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Autore: Vago    11/11/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Attenzione.
Se non avete letto il capitolo pubblicato domenica, vi consiglio caldamente di andare a recuperarlo.
Buona lettura a tutti. 

 

 Mea si alzò dal suo posto, muovendo impercettibilmente le labbra mentre decine di pensieri le turbinavano nella mente.
Sapevano dov’era il loro obbiettivo, ma se si fossero imbarcati nuovamente per un viaggio verso i Monti Muraglia, avrebbero perso un’altra settimana per rincorrere una chimera.
- Il problema sarebbe solamente che l’energia potrebbe non bastarci, quindi? – chiese Nirghe.
- Si. – gli rispose la mezzelfa – Posso far comparire il sostituto solamente in un posto che ho già visitato e muoverlo richiede un costante flusso di energie. –
- Non puoi fare come sul continente? Prenderne anche da noi? Dopotutto non è necessario arrivare fino in fondo in una volta sola, possiamo sempre ripartire da dove ci siamo fermati non appena avremo recuperato. – s’intromise Keria appoggiando una mano sulla spalla della maga.
- Non so nemmeno io quanta strada riusciremmo a fare, ma tanto vale tentare. – concluse Mea visibilmente indecisa.
La maga tracciò una piccola stella a sette punte sulla fronte di ognuno, compresa la sua, per poi concentrare le sue attenzione su un grosso foglio che si era fatta portare da Vanenir.
L’incantesimo che stavano per provare era complesso, Hile lo poteva intuire dall’attenzione maniacale che la compagna di viaggio riservava per quel lavoro.
Buio gli si avvicinò piano, toccando il palmo della mano dell’assassino con la punta del muso, ricevendo in risposta delle carezze distratte sulla nuca.
Mea tracciò le ultime linee, sollevando il capo soddisfatta dal suo lavoro. – Preparatevi. – disse semplicemente, per poi appoggiare il proprio palmo sul foglio.
Il mondo si tinse di rosso, mentre le pareti di pietra lavica scomparivano, per far posto alle pareti di una casa diroccata.
Hile cercò di guardarsi attorno, ma gli occhi parvero non voler obbedire ai suoi comandi. Riconobbe, tuttavia, la finestra della casa in cui si erano ritrovati dopo la prova.
- State calmi e non muovetevi per nessun motivo. I vostri corpi reali sono ancora legati a voi. – disse la voce di Mea permeando l’ambiente.
Lo sguardo del sostituto si mosse assieme al corpo, dirigendosi in direzione della porta d’ingresso. Il sole colpì la figura antropomorfa dalla pelle lattescente, che si diresse, senza soffermarsi sulle alte mura nere, verso il retro della casa dalla quale era uscita.
I ruderi candidi infestati dal muschio di quello che fu il palazzo del governo della Terra degli eroi si stagliarono di fronte ai sei assassini, malcelati dalle rovine delle case che gli erano sorte tutto intorno.
Numerose crepe costellavano le pareti e il tetto spiovente in più punti aveva ceduto sotto il peso della natura e del tempo, facendo rovinare a terra i coppi e le pietre che ora costellavano il pavimento.
- Cosa stiamo cercando esattamente? – chiese la voce di Seila, eterea.
- Una scala, o una porta. Qualcosa che possa condurci all’antica roccaforte dei nani. – le rispose Mea, facendo muovere la testa del sostituto in modo da avere una buona visuale su tutto il salone in cui erano entrati.
- Izivay Magnea, era così che si chiamava la sala, vero? – domandò Nirghe tutt’a un tratto.
- Si, perché? – continuò la maga.
- Ho notato una targhetta su una porta, poco fa. Alla nostra destra. – proseguì lo spadaccino.
Poco lontano, a fianco di una porta in legno marcescente, caduta a terra e ricoperta da detriti, una targhetta riposava storta attaccata a uno dei suoi estremi al muro. Su di questa, un’incisione riportava il nome della grande sala nanica.
- Complimenti per la vista. – si dovette complimentare Hile. – Scendiamo? –
I piedi lattescenti del sostituto si posarono sugli scalini sconnessi oltre quella soglia, scendendo con attenzione nella penombra verso l’oblio, con la sua sola pelle ad illuminargli blandamente la via.
Hile provò a tenere i suoi sensi all’erta, ma l’assenza dei suoni e degli odori che avevano invaso il suo cervello nelle ultime settimane  lo faceva star male, come se improvvisamente avesse perso qualcosa.
Le pareti, man mano che si scendeva, si riempivano sempre più di piccole stalattiti gocciolanti, mentre insetti dall’esoscheletro trasparente comparivano e scomparivano tra gli scalini in pochi secondi.
Dopo un silenzio che parve eterno, la voce di Mea proruppe. – Io non riesco più a mantenere il sostituto. Hile, comincio a utilizzare le tue energie, non esagerare e avvertimi appena ti senti sfinito. –
Il Lupo avvertì qualcosa di inspiegabile. Si era quasi abituato a quella condizione di spettatore etereo, ma avvertì distintamente un colpo al costato, vero, materiale.
- Tutto bene? – chiese ancora la maga, con un tono decisamente più preoccupato di prima.
- Si… tranquilla. – rispose il lanciatore di coltelli senza fiato.
Continuarono a scendere inesorabilmente per delle ore, rimbalzandosi ritmicamente il fardello di mantener vivo quel corpo a proprie spese.
Un piede lattescente non trovò più uno scalino, facendo perdere l’equilibrio di quel corpo, che cadde in avanti.
Hile provò a portare le mani al viso, ma quel tentativo fu completamente inutile perché quegli arti non vollero saperne di obbedire ai suoi comandi. Non avvertì, però dolore.
- State tutti tranquilli. Non possiamo avvertire gli stimoli esterni del sostituto. – disse Mea con voce calma. – Credo che siamo arrivati alla nostra destinazione… -
Il corpo lattescente si alzò lentamente da terra. Sotto i suoi piedi, nel piccolo cerchio di luce che rischiarava l’ambiente, si poteva riconoscere un pavimento levigato da una mano abile, mentre alle sue spalle, le scale che li avevano portati fin li nascevano in un muro adornato da una lamina d’oro coperta da uno spesso strato di polvere e ragnatele.
- Dove possono aver messo questo progetto? – chiese Keria.
- Non dovrebbe essere nascosto. Dopotutto nessuno, oltre ai diretti interessati, sarebbe dovuto venire a conoscenza di tutto questo. – Hile cominciò a parlare lentamente, come se stesse solamente pensando ad alta voce.
- E con questo cosa vorresti dire? – gli chiese Nirghe, irritato.
- Mea, - continuò il Lupo, ignorando il Gatto – Vai verso il centro della sala. Se io avessi usato questo posto per conservare qualcosa, l’avrei riposta al centro o, al massimo, dalla parte opposta dell’ingresso. –
Il corpo riprese a muoversi, abbandonando la sicurezza del muro per avventurarsi verso l’ignoto.
Ad ogni passo la tensione cresceva, mentre nell’oscurità nulla pareva aspettarli.
Tutt’a un tratto, come all’improvviso, un tavolo in pietra venne toccato dal bagliore del sostituto. Su di questo, impilati accuratamente, c’erano decine di libri e fogli ingialliti.
- Mea… - la voce di Seila arrivò fievole, insicura.
Il corpo si sporse sui fogli, frugando con dita sicure tra le pagine in cerca di qualcosa di importante.
- Mea… -
Lo sguardo del sostituto si spostò poco più a destra, dove comparve una grossa figura coperta da un lenzuolo marrone.
- Mea! Non ce la faccio più! – La voce del Serpente prese decisione, prorompendo nelle orecchie dei suoi compagni.
- Scusa, ho esagerato. – disse la mezzelfa imbarazzata. – Nirghe, è il tuo turno, te la senti? –
- Certo. – rispose lo spadaccino risoluto.
Con un gesto rapido il drappo cadde a terra, facendo sollevare una nuvola densa di polvere. Sotto di questo, un’urna scura riposava sopra a un foglio scritto a mano, che Mea prese immediatamente.
“ Purtroppo le mie peggiori previsioni si sono avverate. Non so ancora quale viaggio vi abbia portato fin qui, non so se gli dei vi abbiano donato i loro poteri o la loro protezione. Tutto ciò che so, è che il demone è nuovamente una minaccia e nessuno ha potere a sufficienza per fermarlo. Tu che stai leggendo, quella che vedi di fronte a te è il prodotto di mesi di studio e lavoro, il Progetto Giara.”
- Mea, cambia ora. –
- D’accordo. Jasno, puoi resistere qualche minuto ancora? –
- No, mi dispiace. – fu la risposta dell’Aquila.
- Mea, prendi le mie energie. Ce la posso fare. – intervenne sicura Keria.
- Va bene. Mi raccomando, non esagerare. –
“ Non sono sicuro che questa cosa che abbiamo costruito possa funzionare, dopotutto i poteri del demone sono ben superiori a quelli di qualunque mortale. Sono voluto rimanere ottimista, portando a termine questo progetto, e, in onore di ciò, vi lascio le istruzioni per poterlo utilizzare. Per far si che non possa essere utilizzato in maniera inappropriata, il Progetto Giara ha bisogno di una chiave di attivazione: il sangue di Frida, Ardof, Trado e Diana. Mi conosco fin troppo bene per credere di poterne lasciare di mio.”
- Mea, basta così. –
- Tocca a me, ora. – fu la risposta della maga.
- No, tu devi concentrarti per muovere il sostituto, lo farò io. – ribatté Hile.
“ Lo scopo del progetto è imprigionare il demone in un sigillo totale al suo interno. L’incantesimo che vi è impresso farà si che qualunque cosa venga fatta entrare al suo interno si trovi immersa in un luogo dove il tempo e lo spazio non esistono. Per far ciò è necessario pugnalare il demone con lo stiletto che ci troverete dentro. Mi spiace che questo fardello sia ricaduto su di te, dopotutto sarebbe stato compito nostro eliminare per sempre la minaccia che il demone comporta.
Vago”
La scena scomparve in un istante, riportando gli assassini all’interno della capitale del regno dei draghi.
Hile aprì gli occhi a fatica, respirando a pieni polmoni, in cerca di ossigeno.
Il grosso muso di Buio comparve sopra di lui, toccandogli la guancia con la punta umida del naso.
- Come possiamo ottenere il sangue dei cinque, se i loro corpi sono svaniti davanti a noi? – chiese Keria alzandosi insicura in piedi.
- Deve esserci qualcosa oltre a quello. Dopotutto, per quello che abbiamo visto finora, Vago è sempre stato avanti di tre passi rispetto a tutti, deve aver previsto una simile eventualità. – le ripose il Lupo.
- La domanda non è come prendere quel sangue. No, la vera domanda è perché non si è incluso nella chiave di attivazione. – fu la risposta secca della maga.
Il momento di silenzio che ne seguì fu atroce.
- Lupetto. Ti ricordi il discorso che ti feci appena partimmo, sui Monti Muraglia? –
- No, è passato davvero troppo tempo. Ma cosa c’entra ora? –
- Ti dissi che siamo in sei e, se tutto fosse andato come accadde con i Sei, avremmo formato tre coppie. –
- Ora ricordo, e continua a sembrarmi una tua vana speranza. Non riesco a capire dove vuoi arrivare. –
- Il punto non è questo. Il fatto è che i Sei erano quattro maschi e due femmine e si formarono due coppie, Vago salì al governo della Terra degli Eroi e Codero divenne un dio. Le due coppie sono la chiave, non è il sangue di quei quattro, ma dei loro figli che dobbiamo cercare. Per questo non si è incluso, non era così ottimista da pensare che avrebbe potuto lasciare eredi. –
I cinque sguardi sgomenti rimasero fissi su Nirghe, che sembrò imbarazzarsi all’improvviso.
- Scusa, perché mai avresti dovuto fare un discorso del genere, quando siamo partiti? – fu la prima domanda di Keria.
- Ecco… lascia stare. Avevo dei grossi problemi, all’epoca. Ma non cambiamo discorso. Dobbiamo trovare quel sangue e andare a recuperare quel vaso, ora. - 

   
 
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