una risposta, incontrai l’espressione atterrita di David, che mi faceva segno di aver bisogno di una mano, come avevamo concordato in precedenza.
“Ti sei inceppata?” mi domandò Patterson, incerto.
“Devo andare.”
Lo superai e andai dritta verso David, sentendomi estremamente in colpa: per la seconda volta nella serata mi sentii una pessima amica, ero così presa dai miei stupidi drammi personali che mi ero dimenticata di controllare la situazione tra Aud e Dave. Quando arrivai da lui era solo e sembrava piuttosto abbattuto.
“Dave! Com’è andata? Sei riuscito a dirle tutto? Dov’è Audrey?” lo bombardai subito dopo averlo abbracciato brevemente.
“Sì, le ho detto tutto.”
“Se l’è presa?”
“No, non con me almeno. Ma credo ci sia rimasta davvero male.”
“Dov’è ora?” gli chiesi, mentre mi guardavo in giro senza trovarla.
“È appena uscita. Dee, vai, accompagnala a casa.”
Annuii e mi voltai per andarmene, ma mi venne in mente un’ultima cosa.
“Dovresti spiegare agli altri cos’è successo,” consigliai a David, indicando il tavolo dov’erano seduti Jude, Josh e Matt, poi gli porsi la birra che avevo ancora in mano. “E tieni questa.”
Uscii di fretta senza salutare nessuno e raggiunsi Audrey che camminava a testa bassa verso casa propria.
“Aud!” la chiamai, accelerando il passo per arrivare a toccarla su una spalla.
Lei sussultò e si girò di scatto, sorpresa. “Delia…”
“Sono qui, tesoro. Mi dispiace tanto.”
“Tu lo sapevi?”
Sospirai pesantemente, sentendomi un po’ in colpa. “Sì.”
“Da quanto…?”
Non la lasciai nemmeno continuare, non volevo che pensasse che le avevamo mentito. “È una cosa nuova, Aud, nessuno poteva sospettarlo. È successo mentre ero via e David me l’ha detto ieri. Era davvero in panico, solo per questo non te ne ha parlato subito, ma non te l’avremmo mai tenuto nascosto, davvero.”
Audrey sembrò indecisa sulla risposta da dare, alla fine abbassò la testa e non disse niente, vidi solo due grosse lacrime che le solcavano lentamente le guance per poi cadere sulla sua maglietta.
“Oh, tesoro!” mormorai avvicinandomi per abbracciarla.
Lei si lasciò stringere da me e mi si spezzò il cuore a sentirla singhiozzare così.
“Perché capitano tutti a me?” mi domandò con una vocina piccola piccola.
“Perché sei troppo bella e intelligente e buona per essere vera. Quando arriverà il tuo Principe Azzurro sarà un ragazzo spettacolare.”
Lei ridacchiò, si staccò da me e si asciugò le lacrime. “Puoi dire a David che non sono arrabbiata con lui? Ora non ho voglia di tornare al Platinum.”
“Glielo dirai tu domani, ma credo che lo sappia già.”
“Domani?” chiese lei titubante.
“Sì. Ora andiamo a casa tua, tiriamo fuori una mega confezione di gelato dal freezer, due cucchiai, e ci buttiamo davanti alla tv per cercare un film stupido e divertente che ci distragga un po’.”
“Non credo di avere del gelato in casa,” pigolò lei abbattuta.
“Allora so esattamente dove possiamo andare.”

La casa di mia nonna Charlotte distava abbastanza dal locale, perciò decidemmo di arrivarci col mio scooter, che poi era il mezzo con cui ero arrivata al Platinum. Avevo le chiavi ma, anche se sapevo che a mia nonna non sarebbe dispiaciuto vedermi piombare lì alle dieci di sabato sera, decisi di farle una telefonata per avvisarla della situazione. Lei non mi fece neanche spiegare tutto: appena cominciai a dirle quello che era successo mi ordinò di andare subito, e che avrebbe avvisato lei i miei genitori che avrei dormito lì, nella cameretta che teneva sempre pronta per me.
Quando ci aprì la porta accogliendoci in pigiama e vestaglia svolazzante, fu chiaro che quando l’avevo chiamata fosse già pronta per andare a dormire o, peggio ancora, che l’avessi svegliata.
“Nonna! Non serviva che ci aspettassi su, potevi andare a dormire!”
“Non dire sciocchezze, Delia. Vi ho preparato la camera e sono andata a prendere il gelato nel congelatore di sotto, l’ho messo in cucina. È una confezione con cioccolato, stracciatella e crema, andate a prenderlo prima che si sciolga.”
Audrey aveva già conosciuto mia nonna, ma probabilmente si accorse quanto mi somigliasse proprio in quel momento, quando sciorinò tutta la sua parlantina e ci spinse dentro casa invitandoci ad andare in cucina, senza lasciarmi protestare né ringraziare.
“Ora che siete arrivate posso ritirarmi nelle mie stanze da vecchia decrepita e lasciarvi alle vostre giovani occupazioni. Potete anche stare in sala, se volete, c’è la pay tv, almeno voi la sfrutterete, io la uso solo per quei vecchi film dei miei tempi che fanno il venerdì sera sul canale 77. L’altra settimana c’era Casablanca, un vero classico. E non preoccupatevi di fare confusione, ragazze, sono mezza sorda.”
Era evidente che non fosse né decrepita né sorda, e per la verità non era nemmeno eccessivamente vecchia: aveva settantun anni ma sprizzava energia da tutti i pori. La adoravo da sempre, ma in quel momento la adorai ancora di più, con quel suo modo di farci sentire le benvenute senza lasciarsi andare a stupidi convenevoli né mettere Audrey a disagio.
“Grazie nonna,” le dissi, seriamente riconoscente.
Lei sventolò per aria una mano, come a dire che non c’era niente di cui ringraziare, dopodiché ci diede le spalle per andare verso le scale che portavano alle camere.
“Buonanotte, bambine.”
Non ci diede neanche il tempo di rispondere che era già sparita, veloce come il vento. In cucina, oltre al gelato, trovammo sul tavolo anche due bicchieri, il succo di frutta e un pacco di biscotti con le gocce di cioccolato. Lanciai un’occhiata di sbieco a Audrey e la vidi già un po’ rinfrancata.
“Tua nonna è una vera forza. Me la presti?”
Sorrisi mentre ci spostavamo in salotto con tutto il necessario. “Puoi venire quando vuoi, ma la nonna rimane la mia. La amo troppo.”
Aud sospirò e si accucciò sull’angolo del divano. Io presi il telecomando e mi misi di fianco a lei, cominciando a spulciare i vari canali fino a trovarne uno per bambini, dove passavano La bella addormentata nel bosco, la versione Disney. Guardai la mia amica, sapevo quanto le piacesse quel cartone, e infatti le si illuminarono gli occhi quando notò che il film era iniziato da poco.
Passammo la serata così, a guardare un cartone per bambini e parlare male dei ragazzi ingozzandoci di gelato e biscotti.
“Perché non esistono ragazzi come il Principe Filippo?” sospirò Audrey alla fine del film con voce sognante.
“Non è che sia il massimo, in realtà.”
La mia amica mi guardò con gli occhi sgranati, come se avessi detto un’eresia.
“Cioè,” continuai, “è carino e tutto il resto, certo, ma senza le fate sarebbe morto abbrustolito da Malefica. Le donne sono le vere toste di questo film, tolta quella rincoglionita di Aurora, che comunque si vede ben poco. Dovremmo imparare un po’ più di girl power, dovremmo imparare a vendicarci come Malefica. Con un po’ meno di cattiveria omicida, magari.”
Audrey ridacchiò. “È facile per te parlare così, sei già una forza della natura. Riesci sempre a districarti con facilità in ogni situazione.”
“Certo, come no,” commentai ricordando il balbettio confuso che avevo sfoggiato poche ore prima di fronte a Patterson.
“Dico davvero, Dee. Vorrei essere un po’ più come te, fregarmene di tutto e di tutti.”
“Non è esattamente così.”
“Lo so, ma dai quest’impressione,” disse lei, sospirando di nuovo. “Tipo coi ragazzi, sembri così… libera.”
“Perché sono stata male pure io. Dopo la faccenda con Teller mi sono ripromessa di divertirmi e basta finché avrei potuto: per il momento mi va bene così, trovo che sia molto più facile per come sono fatta. Ma tu sei diversa da me, Aud, sei molto più sensibile e gentile e fiduciosa, e non devi vedere questi come dei difetti, perché ti rendono la persona stupenda e l’amica fantastica che sei.”
Audrey mi lanciò uno sguardo riconoscente, gli occhi lucidi. “Mi piaceva davvero Toby. Mi stavo innamorando di lui.”
“Lo so, tesoro, non è colpa tua.”
“Non è nemmeno colpa sua, povero, è gay.”
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. “Non devi sempre vedere il buono in tutti. È vero, è gay e non è colpa sua, ma poteva almeno avvisarti prima di provarci con uno dei tuoi migliori amici, cosa dici? Puoi insultarlo un po’, non c’è nulla di male.”
Lei arricciò il naso. “Hai ragione, è stato scorretto.”
“È stato un vero bastardo, altroché!” esclamai, ormai abituata alla sua difficoltà nell’essere cattiva con chicchessia. “Ripeti con me: Toby è stato uno stronzo e lo lascerò per sms senza nemmeno concedergli il diritto di replica.”
Audrey sorrise, ma poi rifletté qualche secondo. “Dovrò comunque affrontarlo a scuola.”
“Lì non sei sola, non ti devi preoccupare: io e Jude siamo delle brave guardie del corpo,” la rassicurai raddrizzando le spalle.
A quel punto la mia amica scoppiò finalmente a ridere. “Lo so bene! Meno male che ho voi.”
“Puoi dirlo forte, sorella. Andiamo a nanna?”
Lei annuì con uno sbadiglio, così ci sistemammo in camera e ci infilammo nei due letti che mia nonna aveva preparato per noi con le lenzuola rosa a fiorellini bianchi.
“Buonanotte Aud.”
“Buonanotte Dee. E grazie.”
Non risposi, non ce n’era bisogno: quello che avevo fatto per lei quella sera era il minimo, ne eravamo entrambe consapevoli. Mi addormentai più serena, sapendo di aver compiuto il mio dovere e, in fondo, sentendo di non essere un’amica poi così pessima.

La mattina seguente mi svegliai con il profumo familiare delle mie domeniche a casa della nonna: cannella e caffè. Mi alzai e notai che il letto di Audrey era già vuoto, così mi diressi verso la cucina, facendo prima un passaggio in bagno per la pipì. Quando arrivai in cucina trovai Audrey seduta al bancone vicino al piano di lavoro che chiacchierava amabilmente con nonna Charlotte, la quale, nel frattempo, stava alzando la pila di waffle che aveva costruito su un piatto di fronte alla mia amica.
“Buongiorno,” esordii entrando, già di buonumore per il profumo di cannella che si spandeva nell’aria.
“Buongiorno bambina,” mi salutò mia nonna, porgendomi un piatto dove aveva appena messo due waffle. “Aspetta che ti prendo la panna. L’ho appena montata.”
“Sì, lo so. Non esiste che tu compri quella spray del supermercato.”
“Figurarsi! È troppo dolce e piena d’aria.”
Andai a scoccarle un bacio di ringraziamento sulla guancia prima di sedermi di fianco ad Audrey e cominciare a mangiare.
“Di cosa parlavate?” domandai mentre addentavo un boccone gigante di waffle.
“La tua amica mi stava raccontando la sua sfortunata vita sentimentale,” rispose mia nonna, con fare ciarliero.
Guardai stupita Audrey, ma lei mi sorrise di rimando, senza alcun accenno di imbarazzo. Era strano: di solito Aud era molto riservata sulla sua vita privata e, anche se parlava con chiunque delle faccende altrui, tendeva a essere timida riguardo le proprie. Evidentemente mia nonna le aveva ispirato davvero molta fiducia, tanto da spingerla a confidarsi con lei.
“E che ne pensi, nonna?”
“Ah, la sfortuna non dura per sempre,” commentò lei saggia, prima di rivolgersi direttamente ad Audrey. “E comunque, tesoro, più stronzi incontrerai più sarai capace di riconoscerne l’odore da lontano la prossima volta.”
Sputacchiai il succo d’arancia dentro il bicchiere nell’udire mia nonna che usava una parolaccia, ma lei non si scompose.
“Credimi, gli uomini bisogna saperli prendere: se trovi quello giusto lo puoi addestrare. Ma alla vostra età è ancora difficile capire chi ha un briciolo di sale in zucca e chi invece è proprio una causa persa.”
“Vedi?” mi intromisi io per battere sul mio punto. “Ho ragione io a lasciar perdere per ora. I ragazzi servono solo per divertirsi.”
“Tu ti diverti fin troppo, bambina mia,” mi rimproverò mia nonna, ma c’era un sorriso svagato nella sua voce che non potei fare a meno di notare.
Le feci una linguaccia irriverente. “Scommetto che a tuo tempo ti sei divertita anche tu.”
“La solita impertinente,” ridacchiò lei.
La verità era che mi capitava, a volte, di parlare con mia nonna dei tipici problemi della mia età: scuola, amici e sì, anche ragazzi. Avevamo un rapporto molto confidenziale e la consideravo quasi come un’amica, non avevo alcun tipo di timore reverenziale nei suoi confronti, anche se aveva mezzo secolo più di me. Audrey ci guardava rapita e non ebbe il coraggio di intromettersi nei nostri botta e risposta.
“Continua con i tuoi consigli illuminanti, nonna.”
“Mi stai prendendo in giro, nipote?”
“No, stavolta no. Era davvero interessante quello che stavi dicendo. Sai che non mi stufo mai di ascoltarti!”
“Sei la solita piccola ruffiana.”
Avrei avuto anch’io delle cose da chiedere a mia nonna, su Patterson, sul perché si comportasse sempre in modo così criptico, sul motivo per cui un giorno volevo prenderlo a sberle e il giorno dopo mi stupiva tanto da lasciarmi senza parole, ma non avevo ancora il coraggio di parlarne con nessuno, perché non capivo cosa significasse. E in ogni caso la mia priorità in quel momento rimaneva Audrey. E David.
“Dave mi sta chiamando,” notai prendendo in mano il mio telefono.
Alzai gli occhi su Aud, che fece un’espressione vagamente allarmata, poi mi porse la mano per prendere il cellulare.
“Sei sicura?”
Lei annuì leggermente e rispose alla chiamata al posto mio, mentre mia nonna mi lanciava un ultimo sguardo ammonitore.
“Tu cerca di non fare troppa confusione coi ragazzi, che hai solo diciassette anni.”
“Ti voglio bene anch’io, nonna. C’è ancora panna?”












Eccomi in ritardo di solo qualche mese, come previsto! -.-
È anche inutile che mi scusi, purtroppo sono fatta così e questi mesi sono stati incasinati. Spero vogliate seguirmi ancora, perché sono piena di idee per questa storia e spero di mantenere un ritmo più simile a quello dei primi capitoli, anche se purtroppo non posso garantire niente.

So che è un ritorno abbastanza vergognoso, perché vi aspettavate (e mi aspettavo) qualcosa di più. Doveva succedere tutt’altro in questo capitolo, ciò che a sto punto accadrà nel prossimo capitolo, che sarà bello succoso, soprattutto per quanto riguarda Matt e Delia. È che ogni tanto la storia prende vita e si scrive da sé… Cioè, non proprio da sé, sennò si sarebbe pubblicata prima, ahimè. ^^ Ma mi sembrava necessario lasciare più spazio ad Audrey e soprattutto mostrare finalmente nonna Charlotte, che ho nominato in moltissimi capitoli e che finora avevo solo immaginato e mai descritto. Spero apprezziate, ma non ne sono così sicura, perché i personaggi secondari ogni tanto non interessano. Fatemi sapere cosa ne pensate e se preferireste che lasciassi meno spazio a queste parti.
In ogni caso ciò che è successo tra Matt e Delia, anche se è poco, sarà importante nel prossimo capitolo. So che è difficile tenere il filo ma so anche di avere delle lettrici brave brave e super attente. <3

Aspetto pareri e intanto mi mangio freneticamente le pellicine delle unghie, quindi siate gentili e lasciate un commentino! A presto, spero.
Grazie per la pazienza! Un bacio!
  
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