Videogiochi > The Elder Scroll Series
Segui la storia  |       
Autore: Il_Signore_Oscuro    12/11/2016    2 recensioni
Ragnar'ok Wintersworth un giorno sarà l'Eroe di Kvatch, colui che salverà Tamriel dalla minaccia di Mehrunes Dagon, principe daedrico della distruzione, con il fondamentale aiuto di Martin Septim ultimo membro della dinastia del Sangue di Drago. Ma cosa c'è stato prima della storia che tutti noi conosciamo? Chi era Ragnar prima di essere un Eroe? Lasciate che ve lo mostri.
[PAPALE PAPALE: questa storia tratterà delle vicende di Ragnar. Non sarò fedelissimo al gioco ma ne manterrò le linee generali, anche se alcuni avvenimenti saranno cambiati o spostati nel tempo. Non ho altro da dirvi, se non augurarvi una buona lettura!]
BETA READER: ARWYN SHONE.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Eroe di Kvatch, Jauffre, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Chapter twelve – Lower the gates!

Mi accingevo, preso da un’impazienza fanciullesca, ad addentrarmi nella Capitale attraverso la piccola salita che precedeva il portale nord, quando una voce mi chiamò.
-Ehi, giovane! Me la daresti una mano?
Mi guardai intorno, cercando di capire da dove provenisse. Quando mi voltai lo vidi: era un imperiale, non più nel fiore degli anni. Dai suoi vestiti e dall’odore poco gradevole capii che era un pescatore.
Avrei fatto volentieri a meno di fermarmi per starlo ad ascoltare, ma qualcosa me lo impedii: non so se fosse un mio innato senso di bontà o, piuttosto, la paura che si diffondesse la voce che avevo negato il mio aiuto a un povero vecchio.
Dunque mi fermai e andandogli incontro sorrisi, con aria disponibile.
-Certo, mi dica.
-Senti, senti – disse, biascicando le parole – volevo chiederti un favore. Io ho lavorato per tutta la vita, spaccandomi la schiena e quando qualche tempo fa mi fu offerta una grande somma di denaro per raccogliere delle scaglie di pesci assassini, beh, io accettai subito. Capisci? Era la mia occasione per andarmene in pensione!
-Capisco, ma che è successo?
-Aspetta che ci arrivo, ragazzo. In pratica i pesci assassini che andavo cercando si trovano proprio qui, nel Lago Rumare, ma sono molto più feroci e violenti che in ogni altra parte di Cyrodill. Appena provai a prenderne uno – sputò per terra un grumo di muco – quel bastardo si è portato via la mia gamba, come puoi notare.
Abbassai lo sguardo, vidi che non solo le gambe ce le aveva tutte e due, ma che erano integre, senza neanche un graffio. Quel tipo non doveva starci molto con la testa, ma feci finta di nulla e continuai ad ascoltarlo.
-Facciamo così, tu prendi quei pesciacci per me e io faccio a metà la ricompensa con te. Tanto anche se i soldi saranno un po’ meno mi basteranno comunque. Che ne dici, giovane bretone?
Mi astenni dal fargli notare che ero un nord (il che era evidente dalla mia statura e dai lineamenti) e accettai la sua offerta. Dando un ultimo sguardo malinconico al portale della città, mi diressi verso le rive del lago Rumare.
L’acqua era limpida e placida, erano passati anni dall’ultima volta che mi ero fatto una nuotata. Ricordo che da bambino, nel piccolo laghetto dove di tanto in tanto Jauffre mi portava, mi divertivo a rimanere sott’acqua il più a lungo possibile; talvolta facevo a gara con Lucien, per vedere chi resisteva di più. Questo nostro gioco preoccupava parecchio il vecchio Priore, che più d’una volta s’era tuffato per controllare che non fossimo annegati. Mi tolsi i vestiti, rimanendo con dei calzoni corti a coprire la mia nudità; per quella piccola caccia non mi sarei portato dietro Durendal, sarebbe stato un peso inutile, avrei optato per il pugnale. La mia unica paura era che qualche ladro di passaggio potesse rubare la mia roba o anche solo la spada mentre non vedevo, purtroppo era un rischio che dovevo correre. Avevo dato la mia parola a quel vecchio e non me la sarei di certo rimangiata.
Proprio mentre stavo per immergermi nell’acqua, calciai per sbaglio uno degli stivali di Seed-Neeus, gettandolo nel lago. Con mio stupore mi resi conto che la calzatura non affondava, tutt’altro, rimaneva sospesa sul pelo dell’acqua. Era questa la sorpresa a cui si riferiva l’argoniana, capii.
Spesso e volentieri i maghi incantavano gli oggetti di uso comune con simili incantesimi, era un ottimo modo per incrementarne il valore a livello economico. Camminare sull’acqua poteva essermi molto utile, magari proprio in quell’occasione, ma pensandoci meglio, ricordai che i pesci assassini si immergevano prima di attaccare. Con ai piedi gli stivali non avrei potuto seguirli e questo mi avrebbe reso una preda facile.
I pesci assassini erano creature pericolose: carnivore, simili nel corpo a serpenti ma con file di denti seghettati. Non era raro che nuotassero in piccoli branchi di due o tre elementi. Erano soliti cibarsi di granchi del fango e altri pesci, ma non disdegnavano i piccoli animali che si avvicinavano incautamente alla riva, e gli uccelli che volavano a bassa quota, catturandoli in spettacolari salti fuori dall’acqua per poi dilaniare le loro carni nel fondale.

Ne uccisi all’incirca una decina, ritenendo che fossero sufficienti. Non ebbi grossi problemi, me la cavai giusto con qualche graffio qua e là. Quando ebbi finito, trascinai i loro corpi sulla riva e iniziai a squamarli uno ad uno, gettando via le interiora e conservando sotto sale le parti commestibili. Poco dopo portai le squame al vecchio Aenlin, questo il nome del pescatore, che sembrò entusiasta del mio lavoro.
-Bel lavoro bretone! Eccoti la ricompensa, come promesso. Il cliente me l’ha data in anticipo, vedi di non spenderli tutti in una volta. – Disse, ridendo.
Contai i septim e rimasi sbigottito, evitando di darlo a vedere: erano cinquanta septim! Aenlin mi aveva parlato di una fortuna, abbastanza per smettere di lavorare. Neanche il più umile dei contadini poteva sperare di campare con cento septim per il resto della sua vecchiaia. Forse quel vecchio mi aveva ingannato, dandomi meno di quanto aveva promesso, o magari anche l’ultima delle sue rotelle era andata fuori posto. Una cosa era certa: non sarei rimasto lì a sindacare.
Ringraziai il vecchio e mi addentrai finalmente nella Capitale.

La Città Imperiale sorgeva su un isolotto al centro del Lago Rumare, insieme con altri piccoli fazzoletti di terra su cui erano insediate l’Università Arcana, il Porto e la Prigione Imperiale, collegate con la città tramite ponti di pietra. La Capitale si sviluppava secondo una pianta circolare in due anelli concentrici: il primo, il più esterno, comprendeva i quartieri residenziali e quelli destinati allo svago dei cittadini: la zona del Tempio; quella del Mercato, dove i commercianti potevano vendere le loro mercanzie; Talos Plaza, con la statua del dio-drago Akatosh; i Giardini elfici; l’Arena, dove di giorno in giorno uomini liberi combattevano all’ultimo sangue in veste di gladiatori, accompagnati dal vociare della folla festante e l’Arboretum, un parco dove grandi e piccoli potevano godersi le calde giornate d’estate, sotto gli occhi benevoli dei nove divini, scolpiti nella pietra.
Il secondo anello, quello più interno, costituiva anche il centro della capitale: qui  c’erano i mausolei delle famiglie più importanti della città, la grande strada circolare chiamata Green Emperor Way, da cui svettava la gloriosa Torre d’oro-bianco, costruita nel corso della prima era dagli Ayleid, noti anche come “Antichi Elfi”. Tale torre fungeva anche da Palazzo Imperiale, come testimoniato dai vessilli bianco-rossi, raffiguranti il dragone della casata Septim, ed era sorella della Torre dell’Arcimago, nell’Università Arcana, dove lui e i suoi più fidati consiglieri decidevano le sorti dell’intera Gilda.
Le due torri, l’occhio e il dragone, sembravano quasi vegliare sull’intera Cyrodill  e su tutto l’Impero, dai pennacchi innalzati oltre le massicce mura di cinta.

Dei tanti impegni che mi attendevano nella Città Imperiale non avrei saputo a cosa dare la priorità: c’era da chiarire chi fosse questo fantomatico Re dei Vermi, raccogliere informazioni sull’acciaio Damasco presso Rasheeda e, ancora, pagarmi un passaggio per la nave diretta a Bravil. Nel dubbio decisi di dare la priorità al piacere, prima che al dovere: mi sarei recato nell’Arena della Città Imperiale, l’unica a Cyrodill a parte quella di Kvatch, nella Colovia. Orientarmi nella Capitale sarebbe stato difficile, per questo chiesi indicazioni ad una guardia imperiale. Era un uomo sulla trentina, coperto d’una solida armatura in acciaio scuro, con l’ampio scudo della stessa fattura, un elmo cuneiforme sulla testa e un lunga spada d’argento, portata alla cintola.
Vagai per un po’, ma finalmente arrivai. L’allibratore all’ingresso mi indicò la porta sulla destra, quella che conduceva direttamente sugli spalti.

L’Arena era gremita di gente, mai avevo visto tante persone riunite in un solo luogo. L’intera popolazione di Chorrol non raggiungeva nemmeno un quarto di quella folla.
Mi affacciai dagli spalti, sotto i miei occhi la sabbia del campo di battaglia era ancora intrisa del sangue rappreso degli scontri precedenti. Una sottile nube di polvere si levava di tanto in tanto dal suolo, in piccoli ghirigori, come mossa dalle voci, sovrapposte l’una all’altra, di quell’unico brusio confuso.
Lo scontro fra i due gladiatori sarebbe iniziato a breve, nel frattempo uno stuolo di ragazzini scivolava fra gli astanti, vendendo souvenir e vivande a poco prezzo. Vidi un imperiale riempirsi il boccale di vino Tamika Surrilie e affiancarsi a me, al bordo del parapetto.
Vestiva una casacca colo crema, con sopra un gilet di cuoio grezzo; pantaloni in lino e due stivali che di passi ne avevano visti parecchi. Notai sulla sua testa una tonsura, poteva essere un prete, eppure dalla quantità di vino che tracannava e dallo fatto stesso che fosse lì, impaziente di assistere a uno spettacolo di acciaio e sangue, non l’avrei mai detto.
Forse lo fissai troppo a lungo, difatti si accorse del mio sguardo e non tardò ad attaccar bottone.
-Guardi la pelata, eh?
-Scusami… - dissi, imbarazzato dalla figuraccia che avevo appena fatto.
-Ma sta tranquillo, suvvia, non è niente. – Mi rassicurò. – Tempo fa ero un prete e i capelli non mi sono più ricresciuti dall’ultima volta che li ho tagliati.
-Eri? Non lo sei più?
-Eh, già. Sai, avevo ottime ragioni però. – Rispose, con un sorriso.
-Che è successo?
-Ho scoperto l’Arena, l’Arena e il vino! – Disse, alzando il boccale e rovesciandosi un po’ della bevanda sul petto.
Scoppiammo entrambi in una risata.
-Comunque, davvero, è uno spettacolo senza pari. Devi sapere che quando arrivai in città per la prima volta, con mia sorella, fu questo il primo posto che visitai.
-Hai ragione, non è certo una cosa che si vede tutti i giorni.
-E invece sì, ma solo qui nella Capitale: tante persone riunite in unico luogo, indescrivibile. – Rimase per un attimo in contemplazione della folla. – Tu non sei di queste parti, vero?
-No, sono qui solo di passaggio.
-E dov’è che sei diretto? – Chiese lui, incuriosito.
-A Bravil, prenderò una nave fra una settimana, circa.
-Oh, un avventuriero! Mi piace. – Esclamò, soddisfatto. – E senti, ce l’hai già un posto dove stare?
-Finito qui, vedrò di trovare una locanda a poco prezzo in città.
-Macchè! – Disse, dandomi una pacca sulla spalla. – Sarai mio ospite, a casa mia c’è sempre un posto per viaggiatori e amici. – Bevve un altro lungo sorso, stavolta alla mia salute.
-Ecco, non vorrei disturbare…
Quell’uomo lo conoscevo appena, anche per questo ero piuttosto restio ad accettare la sua offerta. Dopo l’episodio di Falcar avevo imparato che era meglio non fidarsi, eppure, nonostante la mia diffidenza, nonostante il gusto smodato per il vino di quell’imperiale…lui mi sembrava un uomo di buon cuore. Nei suoi occhi scuri c’era gentilezza, era qualcosa che sentivo a pelle. Forse nei fatti non era più un sacerdote, ma continuava a volere il bene delle persone.
-Disturbo? Ma quale disturbo! Mia sorella Sabine sarà felice di vedere una faccia diversa dalla mia dentro casa. Lei fa da badante agli anziani, una persona giovane come te sarebbe di certo una bella novità. Sai, è una ragazza così buona. – Si bloccò un attimo, come se si fosse improvvisamente ricordato di qualcosa. – Aspetta, ma non mi sono neanche presentato, vero?
Feci cenno di no.
-Le mie buone maniere si vanno a far benedire quando sono brillo, scusami.
-Non ti preoccupare. – Lo rassicurai. – Comunque il mio nome è Ragnar, Ragnar’ok Wintersworth. – Dissi, porgendogli la mano, che lui strinse all’istante.
-Claudius, Claudius Arcadia. – Mi rispose, con un sorriso a trentadue denti.

Ci fu il risuonare di un corno, seguito da un altro e un altro ancora, finché nell’Arena non vi fu il più totale silenzio. Venne il rullo dei tamburi: lento, regolare, come fosse il cuore pulsante dell’intera Capitale.
Anche questo scemò, fino a spegnersi del tutto, e una voce, amplificata forse da un incantesimo, riempì l’aria.
-Brava gente della Città Imperiale, benvenuta nell’Arena!
La folla rispose con un’ovazione tanto fragorosa da far tremare il pavimento sotto i piedi.
-Anche quest’oggi due valorosi sfidanti si affronteranno per l’onore, la gloria e, non di meno, per il vostro divertimento! Direttamente dai Giardini Elfici della Città Imperiale, con una serie schiacciante di vittorie: per la Squadra Blu, signori e signori, Shimmerstrike!
Ci fu un boato, molti si alzarono in piedi, molti ripeterono il nome del gladiatore con tono festante.
Claudius mi si avvicinò, parlandomi all’orecchio.
-Il novellino non ha speranze, i pugnali di quel bosmer sono letali.
La voce del presentatore tornò a levarsi su ogni altra.
-Carne fresca fresca di addestramento, assetato di gloria e di sangue. Quest’oggi, per la Squadra Gialla, un altmer proveniente dal distretto templare: Egida Grigia!
La folla rispose con fischi di disapprovazione, volarono anche alcuni insulti. Il bosmer di certo era il favorito del pubblico.
-Combattenti, possano i Nove serbare l’anima dello sconfitto e la gente della Città Imperiale innalzare alla gloria degli dei il vincitore. Abbia inizio la battaglia! Giù i cancelli!

Le sbarre dietro cui attendevano i due gladiatori si abbassarono con un cigolio metallico. La sabbia fu smossa dai passi celeri dei due elfi: il bosmer era di bassa statura, come caratteristico della sua razza. Era armato con due pugnali, uno dei quali baluginava di una lieve luce azzurrina. Capii immediatamente che quell’arma era incantata, ecco spiegato come quel piccoletto avesse schiacciato finora nemici più grossi e forti di lui.
L’altmer rischiava grosso: la magia di quel pugnale costituiva una minaccia per chiunque, ma gli elfi alti erano particolarmente sensibili agli incantesimi, se non avesse fatto attenzione sarebbe stato fulminato in un nonnulla.
Egida era armato con uno scudo d’acciaio, di robusta fattura, e con una pesante mazza d’argento. L’unica possibilità per l’altmer era far saltare la testa del piccoletto prima che si avvicinasse troppo.
Spesso gli scudi normali erano totalmente inutili contro le armi incantate. Lui però non sembrava affatto preoccupato, tutt’altro, guardava il bosmer con aria di sfida, attenendo la sua prima mossa.
Shimmerstrike non se lo fece ripetere due volte: attaccò prima con il pugnale normale, poi con quello incantato, in un turbinio di fendenti. Il corto raggio d’azione di quelle lame permise a Egida di schivare gli attacchi e studiare i movimenti del suo avversario.
-Combatti, maledetto spilungone! – Lo provocò il bosmer.
-Tornatene a Solstheim, rammollito! – Gridò un imperiale dal pubblico.
Egida non si scompose e quando Shimmer attaccò di nuovo, lui rimase saldo nella sua posizione. Il pugnale incantato cozzò contro lo scudo, liberando una pioggia di scintille e saette che si disperse nell’aria, sotto gli occhi increduli della folla e del bosmer. L’altmer non perse tempo: disarmò l’avversario e gli spezzò una gamba con la mazza: l’osso uscì dalla carne in un fiume di sangue che si riversò sulla sabbia dell’Arena. Qualcuno nel pubblico si voltò disgustato, qualcun altro urlò di orrore, ma la maggioranza della folla era entusiasta. Lo scudo di Egida doveva essere stato incantato con un incantesimo non molto differente da quello con cui era intriso lo scudo che Vitellus mi aveva donato, per questo era riuscito a rendere innocuo il pugnale di Shimmerstrike.
L’altmer fracassò il cranio dell’avversario e quando fu a terra, privo di sensi, continuò fino a ridurlo in una poltiglia indistinta di carne, ossa e materia cerebrale. Ad ogni colpo la folla, ormai in visibilio, lo incitava sempre più. Era questo il vero volto di Cyrodill? Dell’Impero?  Un guazzabuglio di bocce e voci assetate di sangue e di una violenza tale da rasentare l’animalesco? Il bestiale?
Distolsi lo sguardo, reprimendo un conato di vomito. Claudius mi prese per una spalla e commentò, irritato.
-Dannato Bosmer, avevo puntato cinquanta septim su di lui. – Sbuffò. – Via, andiamo, ti faccio fare un giro della città.


Note dell’autore
Così, con lo spappolamento del povero Shimmer si conclude anche questo capitolo. Ragazzi, non sapete che faticaccia. Confrontarsi con la Città Imperiale, la vastità di cose che ci sono da vedere e da raccontare. Un incubo, ve lo giuro! Sono contento di aver finalmente concluso questo capitolo, anche se non ne sono pienamente soddisfatto. Il giudizio finale però va’ a voi lettori :)

Un abbraccio,
NuandaTSP


 

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > The Elder Scroll Series / Vai alla pagina dell'autore: Il_Signore_Oscuro