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Autore: Melabanana_    13/11/2016    3 recensioni
A un certo punto della storia che conosciamo, in tutto il globo terrestre hanno cominciato a nascere bambini con poteri sovrannaturali, dando inizio alla generazione dei "portatori di doni". Assoldati dalle "Inazuma Agency" come agenti speciali, Midorikawa e i suoi coetanei dovranno lottare contro persone disposte a tutto pur di conservare e accrescere il proprio potere. Ma possono dei ragazzini salvare il mondo?
Avvertimenti: POV in 1a persona, AU, forse OOC, presenza di OC (secondari).
Questa storia è a rating arancione per via delle tematiche trattate (violenza di vario grado, morte, trauma, occasionale turpiloquio). Ho cercato di includere questi temi con la massima sensibilità, ma vi prego comunque di avvicinarvi alla materia trattata con prudenza e delicatezza. -Roby
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Spy Eleven -Inazuma Agency '
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Finalmente il nuovo capitolo è pronto! Ci ho messo settimane, sigh. Spero che almeno valga l'attesa.

Quella mattina cominciò in modo apparentemente normale.
Mi ero svegliato presto e Kazemaru ed io ci eravamo subito diretti in sala addestramento. Natsumi aveva pianificato un addestramento a coppie. Ci trovavamo a fronteggiare i due ragazzi della squadra americana che erano venuti in Giappone con Kruger, Dylan Keith e Ichinose Kazuya, probabilmente i suoi sottoposti più vicini.
Avevo presto imparato che gli enormi occhiali di Dylan non erano solo un accessorio, bensì uno strumento per controllare e direzionare il suo potere: il ragazzo era infatti in grado di lanciare dei raggi dagli occhi, certamente così potenti da poter friggere l’avversario. Era un tipo istintivo, che passava subito all’attacco. Ichinose, invece, faceva molto affidamento sul corpo a corpo, perché era agile e scattante. Su un campo da corsa, forse sarebbe stato veloce quanto Kazemaru. Inoltre, il suo dono era della categoria Fuoco e, attraverso una sorta di danza, riusciva ad evocare un turbinio di fiamme che facevano da scudo al suo corpo.
Sorrisi tra me e me, pensando che Kazemaru sarebbe stato certamente in grado di farle estinguere: ormai era diventato bravissimo nella tecnica dei vuoti d’aria, grazie all’allenamento quotidiano con Diam. Natsumi doveva pensarla allo stesso modo; in questa prospettiva, la sua scelta di assegnargli Ichinose come avversario era logica. Natsumi non creava mai programmi di addestramento casuali.
-Ehi, amico, non distrarti!- Dylan mi chiamò per attirare la mia attenzione. Il suo giapponese non era buono come quello di Mark e aveva un fortissimo accento.
–Il tuo avversario sono io!- urlò e mi balzò addosso.
Evitai un calcio nello stomaco per un soffio spostandomi di lato, girai su me stesso e, a mia volta, cercai di colpirlo con una ginocchiata al fianco. Dylan mi scansò con facilità, poi fece una capriola all’indietro e per un attimo restò in equilibrio su una mano. L’ultimo movimento sembrava del tutto superfluo, un vezzo dovuto al fatto che Dylan amava lottare come se stesse eseguendo una sorta di break dance. Poggiò anche l’altra mano a terra e si rimise in piedi, pronto a per scattare nuovamente all’attacco.
In quel momento, un suono lungo e acuto ci fece bloccare tutti. Lo riconobbi: era il suono che precedeva le comunicazioni fatte dall’ufficio di Seijurou. Poco dopo, infatti, la voce del mio capo rimbombò nella sala.
-A tutti gli agenti presenti nell’edificio, ripeto, a tutti gli agenti in ascolto… Siete pregati di interrompere le vostre attività e dirigervi nella sala mensa nei prossimi dieci minuti per una comunicazione urgente- affermò, poi un altro suono chiuse l’annuncio.
Natsumi infilò il taccuino nella propria borsa e batté le mani.
-Va bene, ragazzi! Per oggi chiudiamo qui… Facciamo come richiesto- esclamò.
Dylan si portò una mano alla spalla e la massaggiò, facendo ruotare al contempo il braccio. Disse qualcosa a Ichinose che non riuscii a cogliere, parlava troppo veloce.
-Cosa ha detto?- chiese Kazemaru, anticipandomi. Ichinose scrollò le spalle. Da quel che avevo capito, era giapponese come noi, ma aveva vissuto tanto a lungo negli Stati Uniti da aver ottenuto la cittadinanza americana.
-Si stava solo chiedendo se la comunicazione non fosse legata all’assenza del nostro capo. Mark è stato chiamato dal signor Kira ieri sera e non si è più fatto vedere- ci spiegò, paziente. –Forse non si nota, ma Dylan è sempre un po’ agitato quando Mark non c’è.
Mi voltai a osservare Dylan. In effetti, non si notava nulla del genere in lui, appariva abbastanza rilassato, ma doveva pur esserci un motivo se si era ritrovato da una psicologa.
Uscimmo dalla sala addestramento in file ordinate di due e in poco tempo arrivammo alla mensa; dal momento che ogni Spy Eleven aveva portato con sé almeno due o tre sottoposti, in sala si era formata una bella folla di ragazzi di varia nazionalità, con abiti e pelle di colori differenti.
Seijurou non aveva ancora cominciato a parlare, stava aspettando che l’orologio sulla parete segnasse lo scadere dei dieci minuti che aveva concesso. La sua espressione bastò a farmi capire che non aveva buone notizie da dare; per la prima volta, avvertivo sensazioni di angoscia e paura provenire da lui, niente a che vedere con il suo solito sangue freddo. Oltre a lui, le uniche Spy Eleven presenti erano Desarm e Raimon, il padre di Natsumi.
Preso dall’inquietudine, mi strinsi a Kazemaru. Nella folla scorsi molti volti familiari, come Reina e Zell, ma ne mancavano altri importanti, come Afuro, o l’intera squadra italiana. Ad un tratto Zell mi vide e si chinò verso Reina come se le stesse bisbigliando qualcosa all’orecchio; subito dopo, la ragazza si girò verso di me: aveva uno sguardo turbato e mi fece cenno di avvicinarmi. Ebbi l’impressione che volesse dirmi qualcosa, ma non fece in tempo, perché in quel momento Seijurou fece un passo avanti e si schiarì la voce. Tutti i presenti si girarono immediatamente verso di lui.
-Purtroppo, miei cari ragazzi, ho una notizia orribile da darvi. Ieri sera abbiamo ricevuto notizia di un attacco da parte del gruppo di Garshield. Non solo numerosi dei nostri poliziotti e degli impiegati dell’ospedale sono stati brutalmente uccisi, ma due persone sono state portate via. Due nostri cari amici sono stati rapiti… Gazel, il nostro archivista, e Hitomiko Kira… mia figlia – annunciò, grave. Si fermò per schiarirsi nuovamente la voce.
-Fideo Ardena e Choi Chang Soo si sono offerti, con i membri del loro team, di recarsi sul luogo incriminato per raccogliere indizi e interrogare possibili testimoni- disse. -Al loro ritorno, presumibilmente nel tardo pomeriggio, si terrà un meeting nella nostra sala conferenze e noi Spy Eleven decideremo che misure adottare e come contrattaccare, per procedere finalmente con la cattura di Garshield Bayhan. Per il momento, è tutto. Ci rivediamo al meeting per aggiornarvi con ulteriori svolgimenti.
Mentre Seijurou si ritraeva e lasciava la sala insieme al signor Raimon e a Desarm, un brusio di voci si alzò dai ragazzi presenti in sala. Mi voltai e incrociai lo sguardo di Endou: la sua espressione corrucciata mi fece intuire che aveva avuto il mio stesso pensiero. Mi fece un cenno di assenso col capo, e nello stesso momento Kazemaru mi colpì leggermente il braccio.
-Vai, adesso- mi sussurrò. Annuii, mi girai e subito cominciai a farmi largo tra i presenti per raggiungere la porta. Se Hitomiko e Gazel erano stati rapiti, Hiroto doveva saperlo. Ero certo che avesse sentito l’annuncio di Seijurou e che fosse preoccupato.
Passai in mezzo a Heat e Nepper e m’infilai nel varco della porta; ero appena uscito quando sentii una mano stringersi attorno al mio braccio. Era Reina.
-Midorikawa, aspetta un attimo. Devo parlarti di una cosa importante- disse con una punta d’impazienza, ma io posai una mano sulla sua, facendole allentare la presa.
-Mi dispiace, ora sono un po’ occupato… Magari possiamo parlare più tardi? Se vuoi?- risposi in fretta. Reina esitò per un istante, ma poi annuì e mi lasciò andare. Mi staccai da lei e mi misi a correre verso la stanza di Hiroto.
-Midorikawa, vieni a cercarmi appena hai finito, okay?- mi gridò Reina alle mie spalle.
-Certo, a dopo!- replicai, senza voltarmi, e continuai a correre.
 
xxx
 
Quando bussai alla porta di Hiroto, lui mi aprì subito.
-Cos’è successo?- chiese appena ci trovammo faccia a faccia. Aveva un’espressione preoccupata. –Mio padre ha fatto una comunicazione urgente e…?
Come sospettavo, aveva sentito. Presi un respiro profondo e gli spiegai brevemente cosa ci aveva detto Seijurou. Hiroto non distolse mai lo sguardo da me mentre parlavo; mi si strinse il cuore vedendo la sua espressione incupirsi sempre di più. Infine si sedette sul letto ed abbassò lo sguardo sulle proprie mani intrecciate in grembo.
-Capisco. Garshield ha deciso di sferrare una mossa decisiva… Finora ho sempre avuto l’impressione che stesse tastando il terreno, o che si divertisse a giocare con noi- commentò, amareggiato. Si morse l’interno della guancia con aria pensierosa.
–Forse anche l’attacco alla nostra agency era stato studiato in previsione di questo…
Lo guardai, sorpreso, e chiesi:- Cosa vuoi dire?
-Ne avevo già il sospetto, ma è probabile che quel giorno i ragazzi di Garshield non fossero venuti a rubare semplici informazioni dagli archivi… A dire il vero, penso che fossero qui per Gazel- affermò Hiroto con un’espressione molto seria.
-Pensi che già allora mirassero a rapire Gazel? Ma perché?
-Pensaci bene, Midorikawa. Tu eri presente quando è successo… Non hai notato nulla di strano?
Non riuscivo a capire il ragionamento di Hiroto. Non amavo rivisitare i ricordi quel giorno, ma mi sforzai di ricordare com’erano andate le cose. In effetti, nonostante i nemici si fossero introdotti in tutto l’edificio, il loro attacco principale si era focalizzato sull’ufficio di Gazel…
-Gli attacchi sembravano disorganizzati- mormorai. –Hanno attaccato in vari punti dell’edificio… Forse volevano depistarci, per non farci capire qual era il vero obiettivo…?
Hiroto annuì lentamente.
-È probabile. Ascolta… Non l’ho mai raccontato a nessuno, perché allora ci dissero di mantenere il segreto… ma non credo abbia più senso insabbiare l’accaduto, in queste circostanze- disse.
-Quando eravamo ancora nel periodo dell’addestramento, il nostro centro è rimasto coinvolto in un incidente strano. Il centro è stato costruito sotto terra e si dirama in molte gallerie… Era un luogo dotato di tutte le norme di sicurezza, continuamente tenuto sotto controllo. Chang Soo, che ne era a capo, era molto attento a queste cose- mi spiegò. –Eppure, durante una prova, inaspettatamente, una galleria crollò, bloccando alcuni di noi sotto terra. Con me c’erano Burn, Gazel, Afuro ed altri due ragazzi, che ora fanno parte del team coreano di Chang Soo.
-Nonostante le difficoltà, riuscimmo a uscire… Ma avevamo la costante sensazione di essere osservati. Al termine della prova, Chang Soo rientrò da solo e controllò personalmente tutte le gallerie. Non ci ha mai detto cosa ci abbia trovato, ma ci disse che aveva parlato con mio padre e ci fece promettere di non raccontare in giro cosa fosse successo.
-Hiroto…- lo interruppi. –Tu credi… che anche allora c’entrasse Garshield…?
-Non ho prove per affermarlo con certezza, ma il fatto che sia avvenuto solo dopo l’arrivo di Gazel e che anche stavolta ci sia lui di mezzo… Non possono essere coincidenze, questo è un piano ben studiato. Non capisco perché Garshield lo abbia preso di mira, ma Gazel è stato chiaramente uno dei suoi obiettivi fin dall’inizio. Sono certo che se indagassimo meglio, scopriremmo che i documenti che sono stati rubati dall’archivio riguardano Gazel stesso.
Si fermò, sospirò e si massaggiò le tempie con due dita.
-Quanto a mia sorella, probabilmente lei non c’entra nulla… Sicuramente ha cercato di aiutare Gazel, ma alla fine è stata presa anche lei- mormorò.
-Hai detto che oggi pomeriggio si terrà un meeting, giusto?- domandò.
-Sì, esatto.
Hiroto rimase per un po’ in silenzio, poi si riscosse e alzò lo sguardo.
-Bene, è il momento di fare qualcosa. Ho intenzione di partecipare al meeting- affermò.
Lo fissai, spiazzato e forse un po’ scettico.
-Ne sei sicuro?- chiesi. Hiroto annuì.
-A dire la verità, ho paura di incontrare mio padre- ammise, non senza una certa amarezza.
–Ho così tante cose da dirgli… da chiedergli… eppure allo stesso tempo ho paura di parlare con lui. Ma non posso odiarlo. Non ci riuscirei nemmeno provandoci.
Scossi il capo, frustrato.
-Io… Io non posso perdonarlo- dissi. –Non posso proprio perdonargli di averti ferito così!
L’espressione di Hiroto si distese lievemente.
-Grazie… Sapere che pensi a me fino a questo punto mi rende molto felice, e capisco come ti senti… Ma Seijurou è mio padre, è ancora l’uomo che mi ha cresciuto. Io… Per quanto possa essere difficile, o doloroso, voglio continuare a credere in lui. Voglio credere che mi abbia visto davvero come un figlio, in tutti questi anni.
-Inoltre, ho la sensazione che, se tu sarai al mio fianco, andrà tutto bene. Midorikawa, tu mi dai coraggio… Quando sono con te, mi sembra di poter fare qualunque cosa. È grazie a te se ho finalmente deciso di smetterla di scappare- aggiunse, inspirò a fondo.
-Sai… penso che in realtà tu mi sia sempre piaciuto- confessò timidamente.
-Certo, i miei sentimenti per Endou erano veri. C’è sempre stato per me, non mi ha mai lasciato solo. Ma con te è tutto diverso. Tu mi piacevi e allo stesso tempo ti invidiavo, perché non hai paura di metterti in gioco. E poi… beh, ecco, c’è la questione dell’attrazione fisica…
Ero sicuro che stesse pensando al nostro primo bacio; automaticamente il mio sguardo cadde sulle sue labbra, che stava mordicchiando nervosamente, e la scena mi tornò vividamente alla memoria. Arrossimmo furiosamente entrambi.
Hiroto tossicchiò, imbarazzato, e cambiò argomento, tornando al punto centrale.
-Comunque, quando ho scoperto la tua empatia, mi sei piaciuto ancora di più. Mi sono sentito sollevato… Probabilmente mi piaceva il fatto che tu potessi capirmi senza che io dovessi espormi…
D’un tratto sentii la mia bocca seccarsi.
-Ecco… A proposito della mia empatia…- Mi bloccai, esitante, poi mi costrinsi a continuare.
-Devo dirti una cosa importante. La mia empatia non… non funziona più su di te- confessai con un certo imbarazzo.
L’espressione sorpresa sul volto di Hiroto si addolcì subito. Mi fece cenno di sedermi sul letto accanto a lui e, non appena ci trovammo abbastanza vicini, mi abbracciò goffamente.
-Midorikawa, non devi preoccuparti di quello… Non importa più, ormai. Ho smesso da tempo di fare affidamento sulla tua empatia- mi rassicurò. -Dopo la tua dichiarazione, ho cominciato ad osservarti anche io, sai... Ho visto come sei altruista e coraggioso, come metti sempre il bene degli altri prima del tuo.  E più ti guardavo, più mi accorgevo di volerti essere di sostegno.
-Sono felice che tu voglia aiutarmi, ma ho deciso che non scaricherò più il peso del mio passato sugli altri. In fondo, voglio condividere molto più che solo dolore con te. Voglio condividere momenti felici… Ormai è da tempo che desidero un futuro felice al tuo fianco, Midorikawa.
Le orecchie di Hiroto erano rosse quasi quanto i suoi capelli per l’imbarazzo. Quando compresi cosa volesse dire, avvampai furiosamente anch’io. Hiroto si distaccò leggermente e poggiò la fronte contro la mia.
-Sapere che sei al mio fianco, sapere che sei qui per me... questo mi dà una forza e un coraggio che non credevo di avere- sussurrò. -Io ti amo, Midorikawa.
Il mio cuore perse un battito.
-Sì, ti amo anch’io- risposi, la voce mi venne a mancare. Abbassai istintivamente lo sguardo sulle sue labbra, che erano a pochi centimetri dalle mie, e questa volta non esitai un attimo. Lo baciai dolcemente e lui ricambiò, poi si scostò per poggiarmi un bacio leggero sulla fronte. Nei suoi occhi c’erano tracce di lacrime, ma vidi anche una rinnovata determinazione.
La reclusione di Hiroto era finita.
 
xxx
 
La porta della sala riunioni era chiusa, il meeting probabilmente era già iniziato.
Hiroto mi lanciò un’occhiata ed io gli presi la mano, poi abbassai lentamente la maniglia e, senza far rumore, ci infilammo nella stanza. Restammo in piedi davanti alla porta, addossati alla parete, e nessuno si accorse della nostra presenza; le luci erano spente e l’ambiente era quasi completamente al buio, probabilmente affinché si vedessero meglio le immagini proiettate sullo schermo.
Quei ragazzi dovevano avere tutti la mia età, circa, o erano di poco più grandi. Il primo che riconobbi fu il ragazzo che ci aveva attaccati il giorno in cui eravamo tornati al locale di Bonitona e aveva ferito Fubuki Shirou; si chiamava Fox, aveva capelli bianchi fino alle spalle, un occhio coperto dalla frangia e l’altro socchiuso, come se stesse studiando i dintorni. Probabilmente era stato lui ad uccidere Bonitona e a rubarle il dono. Scorsi rapidamente gli altri nomi, cercando di memorizzarli e al contempo legarli a dei volti: Jackal, Buffalo, Mantis e molti altri, in tutto erano almeno una decina. Mi soffermai a lungo su Coyote, colui che più volte ci aveva ostacolato e che più volte avevo incontrato personalmente.
Le Spy Eleven occupavano i loro soliti posti ed ascoltavano con attenzione ciò che il team di ricerca aveva trovato. A presentare le informazioni, per la maggior parte, era Marco Maseratti, che girava con un computer portatile in mano: probabilmente era tramite quello che poteva trasmettere le immagini sullo schermo. Accanto a lui c’era il suo inseparabile compagno, Gianluca Zanardi, e Haruna Otonashi, una ragazza che, a quanto ricordavo, faceva parte del team di Natsumi ed era molto brava con i computer. Era stata lei, insieme a IQ, ad agire da hacker ed infiltrarsi nei server nemici, continuando il lavoro lasciato incompleto da Gazel. A pochi metri da Otonashi, c’era anche Burn, che pure aveva collaborato alla ricerca. Stranamente non sembrava intenzionato ad aprire bocca, stava solo in piedi con le braccia incrociate al petto ed il volto scuro. Pensai che, probabilmente, Gazel era al centro dei suoi pensieri.
-I ragazzi che vedete sullo schermo sono coloro che chiamiamo “il team di Garshield”- stava dicendo Marco. Aveva un microfono ad archetto sistemato tra l’orecchio destro e la bocca.
–Hanno tutti tra i quindici e i diciotto anni. Per la maggior parte sono orfani provenienti da un orfanatrofio nello Shinsekai, da dove sono stati prelevati circa due anni fa. Due o tre di loro, invece, vengono da una casa famiglia a Okinawa. Sembra che tutti loro abbiano sviluppato una sorta di… attaccamento per il loro rapitore.
-Un evidente caso di sindrome di Stoccolma- precisò Gianluca, cupo. Marco annuì con serietà, poi si rivolse nuovamente alle Spy Eleven e alla platea di ascoltatori.
-Di recente abbiamo appreso, grazie al lavoro del ricercatore Kudou, che Garshield si è impossessato di un modo per “copiare” i doni altrui, in modo che i suoi ragazzi potessero usarli. Non conosciamo tutti i poteri che sono stati rubati, ma dai filmati sono emerse alcune cose che vi invito a memorizzare nel caso ve li trovaste davanti.
Marco premette un tasto sul proprio pc e, in tal modo, solo cinque foto comparvero sullo schermo, ingrandite e poste una di fianco all’altra in una fila orizzontale.
-Coyote ha un dono della categoria Vento, sottocategoria Ghiaccio. Ha rubato questo dono a Fubuki Atsuya, l’unica vittima sopravvissuta ai loro “furti”- spiegò Gianluca, indicando l’immagine del ragazzo.
Alle sue parole seguì un rumore che, seppur debole, riuscii a udire perfettamente, poiché proveniva da qualche parte vicino a me. Mi guardai intorno e, con la coda dell’occhio, notai che erano presenti anche i gemelli Fubuki. Osservavano ed ascoltavano come tutti, ma erano chiaramente immersi in un mondo che apparteneva soltanto a loro; a dimostrazione di ciò, se ne stavano appartati in un angolo per conto proprio, in piedi, talmente vicini che nessun’altro avrebbe potuto sentire i loro commenti. Non era comunque difficile immaginare cosa si stessero dicendo. Percepivo una forte frustrazione, accompagnata da rabbia e tristezza, provenire da loro. Mi resi conto che il rumore che avevo sentito era stato causato da Atsuya, il quale aveva appena dato un pugno al muro dietro di lui; Shirou gli circondava ora saldamente la mano con la propria e gli stava bisbigliando qualcosa all’orecchio, ma il suo gemello, per una volta, non sembrava intenzionato ad ascoltarlo. Era inconsolabile; non avrebbe probabilmente superato il dolore della perdita del proprio dono, avrebbe portato con sé quel vuoto per tutta la vita.
Tornai a concentrarmi sullo schermo e vidi che Gianluca era passato avanti.
Come avevo già intuito, era Fox ad aver rubato il dono di Bonitona. Gianluca presentò poi in successione Mantis, un ragazzo dai capelli verdi che aveva acquisito un dono della categoria Foresta; Jackal, uno della categoria Montagna; ed infine Buffalo, un bestione con un potere di categoria Albero, Energia, come Endou. Dei tre drifters a cui avevano rubato i doni, solo due erano stati identificati – l’uomo e la ragazza di cui anche Bonitona e Rean ci avevano parlato – mentre era stato impossibile riconoscere l’altro corpo a causa delle lesioni subite. Rabbrividii al pensiero che dei ragazzi miei coetanei, o persino più piccoli, avessero fatto a pezzi una persona. Eppure, era davvero colpa loro? Non era forse tutta colpa di Garshield, che li aveva rapiti ed aveva fatto loro il lavaggio del cervello? Sapevo razionalmente che era così, ma non potevo che provare odio verso quei ragazzi. Era difficile mettere da parte i sentimenti negativi e ragionare lucidamente in circostanze del genere. Che fossero stati manipolati o meno, quei ragazzi avevano commesso omicidi ed altre azioni orrende; erano assassini a tutti gli effetti.
-Questi sono i soli membri del team di cui conosciamo i poteri… Sono quelli che più spesso vengono mandati in missione nel mondo esterno. In particolare, questo ragazzo- disse Gianluca, indicò Coyote –sembra essere una sorta di leader all’interno del gruppo ed il più vicino a Garshield. Si può dire che sia lui a ricevere gli ordini e a passarli al resto del team.
-Se ve lo trovate davanti, consiglio di attaccare per primi. Non è saggio lasciare che sia lui a fare la prima mossa- aggiunse Marco con una smorfia.
D’un tratto, la Spy Eleven argentina intervenne con voce profonda.
-Ah! Se si trovasse davanti a me, questo poppante  passerebbe il più brutto quarto d’ora della sua vita. Si pentirebbe amaramente di aver lasciato la culla- affermò in tono arrogante. Aveva una voce profonda, con un pesante accento, ed aveva un fisico solido, forte, di larga stazza. Francamente, pensavo che anch’io non avrei mai voluto trovarmelo come avversario in un combattimento, nemmeno durante un addestramento: aveva l’aria di poter sollevare un pilastro da solo, una specie di Atlantide in forma umana.
-Non sottovalutare il nemico, Tolue- lo rimproverò Edgar Valtinas. Stranamente, non aveva la solita aria calma, impassibile; al contrario sembrava alquanto esasperato.
-Sarebbe anche ora che tu ammettessi la mia superiorità, Valtinas- ribatté Tolue, vagamente irritato. –Sbaglio, o l’ultima volta che ci siamo scontrati ti ho preso a calci nel…
-Hai barato. Hai attaccato prima che l’arbitro desse il segnale.
-Non ho mai detto che avrei attaccato dopo il segnale. Quelle sono regole da mammolette.
Dal modo in cui battibeccavano, e soprattutto dalle espressioni rassegnate o impassibili delle altre Spy Eleven, era probabile che quei due avessero avuto quella discussione già molte altre volte.
-Teres, Edgar, vi prego- disse Mark, infatti, poco dopo. –Stiamo parlando di uno scontro avvenuto più o meno dieci anni fa! Non potete mettere da parte i rancori una volta e per tutte?
-Nove anni- lo corresse Edgar, puntiglioso. –E no, non finché non ammetterà di aver barato. Non riconoscerò mai la vittoria di questo bruto.
Tolue aprì la bocca, pronto a rispondergli per le rime, ma in quel momento Roniejo, la Spy Eleven brasiliana, tossicchiò per attirare la loro attenzione.
-Scusate, questo non mi pare né il momento né il luogo per litigare. Quando tutto questo sarà finito, potremmo organizzare un nuovo scontro per pareggiare i conti. Vi farò io stesso da arbitro- propose. –Ora, invece, dovremmo concludere il meeting e definire la nostra strategia.
Le sue parole furono accolte con approvazione da parte dei suoi colleghi, anche da Valtinas e Tolue, i quali accettarono quindi di mettere da parte il diverbio e pareggiare i conti più in là, per concentrarsi invece sui problemi presenti. Roniejo sorrise, soddisfatto.
-Sono spiacente per l’intromissione- disse Chang Soo, con un tono che lasciava intendere che non era affatto dispiaciuto –ma io avrei delle informazioni da condividere con voi tutti. Ho la vostra attenzione?- Attese per un momento che tutti fossero in silenzio, poi riprese.
-Prima di tutto, mi preme rivelarvi che uno dei due ostaggi proviene dallo stesso orfanatrofio dello Shinsekai da cui vengono molti dei ragazzi di Garshield. Ciò mi porta a credere che il nostro agente fosse uno dei loro obiettivi da molto tempo prima che cominciassero i recenti attacchi- confessò Chang Soo.
Mi girai di scatto verso Hiroto; contemporaneamente, lui mi lanciò un’occhiata ed annuì. I suoi sospetti, quindi, si rivelavano essere fondati: Gazel era sempre stato un obiettivo.
-Il nostro agente ha solo di recente scoperto la natura del proprio dono, Kudou stava ancora conducendo dei controlli al riguardo. Perché Garshield è così interessato al dono di Gazel? Di ciò non siamo a conoscenza. Tuttavia, è chiaro che la liberazione di Gazel, e naturalmente di Kira Hitomiko, deve essere una delle massime priorità di questa missione.
-Fortunatamente, i ragazzi del team di Garshield non sembrano essersi accorti del fatto che Gazel portasse con sé una ricetrasmittente. Era tramite di essa, infatti, che l’agente comunicava con Kudou quando lui non aveva possibilità di visitarlo all’ospedale. Grazie a questa trasmittente, siamo in grado di dire dove gli ostaggi sono stati portati.
-Si tratta di un centro commerciale abbandonato, poco fuori dal quartiere dello Shinsekai. È altamente probabile che, con gli ostaggi, si trovino anche dei membri del team di Garshield, con il compito di fare la guardia. Riteniamo infatti che quella sia la loro base, il loro rifugio per così dire, ed anche il luogo dove si trova la “macchina” per la copia dei poteri.
Chang Soo si fermò per qualche minuto, come per dare a noi che ascoltavamo il tempo di metabolizzare tutte quelle informazioni. Alla menzione della “macchina” della copia, Hiroto mi prese la mano e la strinse forte ed io ricambiai. Quando sollevai lo sguardo verso di lui, sperando di intuire cosa provava dalla sua espressione, vidi che aveva lo sguardo fisso davanti a sé, precisamente in direzione di suo padre, come se a sua volta stesse tentando di carpirne i pensieri.
Intanto, Chang Soo seguitò a parlare.
-Propongo la formazione di due squadre di membri scelti, che si infiltreranno nella base nemica. L’obiettivo primario è liberare gli ostaggi, ma la prima squadra, che chiameremo A, farà soltanto da avanscoperta, mentre sarà la seconda ad occuparsi di raggiungere gli ostaggi- dichiarò.
-Qualcuno ha obiezioni?
-A me sta bene, niente da ridire- intervenne Fudou. –Anzi, ci tengo a proporre me e i miei sottoposti come avanscoperta. Avrò la possibilità di fare a pezzi parecchia feccia.
Immaginai che, da qualche parte nella platea, Genda e Sakuma dovessero star sospirando, rassegnati al comportamento del loro leader, tuttavia nessuno di loro mosse obiezioni. Probabilmente avevano imparato ad accettarlo così com’era. Ancora più strano fu accorgermi che, nonostante tutto quello che era successo, o forse proprio per quello, anch’io avevo cominciato a nutrire una forma di rispetto nei confronti di Fudou.
Desarm sollevò la mano per attirare l’attenzione su di sé.
-Anche io vorrei proporre la mia squadra per questa missione, tuttavia porterò solo alcuni membri- disse, poi si schiarì la gola ed alzò la voce. -Diam, Heat e Nepper, siete con me. IC e Clara resteranno qui per occuparsi della ragazza sopravvissuta all’attentato.- Sapevo che parlava di Rean. Forse IC era riuscita a diventare sua amica, dopotutto.
-IQ, Zell, voi resterete qui a dare una mano con le ricerche- continuò Desarm. –Conto su tutti voi!
Tutti i membri della sua squadra si levarono in piedi, risposero ad alta voce, in coro, con un sì, e si sedettero nuovamente.
Quindi Diam avrebbe partecipato alla missione in prima linea… Ero preoccupato per lui, ma allo stesso tempo bisognava ammettere che il suo potere era decisamente adatto a quel ruolo. Capivo anche la scelta di portare Heat e Nepper. Desarm conosceva bene i suoi sottoposti.
-Bene, così abbiamo già sette componenti- riassunse Chang Soo, poi si rivolse a Marco.
-Maseratti, ti spiace fare uno schema al computer e trasmetterlo allo schermo?
-Niente affatto, signore, sarà fatto subito- rispose l’italiano, mettendosi subito al lavoro.
Chang Soo annuì e riprese il microfono.
-Passiamo quindi alla formazione di una seconda squadra, che chiameremo B, per il salvataggio degli ostaggi. Trattandosi qui di una mia vecchia conoscenza, desidero propormi come leader del gruppo. Porterò con me soltanto il mio braccio destro, Aphrodi, quindi chiunque altro voglia farsi avanti è il benvenuto.
Non appena ebbe finito di parlare, Seijurou si mosse. Mi concentrai subito su di lui, curioso ed in ansia. Era la prima volta che apriva bocca nel meeting ed era probabile che stesse per proporre la sua squadra.
-I due ostaggi fanno parte del mio team, quindi è giusto che di questo gruppo facciano parte soprattutto i miei agenti. Ora chiamerò dei nomi; quando sentite il vostro, rispondete- disse Seijurou con voce grave. Inspirò a fondo, poi iniziò:– Endou Mamoru. Kazemaru Ichirouta. Gouenji Shuuya. Midorikawa Ryuuji. Nagumo Haruya. Questi sono i membri che ho scelto.
Mi aspettavo la nomina e mi feci avanti, rispondendo a piena voce senza esitare. Tutti gli altri fecero lo stesso, alzandosi in piedi. Vidi Kazemaru voltarsi verso di me, cercare il mio sguardo; era seduto tra le file centrali, tra Endou e Diam, ed i nostri occhi si incrociarono per un momento attraverso la sala. Anche Diam si girò di scatto, mi individuò e mi salutò agitando un braccio. Avremmo preso parte tutti e tre alla stessa missione, sebbene in gruppi diversi. Ad essere sincero, non potevo chiedere di meglio: desideravo andare in prima persona a salvare Gazel e Hitomiko e, anche se Seijurou non mi avesse nominato, mi sarei probabilmente offerto.
La mia attenzione fu distratta nuovamente da Hiroto, che si era irrigidito, la sua stretta sulla mia mano ora faceva quasi male. Lo guardai, sembrava molto nervoso.
Mi sovvenne che il suo nome non era stato chiamato.
-Questa è la formazione della squadra B, dunque- dichiarò Chang Soo. –Desidero inoltre chiedere agli altri miei colleghi di occuparsi dell’arresto definitivo di Garshield mentre noi ci dilettiamo con i suoi deliziosi allievi.
-Troveremo la sua postazione- intervenne Raimon. –E bloccheremo ogni sua possibile via di fuga.
-Conosciamo i luoghi in cui c’è maggiore probabilità di scovarlo. Alla fine Big D ha parlato. Deve essersi reso conto che Garshield non lo avrebbe protetto affatto…- aggiunse Mark Kruger.
-Mi stupisce che ci abbia anche solo creduto- borbottò Fideo sotto voce.
-Possiamo fermarlo. Questa volta, possiamo fermarlo davvero. Lo arresteremo- esclamò Urupa.
Sembravano tutti molto determinati ora che avevano raggiunto un accordo. Certo, era ancora tutto molto vago; bisognava elaborare un piano, mettere a punto una strategia di attacco.
D’un tratto sentii la mano di Hiroto lasciare la mia.
Mi voltai di scatto verso di lui, ma si stava già muovendo, si stava incamminando verso il palchetto su cui stavano le Spy Eleven. Rimasi immobile a guardarlo andare, chiedendomi cosa avesse in mente; dopo qualche secondo, altre teste iniziarono a girarsi verso Hiroto, seguendo con lo sguardo il suo passaggio attraverso la stanza, lungo il corridoio centrale che separava i due blocchi di sedili. Ricordai che Hiroto mi aveva detto di aver giocato molto, con il figlio di Kira, tra queste sedie, e mi chiesi che effetto dovesse fare per lui percorrere la stessa stanza adesso, sotto circostanze completamente diverse. Lo immaginai, bambino, correre e ridere nello stesso spazio dove ora, cresciuto, camminava lentamente, serio, silenzioso.
Le Spy Eleven, ancora immerse in una conversazione interna, notarono che qualcuno si stava avvicinando solo quando Hiroto arrivò praticamente davanti al palchetto; senza dire nulla, il ragazzo sorpassò Burn, che gli scoccò un’occhiata sorpresa, e si fermò davanti a Chang Soo.
Hiroto disse qualcosa che non riuscii a sentire, dal momento che non aveva un microfono. Forse stava chiedendo a Chang Soo il permesso di parlare. La Spy Eleven parve soppesare la richiesta, pensieroso, poi annuì solennemente e si voltò verso Gianluca.
-Agente Zanardi, le spiace prestare il suo microfono all’agente Kiyama?- gli chiese. Il suo tono lasciava intendere che la richiesta era stata posta sotto forma di domanda più che altro per educazione, ma non era prevista una risposta negativa.
Nonostante ciò, Gianluca non obbedì subito, lanciò prima un’occhiata a Fideo, come se cercasse la sua approvazione. Probabilmente non lo aggradava dover prendere ordini da qualcun altro; per quanto poco lo conoscessi, era chiaro che fosse una persona orgogliosa. Soltanto quando Fideo gli accennò di procedere, Gianluca si rassegnò, si sfilò il microfono ad archetto e lo passò a Hiroto, il quale ringraziò con un piccolo inchino.
Poi il ragazzo si raddrizzò, indossò il microfono e si girò in modo tale da avere sott’occhio sia le Spy Eleven, da un lato, che la platea dall’altro.
-Come Zanardi e Maseratti ci hanno spiegato, non è un mistero ormai che Garshield disponga del potere di copiare i doni altrui e che lo usi per rendere più forti i suoi sottoposti. Finché avrà quest’arma, sarà difficile fermarlo… Per questo, credo che sia necessario bloccare definitivamente il potere della copia- disse Hiroto con voce ferma.
-Vi chiedo formalmente di rivedere gli obiettivi della missione e la formazione attuale delle squadre. Abbiamo bisogno di qualcuno che fermi il potere della copia per sempre.
Le Spy Eleven sembravano sorprese dalla sua richiesta. Ancora una volta, fu Chang Soo a prendere la parola per primo.
-La tua richiesta giunge inaspettata, Kiyama, ma non è irragionevole. Naturalmente, sappiamo entrambi che c’è una sola persona, in questa sala, che abbia davvero la possibilità di annullare quella particolare abilità di copia- replicò con un’espressione indecifrabile.
Hiroto inspirò a fondo per farsi coraggio. Chiuse gli occhi per un attimo e, quando li riaprì, apparve ancora più determinato.
-Naturalmente. L’unica persona con un dono simile sono io stesso. Per questo vi chiedo di affidarmi questa missione. Mi occuperò personalmente di farlo- affermò.
Dalla platea si levò un mormorio. Nell’espressione di Hiroto non c’era esitazione, era bravo a nascondere la tensione.
-In effetti...- cominciò Raimon lentamente, –Kiyama ha il dono di annullare le altre abilità, dico bene, Seijurou?- Si volse verso il vecchio amico, che si limitò a fare un cenno brusco col capo. Hiroto gli gettò uno sguardo rapido, quasi impercettibile, probabilmente chiedendosi quali pensieri stessero attraversando la mente di Seijurou in quel momento.
-Sì, signor Raimon, ciò che ha detto è corretto- Hiroto riprese rapidamente le fila del discorso. -La mia abilità può annullare temporaneamente o definitivamente le altre. Per questo, non penso ci sia nessuno di più adatto a questa missione.
-Dovremmo quindi fidarci di te, affidarti un compito tanto delicato e darti una squadra tutta tua?- domandò Chang Soo, secco.
Hiroto non rispose, ma sostenne il suo sguardo con fermezza. Chang Soo lo studiò per un minuto o due, e più il silenzio si protraeva, più l’aria si caricava di tensione; alla fine, però, il coreano sorrise, quasi divertito, e si alzò dal suo posto.
-Non ho nulla in contrario- dichiarò. –Per quanto mi riguarda, la tua proposta è più che valida, pertanto merita il mio appoggio. Mi sembra, in effetti, che questa sia l’unica strada percorribile.
Si risedette con grazia e, subito dopo di lui, Mark Kruger si alzò dal proprio posto.
-Penso che i ragazzi di Garshield debbano essere fermati. Garshield li usa come armi, per cui dobbiamo togliere loro quel potere. Perciò appoggio la proposta di Kiyama, ma vorrei fare un’aggiunta- affermò.
–Dal momento che bisogna formare una nuova squadra, desidero propormi come volontario insieme ai miei sottoposti per accompagnare Kiyama e sostenerlo. Kazuya? Dylan? Posso contare su di voi?- I due agenti interpellati, seduti tra le prime file in basso a destra, diedero subito il loro consenso. Kruger tornò a sedersi, soddisfatto.
Il suo intervento parve decisivo; seguendo il suo esempio, infatti, anche Urupa si offrì di accompagnare Hiroto insieme ai due agenti che aveva portato con sé. Windy Faster, un ragazzo con capelli azzurri e una bandana, non esitò ad appoggiare il suo leader, sebbene la sua approvazione si limitò ad un cenno del capo. Invece il suo compagno, un certo Goushu Flare, si alzò in piedi.
-Rococo, sai che ho piena fiducia in te, ma non posso restare in silenzio quando nutro dei dubbi- affermò. Urupa gli fece un cenno con la mano.
-Grazie per la tua onestà, Goushu, sai che ti stimo per questo. Visto che sei uno dei partecipanti alla missione, mi sembra giusto ascoltare la tua opinione. Parla pure liberamente.
Non appena il suo capo ebbe finito di parlare, Flare si rivolse a Hiroto.
-Tu. Non conosco il tuo nome. Di che squadra fai parte?
-Sono Hiroto Kiyama, sotto il comando di Kira Seijurou, Spy Eleven di Tokyo- rispose Hiroto senza battere ciglio. Flare lo guardò attentamente e un lampo di consapevolezza gli fece cambiare espressione di colpo.
-Ho capito chi sei. Sei il ragazzo che si è chiuso in camera propria per tre giorni, per un proprio capriccio… Come possiamo fidarci di uno come te? Non scapperai mica con la coda tra le gambe alla prima difficoltà?- domandò Flare contrariato.
Le sue parole mi infastidirono; in una situazione normale sarei intervenuto, tuttavia in questo caso esitai. Flare aveva tutto il diritto di sollevare dubbi...
Con mia grande sorpresa, fu Burn ad intervenire in difesa di Hiroto.
-Ehi! E chi saresti tu per giudicarlo? Se non sai nulla della sua situazione personale, non parlare!- esclamò, facendo un passo avanti per avere un confronto faccia a faccia con Flare.
-Io giudico quel che vedo con i miei occhi- ribatté l'altro, inarcò un sopracciglio ed incrociò le braccia al petto. Burn lo guardò con occhi lampeggianti di sfida.
-No, Nagumo, lascialo parlare- s’intromise Hiroto. Anche lui sembrava piacevolmente sorpreso dal fatto che il compagno l’avesse difeso. –Voglio rispondere io, è giusto che sia così. Comunque, grazie- aggiunse con un sorriso mite. Burn scrollò le spalle, come per nascondere imbarazzo, e si ritrasse.
–Capisco benissimo i tuoi dubbi nei miei confronti… Flare, giusto?- L’altro annuì, e Hiroto proseguì. –Il mio comportamento negli ultimi giorni è stato… ah, riprovevole, lo ammetto. Non ho intenzione di giustificarmi in alcun modo. Ma qui si tratta di una missione, non di una questione personale…
Hiroto s’interruppe di colpo, come fulminato da un pensiero improvviso.
-No, anzi… Mi correggo- riprese, mentre si voltava lentamente a guardare tutta la platea.
-Questa è una questione personale. Garshield Bayhan, quest'uomo… Ha fatto del male a nostri amici, conoscenti, parenti, e potrebbe farne ancora, in qualsiasi momento, con qualunque mezzo. Sappiamo che quest'uomo non ha scrupoli, non ha paura e sembra non aveva nemmeno rimorsi. È un minaccia per noi che abitiamo in Giappone, ma ha possibilità di attaccare anche all’estero. Garshield Bayhan è una minaccia costante per tutti e va fermato.
-Per me, è una questione personale. Voglio partecipare a questa missione e fare tutto ciò che è in mio potere per fermarlo. Voglio proteggere le persone che amo, voglio metterle al sicuro e dare loro un futuro felice- disse Hiroto serio, deciso. -Non scapperò, resterò fino alla fine. Per favore, lasciatemi combattere con voi.
Non appena Hiroto tacque, mi accorsi di quanto silenziosa fosse la sala. Nessuno aveva osato interromperlo ed anche adesso non c’era nemmeno un mormorio, come se tutti fossero rimasti rapiti dal suo discorso. Hiroto era così bravo a parlare da aver messo a tacere tutti.
Il rosso si voltò di nuovo verso Flare e lo fissò direttamente negli occhi; l’altro agente ricambiò lo sguardo, come se stesse soppesando la sua onestà, ed infine chinò leggermente il capo.
-Va bene. Riporrò in te la mia fiducia, per il momento- affermò.
Hiroto s’inchinò educatamente. -Ti ringrazio. Non ti deluderò.
-È tutto, Goushu?- domandò Urupa. L’altro annuì.
-Sì. Non ho altre obiezioni- rispose e tornò a sedersi. Urupa fece altrettanto, mentre Chang Soo attirò a sé il proprio microfono.
-Dunque, se qualcuno ha altro da dire, lo ascolteremo adesso- dichiarò.
Alle sue parole, Hiroto si raddrizzò e squadrò la platea, probabilmente aspettandosi di dover rispondere ad altri dubbi, di doversi ancora difendere. Invece, nessuno si fece avanti. Chang Soo sorrise, quasi sornione, come se avesse appena vinto una scommessa, ed io capii un’altra cosa: Hiroto non era solo bravo con le parole, era carismatico. Aveva parlato con una tale forza e determinazione da riuscire a convincere tutti senza l’aiuto di nessuno, nemmeno delle Spy Eleven. Il mio petto si gonfiò di orgoglio per lui, al punto che mi vennero le lacrime agli occhi.
-Perfetto, direi che possiamo passare oltre- affermò Chang Soo.
-Dunque, tenendo conto delle nuove proposte, direi di definire nuovamente le squadre, con i rispettivi obiettivi- propose. –Abbiamo quindi tre squadre in totale. Ci sono obiezioni a riguardo?
-Nessun problema. Non vedo l’ora di spaccare la faccia a qualcuno di quegli stronzi- commentò Fudou senza alcuna delicatezza. Desarm sospirò, senza dubbio per la deplorevole scelta lessicale del collega, ma annuì per dare il proprio consenso.
-Scusate, vorrei unirmi alla squadra di avanscoperta con i miei- affermò Fideo d’un tratto.
-Più siamo, meglio è, no? Marco, Gianluca, siete con me?
-Certo!- rispose Marco con un largo sorriso.
-Ovviamente- aggiunse Gianluca, arricciando le labbra, come lievemente stizzito del fatto che l’altro avesse risposto prima di lui.
Fideo si girò verso Fudou. –Pare che li prenderemo a cazzotti insieme- gli disse, e l’altro gli lanciò un mezzo sorriso di complicità.
Poco dopo, su richiesta di Chang Soo, Marco aggiornò lo schema, battendo rapidamente sui tasti del proprio pc e, in men che non si dica, sullo schermo apparvero le attuali formazioni modificate.
 
***
 
Squadra A
Obiettivo: Squadra di Avanscoperta.
Leaders: Fudou Akiou, Saginuma Osamu (Desarm), Ardena Fideo.
Membri: Genda Koujirou, Sakuma Jirou, Miura Hiromu (Diam),
Netsuha Natsuhiko (Nepper), Atsuishi Shigeto (Heat),
Marco Maseratti, Gianluca Zanardi.
 
Squadra B
Obiettivo: Salvataggio degli ostaggi.
Leader: Chang Soo Choi.
Membri: Terumi Afuro (Aphrodi), Nagumo Haruya (Burn), Midorikawa Ryuuji,
Kazemaru Ichirouta, Endou Mamoru, Gouenji Shuuya.
 
Squadra C
Obiettivo: Arresto del potere della copia.
Leaders: Kruger Mark, Urupa Rococo.
Membri: Kiyama Hiroto, Keith Dylan, Ichinose Kazuya,
Faster Windy, Flare Goushu.
 
Squadra D
Obiettivo: Rilevamento ed arresto di Garshield Bayhan.
Leaders: Valtinas Edgar, Tolue Teres, Raimon Souichirou,
Kira Sejurou, Roniejo Mac.
 
***
 
-Bene, bene. Vedete di fare tutti il vostro lavoro e di non essere d’impiccio- affermò Tolue, e nel dirlo lanciò uno sguardo arrogante a Valtinas.
-Tu pensa a fare il tuo lavoro- lo rimbeccò subito l’inglese con irritazione. Tolue scrollò le spalle, tirò indietro la sedia ed accavallò le gambe, come se non fosse minimamente turbato.
-Sempre a litigare come bambini- mormorò Fideo, sotto voce, e Kruger abbozzò un sorriso.
Raimon si schiarì la voce. –Dunque, Seijurou ed io parteciperemo da qui, grazie ai ragazzi che si sono offerti di proseguire le ricerche informatiche. Valtinas, Tolue e Roniejo, con tutti gli agenti disponibili, perlustreranno tutti i possibili luoghi in cui Garshield potrebbe nascondersi.
Nella sala si sparse un brusio di approvazione.
Seijurou si alzò in piedi. –E così, la nostra ultima missione per la cattura di Gashield ha inizio. Prego tutti voi di fare molta attenzione e di mantenere la massima concentrazione. Come ha ricordato correttamente mio figlio, Garshield è pericoloso per tutti- dichiarò con voce profonda.
Hiroto non si voltò a guardarlo.



 
**Angolo dell'Autrice**
Buongiorno!
Questo capitolo è stato un vero parto, ahah. Mi conforta però il fatto che ho già scritto vari e diversi frammenti di capitoli successivi (uno addirittura l'ho già scritto per intero?? ok?? perché sono così caotica lol) che sono occupati interamente dall'ultima missione di cui si parla qui. Ho preferito scrivere chiaramente come sono formate le squadre incaricate e quali sono gli obiettivi, per offrire un quadro più nitido a me e a voi che leggete. 
Hiroto e Midorikawa sono in squadre diverse, ma si daranno comunque sostegno a vicenda. I loro sentimenti l'uno per l'altro sono più forti che mai. È importante, per me, che Hiroto abbia imparato ad appoggiarsi a Midorikawa senza però fare affidamento solo sulla sua empatia, e che abbia deciso di proteggerlo a sua volta. Hiroto mi piace tantissimo ///
(Chi di voi ha capito come mai Midorikawa non può più usare l'empatia su Hiroto? Arrivarci non è impossibile, ma probabilmente lo dirò più in là, lol. Intanto, fate pure tutte le teorie che volete~)
Nel caso siate confusi da nomi o voleste sapere chi sono i personaggi nominati per la prima volta in questo capitolo, vi raccomando di fare riferimento alla wikia su Team Garshield (vi linko la pagina inglese perché in quella italiana molti pg non sono descritti); inoltre qui trovate Windy Faster e Goushuu Flare.
Al prossimo capitolo!
       Roby
   
 
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