Capitolo
3: Primo Giorno
Le scale erano
totalmente deserte… e non era decisamente un buon segno.
Francisca
imprecò
a mezza voce mentre scendeva i gradini di marmo quasi di corsa, stando
attenta
a non scivolare mentre si infilava al contempo il blazer blu notte
della
divisa, sopra alla camicia bianca: possibile che non avesse sentito la
sveglia
proprio al primo giorno?
Un ottimo modo per
esordire al suo ultimo anno alla Cimmeria, senza alcun dubbio.
La ragazza
sbuffò,
immaginandosi perfettamente Alexandrine, seduta al loro solito tavolo,
guardarsi intorno e chiedendosi dove si fosse cacciata
l’amica.
Senza contare che Adrianus l’avrebbe presa
in giro per settimane se si fosse beccata una punizione già
al primo giorno…
Raggiunto finalmente
l’atrio la ragazza lanciò un’occhiata
verso il grande orologio bianco e nero,
gioendo nel constatare che aveva ancora due minuti per entrare nella
Sala da
Pranzo… a quel punto partì quasi correndo,
arrivando davanti alla porta proprio
mentre Jefferson la stava per chiudere:
“Professore,
aspetti!”
Francisca si fermò davanti
alla porta quasi inchiodando sul pavimento, rivolgendo
all’insegnate un sorriso
sollevato e al contempo carico di scuse mentre gli scivolava accanto,
entrando
nella sala molto affollata.
“Lothbrock…
per
favore, evita di arrivare sempre per il rotto della cuffia.”
“Mi
dispiace,
davvero… non si ripeterà.” Francisca
sfoggiò un sorriso prima di dileguarsi abbastanza in fretta
da impedire al
Vicepreside di parlare. L’uomo seguì la
studentessa con lo sguardo per un
attimo prima di sbuffare sommessamente, scuotendo il capo prima di
raggiungere
il tavolo degli insegnanti: ormai ci era abituato, dopo sette anni che
la conosceva.
Nel frattempo
Francisca aveva raggiunto Alexandrine, che le sorrise con cipiglio
divertito
mentre l’amica prendeva posto davanti a lei, sorridendo quasi
vittoriosa:
“Frankie! Ti
eri
persa?”
“No, non ho
sentito la sveglia… è stato molto carino da parte
tua, tra parentesi,
aspettarmi o venire a bussare alla mia porta.”
“Non
avercela con
me, pensavo che fossi già scesa…
punizione?”
“Evitata per
un
soffio. E dopo aver corso per mezza scuola, ho parecchia
fame… mi passi il pane
tostato, per favore?”
*
“Continua a
guardare nella tua direzione.”
“Magari non
sta
guardando me…”
“E allora
chi
dovrebbe guardare? La caraffa con il succo?”
Isabelle inarcò un sopracciglio, parlando
con una nota decisamente sarcastica nella voce mentre si rivolgeva a
Phoebe. Quest’ultima
si strinse nelle spalle, continuando a mangiare lentamente senza
aggiungere
altro, mentre Jackson si avvicinava al loro tavolo con un sorriso
stampato in
faccia:
“Giorno,
fanciulle…Di chi parlate?”
“Nessuno che
ti
riguardi, Wilkes.”
Phoebe annuì
alle parole di Isabelle quasi a volerle rimarcare, evitando di parlare
a bocca piena
mentre il ragazzo prendeva posto accanto a lei, sbuffando leggermente e
guardando Isabelle con aria divertita:
“Sei tornata
scorbutica, Isabelle? Peccato però… mi rattrista
che non mi vogliate rendere
partecipe dei vostri pettegolezzi.”
“Non ti
facevo
così impiccione, Wilkes… invece di pensare ai
gossip, sai dov’è Alastair?”
“E’
laggiù, con
Steb.”
“E
perché tu non
sei con loro, di grazia?”
Isabelle
sorrise con fin troppa gentilezza, guardandolo come in attesa di una
risposta
mentre Jackson si stringeva nelle spalle con noncuranza, sorridendole
con aria
divertita:
“Non volevo
farti soffrire
per la mia lontananza, ovviamente.”
“Ok,
ragazzi… che
ne dite di fare una pausa?”
Phoebe
inarcò un sopracciglio, sollevando al contempo le mani come
a voler stipulare
una pace tra i due, mentre Jackson sorrideva amabilmente e Isabelle
sbuffava,
seccata.
“Siete
seduti
vicini da neanche due minuti e il vostro botta e risposta è
già durato abbastanza…
avete tutto l’anno per tormentarvi a vicenda.”
“Come
preferisci,
Selwyn… ok, parliamo di cose serie, allora. Ricevuto
notizie?” Jackson
smise improvvisamente di sorridere, appoggiando
le mani intrecciate tra loro sul tavolo e spostando lo sguardo da una
ragazza
all’altra, aspettando una risposta.
“No, e
nemmeno
Bibi. Tu?”
“Nulla…
vuoto
totale. Ma si faranno sentire presto, ne sono sicuro.”
“Beh, se lo
dice
Wilkes allora siamo in una botte di ferro…”
Phoebe
sospirò,
alzando gli occhi scuri al cielo e decidendo di lasciar perdere: se
quei due
volevano continuare a punzecchiarsi a vicenda, sapeva che non poteva
fare nulla
per impedirlo. Così, mentre Jackson e Isabelle continuavano
a parlare
amorevolmente la ragazza si voltò leggermente, quasi a voler
controllare che
Isabelle avesse ragione o meno: due secondi dopo si pentì
amaramente di quel gesto,
incontrando infatti due grandi occhi perfettamente truccati che la
fissavano.
Camila
sembrò sorpresa
nel vederla voltarsi proprio nella sua direzione e, dopo un attimo di
esitazione, piegò le labbra in un debole sorriso, quasi a
volerla salutare
timidamente.
Phoebe
esitò per
un attimo, osservandola senza accennare a voler ricambiare il sorriso,
rivolgendole un cenno del capo quasi freddo prima di voltarsi di nuovo
verso
Isabelle e Jackson, ancora presi a discutere sulla Night School e su
quanto ci
avrebbero messo a dar loro indicazioni.
“Ce le
daranno,
stanotte al massimo.”
Phoebe prese di
nuovo la forchetta in mano, riprendendo a mangiare senza alzare lo
sguardo dal
suo piatto, conscia degli sguardi leggermente attoniti che le sue
parole
avevano scaturito.
Jackson la
guardò
come se volesse chiederle il perché di tanta sicurezza, ma
un’occhiata di
Isabelle lo fece desistere: se Phoebe era sicura, allora aveva ragione.
*
“E io che
speravo
che cambiando scuola avrei potuto fare a meno della
divisa…”
Mathieu
sbuffò,
tormentandosi il nodo della cravatta per impedire che gli desse
fastidio mentre
camminava accanto ad Etienne, cercando l’aula di
Trasfigurazione per la loro
prima lezione.
“Figurati se
la prestigiosissima
Cimmeria può fare a meno della divisa… siamo in
Inghilterra Mat, qui hanno una
divisa per ogni cosa. Forse avrei dovuto chiedere indicazioni a mio
fratello,
questo posto è enorme…”
Etienne
inarcò un
sopracciglio, guardandosi intorno con lieve nervosismo mentre accanto a
lui
l’amico continuava a litigare con la propria cravatta.
Ignorandolo, Etienne
imboccò un corridoio che, secondo la cartina che teneva in
mano, avrebbe dovuto
portare all’aula di Trasfigurazione…. O almeno, lo
sperava: l’ultima cosa che
gli serviva era di arrivare in ritardo alla loro prima lezione.
“Rilassati
ET, non
ti mangeranno se arriviamo con cinque minuti di ritardo… E
poi mi spieghi dove
cavolo l’hai presa, quella cartina?”
“Scusatemi!”
Una voce femminile
e dal forte accento americano fece voltare Etienne prima di poter
rispondere,
esattamente come Mathieu, che smise finalmente di torturarsi la
cravatta blu
mentre rivolgeva la sua attenzione sulla ragazza che si stava
avvicinando al
duo.
“Avete
Trasfigurazione,
per caso?”
“Si.”
I due risposero in
sincronia, Mathieu con un tono decisamente più allegro visto
che amava la
materia in questione. Camila sorrise con evidente sollievo, allungando
allegramente una mano in direzione di Mathieu:
“Meno male,
altrimenti mi sarei persa… Camila. Siete nuovi anche voi,
giusto?”
“Si…
io sono
Mathieu, lui è Etienne.”
Etienne fece un
passo avanti per stringere a sua volta la mano a Camila, leggermente
grato a
Mathieu per non averlo presentato come era solito fare, ovvero con il
soprannome “ET”, affibbiatogli da bambino.
“Piacere di
conoscervi. Siete francesi? Si sente
dall’accento…”
“Si, tu
invece sei
americana, direi… Ma credo sia meglio rimandare le
presentazioni e andare in
classe, mio fratello mi ha detto che l’insegnante di
Trasfigurazione è
praticamente fissato con la puntualità.”
Etienne
girò sui
tacchi per avvicinarsi con aria risoluta alla porta che doveva, almeno
in
teoria, portare alla lo destinazione… alle sue spalle invece
Mathieu e Camila
lo seguirono continuando a chiacchierare allegramente, apparentemente
incuranti
di poter arrivare in ritardo a lezione.
Prima di bussare
alla porta Etienne rivolse all’amico un’occhiata
eloquente, intimandogli silenziosamente
di smetterla di fare conversazione e di dargli retta una volta tanto,
ma
Mathieu gli rivolse un sorrisetto divertito, segno che come al solito
non
l’avrebbe fatto.
Etienne
roteò lo
occhi con aria esasperata, decidendosi a bussare finalmente alla porta
prima di
aprirla, ritrovandosi davanti ad un’aula affollata e ad un
insegnante seduto
dietro la cattedra.
“Ah, eccovi
finalmente… avete avuto problemi a trovare la
classe?”
“Si…
ci
scusi.”
Etienne si stampò un sorriso
colpevole in faccia, esattamente come i due compagni, in una perfetta
imitazione di angioletti innocenti. Jefferson sbuffò e fece
un cenno con la
mano, invitandoli ad entrare senza aggiungere altro, dandogliela liscia
giusto perché
appena arrivati alla Cimmeria.
“COSA? NON
DICE
NULLA? IO NON LO ACCETTO!”
Frankie fece per
alzarsi
ed esprimere tutto il suo sdegno ad alta voce, ma fortunatamente
Adrianus ebbe
la prontezza di riflessi di afferrarla e rimetterla seduta, sbuffando
con aria
esasperata:
“Frankie,
cosa
credi di fare? Non puoi certo dirgli cosa deve o non deve
fare!”
“No…
ma posso
dargli qualche lecito suggerimento. Se fossi stata io ad arrivare in
ritardo, a
quest’ora sarei già a pulire il
giardino.”
Frankie sbuffò, incrociando le braccia al petto
con cipiglio torno e
fulminando l’insegnante con lo sguardo, inviandogli
silenziosamente qualche
maledizione.
“Beh, allora
cerca
di non tardare mai quando si tratta di Jefferson, lo sai
com’è fatto… Alexa,
diglielo anche tu!”
Adrianus
lanciò in
direzione della rossa una chiara richiesta d’aiuto, che
però tardò ad arrivare:
Alexa sentendosi chiamare sui voltò di scatto verso di lui,
esitando per un
attimo e guardandolo con aria persa:
“Eh? Scusa
Steb,
dicevi?”
“Oh
signore…
niente Alexa, lascia stare… torna pure nel mondo dei
sogni.” Il
ragazzo sospirò, dichiarandosi arreso
mentre invece Frankie ridacchiava, come al solito divertita
dall’abitudine
dell’amica di avere la testa per aria.
La rossa
sfoggiò
invece un piccolo sorriso colpevole prima di voltarsi verso la
cattedra,
costretta a prestare attenzione alla lezione donde evitare un qualche
rimprovero.
Intanto, nel banco
dietro a quello occupato dall’inusuale trio, nemmeno Isabelle
Van Acker
sembrava avere molta voglia di prestare attenzione alla lezione che
già di per
se non aveva mai apprezzato molto, sia per la materia in questione che
per l’insegnante:
la ragazza continuava infatti a spostare lo sguardo da Camila, seduta
in primo
banco, a Phoebe, che aveva preso invece posto come al solito in
penultima fila.
“A che cosa
stai
pensando?”
La voce di
Alastair la riscosse, voltandosi verso di lui e stringendosi nelle
spalle con
quanta più noncuranza le riuscì.
“Niente.”
“Ti conosco
meglio
di chiunque altro, Belle… cosa c’è?
Riguarda Phoebs?”
Alastair sorrise, sfiorandole il palmo della
mano con le dita mentre l’amica non accennava a voler alzare
lo sguardo,
tenendo gli occhi verdi puntati dritti sul suo libro: le era sempre
risultato
molto difficile mentire guardandolo in faccia, e Alastair ne era
perfettamente consapevole.
“Forse…
ma non
posso dirtelo io Al, non sono affari nostri.”
“Non vuoi
confidarti
nemmeno con me? Mi ritengo sinceramente offeso, sappilo.” Il
ragazzo sbuffò debolmente, incrociando
le braccia al petto e rivolgendole l’occhiata più
sdegnosa che riuscì a
trovare, facendola sorridere mentre gli dava una pacca sulla spalla:
“E’
inutile che
fai gli occhi dolci Al, io non cedo. Lo dovresti sapere, visto che mi
conosci
meglio di chiunque altro.”
Isabelle
sfoggiò
un sorrisetto che lo fece sbuffare, arrendendosi alla cocciutaggine
della
ragazza e al fatto che non avrebbe mai parlato, se non voleva farlo.
*
“Riprendere
le
lezioni è a dir poco un trauma…”
Jackson sbuffò, lanciando un’occhiata
all’orologio e pregando il tempo
di passare in fretta: dopo neanche un’ora, era già
stanco… non era un’ottima
prospettiva, di fronte ad un intero anno scolastico.
Jude non disse
niente mentre, dopo aver portato a termine in anticipo il compito
assegnato da
Jefferson, scarabocchiava sul quaderno di pelle nera che si portava
sempre
appresso, anche se nessuno aveva ben chiaro che cosa scrivesse.
Si astenne dal
dire che lui preferiva di gran lunga restare alla Cimmeria piuttosto
che
tornare a casa durante le vacanze… in effetti quando, il
girono prima, aveva
rivisto la scuola aveva quasi tirato un sospiro di sollievo.
Jackson rivolse al
compagno di banco un’occhiata in tralice, non osando
chiedergli che cosa stesse
scrivendo anche se avrebbe voluto saperlo… decise invece di
cambiare argomento,
ponendogli una domanda alla quale, ne era certo, avrebbe risposto:
“Venerdì
giochi?”
“Non
lo so… forse.”
Jude si strinse
nelle spalle, senza nemmeno accennare ad alzare lo sguardo dal suo
quaderno.
“Beh,
quando avrai deciso fallo sapere a me o ad Al, per favore…
così ci
organizziamo.”
Jackson
sorrise, quasi gongolando e non vedendo l’ora che arrivasse
il fine-settimana:
adorava il Quidditch, e non prendeva parte ad una partita con i
compagni di
scuola ormai da troppo.
“Credo
che farò sapere a te, non muoio dalla voglia di intrattenere
una conversazione
con Shafiq.”
“Ti
basterebbe conoscerlo meglio per apprezzarlo di più, a mio
parere… credo che
troppe persone si fermino alle apparenze.”
“Non
essere sciocco Wilkes… io non mi fermo mai alle apparenze.
So più cose di quel
ragazzo di quante ne sappia tu, probabilmente.”
Jude alzò
lo
sguardo dalle pagine per la prima volta dopo diversi minuti, puntando
gli occhi
su Jackson e rivolgendogli un piccolo sorrisetto enigmatico senza
aggiungere
altro. Jackson contrasse la mascella ma non disse niente: un
po’ era abituato
alle frasi sibilline di Jude Verräter, e un po’
sapeva che infondo, forse,
aveva ragione.
*
“Scusate,
posso
sedermi qui?”
Camila rivolse alle due
ragazze uno sguardo quasi speranzoso, tirando un mezzo sospiro di
sollievo nel
vedere un sorriso allegro comparire sul volto della rossa, che
annuì senza
alcuna esitazione:
“Ma certo,
siediti
pure.”
“Grazie…” Camila sorrise,
prendendo posto alla ragazza
dai capelli castani. Erano entrambe in classe con lei, ma non era
assolutamente
certa di ricordare i loro nomi, se non che erano entrambi abbastanza
lunghi e
un po’ insoliti.
“Figurati,
siamo
liete di fare da Comitato di Benvenuto… io sono Alexa, lei
è Frankie. Camila,
vero?”
Camila
annuì,
rivolgendo un sorriso ad Alexandrine mentre Francisca restava in
silenzio,
limitandosi a sorridere leggermente alla nuova arrivata.
“Si,
esatto…
Camila Selwyn-Holt.”
“Grande,
un’altra
Selwyn… non sarai mica parente di Phoebe?”
Alexa piegò le labbra in una specie di smorfia,
accennando col capo alla
suddetta ragazza, seduta a qualche tavolo di distanza in compagnia di
Isabelle,
come sempre.
Camila
esitò di
fronte a quella domanda, non sapendo che cosa rispondere: in effetti lo
era
eccome, e anche piuttosto stretta… ma forse la sorellastra
non moriva dalla
voglia di farlo sapere a tutta la scuola, almeno non al primo giorno.
“Io…
si. In un
certo senso sì, ma non ci siamo praticamente mai conosciute.
Lei com’è?”
“Un
tipo.”
Frankie inarcò un sopracciglio, rivolgendo
all’amica un’occhiata chiaramente scettica, come a
volerle chiedere che cosa intendesse
con quella definizione poco usuale.
Alexa
d’altro
canto sgranò leggermente gli occhi, come a volere dire di
non poterla criticare
di fronte ad una parente che nemmeno la conosceva… il tutto
sotto lo sguardo
vagamente perplesso di Camila, che spostava gli occhi
dall’una all’altra,
chiedendosi che cosa si stessero dicendo non verbalmente.
“Beh…
diciamo che
non è molto socievole. Noi non la conosciamo molto bene,
diciamo che non
attacca bottone con chiunque, è una persona un po’
diffidente e non è facile
avvicinarla.”
Ah,
meraviglioso… di bene in meglio
Camila
abbassò lo sguardo
sul suo piatto, chiedendosi se sarebbe effettivamente riuscita ad
avvicinarsi
alla sorella: se era già poco socievole di suo,
difficilmente le avrebbe
permesso di crearci un rapporto.
“Ma ripeto,
noi
non la conosciamo bene… dovresti chiedere ad Isabelle Van
Acker, sono molto
amiche. E’ la ragazza seduta vicino a lei.”
Alexa indicò Isabelle con un cenno del capo,
facendo voltare Camila
nella direzione delle due ragazze.
Gli occhi
dell’americana si posarono sulla ragazza seduta accanto a sua
sorella, intenta
a chiacchierare con un ragazzo dai lisci capelli castani che le dava le
spalle.
Probabilmente Isabelle si sentì osservata, perché
i suoi occhi si spostarono
dritti su di lei, osservandola con evidente
curiosità… le sorrise appena prima
di rivolgersi di nuovo ad Alastair, gesto che quasi accese una
lampadina nella
mente di Camila: qualcosa le diceva che Isabelle sapesse chi era, a
differenza
di tutti gli altri.
O meglio, quasi
tutti.
*
“Tu sai
esattamente
che cos’è, questa Night School?”
Ad Adrianus la
pasta andò quasi di traverso nel sentirsi porre quella
domanda, decisamente
inaspettata considerando che Etienne Lacroix era arrivato alla Cimmeria
solo il
giorno prima.
“Perché,
voi cosa
sapete?” Adrianus
tossicchiò,
schiarendosi la voce dopo essersi ripreso mentre sia Etienne che
Mathieu,
seduti di fronte a lui, si stringevano nelle spalle:
“Nulla…
ma ieri
sera mi annoiavo talmente tanto che mi sono persino messo a leggere il
regolamento della scuola… e questa Night School è
citata più di una volta.
Siamo solo curiosi, nella nostra vecchia scuola non c’erano
gruppi segreti e
cose del genere.”
“Esattamente…
ho
chiesto a mio fratello, ma si è cucito la bocca alla
velocità della luca e se
l’è praticamente filata.” Etienne
sbuffò, lanciando un’occhiata vagamente torva in
direzione del tavolo degli insegnanti,
dove so fratello maggiore Laurent stava chiacchierando tranquillamente
con dei
colleghi.
“Aspetta…
fratello?” Adrianus
si accigliò, scrutando Etienne come
se stesse cercando di ricordare qualche altro studente con il suo
cognome… solo
dopo qualche istante capì, sgranando leggermente gli occhi
chiarissimi:
“Lacroix…
sei il
fratello del prof?”
“Già…
non so
ancora se la cosa mi piace oppure no.”
Etienne sorrise appena, appuntandosi mentalmente di non
iscriversi al
corso di Babbanologia per nessuna ragione: non solo non gli serviva
essendo
Nato Babbano, ma non aveva nemmeno voglia di farsi assegnare compiti
dal suo
stesso fratello.
“Non vi
somigliate
per niente… ad ogni modo, tornando alla Night
School… non ne so molto più di
voi, temo. Come avete letto nessuno sa con certezza chi ne faccia parte
o
soprattutto che cosa facciano, anche se ovviamente tutti fanno le
proprie
ipotesi.”
“Ad esempio,
secondo te chi ne fa parte?”
Adrianus
sfoggiò
un sorrisetto di fronte alla domanda di Mathieu, guardandolo con aria
quasi
divertita:
“Sono sicuro
che
presto avrete qualche idea anche voi… Non vi voglio rovinare
il divertimento di
cercare di capire chi sia nel gruppo o meno. Fidatevi, non è
difficile farsi
delle ipotesi.”
Alle parole di
Adrianus, che continuò a sorridere con una nota beffarda
nello sguardo, Etienne
e Mathieu si scambiarono un’occhiata leggermente perplessa: o
anche lui ne
faceva parte e li stava prendendo in giro, oppure non sapeva davvero
della
Night School… probabilmente, solo il tempo avrebbe fornito
una risposta sulla
questione.
*
Assottigliò
leggermente
gli occhi, senza smettere di tracciare linee dritte e curve con il
carboncino
nero che teneva in mano, dando lentamente vita a due volti sulla carta
fino a
poco prima bianca.
Da bambini,
Alastair le diceva che sembrava far prendere vita alla carta, che i
suoi
disegni sembravano sul punto di animarsi, saltando fuori dalle
pagine… una
volta rideva di fronte a quelle parole, ma con il passare del tempo
aveva
smesso di farlo, rendendosi lentamente conto del potere che un segno
scritto
poteva effettivamente avere.
Non sapeva nemmeno
perché le stesse disegnando… aveva preso in mano
il carboncino e si era messa a
disegnare senza sapere bene cosa raffigurare: quasi senza accorgersene,
aveva
ritratto due persone che conosceva, o almeno in parte.
Sospirò
debolmente, mordendosi il labbro mentre sfumava con le dita gli occhi
di
entrambe.
Non poteva
continuare così per sempre… il problema andava
affrontato prima o poi, Isabelle
lo sapeva. Solo, non era certa che la sua migliore amica ne fosse
cosciente.
Appoggiò il
carboncino sul tavolo, incurante delle dita ormai nere mentre osservava
il suo
disegno, immobile sulla sedia che aveva occupato.
Osservò il
volto
di Phoebe che aveva disegnato senza problemi, conoscendolo ormai a
memoria… in
realtà non aveva riscontrato difficoltà nemmeno
con il viso di Camila, con sua
somma sorpresa. La sua memoria fotografica aveva colpito
un’altra volta, a
quanto sembrava.
Diverse,
incredibilmente diverse… nessuno avrebbe mai potuto pensare
che avessero un
legame di sangue, o almeno in parte.
Isabelle osservò il suo disegno, chiedendosi
cosa sarebbe uscito da
quella storia… aveva la sensazione che non sarebbe stato
facile quel primo periodo
di scuola, specialmente per Phoebe anche se avrebbe fatto di tutto e di
più per
non darlo a vedere. Nemmeno con lei.
Sapeva che non
erano affari suoi e non sapeva nemmeno perché ci pensasse
tanto… forse avrebbe semplicemente
dovuto lasciare che Phoebe se la vedesse da sola, facendo i conti con
la sua
stessa famiglia.
Sbuffando
debolmente, Isabelle lasciò il quaderno sul tavolo prima di
chiuderlo, ordinandosi
mentalmente di non mettersi nei guai e di provare a restarne
fuori… quell’anno
ne avrebbe avute abbastanza in ogni caso, di preoccupazioni.
“E’
sua sorella,
vero?”
Isabelle si
voltò,
restando impassibile di fronte alla voce decisamente familiare e per
nulla
sorpresa di trovarsi davanti Jude.
“Tu che ne
sai?”
“Lo sai, io
so
tutto di tutti… mi chiedo solo perché Phoebe non
vuole che si sappia.”
“Avrà
le sue
ragioni, come tutti noi. Solo gli stupidi rendono totalmente partecipi
gli
altri della loro vita, Jude.”
“Vero…
ma a volte non
serve sbandierare le cose ai quattro venti perché il
prossimo le colga.
Perlomeno, non quando il prossimo in questione sono io.”
Jude le rivolse un
sorrisetto, facendole alzare gli occhi al cielo prima di voltarsi di
nuovo
verso il tavolo, tornando a dargli le spalle.
“Certo,
dimenticavo che fai concorrenza a Sherlock Holmes, tu… Anche
se non ho ancora capito
questo bisogno smisurato di essere indomato di tutto. Mi dica
detective, che
cosa sa di Isabelle Van Acker?”
“Se te lo
dicessi,
che divertimento ci sarebbe?”
Isabelle si
voltò
con tutta l’intenzione di replicare, ma le parole le morirono
in gola nel
ritrovarsi nuovamente sola. Sbuffando debolmente la ragazza prese il
suo
quaderno e lo infilò nella borsa, stringendo la tracolla
quasi come se temesse
che qualcuno potesse spuntare da dietro l’angolo e
portargliela via mentre si
alzava per uscire dalla Sala Comune: a volte, Jude Verräter
aveva il potere di
renderla nervosa e a disagio come nessun’altro.
*
“Sai,
qualcosa mi
dice che non è soltanto una specie di club dove un branco di
ragazzi viziati si
trovano per giocare a poker o bere…”
“Perché
proprio il
poker?”
“E’
solo uno
stereotipo Mat, hai capito cosa intendo! Insomma, se non fosse una cosa
importante non ne avrebbero fatto cenno nel Regolamento…
Secondo me è una cosa
più grande di quanto non vogliano lasciar credere.”
Mathieu
roteò gli
occhi scuri di fronte alle riflessioni dell’amico,
astenendosi dal chiedergli perché
avesse già iniziato a fare lo Sherlock Holmes dopo essere
arrivato in
Inghilterra da nemmeno un giorno…
Etienne, mentre si
dondolava sulla sedia con aria pensierosa, sembrava pensare
sinceramente quello
che stava dicendo… e da una parte, Mathieu era
d’accordo con lui:
“Beh,
forse… non
possiamo saperlo, immagino.”
“Chiederò
a mio fratello,
di certo sa più di quanto non mi voglia lasciar
credere…. Non lo so Mat,
secondo me c’è qualcosa sotto.”
“Secondo me
stai
diventando paranoico…”
“E chi non
lo è,
di questi tempi? Da Giugno il mondo intero è diventato
praticamente isterico,
con la storia di Tu-Sai-Chi…”
Etienne
sbuffò,
spostando lo sguardo fuori dalla finestra per guardare la campagna
praticamente
sconfinata che circondava la scuola. Era molto diverso da Beauxbatons,
senza
alcun dubbio… doveva ancora capire se la cosa gli faceva
piacere o meno.
“Su questo
non ci
piove, ma cosa centra Tu-Sai-Chi con la Night School?”
“Niente,
assolutamente niente… era solo per dire.”
*
Quando la porta si
chiuse alle sue spalle Jackson tirò quasi istintivamente un
sospiro di
sollievo, sfilandosi il maglioncino blu e lasciandolo sul letto prima
di
avvicinarsi alla scrivania.
Si lasciò
cadere
sulla sedia bianca, sollevato che quella prima giornata fosse giunta al
termine.
Gli occhi azzurri
del ragazzo si posarono sul ripiano di legno perfettamente levigato
della
scrivania, sorridendo istintivamente nel vedere un foglietto ripiegato
appoggiatoci
sopra… un foglietto che, di certo, non aveva lasciato lui e
che portava lo
stemma della Cimmeria sopra, nel consueto inchiostro blu.
Senza pensarci due
volte il ragazzo lo prese, spiegandolo mentre il sorriso sul suo volto
si
faceva sempre più largo: aveva aspettato praticamente tutto
il giorno di
ricevere notizie… e finalmente poteva dirsi soddisfatto.
Dopo aver letto il
breve messaggio Jackson ripiegò il biglietto per poi
lasciarlo di nuovo sulla
scrivania, non curandosi di buttarlo visto che come sempre si sarebbe
auto-incendiato
pochi secondi dopo.
Si alzò,
stiracchiandosi mentre si toglieva le scarpe nere, lasciandole sul
pavimento
senza curarsi di metterle a posto prima di sedersi sul letto senza
smettere di
sorridere: non vedeva l’ora di prendere parte al primo
incontro dell’anno…
qualcosa gli diceva che i mesi successivi sarebbero stati differenti
rispetto
agli anni precedenti trascorsi alla Cimmeria.
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Angolo Autrice:
Inizio col scusarmi per il ritardo, spero che mi perdoniate visto che il capitolo è abbastanza lungo.
Il seguito arriverà di sicuro in settimana, ma ho bisogno che rispondiate ad una domanda: il vostro OC prenderebbe parte ad una partita di Quidditch? E che ruolo ricoprirebbe se sì?
Prima rispondete, prima arriverà il capitolo.
Ah, ultima cosa... ho notato molte preplessità per il soprannome di Adrianus, "Steb"... è un'abbreviazione del cognome XD
Spero che vi sia piaciuto, ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito... a presto!
Signorina Granger